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Autore: mask89    27/03/2021    29 recensioni
Due ragazzi, nati e vissuti in luoghi completamente diversi, vengono uniti dal destino. Verranno coinvolti nelle vicende del continente di Thauras, dove sono in atto oscure macchinazioni sin prima delle loro nascita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV

 

La radura era silenziosa. Anche il sottobosco, che di solito brulicava di vita, era stranamente muto. I pecci, dai robusti rami e dai fitti aghi, facevano filtrare con difficoltà la luce solare. Acuì i suoi sensi, l’unico suono che riuscì a percepire fu quello proveniente dalla cascata, dislocata a qualche centinaio di metri da lì. Avanzò lentamente, facendo attenzione dove mettere i piedi, per fare meno rumore possibile; non era sola e non riusciva a scacciare quella sensazione opprimente. Si appoggiò ad un tronco e si mise a sedere, i lunghi e lisci capelli biondi le danzarono davanti agli occhi, li chiuse. Considerato che i suoi sensi la stavano tradendo, avrebbe ricorso ad altri metodi. Le sue labbra si muovevano velocemente, ma tutto quello che si poteva udire era soltanto un mormorio. Si alzò in piedi di scatto, le iridi che normalmente erano verdi, avevano assunto una colorazione rosso scarlatto. Il suo intuito non si era sbagliato, tre persone erano con lei nella foresta, poteva chiaramente percepire il calore che emanavano. La stavano circondando, impedendole ogni via di fuga, l’unico modo per uscire di lì era combattere. Estrasse una spada corta dal fodero, posizionato dietro la sua schiena. Passò il palmo della mano destra sulla lama, che assunse una strana colorazione azzurra. All’ultimo secondo riuscì a schivare una freccia, che si conficcò nel tronco dell’albero, scartando verso destra. Altre frecce sibilarono sopra la sua testa, mancandola di diversi centimetri. Corse a zig-zag nella radura alla ricerca di un riparo sicuro; aveva bisogno di pensare qualche secondo con calma, per elaborare una strategia vincente. L’obiettivo dei suoi nemici era chiaro, attaccarla da lontano per stanarla e stancarla. Trovò rifugio dietro una roccia abbastanza grande, che offriva una discreta protezione. Si guardò rapidamente intorno, per cercare di capire come sfruttare al meglio l’ambiente circostante. Notò che sul terreno il fitto fogliame era ancora verde; difficilmente avrebbe preso fuoco, ma le sarebbe ritornato sempre utile come diversivo. Sui polpastrelli della mano destra fece comparire delle piccole fiammelle e cominciò a lanciarle sulle foglie. Il piano stava funzionando; una leggera cortina di fumo cominciava ad innalzarsi. Continuò finché non divenne abbastanza densa da nascondere ogni suo movimento. Grazie all’incantesimo precedente, riusciva chiaramente a distinguere i suoi nemici attraverso quella fitta nebbia artificiale; ora era lei in posizione di vantaggio. Si diresse velocemente verso quello che le era più vicino e lo mandò al tappeto con un colpo alla nuca. La stessa sorte toccò al secondo, che stramazzò al suolo senza neanche accorgersi da dove provenisse l’attacco. Sorrise; l’ultimo e sarebbe stata libera di proseguire il suo cammino. Era quasi giunta alle sue spalle, stava per sferrare il colpo decisivo quando, all’improvviso, il suo obiettivo svanì. Si girò attorno guardinga. Come era possibile?  Era davanti a lei fino a qualche secondo prima. Sentì qualcosa sibilare alle sue spalle; fece in tempo a scartare verso sinistra, prima che una lama la colpisse. Ma, non fu sufficientemente rapida; un taglio profondo si formò sotto il suo zigomo destro, mentre una ciocca di capelli biondi cadeva al suolo. Si soffermò ad osservare il suo avversario: non era un bandito qualsiasi, anche lui era capace di usare la magia elementale, per incantare le armi o per lanciare incantesimi. Non era un nemico da sottovalutare; se lo avesse fatto probabilmente avrebbe avuto la peggio. Appoggiò la mano destra al suolo, pronunciò una formula magica ed iniziò ad estrarre dal terreno uno scudo. Non era abbastanza grande da proteggerla completamente; ma, doveva centellinare le sue energie, non sapeva cosa lo sconosciuto fosse capace di fare. Schivò agilmente la sfera di fuoco che il suo nemico aveva lanciato; con la coda dell’occhio, notò che aveva finito la sua corsa contro un tronco dalbero, incenerendolo all’istante. Deglutì rumorosamente. Quell’uomo non scherzava, era lì per ucciderla, ma una domanda rimbombava nella sua testa: perché? Non lo aveva mai visto in vita sua, non che avesse stretto chissà quali grandi rapporti nei suoi diciott’anni di vita; quindi, perché tutto quell’astio immotivato? Lo vide sparire nuovamente. Sentì un fruscio di foglie alle sue spalle; questa volta non si sarebbe fatta cogliere impreparata. Parò il fendente con la sua piccola lama e approfittò di quell’apertura per cercare di colpirlo con la scudo al fianco, ma si rivelò una mossa inutile; l’uomo fu più rapido di lei, la spedì al suolo, facendola prima volare per diversi metri, grazie ad una folata di vento che aveva generato con la sua mano libera. Si alzò di scatto, ripulendosi da tutto il fogliame che le era rimasto addosso. Era decisamente un osso duro. L’aveva ferita e spedita al tappeto nell’arco di pochi minuti e lei non era riuscita minimamente a scalfirlo. Sapeva combattere e usare la magia, proprio come lei; ma, al contrario suo, sembrava molto più abituato agli scontri. Far durare troppo quel duello per lei avrebbe significato solo una cosa: una sconfitta assicurata. Doveva chiudere al più presto quella storia, se voleva avere qualche possibilità di uscire viva da quello scontro. Si guardò nuovamente attorno; non vi era nessun posto dove ripararsi in caso di un attacco diretto, poteva far affidamento solo sulle sue capacità. Gettò lo scudo a terra, contro la magia le sarebbe servito ben poco, poiché si sarebbe frantumato al primo attacco. Lo scrutò attentamente, pronta a cogliere ogni suo minimo movimento; ma, il suo avversario sembrava impassibile, era impossibile cercare di capire cosa stesse pensando. Provò a sondare i suoi pensieri, ma il suo attacco mentale venne respinto; anzi, a stento riuscì ad evitare il suo contrattacco. Era dannatamente abile, ora non vi era più alcun dubbio. Provò a lanciare una sfera di fuoco, ma venne prontamente annullata da un muro d’acqua evocato dal suo nemico. Erano in stallo, si equivalevano. L’unico modo per uscire da quell’impasse era escogitare qualcosa di diverso. Si guardò meglio attorno, le lunghe ombre degli alberi le fecero venire in mente un’idea. Considerato che si eguagliavano nell’uso della magia, si sarebbe giocata il tutto per tutto con il combattimento corpo a corpo. I colpi che si scambiarono furono rapidi e precisi. Attaccavano e paravano senza una soluzione di continuità, equivalendosi in ogni colpo. Ma, lo sforzo fisico a cui si stava sottoponendo, le stava rapidamente prosciugando le energie; ed infatti la sua gamba destra la tradì. Aveva ceduto, mentre cercava di parare l’ennesimo fendente del suo avversario. Si ritrovò distesa a terra, inerme, alla mercé del suo aguzzino. Batté frustrata il palmo della mano sinistra al suolo. Vide la lama nemica avvicinarsi pericolosamente alla sua gola, per poi fermarsi, repentinamente, a pochi centimetri da sé. Sorrise, il suo piano aveva funzionato. Era caduta nell’esatto punto in cui l’ombra era più fitta; evocare un demone ombra, da una base di partenza ottimale come quella, quando aveva colpito il terreno con la mano, era stato un gioco da ragazzi. Vedeva la sua evocazione ghermire la gola del nemico con un pugnale nero, pronto a colpire al suo ordine. Stava per dare il comando, quando una voce familiare la bloccò.

«Basta così!»

«Papà?!» Disse incredula.

«Eir, sei diventata proprio forte!»

«Papà, mi spieghi cosa diavolo succede?»

«Testavamo le tue capacità.» Rispose il misterioso nemico, che lentamente cominciò ad assumere le sembianze di una donna.

«Mamma?! Prima che perda la pazienza, mi spiegate cosa vi è saltato in mente?»

«Vieni» disse l’uomo, porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi «come ha detto mamma, testavamo le tue capacità. Sei una maga incredibile figlia mia. A soli diciotto anni, ci hai già eguagliato in capacità e potenza Eir.»

«Non sto capendo?!»

«Sei pronta per il mondo, figlia mia.» Disse la donna accarezzandole il viso. «Tenerti per sempre in questa foresta sarebbe uno spreco. Ti aspettano tante cose lì fuori.»

«Non è vero! Io sto bene qui, con voi.»

«Non dire bugie. Lo senti anche tu il richiamo del mondo. Anche se non hai il coraggio di dircelo, capiamo chiaramente che hai voglia di vedere ciò che ti abbiamo raccontato.»

«Ma io…»

«Non è un male, tesoro.» Intervenne il padre «Vuol dire che sei cresciuta, sei diventata forte ed indipendente, oltre che una bellissima donna.»

«Balle! Voi volete solo allontanarmi da casa!»

«Stai diventando irragionevole Eir, sai benissimo che non è così!»

«Dove andrò? Con chi?»

«Dovrai scoprirlo da sola figliola. Il destino è nelle tue mani.»

«Ma sarò da sola!»

«Sei stata sola per troppo tempo. Sempre qui, in questa foresta dove sei nata, nascosta da tutto e da tutti. No Eir, meriti di meglio. Lo sai, lo senti.»

«Ma vi lascerei qui da soli…»

«No», rispose la madre «anche noi andremo via. Siamo stati qui a lungo, ma lo abbiamo fatto per il tuo bene. È tempo di andare anche per noi, abbiamo la nostra strada da percorrere

«Tutto così, all’improvviso, non è giusto, non sono pronta!» Disse la ragazza, sull’orlo delle lacrime.

«La vita non è mai giusta, abbiamo noi il compito di renderla tale. Andiamo, è tempo.»

La ragazza annuì con la testa, sconsolata. Sapeva che i suoi genitori avevano ragione. Era rimasta troppo a lungo in quel luogo a soffrire la solitudine, a non sapere cosa si prova nel giocare con altri bambini, a non conoscere il significato della parola amicizia. Sapeva fosse arrivato il momento di andare, di sperimentare nuove cose, eppure non riusciva a non provare una punta di paura. Eir, la regina del bosco, la padrona degli animali, la domatrice degli elementi naturali, era terrorizzata all’idea di lasciare definitivamente la radura, la sua casa per diciotto lunghi anni. Si avviò lentamente verso l’abitazione, soffermandosi ad osservare e memorizzare ogni piccolo frammento di quel suo minuscolo mondo. L’avrebbe portato nella sua mente e nel suo cuore ovunque fosse andata; non le importava quanto il destino e le sue gambe l’avrebbero portata lontano, quel posto sarebbe stato sempre la sua oasi felice.

Cominciò a preparare il suo bagaglio. Voleva viaggiare leggera, delle scorte di viveri e qualche ricambio di vestiti andavano più che bene, al resto ci avrebbe pensato la magia. Sapeva molto bene di non poterne fare un largo uso al di fuori del bosco. Chi non era capace di manipolare la forma della natura, poteva fraintendere l’uso di tale capacità e potere, nel migliore dei casi; nel peggiore, avrebbe potuto incarcerarla e sottoporla a chissà quale tortura o addirittura ucciderla. I suoi genitori erano stati molto chiari su quel punto di vista: mai mostrare apertamente i poteri ed i prodigi di cui era capace. Non comprendeva ancora appieno  le motivazioni, ma era sicura che avevano le loro buone ragioni ed aveva la vaga impressione che presto, quando avrebbe vagato per i vari regni umani, le sarebbe stato tutto molto più chiaro. Gettò un ultimo sguardo alla sua stanza. Si soffermò sui giochi che aveva usato durante tutta la sua infanzia, costruiti a mano dai suoi genitori, senza alcun ausilio della magia. Lanciò un incantesimo su tutti loro; non voleva che il tempo o la polvere li rovinassero, sarebbe ritornata a prenderli non appena ne avrebbe avuto l’opportunità. Discese le scale, cercando di cogliere ogni piccolo particolare dell’abitazione; se solo avesse potuto farlo, l’avrebbe portata via con sé, ma ciò non era possibile. Vide che i genitori l’aspettavano vicino la porta, già carichi dei loro zaini. Percorrere quei pochissimi metri le fu difficile, ma si impose di essere forte. Doveva dar prova di essere tenace, caparbia, risoluta, capace di tener testa alle difficoltà della vita; non poteva lasciarsi andare per una cosa del genere.

«Pronta?» Disse Astrid.

Annuì leggermente con la testa.

«Vedrai figliola, il mondo che ti attende, i regni dei senza magia, sono posti fantastici. Nonostante non siano capaci di manipolare le diverse forme della natura o piegarle al loro volere, sono capaci di cose straordinarie. Quando ci rivedremo, ripenserai a questo momento con un sorriso.»

«Dici, papà?»

«Ne sono fermamente convinto!»

«Però…»

«Però…» Continuò la madre.

«Io non sono mai stata sola! E la cosa mi spaventa.»

«E non lo sarai mai. Tieni.» Le mise al collo una collanina con un pendente: il castone era a forma di due ali d’oro spiegate, su cui era montata una gemma rossa che emanava baluginii. «In questa pietra, io e mamma abbiamo immesso un po’ della nostra essenza vitale e magica. Ti saremo sempre accanto, ovunque tu vada. Non ti lasceremo mai sola. Ora va, il mondo ti attende e sono sicuro che lì fuori troverai tanti amici.»

Li abbracciò forte. Non poté impedire ad alcune lacrime di sgorgare. Aveva la convinzione, anzi sapeva, che li avrebbe rivisti nel suo girovagare per il mondo alla ricerca di uno scopo, della sua realizzazione; ma, in quel momento, quella separazione le faceva molto male. Si staccò a malincuore ed intraprese il viale che l’avrebbe portata verso nuove esperienze.

«Non piangere figlia mia. Non è un addio, non è la fine.»

Fridrick e Astrid rimasero a guardare Eir che andava via, finché non divenne un piccolo puntino all’orizzonte.

«La rivedremo mai?» Chiese la donna.

«Non lo so, ci spero però.»

«Il mondo è un posto orribile, sono sicura che lo scoprirà a sue spese. Mi preoccupa lasciarla sola.»

«Eir è molto più forte e furba di ciò che sembra, se la caverà egregiamente. Lei è destinata a grandi cose, me lo sento, lo so.»

«E noi?»

«Noi? Abbiamo una missione da compiere e il dovere di andare alla ricerca dei nostri amici, che sono sopravvissuti all’attacco di diciotto anni fa…ammesso che ce ne siano.»

Mise una mano sulla spalla della donna, per incoraggiarla.  «È tempo di andare.»

«Ci aspetta una impresa impossibile. Noi due contro un impero.»

«Lo so. Ma abbiamo il dovere di provarci.»

«Hai ragione.»

«E sono sicuro che Eir si rivelerà fondamentale anche per la nostra missione. Andiamo!»

Chiusero la porta di quella modesta ma accogliente casa in legno e pietra, nata dal nulla nel bosco, diciott’anni addietro. Lanciarono su di essa un incantesimo di protezione, in modo tale da non essere trovata o scalfita da nessuno.

Si avviarono anche loro lungo il viale che li avrebbe condotti verso la meta. Molto presto, l’intero mondo avrebbe saputo che i maghi erano tornati. Più potenti e determinati che mai.

   
 
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