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Autore: Europa91    27/03/2021    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Alla fine il ristorante scelto da Odasaku non era molto diverso da quello in cui avevano pranzato nel suo mondo, durante il caso della Mimic. Dazai provò una strana fitta di nostalgia, anche se più che altro, la sua era quasi una sensazione déjà-vu.

Questa volta, si trovavano in un locale in pieno centro città, diverso dalla tavola calda che l’ex dirigente ricordava; eppure c’erano dei dettagli che, senza volerlo avevano finito con il catturare la sua attenzione. Un quadro astratto, la disposizione dei tavoli, o forse erano gli accostamenti di colori.

C’era qualcosa di strano in quel posto, che inizialmente moro non sapeva come spiegarsi, almeno fino a quando, il titolare non venne loro incontro. Con estrema sorpresa di Dazai, quell’uomo sorridente era lo stesso che avevano incontrato anche nella sua realtà. Era il vecchio amico di Odasaku, l’individuo, di cui non conosceva il nome, che aveva dato un tetto a quei piccoli orfani e, in assenza dell’amico, si occupava di loro.

Dazai ricordava come anche lui fosse rimasto ucciso nello scontro contro la Mimic, l’ennesima vittima innocente di quel perverso gioco di potere. Era successo in quello stesso pomeriggio in cui erano morti anche i bambini. Strinse i pugni.

Di quel giorno, Dazai ricordava nitidamente solo le urla di Odasaku e il suo sguardo spegnersi, farsi sempre più freddo, cinico, mentre davanti a loro divampavano le fiamme dopo l’esplosione di quel furgone.

Era un miracolo che lo stesso Oda fosse uscito illeso da quell’attacco.

Gli venne quasi da ridere al pensiero della conversazione che si erano scambiati in quel drammatico frangente. L’ex dirigente aveva rinfacciato all’amico di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, quando lui stesso, dopo la sua morte non ne era stato in grado.

Solo ora, che anche Dazai aveva finito col perdere qualcuno di caro, poteva comprendere lo stato d’animo e i sentimenti che provava Oda in quel momento. Probabilmente anche lui, al posto dell’amico avrebbe agito allo stesso modo. Cercato vendetta.

Quella era stata la prima ed unica volta in cui Odasaku gli era parso una persona completamente diversa.

Con il senno di poi, l’ex dirigente della Port Mafia sapeva che avrebbe dovuto fermarlo, ma forse inconsciamente, aveva voluto credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio. A quel tempo però, Dazai non era ancora a conoscenza del piano di Mori, non poteva sapere cosa ci fosse in ballo.

Quella era stata la sua più grave mancanza, aveva sottovalutato la situazione. Anzi, più che quello, Dazai non aveva capito per tempo le vere intenzioni del Boss. A cosa stesse mirando realmente.

Tuttavia era inutile in quel momento, continuare a rimuginare sul passato.

Nel suo mondo Odasaku, quell’uomo e gli orfani erano morti. Era una realtà dei fatti impossibile da cambiare.

Per questo Dazai si trovava in quel mondo, perché voleva che quella storia avesse un epilogo diverso.

Era una realtà per certi versi strana, lui e Oda erano detective di una Agenzia come apparentemente gli altri membri della mafia.

Ango però era sempre una spia del Governo, come tale era stato catturato e la Mimic sembrava essere di nuovo entrata in azione.

Per quanto alcune cose fossero cambiate drasticamente in quel mondo, altre sembravano essere rimaste le stesse. Questa volta però Dazai avrebbe fatto quanto possibile per ottenere un epilogo diverso.

«Scusa per il poco preavviso» aveva iniziato Oda, rivolgendosi all’uomo sorridente davanti a loro «avete ancora un paio di coperti liberi per pranzo?»

Il titolare aveva sorriso e li aveva fatti accomodare. Non dava segno di essere particolarmente in confidenza con il detective, però, la prima impressione che il moro aveva avuto entrando nel locare, era che comunque Odasaku fosse un cliente abituale.

«Sai, ho scoperto questo posto per caso» aveva ammesso ad un certo punto il rosso.

Dazai era tornato a prestargli tutta la sua attenzione, tralasciando il resto. Una volta al tavolo, si era messo distrattamente a piegare un tovagliolo mentre osservava il paesaggio fuori dalla finestra.

«Cucinano un curry davvero eccezionale»

L’ex dirigente non aveva potuto evitare di sorridere dopo quell’ultima frase; provando una strana sensazione di calore in pieno petto, all’altezza del cuore.

Oda era sempre lo stesso, in ogni mondo e realtà il suo amico era sempre lui.

Eppure al tempo stesso, Dazai sapeva che non lo era.

Le immagini di Odasaku morente tra le sue braccia tornarono a tormentarlo per qualche secondo prima che riuscisse a cacciarle in un angolo remoto della sua mente.

Quella volta non avrebbe perso. Non poteva. Sarebbe riuscito a salvare Oda.

Dazai, disponeva di tutte le informazioni necessarie, conosceva l’organizzazione nemica, il suo obiettivo, doveva solo preparare un’efficace contromossa.

Dall’altro capo del tavolo Odasaku lo fissava divertito;

«Non preoccuparti per Ango, riusciremo a trovarlo prima ancora della Port Mafia» Dazai si passò stancamente una mano sul volto, spostandosi la frangia ribelle di lato;

«Ango viene tenuto prigioniero in un edificio abbandonato fuori città, circondato da una foresta. La Mimic ha scoperto il suo doppio gioco e vogliono fargliela pagare in quanto spia del nemico. Hanno messo un’arma nella camera d’albergo dove attualmente risiede in modo che la Mafia arrivi a sospettare del suo tradimento» aveva ammesso con un sussurro continuando a fissare il paesaggio.

Odasaku era rimasto completamente a bocca aperta;

«Come sei riuscito a ottenere tutte queste informazioni? Il Presidente ci ha appena affidato il caso e nei documenti che mi hai passato non facevi alcuna menzione a tutto ciò. Che sta succedendo Dazai?» Come prevedibile Oda aveva iniziato ad intuire qualcosa.

In parte la colpa era imputabile allo stesso ex dirigente, aveva parlato forse un po' troppo ma in quel momento la sua mente era già all’opera per trovare una strategia. Ripercorrere ad alta voce quegli avvenimenti gli era d’aiuto. Tuttavia Dazai decise di optare per una mezza verità, come d’abitudine.

«Dovesti saperlo che un buon detective non rivela mai le proprie fonti» era stata la sua diplomatica risposta mentre distrattamente continuava a giocare con il cucchiaio che aveva tra le mani.

Qualsiasi replica del rosso venne stroncata sul nascere dal cameriere che li aveva interrotti per consegnare le loro ordinazioni. Dazai non si sorprese del piatto fumante di curry che gli si palesò davanti agli occhi.

In ogni realtà o universo, quello era e sarebbe sempre stato, il cibo preferito del suo amico.

«Ora mangiamo, continueremo questo discorso più tardi»

Poteva notare la nota di scetticismo e disappunto, presente nello sguardo di Odasaku ma in quel momento, l’ex dirigente decise di non curarsene.

È solo per il suo bene, continuava a ripetersi come un mantra.

Stava facendo tutto quello solo per lui.

Afferrò una cucchiaiata di curry con l’intenzione di gustarselo, ma come prevedibile oltre che bollente quel piatto era decisamente troppo piccante per i suoi gusti. Oda invece come solito non fece una piega.

Dazai pensò che un giorno avrebbe volentieri cucinato lui stesso qualcosa per l’amico, un piatto talmente buono che avrebbe sorpassato il curry nella personale classifica culinaria del rosso. Una fitta all’altezza del petto gli fece ricordare come il suo Odasaku non avrebbe mai potuto assaggiare nulla preparato da lui.

Sapeva che non doveva pensarci ma la sua mente ogni tanto si divertiva a ricordarglielo.

Anche volendo Dazai non avrebbe mai potuto scordarsi di trovarsi in un altro mondo, gli bastava guardare la propria immagine riflessa in uno specchio per capirlo. Per una frazione di secondo si sentì quasi fuori posto.

In quella realtà lui e Odasaku erano dei semplici detective, eppure erano in qualche modo finiti con il gravitare intorno alla Port Mafia e al caso Mimic.

Dazai non credeva al destino né alle coincidenze, quel mondo era simile ma allo stesso tempo, diametralmente opposto al suo.

La notte prima della sua partenza, tra le varie cose, aveva letto anche il rapporto di Ango sulla Mimic. Per questo era a conoscenza di tutti gli spostamenti della spia.

Il Sakaguchi Ango di quel mondo era sparito da quasi ventiquattro ore, sarebbe dovuto trascorrere ancora un giorno, prima che Oda lo ritrovasse legato in quel edificio abbandonato, seguendo la pista che lui stesso gli aveva fornito.

Aveva ancora tempo Dazai, doveva solo pensare a come impiegarlo nel migliore dei modi e nel frattempo, scoprire anche a chi della Port Mafia era stato affidato il caso. Era curioso di vedere quanto potesse essere diversa quell’Organizzazione da quella che aveva sempre conosciuto nel suo mondo.

Nel frattempo entrambi avevano finito di pranzare. Fu Odasaku il primo a voler tornare alla conversazione precedente, dopo aver bevuto un lungo sorso d’acqua si fece avanti;

«Allora, in merito alla scomparsa di Ango» iniziò osservando Dazai, cercando di intuire qualcosa dalle sue espressioni.

«In questo momento voglio capire chi nella Port Mafia sia stato incaricato di indagare sul caso, abbiamo ancora un certo margine di vantaggio sulla Mimic, ed è una cosa che intendo sfruttare» fu la sua pacata e stranamente sincera risposta.

«Se, come hai detto poco fa, sai dove si trova, perché non andiamo a liberarlo?» l’ex dirigente aveva sorriso; incrociando entrambe le braccia sotto il mento, ammettendo con fare innocente.

«Perché non spetta a noi farlo. Devo ancora capire il ruolo della nostra Agenzia in tutta questa faccenda e in che modo il Presidente Mori sia coinvolto»

Odasaku lo aveva fissato per tutto il tempo, completamente senza parole. Non riusciva in alcun modo a intuire le intenzioni dell’altro, che senso aveva aspettare quando la vita di un loro amico era in pericolo? C'era qualcosa di strano in Dazai che il detective non riusciva a comprendere, per quanto ci potesse provare.

Il moro appariva diverso dal solito e Oda non sapeva spiegarsi il motivo.

Già quella mattina, quando lo aveva abbracciato in Agenzia, il suo atteggiamento gli era parso in qualche modo, sospetto. Dazai era famoso per essere imprevedibile ma dietro quello strano slancio di affetto doveva esserci dell’altro. Lo aveva quasi intuito.

In quel momento invece, Dazai gli stava tranquillamente proponendo di lasciare Ango nelle mani dei rapitori. Stentava a crederci. Forse era solo frutto della sua immaginazione.

Doveva per forza essere così, quello non era un comportamento da Dazai. Assolutamente. Come poteva anche solo pensare di abbandonare Ango? Spia o meno rimaneva un loro prezioso amico, se sapeva dove lo tenevano rinchiuso perché non erano in quell’edificio a salvarlo? Non era forse implicito nella loro missione? Perché Dazai aveva accettato tranquillamente il suo invito a pranzo e si comportava come se la vita di Ango non fosse importante? Non riusciva a spiegarselo.

Come poteva essere così cinico?

Odasaku non aveva mai visto prima di allora quel lato di Dazai.

I suoi occhi in quel frangente sembravano ancora più neri, intensi, non vi vedeva riflessa al loro interno nessuna luce. Un buco nero che letteralmente risucchiava ogni cosa. Era come, se all’altro capo di quel tavolo, vi fosse seduto un completo estraneo.

Tornò ad osservare quel ragazzo, non riusciva a levarsi dalla mente l’idea che quello non fosse realmente il suo amico.

Odasaku non riusciva a spiegarselo ma c’era qualcosa in Dazai, nel suo sguardo o nel tono della sua voce. Sapeva che era un’ipotesi assurda e del tutto priva di qualsiasi fondamento o logica, eppure non riusciva a scacciare questo pensiero dalla sua mente.

Per un attimo si vergognò di se stesso e del fatto che stesse dubitando del più giovane.

Dazai lo aveva sempre aiutato, sin dal suo primo giorno in Agenzia, come poteva ora pensare quelle cose su di lui. Doveva essere lo stress causato da quella situazione.

«Non penso che il Presidente c'entri qualcosa con questa faccenda, o che ci sia sotto chissà quale piano. Credo che Mori-san sia stato informato e incaricato dal Governo d’indagare sull'accaduto. Sicuramente sarebbe meglio arrivare ad Ango prima della Port Mafia, non oso immaginare cosa ne potrebbero fare di un traditore»

«Conosciamo tutti il modus operandi riservato ai traditori» a quelle parole Odasaku non aveva potuto fare a meno di trasalire. Ricordava benissimo come la Mafia regolasse i propri conti, per quello dovevano trovare Ango per primi.

Possibile che a Dazai in quel momento, sembrasse non importare nulla della vita di quell'uomo? Chi diavolo era quel ragazzo e perché continuava ad avere la sensazione di trovarsi di fronte ad un completo estraneo?

Dal canto suo, Dazai stava riflettendo sulle parole di Odasaku. Era più che plausibile che la loro Agenzia fosse stata semplicemente incaricata di investigare sulla sparizione, anche se stentava a crederci. Sapeva di cosa potesse essere capace Mori e anche se in quel mondo era un individuo apparentemente diverso, non poteva né voleva permettersi di abbassare la guardia.

L’ultima volta che lo aveva fatto Odasaku era morto.

Forse doveva solo raccogliere più informazioni sull’Agenzia, scoprirne la storia, come e perché fosse stata creata, ma sopratutto come mai Mori avesse finito con l’esserne il Presidente.

Erano rimasti per parecchi minuti in silenzio ognuno perso nei propri pensieri e ragionamenti. Come di consueto fu Odasaku il primo a parlare;

«Penso che sia incredibile che dopo tutto questo tempo, non ci fidiamo ancora abbastanza l'uno dell'altro» c’era una nota di tristezza nel tono della sua voce. Dazai non riuscì a replicare, sapeva che in fondo l’amico aveva ragione, non poteva negarlo.

Lui e Odasaku avevano sempre giocato in un certo senso sul filo del rasoio. Era il loro modo di comunicare; nessuna informazione superflua, tante frasi lasciate in sospeso e cariche di sottintesi. Con Oda era sempre stato tutto così facile, o almeno lo era stato per Dazai. Si era subito trovato in sintonia con quell’uomo, con quello strano tuttofare che , sebbene lavorasse per la Port Mafia, non uccideva.

Ora, sapeva che esattamente come lui, anche Odasaku custodiva dei segreti, un passato da assassino professionista ad esempio, del quale mai sarebbe arrivato a sospettare.

Oda un tempo era stato una persona diversa.

Per la prima volta si domandò cosa sarebbe successo se avesse incontrato quella versione dell’amico. In quel momento però, Dazai non riusciva a spiegarsi il perché la conversazione si fosse spostata in quella direzione.

«Se vuoi domandarmi qualcosa sono tutto orecchi, sai che non servono tutti questi preamboli»

A quel punto Oda aveva accennato ad un sorriso. Quello era Dazai, non poteva essere altrimenti. Si diede dello stupido per i suoi pensieri di poco prima. Il rosso aveva solo bisogno di capire meglio quali fossero le sue intenzioni, se l’amico avesse già un piano in mente e soprattutto quanto la vita di Ango potesse essere in pericolo. Dazai era famoso per non rivelare mai quali fossero i suoi piani, però Oda aveva bisogno di qualche certezza.

«Sai, riflettevo che con il tuo partner, Nakahara Chuuya non ti comporti in questo modo» quell'ultima frase ebbe il potere di catalizzare nuovamente tutta l'attenzione del più giovane. Dazai spalancò gli occhi fissando l’amico con l’espressione più sorpresa e allo stesso tempo incredula, che l’altro avesse mai visto comparire sul suo volto;

«Cosa c'entra Chuuya? Lui non ha nulla a che fare con tutta questa storia» ed era vero, anche nella sua realtà il suo, ormai ex, partner non c'entrava in alcun modo con la Mimic.

Se non ricordava male, Chuuya era stato inviato in missione lontano da Yokohama. Con il senno di poi, forse si era trattata dell’ennesima decisione strategica del Boss.

Oda però non sembrava essere rimasto turbato da quella reazione. Prese un altro sorso d’acqua prima di aggiungere;

«Quando quel ragazzino è nelle vicinanze diventi un'altra persona» c’era forse una strana malinconia nel tono di voce di Odasaku o era solo la sua immaginazione? Dazai non si sarebbe mai aspettato che un giorno avrebbe affrontato un discorso del genere con Oda. Non capiva che stava succedendo, forse assecondandolo lo avrebbe in qualche modo aiutato a comprendere meglio la situazione;

«Questo perché non c’è nessuno a questo mondo che mi irrita come quel piccoletto. Non è un mistero che non lo sopporto. Ne hai avuto un assaggio un ora fa»

«Eppure quando lavorate in coppia siete imbattibili. Avete risolto più casi voi due che tutti gli altri membri dell’Agenzia messi insieme»

Dazai non aveva mutato espressione. Erano tutte informazioni non indispensabili per la formulazione della sua strategia. Sapere che in quella realtà la Soukoku era famosa per risolvere casi invece che distruggere organizzazioni nemiche non gli interessava minimamente. Come erano finiti dal rapimento di Ango a parlare di Chuuya restava un mistero.

«Forse preferiresti lavorare con il tuo partner che perdere tempo con me» aveva concluso Oda come se niente fosse. Dazai stette per qualche secondo in silenzio.

«Odasaku. Ho chiesto io al Presidente di essere messo in coppia con te, di partecipare a questo caso. Anche noi possiamo lavorare bene insieme non credi?» l’uomo aveva debolmente alzato gli angoli della bocca cercando di sorridere;

«Come puoi anche solo pensare di paragonarti a Chuuya?!» aveva aggiunto il moro, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra. Sarebbe stato troppo imbarazzante incrociare lo sguardo di Oda in quel momento. Non sapeva nemmeno lui cosa gli fosse preso, si era lasciato trasportare.

A dir la verità per una frazione di secondo, Dazai si era ricordato della realtà precedente e dell’incontro abbastanza intimo e ravvicinato avvenuto con quel Chuuya, che in quel mondo per un malaugurato scherzo del destino aveva scoperto essere il suo fidanzato. Era stato allora che la mente dell’ex mafioso, per la prima volta, aveva immaginato Odasaku prendere il posto del partner tra le sue gambe.

Era stato solo un pensiero fugace dettato dal desiderio, eppure Dazai non riusciva a scacciarlo dalla sua mente, soprattutto dopo che Oda per primo, aveva iniziato col fare paragoni.

Dazai non sapeva ancora cosa provasse nei confronti del suo partner e non ci voleva nemmeno riflettere.

Lui era lì per Odasaku, solo per lui.

La sua missione era salvarlo, trovare una realtà in cui l’amico potesse vivere e loro finalmente stare insieme. Chuuya era relegato a titolo di comparsa in ogni sua fantasia o possibile scenario, anzi, se non ci fosse stato, probabilmente l’ex dirigente non ci avrebbe nemmeno fatto caso.

Sei un pessimo bugiardo

La voce della sua coscienza, pericolosamente simile a quella di Odasaku era tornata a tormentarlo.

«Odasaku come mai questo improvviso interesse per Chuuya, non ti capisco. Inoltre non giocare a paragonarti a lui, siete su due livelli troppo diversi» L’uomo era tornato ad abbozzare un sorriso;

«Quando sono arrivato in Agenzia sono rimasto sorpreso dalle vostre liti. Dalla loro intensità. Non riuscivo a capire come mai il Presidente si ostinasse a mandarvi in missione insieme. Avevo solo sentito un paio di storie sulla Soukoku ed ero curioso di vedervi all’opera. Solo quando vi ho potuto osservare da vicino, ho capito di essermi sbagliato sul vostro conto. La vostra partnership è fenomenale. Ho pensato solo che avresti preferito indagare su questo caso con Chuuya piuttosto che con il sottoscritto. Di lui sembri fidarti»

Dazai aveva serrato impercettibilmente i pugni;

«Nessuno potrà mai prendere il tuo posto Odasaku. Ricordatelo»

Per un attimo il rosso notò ancora quell’oscurità avvolgere lo sguardo del collega più giovane, anche il tono di voce utilizzato si era fatto di colpo più profondo. Stavano ancora parlando di lavoro? Non ne era così sicuro.

In quel momento il suo cellulare prese a suonare con insistenza, tanto che non poté evitare di rispondere. La chiamata proveniva da uno degli interni dell’Agenzia, poteva trattarsi di informazioni utili.

Udì solo poche parole;

«L’idiota è ancora con te?» Oda aveva sorriso, riconoscendo il suo interlocutore, per poi porgere gentilmente il telefono a Dazai. L’ex dirigente non se lo aspettava, afferrò incuriosito l’oggetto appoggiandoselo con cautela all’orecchio.

Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere;

«Dove cazzo ti sei cacciato brutto lavativo, maniaco dei suicidi? Hai un sacco di scartoffie ancora da catalogare, quanto accidenti dura una pausa pranzo secondo te!?»

Dazai aveva allontanato il cellulare dal volto prima di ignorare completamente le urla di Chuuya dall’altro capo della linea. Chiuse con nonchalance la conversazione con un veloce scatto della mano. Riconsegnando poi l’oggetto al proprietario.

Oda era allibito, ma quando si parlava di Dazai non doveva sorprendersi. Poteva solo immaginare l’ira del loro piccolo collega dai capelli rossi, quando si sarebbe accorto che il moro aveva interrotto la chiamata. I muri dell’Agenzia avrebbero sicuramente subito qualche danno, pensò divertito quanto esasperato.

«Non dovresti trattarlo così» lo ammonì non troppo seriamente. Un po' in fondo gli dispiaceva per Chuuya, non poteva negarlo.

Dazai quando voleva, sapeva essere crudele.

«Sai che non faccio apposta. In questo momento ho cose più importanti a cui pensare» Oda aveva annuito. Era incredibile come il moro potesse repentinamente cambiare atteggiamento o stato d’animo.

Un minuto prima, aveva davanti agli occhi un ragazzino dispettoso, mentre quello dopo, una delle menti più brillanti della loro Agenzia, il braccio destro del Presidente.

Odasaku aveva pagato il conto per entrambi. Poi erano usciti dal locale rimanendo per qualche istante in silenzio. Il detective, lanciava ogni tanto delle rapide occhiate in direzione di Dazai, che sembrava assorto in chissà quali pensieri. Nella sua tasca intanto, il cellulare non aveva mai smesso di vibrare.

«Penso che dovremmo tornare in Agenzia» aveva proposto. Il moro non aveva dato alcun segno di averlo sentito.

«Non abbiamo ancora finito qui» gli aveva risposto dopo molti minuti di silenzio.

Erano quasi al molo e Dazai si era perso ad osservare l'oceano davanti a lui. Non sapeva il perché, ma la vista del mare gli donava una strana sensazione di quiete. Era successo lo stesso nel primo mondo che aveva visitato, quando, dopo aver scoperto che l’amico era vivo, aveva passeggiato con il suo partner per quella stessa strada.

«Potresti almeno rispondere a Chuuya» aveva aggiunto dopo un po’ Odasaku. Dazai aveva sbuffato incrociando le braccia dietro la testa, non smettendo di osservare le onde infrangersi dietro la banchina.

«Non è preoccupato o altro. Ha solo voglia di infastidirci. Abbiamo del lavoro da fare e sarebbe meglio se anche quel tappetto pensasse a svolgere il suo, piuttosto che badare a ciò che fanno gli altri» l'uomo non aveva potuto evitare che sospirare prima di raggiungerlo e aggiungere.

«Penso sia solo geloso perché ho rubato il suo partner per tutto il pomeriggio» Dazai si trovò ad avvampare, ma solo perché il rosso si era chinato e gli aveva sussurrato quelle poche parole all'orecchio. Quando riacquistò brevemente la ragione e il suo respiro si fece più regolare, realizzò il senso delle parole di Oda.

«Chuuya geloso? Dai non scherzare, non sei affatto divertente»

«Scusami, però devi ammettere che da quando gli hai chiuso il telefono in faccia non si dà pace continua a inviare messaggi minatori e lasciarmi note vocali in segreteria» Dazai sbuffò platealmente per l’ennesima volta da quando avevano iniziato quella conversazione.

«Chuuya è solo un moccioso. Non sa nemmeno lui ciò che vuole. Ha solo bisogno di sentirsi al centro dell'attenzione, è una fottuta prima donna»

«Mi ricorda qualcuno»

«Smettila. Dobbiamo investigare sulla sparizione di Ango giusto? È un tipo d'indagine che non possiamo condurre bloccati dietro una scrivania in Agenzia»

Dazai aveva ragione.

«Non capisco però cosa stiamo cercando qui» ammise il rosso guardandosi intorno.

Secondo quanto riportato nel file sulla Mimic che Dazai aveva potuto visionare nel suo mondo, la sera prima di partire per questa seconda realtà alternativa, Ango si trovava poco distante dal punto in cui stavano loro, quando era stato rapito. Forse anche in quel mondo, i fatti si erano svolti secondo lo stesso modus operandi. E in caso ciò si fosse verificato, sicuramente ci sarebbero state delle prove, qualche indizio che avrebbe potuto tornargli utile.

Si sarebbero anche potuti recare nella camera d'albergo del quattrocchi prima di rientrare in Agenzia e in quel caso, se fossero stati fortunati, Dazai sperava d'incontrare il membro della Port Mafia a cui quella missione doveva essere stata affidata.

Aveva preferito dirigersi prima al molo perché sapeva che presto ci sarebbe stato un temporale e la pioggia avrebbe certamente inquinato la scena.

Doveva giocare d'anticipo Dazai, ed era intenzionato a farlo, non avrebbe perso questa volta.

Ogni pezzo era stato predisposto con cura nella scacchiera, ora doveva solo fare attenzione a come muovere le sue pedine. Oda intanto aveva estratto di tasca il cellulare.

«Non vuoi nemmeno dirmi cosa stiamo cercando? Potrei aiutarti, o mi reputi così incapace?» aveva usato un tono scherzoso eppure Dazai aveva notato una nota dispiaciuta dalla sua voce. Ovviamente non lo reputava un inetto, ma era così preoccupato per la sua incolumità che aveva preso ad agire come se Odasaku non fosse presente sulla scena.

Una parte di lui avrebbe solo voluto allontanarlo da tutta quella situazione.

Avrebbe messo Oda su un treno diretto chissà dove e lo avrebbe riportato a Yokohama solo una volta che il pericolo sarebbe passato.

Dazai non lo avrebbe mai fatto, anche perché sapeva che Odasaku non glielo avrebbe mai permesso. Eppure così sarebbe stato tutto più semplice.

Dazai sapeva che la presenza di Odasaku gli impediva di ragionare con la solita lucidità.

Era sempre stato così in qualsiasi mondo o realtà.

Una parte di lui, in quel momento si preoccupava di come proseguire con la sua strategia anti Mimic, mentre l'altra, era concentrata a non perdere di vista nemmeno per un istante il detective ed ogni suo movimento.

L’ex dirigente, aveva il timore che se avesse chiuso gli occhi Odasaku sarebbe in qualche modo scomparso.

Era una paura irrazionale, lo sapeva bene.

Non avrebbe sopportato di perderlo di nuovo.

Non era certo che avrebbe retto ad un colpo del genere, per questo non poteva fallire.

Questa volta non lo avrebbe fatto. I suoi piani avevano sempre funzionato. Lui era stato il dirigente più giovane della storia della Port Mafia. Era grazie a Dazai se l'organizzazione in quegli anni, aveva prosperato.

Aveva fatto solo un errore e gli era costato la vita di Odasaku. Non si sarebbe ripetuto. Questa volta aveva un vantaggio. Non lo avrebbe sprecato. In questa seconda realtà il suo amico non sarebbe morto, avrebbe fatto l’impossibile per impedirlo.

Intanto erano giunti sul luogo del rapimento. A occhio nudo non c'era alcuna traccia che l'impiegato governativo fosse stato prelevato proprio lì. Dazai lo sapeva solo perché aveva letto il rapporto, altrimenti nemmeno lui ci sarebbe arrivato. Sembrava essere tutto in ordine.

«Ango è stato rapito qui. Cerchiamo un indizio» erano state le sue uniche parole.

Oda lo aveva fissato come se fosse un alieno.

«Ma che stai dicendo? Non c’è niente che possa suggerire una cosa simile. Come puoi esserne sicuro?»

«Odasaku fidati del mio giudizio. Mi sono mai sbagliato?» e aveva sfoggiato il solito sorriso falso che era solito utilizzare anche con Chuuya, quando si apprestava a chiedergli di liberare Corruzione.

Odasaku non replicò in alcun modo e si mise subito al lavoro.

Quella era una caratteristica che Dazai aveva sempre apprezzato nel amico.

Oda non poneva mai domande inutili.

Se non aveva niente da dire preferiva rimanere in silenzio o come in quel caso, si limitava ad eseguire gli ordini. Forse era un retaggio del suo passato da assassino o forse no, Dazai non poteva saperlo, in qualsiasi caso, non ne era dispiaciuto.

Quando doveva convincere il suo partner a fare qualcosa utilizzava il triplo di tempo e di fiato.

Con Odasaku non servivano tutti quegli sforzi. Avevano trovato una sintonia tutta loro ed era stato piacevole e in un certo senso confortante, ritrovare questo tipo di feeling anche con l’Odasaku detective.

Ecco.

L'aveva fatto di nuovo.

Si era ricordato come quello non fosse il suo amico bensì una versione alternativa del ragazzo di cui si era innamorato.

Faceva strano anche solo pensare a quella parola ed associarla ed Oda. Ma provava veramente qualcosa di simile nei confronti dell'amico? Dazai non era mai stato bravo con i sentimenti e le emozioni in generale. Erano cose che non riusciva proprio a comprendere.

Non sapeva se ciò che lo legava ad Odasaku fosse proprio amore o solo amicizia.

Non aveva mai sentito il bisogno di definire ciò che provava per lui, fino a quando non si era trovato a stringere tra le braccia il suo corpo morente.

Solo allora, quando Oda aveva esalato il suo ultimo respiro, era stato come se anche una parte di Dazai avesse smesso improvvisamente di vivere.

Il mondo sembrava privo di ogni colore, e anche la sua ricerca di una morte perfetta e indolore, aveva di colpo perso ogni senso.

A Dazai non importava quasi neanche più del suicidio.

Da quel giorno, ogni suo pensiero era rivolto ad Odasaku, a come poterlo riavere nella propria vita.

Tutto il resto poteva passare in secondo piano.

Dazai si era chinato al fianco del rosso e, senza dire una parola si erano messi ad investigare. Osservando il terreno non sembravano esserci segni di frenate o impronte di pneumatici, nulla che potesse essere d’aiuto. Come potevano essere stati così abili da non aver lasciato tracce?

In quel momento l’ex dirigente si ricordò che poco distante da dove si trovavano c'era stato un assalto ad un magazzino della Port Mafia. Non ricordava le tempistiche di quando fosse avvenuto, tuttavia si mise improvvisamente a correre, intenzionato a sincerarsi di una cosa. Oda ovviamente sorpreso da quel repentino cambio di comportamento non perse tempo e si mise a seguirlo.

«Cosa sta succedendo Dazai?»

«Qui vicino è stata attaccata un'armeria della Port Mafia»

«Ma ne sei sicuro? Come conosci anche quest'informazione? Dimmi la verità, hai forse una spia all'interno dell'Organizzazione?» il moro sorrise, prima di replicare,

«La sola spia che conoscevo è quella alla quale ora dobbiamo salvare il collo» ammise divertito dalla sua stessa battuta.

Se Oda avesse saputo la verità, chissà come avrebbe reagito.

Gli avrebbe creduto oppure no? Dazai non poteva saperlo eppure una parte di lui sentiva come il bisogno di confidarsi. Forse un giorno, quando tutta quella storia sarebbe finita, avrebbe potuto raccontare ad Odasaku la verità, magari davanti a un piatto fumante di curry.

Intanto erano arrivati all'armeria. A qualche metro da loro, una unità della Black Lizard stava lavorando, ripulendo la scena. Dazai non ne fu sorpreso. Anche quel fatto si era svolto esattamente come nel suo mondo. La Mimic aveva agito come diversivo, catturando con quell’attacco l'attenzione della Port Mafia, distogliendola da quello che era il suo vero obiettivo.

I due detective si mantennero distanti in modo che nessuno potesse notare la loro presenza.

Dazai faticava a credere che qualcuno all’interno della Mafia potesse in qualche modo riconoscerlo, tuttavia, se la fama della Soukoku lo precedeva, anche in quel mondo lui doveva essere abbastanza famoso tra le organizzazioni dotate di poteri della città. Nel frattempo Odasaku si fece più vicino;

«La tua intuizione, soffiata o quello che era si è rivelata corretta. Anche qui c’è lo zampino della Mimic?» l'ex dirigente aveva annuito,

«Si. Questo è stato un diversivo per distogliere l'attenzione dalla scomparsa di Ango e dal resto»

«Il resto? Cosa significa Dazai?!»

«Si. Ora torniamo al molo, deve per forza esserci un qualche indizio, anche il più piccolo particolare può rivelarsi importante. Una foglia, un pezzo di stoffa, qualsiasi cosa»

Oda aveva annuito e l'aveva nuovamente seguito. Mentre camminavano l'uno davanti all'altro il rosso non poteva fare a meno di osservare la schiena di Dazai che procedeva qualche metro da lui.

C'erano dei momenti, come quello, in cui quel ragazzo gli appariva freddo e distante.

Capitava spesso che la mente di Dazai fosse altrove, impegnata in qualche assurdo ragionamento o strategia. Però, sentiva che questa volta c'era altro che turbava l'animo dell'amico.

Oda avrebbe quasi voluto allungare la mano per afferrarlo, stringerlo a sé e rassicurarlo in qualche modo.

Sapeva di non poterlo fare. Dazai non aveva mai lasciato che nessuno si avvicinasse così tanto a lui.

Quanto aveva affermato quella mattina era vero. In fondo, dopo anni di amicizia, non si fidavano ancora completamente l'uno dell'altro. Nel frattempo, Dazai si era bloccato di colpo e lui aveva fatto altrettanto.

«Che succede?» chiese non celando una punta di preoccupazione.

«Riflettevo sulle modalità in cui si è svolto il rapimento» ammise il moro ad alta voce prima di continuare quel ragionamento nella sua mente.

Nel file di Ango non era indicato l'orario esatto del sequestro, probabilmente perché la stessa vittima non ricordava con precisione. Il molo di prima mattina era una zona molto trafficata.

Era dunque altamente probabile che qualcuno potesse aver visto qualcosa.

«Dobbiamo trovare un testimone» aveva concluso ad alta voce. Oda non aveva in alcun modo potuto replicare.

In effetti come sempre la pista di Dazai si era rivelata la migliore, un pescatore aveva visto poco prima dell'alba un furgone nero, dal quale erano scesi quattro forse cinque individui. Dopo qualche minuto il mezzo era ripartito ma aveva caricato un passeggero in più. Sembrava essere legato.

«Come possiamo essere sicuri che quegli uomini fossero della Mimic e l'uomo sequestrato proprio Ango?»

Oda poneva delle giuste obiezioni.

Dal suo punto di vista era una pista che faceva acqua da tutte le parti e loro non disponevano ancora di prove sufficienti per avvalorarla. Dazai però aveva dalla sua il rapporto di Ango.

Si stava svolgendo tutto esattamente come nella sua realtà.

I pezzi sulla scacchiera erano allineati allo stesso modo, l'unica cosa differente era il colore. Sorrise tra sé.

Aveva trovato il paragone perfetto.

Quel mondo era esattamente l'opposto del suo.

Se nella realtà di Dazai, loro potevano tranquillamente essere le pedine nere rappresentanti i componenti della Port Mafia, in quel universo, lui, oda e tutti gli altri avevano assunto il colore bianco.

Ora il divertimento sarebbe stato scoprire chi nella sua realtà di origine possedeva quel colore.

«Ora qual è la prossima mossa? Hai ancora intenzione di recarti nell’appartamento di Ango?»

Dazai aveva scosso la testa. Non serviva. A che scopo? Ormai la Port Mafia doveva aver già recuperato la pistola, la lealtà di Ango era già stata messa in discussione. La cosa migliore da fare in quel momento sarebbe stata tornare di corsa all'Agenzia. Una volta li Dazai avrebbe riletto il file che il suo alter ego aveva preparato e dato al Presidente. Forse vi avrebbe trovato qualche informazione utile.

Dazai aveva il bisogno anche di farsi un drink. Ultimamente per lui era più facile ragionare con la mente annebbiata dall'alcol. Era anche l'unico modo in cui riusciva a prendere sonno. Dubitava che con tutte le informazioni raccolte dopo un solo giorno trascorso in quella nuova realtà sarebbe in qualche modo riuscito a chiudere occhio.

«Penso sia il caso di tornare in Agenzia» aveva concluso notando come Odasaku fosse rimasto in sospeso ad attendere una sua risposta;

«Avrei voluto esserti maggiormente d'aiuto, scommetto che Chuuya-kun...» a quelle parole Dazai si era bloccato.

«Smettila di parlare di Chuuya, hai una cotta per lui per caso? In questo momento l'unica cosa a cui penso, è un piano per contrastare le prossime mosse della Mimic. smettila di assillarmi parlandomi di quel cane. Tu sei un partner migliore Odasaku, il tuo aiuto oggi è stato preziosissimo»

«Ma se non ho fatto praticamente nulla, anzi ti ho quasi rallentato» aveva ammesso grattandosi la testa imbarazzato.

«Se Chuuya fosse stato al tuo posto probabilmente starei ancora cercando di convincerlo ad indagare sul rapimento. Ti prego Odasaku davvero, non vorrei nessun altro in questo momento al mio fianco» sembrava una frase da fidanzati ma era ciò che pensava in quel momento.

Forse aveva ragione, Oda non aveva concretamente fatto molto, ma con la sua sola presenza gli continuava a fornire un incentivo.

Avere Oda al suo fianco gli impediva di gettare la spugna.

Ogni respiro di Odasaku significava una conquista per Dazai. Ovviamente sapeva che non poteva esprimere quelle parole ad alta voce.

«Perché hai voluto questo caso?» temeva una domanda simile. Dazai rispose senza esitazione;

«Perché sei mio amico» seguirono interminabili istanti di silenzio.

Entrambi amavano definirsi tali, ma faceva sempre un certo effetto quando quando quelle parole venivano pronunciate ad alta voce.

Sia Oda che Dazai sapevano che il loro rapporto non si poteva ridurre a quella definizione, ma per il momento andava bene ad entrambi.

Un giorno forse avrebbero avuto il tempo e il modo anche di affrontare quel discorso.

A quanto sembrava il suo rapporto con Odasaku era simile a quello con l’Oda del suo mondo e che con la sua morte era rimasto in sospeso.

Questa volta avrebbero avuto un altro epilogo, ne era certo.

Non si parlarono per il resto del tragitto.

Una volta in Agenzia, Oda raggiunse la sua scrivania prendendo posto nella sua comoda poltrona e recuperando un paio di occhiali, prima di accendere il pc.

«Sono davvero esausto. Finisco di rileggere questi documenti e stacco. Penseremo domani ad informare il Presidente delle nostre scoperte che ne dici?» Dazai aveva annuito, anche lui doveva ammettere di essere piuttosto provato, ma dubitava che sarebbe riuscito in qualche modo a riposare.

Non con Oda nelle vicinanze almeno.

Stava per dirigersi verso la sua scrivania quando una furia dai capelli rossi lo raggiunse a passo di marcia, afferrandolo per il colletto della camicia senza troppe cerimonie.

«Ti sembra questo l'orario di rientrare?» Dazai aveva iniziato a fischiettare ignorandolo. Sapendo che in questo modo, il rosso si sarebbe solo irritato più facilmente.

Chuuya lo trascinò con poca grazia verso quella che il moro intuì dovesse essere la sua scrivania. Doveva ammettere che quel tappetto aveva ragione, era un completo disastro, ricoperta di documenti, faldoni, fogli sparsi. Sembrava vi fosse appena esplosa sopra una bomba. Dazai fece un lungo respiro prima di urlare a pieni polmoni:

«Akutagawa-kun, dove sei? Avresti voglia di aiutare il tuo senpai?» Non aveva la certezza che avrebbe funzionato, ma sperava che il possessore di Rashomon lo venerasse come nel suo mondo. Il rosso gli diede un potente calcio sullo stinco che Dazai non riuscì proprio ad evitare;

«Mi hai fatto male. E questo per cosa era Chibi?» si lamentò.

«Non scaricherai il tuo lavoro al tuo apprendista, che per la cronaca ho già spedito a casa. Mi aspetto che per domani tutto questo casino sia sistemato. Devi anche ultimare di compilare il file sulla nostra ultima missione e inviarne una copia al Presidente. Ho notato che sei in arretrato di un mese con l'archiviazione di tutte le pratiche» così facendo si incamminò verso l'uscita.

«Aspetta Chuuya, dove stai andando ora?» l'altro si fermò di colpo.

«Che razza di domanda. Sono le diciotto. Ho intenzione di andare a casa. Al contrario di qualcuno non me ne sono stato a zonzo tutto il pomeriggio. Ho lavorato e non intendo perdere ulteriore tempo con degli straordinari»

«Guarda che anche io e Odasaku ci stavamo occupando di un caso, seguivamo una pista» Chuuya alzò un sopracciglio scettico, guardandolo come era solito fare, dal basso verso l'alto, non tradendo in alcun modo il suo disappunto;

«Perché invece a me risulta che siate andati a pranzo e poi al molo? Più che un'indagine il vostro è sembrato un appuntamento»

Dazai si era zittito per qualche secondo.

Non aveva notato il tono utilizzato dal partner, nemmeno come la sua voce avesse leggermente tentennato nel pronunciare quell'ultima parola. L'ex dirigente si voltò verso la propria scrivania, cercando di sfuggire il prima possibile da quella conversazione che era diventata improvvisamente imbarazzante.

Chuuya urlò ancora per qualche minuto poi se ne andò sbattendo la porta. Dazai come sempre finse di non darci troppo peso. Il suo ormai ex partner era sempre stato una piccola testa calda in qualunque realtà o mondo si trovassero.

Si voltò in direzione di Odasaku che era rimasto in silenzio fino a quel momento e non aveva in alcun modo commentato lo scambio di battute che era avvenuto davanti ai propri occhi.

«Penso che dovresti davvero metterti al lavoro ora» suggerì all’amico. Il moro storse il naso;

«Sono davvero stanco Odasaku. Non ho proprio voglia di riordinare scartoffie» disse prima di stiracchiarsi per andare a raggiungere il primo divano disponibile. Era lo stesso sul quale si era svegliato quella mattina. Oda osservò ogni movimento dell’altro senza dire una parola prima di tornare ai suoi documenti.

Restarono per un po’ in silenzio.

Dazai se ne stava sdraiato sul divano, perso nei suoi pensieri e ragionamenti, mentre pigramente rileggeva i file sul rapimento di Ango che il suo alter ego di quella realtà aveva preparato il giorno prima. Odasaku invece, era intendo a compilare e ordinare scartoffie dietro la propria scrivania. Erano ormai i soli rimasti nell’edificio.

Quando di colpo la porta principale si aprì facendoli sussultare. Il presidente Mori fece capolino;

«Oda-kun, come procedono le indagini?» domandò con disinvoltura.

Il detective prese un lungo respiro prima di posare le carte che aveva tra le mani e rivolgersi al suo superiore.

«Forse abbiamo una pista» ammise senza giri di parole.

«Ho un piano» fu invece la pronta risposta di Dazai.

L’uomo sorrise estasiato. Il ghigno sul suo volto si allargò a dismisura.

Il moro finse di non notare quel compiacimento.

Aveva bisogno di maggiori informazioni, nonostante quel Mori fosse un individuo diverso da quello che aveva sempre conosciuto, Dazai non riusciva a scacciare dalla propria mente che nel profondo, anche tra i vari mondi e realtà possibili, l’anima delle persone potesse essere in qualche modo sempre la stessa.

Il Boss esattamente come lui, era marcio fino al midollo e non sarebbe mai cambiato.

Era un lupo travestito d’agnello.

Sarebbe riuscito a smascherare quel inganno in qualche modo. Però prima aveva bisogno di ottenere altre informazioni.

Erano le basi per creare una strategia efficace, ed era stato proprio il Boss ad insegnarglielo.

Improvvisamente il cellulare personale del Presidente prese a suonare con insistenza. Sia Dazai che Odasaku si scambiarono una veloce occhiata mentre l’uomo, superato lo stupore iniziale rispose tranquillamente.

Quando riattaccò fissò entrambi i suoi sottoposti.

Ogni traccia di sorriso era scomparsa dal suo volto. Dazai non lo aveva mai visto indossare quell’espressione e non poté fare a meno di preoccuparsi a sua volta.

«Abbiamo un problema» ammise osservandoli uno dopo l’altro. «Era Hirotsu. A quanto pare la Mimic ha rapito Chuuya-kun».

La strategia abbozzata fino in quel momento nella mente di Dazai crollò improvvisamente come un castello ci carte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice:

Questo capitolo partecipa alla Settima Settimana del Cow-t 11 indetto da Lande di Fandom. Ed è ispirato al prompt:010. Monachopsis: The subtle but persistent feeling of being out of place che è un po' il mood che aleggia per tutta questa storia, Dazai in fondo in ogni realtà si sente fuori luogo soprattutto quando inizia ad apprendere le varie differenze che ci sono tra i mondi. Io sono contentissima di essere riuscita a fare questo aggiornamento a tempo record e nulla, spero che la storia un po' piaccia. Critiche e commenti sono sempre ben accetti XD Grazie a chi è arrivato anche solo fino a qua <3

  
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