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Autore: Altair13Sirio    26/03/2021    13 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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La spiaggia era un luogo meraviglioso. Era il posto dove tutti volevano andare per divertirsi. Gli umani adoravano quei passatempi frivoli dove niente di rilevante accadeva proprio perché le loro vite erano così piene di pensieri che a volte tutto quello di cui avevano bisogno era isolare le loro menti per un po’. La spiaggia funzionava benissimo in quel senso.
La sabbia bruciava sotto al sole dorato, ma le onde cristalline donavano freschezza e sollievo a chiunque osasse avventurarsi fuori dai propri ombrelloni protettivi – e senza perdersi troppo a contare, erano in molti a farlo. La ricompensa dell’essere usciti dalla propria zona d’ombra personale era molto più soddisfacente del rimanere al sicuro, al fresco. Un altro motivo per il quale tutti si spingevano al di fuori della linea delimitata dagli ombrelloni: era nel loro istinto.
Gli umani avevano per secoli cercato ciò che non potevano raggiungere, si erano spinti sempre oltre il limite per scoprire, scoprire sempre di più. Un desiderio di conoscenza insaziabile. Anche quando tutto sembrava perduto, gli umani si erano risollevati per cambiare il mondo e scoprire nuove cose; alcuni avevano perso sé stessi in questa ricerca, altri vi avevano trovato la verità. Altri ancora avevano trovato molto di più.
In una giornata d’estate il massimo dell’eccitazione che si può pensare di raggiungere è quella provata alla vista di un gelato o una bibita fresca a portata di mano, oppure quella provata dai ragazzini che cercano di sbirciare nelle scollature delle signore in costume, o ancora quella donata dall’acqua fredda dopo essere rimasti troppo tempo al sole ed aver deciso di fare un tuffo: una vera scarica di adrenalina!
Ma in quella giornata così calda e fiacca i visitatori della spiaggia si sarebbero trovati in una situazione molto più straordinaria di quanto avrebbero potuto immaginare. Sin dalla mattina non c’era stato un filo d’aria, il mare era rimasto piatto come una tavola. I bambini giocavano spensierati nell’acqua senza che niente potesse turbare loro o i loro genitori, che in tanti restavano a riva a guardare con serenità la loro prole, ricordando il tempo in cui fu il loro turno di giocare nell’acqua mentre qualcuno vegliava su di loro dalla riva. La giornata sarebbe passata come niente se alle dodici e sedici minuti, esattamente l'orario in cui la temperatura aveva raggiunto il suo picco più alto, l’acqua non avesse cominciato a incresparsi inspiegabilmente.
Non si avvertiva il minimo soffio di vento, eppure a riva erano cominciate ad arrivare onde sempre più evidenti e violente. Alcuni genitori andarono a recuperare i loro bambini dall’acqua temendo il presentarsi di qualche onda anomala; altri non si mossero finché anche la terra non ebbe cominciato a tremare.
Con una furia destabilizzante, a una trentina di metri dalla riva cominciarono a emergere dall’acqua delle strane macchine nere delineate da venature blu luminescenti. Sembravano enormi navi da guerra, ma dall'aspetto più animalesco e, in qualche modo, antico. Sollevarono grandi onde a riva e molte persone scapparono alla loro vista, ma in realtà non accadde niente di veramente pericoloso. Ci si accorse solo dopo un poco di tempo che le macchine non si stavano muovendo e non sembravano rappresentare alcun pericolo per i bagnanti. La gente cominciò a tornare lentamente alla spiaggia per osservare curiosa quell’inspiegabile apparizione, non senza un poco di timore, mentre le autorità venivano allertate.
Fu chiaro sin da subito che nessun vigile avrebbe potuto prendersi cura di quelle cose e per questo fu contattato al più presto l'organo scientifico più influente della società umana, che molto più probabilmente avrebbe potuto capire qualcosa di quella situazione.
L'Istituto per il Progresso dell'Umanità era un’istituzione che aveva quasi mille anni di vita e che si occupava del prosperare del genere umano. I libri di storia raccontavano di una antica guerra avuta luogo nello spazio e di un “primo popolo” che riuscì a ricostruire il genere umano dopo essere caduto in una grande crisi. A capo di questa istituzione umanitaria c’erano due figure leggendarie conosciute come la “mamma” e il “papà” degli uomini. Tutti conoscevano queste persone e alcuni nei secoli avevano avuto anche la fortuna di essere loro amici, ma essendo loro due degli esseri immortali preferivano non instaurare delle relazioni troppo profonde con altre persone. Queste due figure avevano rimodellato la civiltà umana e avevano aiutato i popoli a creare la propria prosperità facendo loro da guida con la loro conoscenza antica, raggiungendo uno sviluppo mai visto prima nella storia dell'umanità e che continuava a crescere con la loro guida.
L'I.P.U. mandò una squadra di ricercatori perché potessero studiare le macchine, ma in breve tempo furono predisposti i lavori per portarle via e studiarle in un luogo più adatto. Assieme all'I.P.U. arrivò anche un contingente di persone armate, questo perché sembrava che ci fosse una remota possibilità che quelle macchine enormi rappresentassero un pericolo per la gente nonostante il loro comportamento letargico. Alla fine non successe niente: le macchine se ne rimasero per tutto il tempo immobili a emettere delle strane vibrazioni, come se avessero esaurito le energie e non potessero più muoversi, e fu proprio quella la stessa impressione che ebbero gli specialisti accorsi sulla scena.
Quando le macchine furono portate via, la situazione si poté calmare un poco, ma ormai la bella giornata di mare era andata: non solo la spiaggia somigliava più a un campo minato dopo l'incessante viavai a cui era stata sottoposta durante la giornata, ma i lavori di trasporto si conclusero al tramonto, quando ormai non era più possibile godere del sole.
Al loro arrivo al laboratorio designato per contenere quelle misteriose macchine, i ricercatori ricevettero la notizia che in molte altre parti del mondo si era ripetuta la stessa scena accaduta quella mattina sulla spiaggia: sembrava che in tutto il mondo quelle strane creature stessero cercando di mandare un messaggio alla gente, emergendo dalle profondità del mare o della terra e facendo sapere a tutti della loro esistenza. Ma che cosa volessero dire di così importante era ancora ignoto.
Nessuno sembrava riuscire a stabilire un contatto con quelle macchine – posto che si trattasse realmente di macchine e non di qualcos'altro – e il timore che quello potesse essere il preludio a qualcosa di tremendo per l'umanità iniziò a farsi spazio tra la gente.
 
*
 
Non passarono neanche ventiquattro ore dall'apparizione delle macchine che Hachi decise di andare a esaminare di persona la questione. Aveva chiesto di essere informato su qualsiasi cosa dovesse accadere durante le operazioni di trasporto e durante gli studi avvenuti nella notte, ma all'alba aveva deciso che non gli bastava restare semplicemente in attesa di novità: era avido di conoscere la verità, ma soprattutto di fugare i dubbi che ciò che era venuto fuori dalla terra non fosse ciò che temeva.
Nana era via e in quella situazione qualunque decisione sarebbe stata soltanto sua, ma il voler vedere che cosa fosse emerso dal mare non avrebbe dovuto nemmeno richiedere l'approvazione di qualcuno, e in ogni caso non avrebbe certo avuto problemi nel farlo, lui, uno dei cofondatori dell'I.P.U.
Si fece scortare al laboratorio dove erano state portate le macchine la sera prima e mentre andava là pensò alle descrizioni che aveva ricevuto: giganteschi esseri all'apparenza meccanici, dotati di un rivestimento scuro e di venature blu luminose dentro alle quali sembrava scorrere un fluido denso. Le loro forme erano delle più disparate, così come le loro dimensioni e molti particolari nel loro aspetto sembravano indicare una conformazione pensata per la battaglia; nonostante sembrassero delle macchine, forse si trattava di forme di vita organiche, forse addirittura dotate di intelletto, ma l'impossibilità di comunicarci rendeva impossibile confermare qualunque di queste ipotesi. Questi erano i rapporti arrivati non solo dal centro più vicino che li aveva accolti, ma anche da tutti gli altri centri scientifici nel mondo, come se si fossero accordati su cosa scrivere; e nonostante non fossero in grado di capire i loro comportamenti, tutti i ricercatori che avevano esaminato quegli esseri pensavano che non avessero intenzioni ostili. Le macchine – se così potevano essere chiamate a questo punto – erano rimase docili per tutto il tempo e si erano lasciate trasportare senza mai rendere complicate le operazioni. Se si fosse trattato di armi, che senso avrebbe avuto lasciarle inattive per tutto questo tempo?
Erano secoli che non si sentiva così; una tensione che avrà provato altre due o tre volte da quando aveva ricominciato a vivere come una persona normale. Hachi era molto bravo a reggere il nervosismo, ma durante il viaggio in macchina verso il laboratorio continuò a battere il piede e a guardare impazientemente fuori dal finestrino, come se si aspettasse di vedere da un momento all'altro uno di quegli esseri passeggiare per strada. Aveva già un'idea di che aspetto potessero avere, ma non voleva esternare i suoi pensieri fino a che non ne avrebbe avuto la conferma: tutto quello che si presentava nella sua mente era la reminescenza di un lontano passato, e non era sicuro di voler vedere quelle sue ipotesi confermate.
Aveva cercato di contattare Nana più volte; era lei che sapeva sempre cosa fare in queste situazioni, e proprio quando perdeva la calma lei riusciva a farlo ragionare. Non aveva funzionato e aveva deciso di fare da solo, sapendo che lo avrebbe richiamato il prima possibile. Forse la comparsa di quelle cose aveva bloccato o intasato le vie di comunicazione e dall'altra parte anche la sua partner aveva tentato inutilmente di contattarlo per chiedergli cosa avesse intenzione di fare. Lui lo sapeva bene cosa aveva intenzione di fare: sarebbe andato a vedere di che cosa si trattava, tanto per cominciare, per capire con cosa avevano a che fare; poi avrebbe cercato un modo per capire cosa volessero quelle cose da loro.
Il laboratorio dove erano state portate le macchine distava circa trenta minuti dal suo appartamento, posto proprio in cima al quartier generale dell'I.P.U., ma il viaggio in macchina sembrò durare almeno tre volte di più. Forse era per via del traffico; la notizia della comparsa di quelle enormi cose doveva aver mandato nel panico almeno una minima parte della popolazione, la più suggestionabile, e questo aveva creato un tentativo di fuga di massa dalle città, congestionando le strade.
Ma Hachi sapeva di star mentendo a sé stesso: era l'alba e per le strade non c'era nessuno. La confusione che aveva immaginato era tutta nella sua testa; nessun allarmismo generale, nessun tentativo di lasciare le città. Sembrava anzi che alcune persone non fossero nemmeno a conoscenza dei fatti.
Gli sembrò di vedere due persone che si tenevano per mano sotto a una fermata dell'autobus, al sicuro dal freddo mattutino e dagli sguardi della gente, ma quando sbatté le palpebre non c'era più niente lì. Allucinazioni dovute allo stress o alla mancanza di sonno: così spiegò quella cosa. Quella storia lo stava facendo impazzire; decise di dormire un poco, ma ogni volta che reclinava la testa gli sembrava di udire sibili incomprensibili che lo disturbavano e lo innervosivano sempre di più. Una marea di ombre dal passato lo circondava e cercava di trascinarlo in un abisso infernale dove avrebbe ricevuto la sua punizione per il male causato. Quando si vive in eterno si finisce per credere che qualsiasi azione possa portare alla dannazione eterna, e a un certo punto si teme la morte più di ogni altra cosa.
Quando sentiva quelle cose cercava di pensare a qualcosa di felice, qualcosa che lo rinfrancasse e gli permettesse di distendere i nervi: Nana gli aveva ripetuto fino alla nausea cose del tipo "sei un uomo buono" e che grazie a lui erano riusciti a fare tanto bene al mondo, ma lui non credeva che fosse completamente vero. Se era tanto cambiato nel corso degli anni, era stato grazie a lei, che gli aveva insegnato a vivere, non certo di sua spontanea iniziativa. In fondo lui era sempre stato pronto a sacrificare gli altri, mentre lei… La sua vecchia compagna di avventure si era messa in gioco migliaia di volte per il bene di qualcun altro.
La macchina arrivò al laboratorio dopo appena ventotto minuti dalla partenza. Hachi si rese conto all'improvviso di essere arrivato e si chiese se si fosse solamente immaginato di passare tutto quel tempo in auto. Sicuramente era così. Il suo autista sembrava tranquillo e l'orologio non mentiva. Forse alla fine si era addormentato davvero e aveva sognato quella lunga attesa…
Fu accolto da dei ricercatori che, dal modo in cui si presentavano dovevano essere sicuramente rimasti in piedi tutta la notte a studiare quelle macchine emerse dalle profondità della terra; avevano tutti quegli sguardi stanchi di chi aveva continuamente cercato di trovare un senso in ciò che stava facendo e nonostante tutto era rimasto al punto di partenza. Gli fu subito spiegato che in seguito a diversi test si era concluso che gli oggetti usciti dalla terra avevano sì l'aspetto di macchine, ma erano in realtà esseri viventi viste le loro reazioni a diversi stimoli provati dai ricercatori; tuttavia non c'era stato modo ci comunicare con loro, nonostante sembrassero possedere intelletto. La conclusione dei ricercatori era che si trattasse di forme di vita fossilizzate che avevano versato le proprie coscienze in quei corpi metallici, ma francamente molti di loro sembravano scettici che una cosa del genere fosse possibile.
Hachi era confuso, sembrava che ogni informazione non servisse a niente. Non avevano ancora capito che cosa volessero da loro, e tutte quelle informazioni per lui erano prive di senso finché non poteva vederli con i propri occhi: era questo che voleva. Voleva dissipare quei dubbi che aveva avuto sin da quando aveva ricevuto la notizia della comparsa di quelle cose. Dovette insistere un po', ma alla fine fu condotto nel bunker dove erano stati rinchiusi quegli esseri, una vasta area sigillata e collegata direttamente al laboratorio, il cui accesso era consentito solo ai membri direttamente assegnati allo studio di quelle creature.
Non poté vederli direttamente, ma dal laboratorio dove venivano monitorate le loro attività, attraverso un enorme vetro che si affacciava sul resto del bunker; lì erano tenuti sotto sorveglianza i giganti neri. Gli ci volle solo un'occhiata per rendersi conto di avere davanti quelli che per anni aveva considerato gli obiettivi di una missione, nemici da abbattere senza lasciare alcuna traccia.
Nel grande laboratorio, circondati da macchinari e tecnici che ne studiavano le corazze, i movimenti, le venature, c'erano sei Stridiosauri quasi accucciati nello spazio ristretto a loro disposizione. La maggior parte di loro erano di dimensioni modeste, ma tutti quanti riuscirono a trasmettergli una sensazione di impotenza che aveva completamente dimenticato, ma che ricordava di aver provato ai tempi in cui pilotava i FranXX.
Ed eccoli lì, gli antichi nemici del genere umano, che se ne restavano mansueti e in attesa in un laboratorio di quelle stesse persone che un tempo li avrebbero distrutti e che adesso nemmeno li riconoscevano. O forse non volevano riconoscerli. Hachi era sicuro che nei libri di storia si parlasse abbondantemente degli Stridiosauri e della loro storia millenaria. Perché nessuno aveva ipotizzato che si trattasse proprio di loro?
<< Voglio vederli da vicino. >> Disse al tecnico che lo stava accompagnando. Il poveretto non ebbe nemmeno il tempo di rispondergli che Hachi aveva già deciso di fare di testa sua, dirigendosi verso la porta dove credeva sarebbe riuscito a raggiungere gli Stridiosauri.
Hachi uscì dalla rampa di ingresso seguito da un gruppo di ricercatori che avrebbero dovuto fermarlo, ma nessuno ci provò realmente. Nel laboratorio c'era molto spazio per muoversi, anche gli Stridiosauri più grossi lì dentro si sarebbero potuti alzare e andare via se solo lo avessero voluto. Ma allora perché sembrava che non volessero andare proprio da nessuna parte?
Avevano tutti delle forme diverse, come era sempre stato per anni. Alcuni raggiungevano delle altezze imponenti, assumendo le forme più strane, mentre altri erano più piccoli e modesti, ma nessuno di questi riuscì a sorprenderlo; era abituato alle stranezze degli Stridiosauri e mille anni non gli avrebbero fatto dimenticare tutte quelle cose. Eppure quando arrivò davanti a un particolare Stridiosauro, Hachi si dovette fermare per osservarlo meglio: era adagiato su un fianco e se ne stava raggomitolato in posizione fetale, e a colpire l'uomo fu il suo aspetto stranamente familiare, quasi umano. Quello che doveva essere il suo volto era vuoto, piatto come uno schermo spento; indossava una sorta di armatura e stretta nelle sue mani c'era un'arma. Se non fosse stato impossibile avrebbe pensato che quello Stridiosauro avesse imitato le sembianze di un FranXX…
No, si stava immaginando tutto. Gli Stridiosauri si evolvevano secondo delle leggi precise che gli conferivano una forma ottimale per la lotta, il fatto che fosse simile a un FranXX era solo un caso.
Eppure… Dentro di sé, Hachi sentiva che non era veramente così. Avvertì l'impulso di avanzare e alzò una mano posandola su quello che sarebbe dovuto essere il volto dello Stridiosauro; era attraversato da due linee trasversali agli angoli alti, brillando di un intenso blu pieno di vita. Perché aveva assunto quella forma? Gli Stridiosauri in fondo erano il risultato della completa fusione tra macchine e piloti, e le chance che assumessero una forma umana erano bassissime… Era forse possibile che si fossero rimodellati nell'ultimo millennio, dopo la definitiva rinuncia alla lotta della loro specie? I loro corpi avevano cominciato a cambiare lentamente e ad adeguarsi alla specie che aveva di fatto preso il loro posto nel pianeta, diventando nient'altro che resti fossili di ciò che un tempo erano?
Ma come avevano fatto a uscire dalla terra allora? Se stavano definitivamente "riposando", come era stato possibile anche solo arrivare fino a lì? Gli Stridiosauri erano alimentati dall'energia magmatica ed erano pilotati da una coppia di persone, almeno un tempo. Sì perché dopo la fusione dei piloti alle macchine, dopo milioni di anni passati ad aspettare, gli Stridiosauri erano diventati un tutt'uno con i loro antichi piloti.
Hachi avvicinò il volto alla macchina e posò la fronte sulla sua superficie ruvida. Fu solo un momento, un momento in cui il suo corpo fu sbalzato via come spinto da una potentissima scarica elettrica che lo fece finire a terra dolorante e confuso, ma fu anche un momento molto chiaro che rimase impresso nella sua mente e che trasmise molto più di quel dolore temporaneo: una sofferenza profonda, antica, accompagnata da urla e lamenti in una lingua incomprensibile, sibili assordanti che perforarono le sue orecchie e raggiunsero il suo cervello come preghiere. Una richiesta di aiuto.
Hachi fu investito da milioni di anni di storia e pensieri e sentimenti degli Stridiosauri. La prosperità di un popolo al culmine del proprio sviluppo, l'arrivo degli invasori e una lotta furiosa per poter semplicemente continuare a vivere; il dolore nell'abbandonare tutto pur di sopravvivere, poi la fine e un silenzio lungo milioni di anni ancora, fino all'arrivo di un altro popolo ignorante e razziatore, e il dolore delle perdite, una dopo l'altra, della propria progenie e dello sfumare delle speranze di sopravvivenza a un passo dalla resa dei conti. Infine, una sensazione simile alla gioia, una liberazione, un peso che da troppo tempo bloccava qualsiasi altra cosa e il ritorno alle origini. L'abbandono delle battaglie, il riposo meritato.
Quello che vide Hachi era il passato, ma le sue visioni non si fermarono lì. C'era qualcosa di nuovo, qualcosa che né lui né nessun'altro sulla terra conosceva ancora.
Nelle memorie dello Stridiosauro vide un terzo arrivo dei VIRM: vide la distruzione della civiltà che conosceva e che aveva aiutato a mettere in piedi, la guerra e l'impreparazione del suo popolo contro quegli esseri dotati della saggezza di miliardi di coscienze. Vide una sola via per sfuggire a quel destino, una difesa preparata in anticipo, e il tempo che scorreva inesorabile fino allo scadere.
Le voci dei ricercatori e delle poche guardie nei dintorni gli riempirono le orecchie e Hachi si rese conto di essere rimasto a terra in stato di shock per diversi minuti. Alcune persone stavano già puntando le loro armi contro lo Stridiosauro, le cui venature si erano illuminate debolmente dopo il contatto con Hachi. Lui si rialzò e richiamò quelle guardie intervenute per proteggerlo.
<< Fermatevi! >> Disse cercando di modulare la voce per non allarmarli oltre. << Non mi ha fatto del male. >>
Tra lo stupore generale, Hachi si rialzò massaggiandosi la cervicale e rivolse un lungo sguardo a quello Stridiosauro, ancora immobile. Lui era vivo, su questo non c'era alcun dubbio. Voleva comunicare con loro, e per qualche motivo aveva scelto lui per farlo.
Quando tornò a rivolgersi ai ricercatori cercò di parlare nel modo più chiaro possibile:<< Questi esseri… Non sono delle semplici macchine. Questi sono gli Stridiosauri che si ritirarono nelle profondità della terra mille anni fa, lasciando agli umani la possibilità di continuare a vivere. >>
Una serie di mormorii si levò tra la gente attorno a lui, rendendo quella situazione quasi comica. In fondo nessuno di loro aveva mai visto uno Stridiosauro e alcuni faticavano anche a credere che esistessero dopo tutti quegli anni nonostante le numerose documentazioni nate dagli ex Parasite che avevano voluto trascrivere la storia come era avvenuta, anche con l'aiuto di persone come Hachi e Nana informate sul passato e sulle origini dei FranXX e degli Stridiosauri.
<< E' difficile crederci… Anche io pensavo che fosse una folllia. Pensavamo che ormai gli Stridiosauri si fossero tramutati in materiale fossile per restituire vita alla terra una volta concluse le ostilità, ma a quanto pare le cose sono andate diversamente. >> Continuò osservando anche gli altri esemplari, completamente diversi da quello che aveva toccato lui, e che sembravano osservarlo con quei loro volti privi di occhi. << Forse alcuni di loro sono rimasti in attesa, pronti a riemergere quando sarebbe stato il momento. >>
Il silenzio calò improvvisamente. Che cosa poteva aver fatto svegliare quegli esseri millenari? Che cosa sarebbe potuto succedere di così terribile da richiedere l'intervento degli Stridiosauri, e perché erano stati proprio loro ad avvertirlo?
<< Signori… >> Disse Hachi atterrito, ma mantenendo un tono fermo. Doveva mostrarsi forte, per donare quella stessa forza alle altre persone, poiché senza si sarebbero abbandonati alla disperazione. << Abbiamo ricevuto un messaggio di avvertimento dal passato. Oggi comincia una nuova prova per il genere umano. >>
   
 
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