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Autore: RainbowCar    28/03/2021    0 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprì gli occhi la sua regina non era accanto a lui, nel grande letto della loro camera.
Si erano addormentati, esausti, dopo aver fatto l'amore, rinviando ogni preoccupazione al giorno successivo, ma il primo pensiero di Alistair ora era sincerarsi delle condizioni di salute di sua moglie. Con suo grande stupore, però, non l'aveva trovata al risveglio. Avrebbe voluto iniziare la giornata accarezzando la sua guancia delicata ma evidentemente si era alzata presto. Sembrava volesse evitare a ogni costo di affrontare quella conversazione. Forse perchè non trovava il coraggio di arrecargli un dolore... stava davvero così male?
Si vestì in tutta fretta e andò a cercarla. Probabilmente era andata a trovare i bambini.
 
Goldanna si era trasferita a palazzo con i suoi figli subito dopo il matrimonio reale. Nonostante non avesse simpatia per suo fratello, essere la sorella del Re aveva i suoi vantaggi. Aveva capito subito che Alistair avrebbe fatto di tutto per lei, per l'unico legame di sangue che gli restava, e ne aveva approfittato. Era stata abbandonata dal marito dopo la nascita dell'ultima bambina e le serviva disperatamente aiuto, l'orgoglio non le avrebbe dato da mangiare. Ben presto però avere buon cibo, bei vestiti e una bella casa per sé e i suoi cinque figli non fu più la sua unica ambizione. Il re non aveva eredi e questo, di fatto, designava come suo successore uno dei suoi nipoti. Sarebbe diventata Regina Madre un giorno, magari non troppo lontano.
Alistair provava affetto per i suoi nipoti. Due maschi e tre femmine, due delle quali, di 24 e 22 anni,  erano già sposate da tempo. La più piccola, quasi diciannovenne, sarebbe andata presto in sposa a un ricco Lord, sempre che non fosse scappata come le altre due che avevano avuto matrimoni abbastanza sfortunati, essendosi rifiutate di seguire i consigli spassionati dello zio e della madre stessa, che le voleva sposate a dei nobili.  Le ragazze erano tanto carine quanto sciocche: quegli uomini, due cugini, avevano fiutato l'affare e non se l'erano lasciato sfuggire, ingravidandole anzitempo. I mariti sfaccendati si erano dunque infine trasferiti al castello, non potendo offrire alle mogli una vita dignitosa, ma in cambio avevano donato alle consorti due bambini ciascuna.
I maschi erano altrettanto frivoli e superficiali. Il più grande era interessato solo a inseguir gonnelle e di sposarsi o quantomeno studiare per prepararsi a sedere sul trono non ne voleva sapere, nonostante avesse già 26 anni. Il secondo invece aveva 20 anni, amava blaterare di guerre e battaglie e diceva di voler diventare un soldato, eppure durante un banale allenamento si era graffiato una guancia e lo spavento era stato tale da farlo fuggire a piagnucolare dalla madre, che aveva inveito contro la sventurata guardia che aveva osato sfigurare il suo bambino, arrivando perfino a pretendere dal Re che fosse severamente punita. Non era stato facile riuscire a calmarla e a convincerla che erano incidenti che potevano capitare. Era dovuta intervenire Lavriella, che le aveva parlato con quel suo fare persuasivo, incantando soprattutto il nipote che aveva soggezione o forse una sorta di debole per lei, e la faccenda era stata archiviata.
Comunque generalmente Goldanna non sopportava la cognata, nonostante andasse spesso a trovare i nipoti e i pronipoti, ma faceva buon viso a cattivo gioco, non aveva altra scelta.
Ogni giorno presenziava alle udienze, se non altro per avere qualcosa su cui spettegolare poi con le figlie e le dame da compagnia, e la invidiava, seduta su quel trono accanto al Re che presto avrebbe potuto essere riservato alla madre del sovrano. Sapevano tutti che i Custodi grigi non vivevano a lungo...

Quel giorno Lavriella non era passata dai bambini. Alistair la cercò ovunque, non si era presentata nemmeno a colazione. Stava per bussare alla porta dell'unica stanza che non aveva controllato, rifiutando fino a quel momento l'idea che potesse essere lì e venendo a patti con la consapevolezza che fosse il luogo più probabile in cui trovarla dopo i recenti avvenimenti, quando si rese conto che non era chiusa a chiave. Spalancò la porta e vide la sua regina tra le braccia di Zevran, stretta a lui in un abbraccio che lo colpì come un pugno allo stomaco.  C'era un sorriso su quelle labbra. Un sorriso non sprezzante come al solito, sulle labbra di quell'elfo.
Dal corridoio un paggio avvertiva il Re che le udienze stavano per cominciare.
Alistair richiuse velocemente la porta, senza dire una parola, così come l'aveva aperta, nell'istante in cui sua moglie si accorse dell'intrusione.
La presenza dei paggi nel corridoio la fece desistere dall'inseguirlo, ma era sicura che la scena a cui aveva appena assistito lo avesse sconvolto.
 
***************
I giorni erano volati. Non avevo più visto Deleric, ma me lo aspettavo. Avevo distrutto in un solo istante anni di illusioni, di sogni, avevo strappato via il senso del suo viaggio e ciò che gli aveva dato la forza di andare avanti gli ultimi cinque anni.
Non credevo che sarebbe successo, ma mi mancava, mentre osservavo il soffitto dal mio letto alla locanda. Era notte fonda, la luce di una candela mi permetteva di distinguere i particolari di quella stanza diventata ormai familiare. C'erano i mobili pregiati in legno, le coperte di broccato, le lenzuola di fine lino... e c'era il ricordo di Deleric su lenzuola altrettanto morbide, il suo profumo, i suoi baci e le sue carezze...
Senza che me ne rendessi conto, iniziai a sfiorare i punti che aveva sfiorato lui. Accarezzai il mio corpo imitandone il tocco leggero ma deciso, ripercorrendone lentamente la traiettoria, le dita esploratrici, spingendomi dove nemmeno lui era arrivato, sotto i tessuti che mi coprivano, alla ricerca di un piacere che non avevo mai assaporato. Un flebile gemito abbandonò le mie labbra, un attimo prima che bussassero alla mia porta.
Feron dovette intuire il mio imbarazzo, visto che il rossore sul mio viso era palese anche alla fioca luce della candela.
"Andraste, ti senti bene?"
Lo rassicurai e dopo qualche profondo respiro domandai il motivo della sua visita.
"Ero solo preoccupato per te. Domani è il grande giorno... finalmente c'è l'udienza."
Annuii.
"Non riesco a dormire. Non so nemmeno perchè sia così nervosa. Dopotutto che ho da perdere?"
'Non avevo un padre prima, non avrò un padre nemmeno dopo, se mi rifiuterà' aggiunsi nei miei pensieri. Non sapevo ancora esattamente se gli avrei confessato tutto o mi sarei limitata semplicemente a guardarlo, sul suo trono, in quegli occhi che dicevano così simili ai miei.
"Ti capisco, non succede di certo tutti i giorni di incontrare un re. La tua ansia è comprensibile, ma vedrai che andrà tutto bene" mi consolò Feron.
Gli permisi di sedersi sul letto accanto a me e lui mi chiese ciò che non volevo sentire e che avevo sperato di evitare in tutti quei giorni.
"Cosa è successo tra te e Deleric? Perché è andato via?"
Il suo tono era incerto. Sembrava allo stesso tempo curioso di saperlo e spaventato dall'eventuale risposta.
Mi strinsi nelle spalle, cercando di assumere un'espressione neutra. La verità era che mi sentivo in colpa e tuttavia anche arrabbiata. Come pensavo, amava solo il ricordo di una ragazzina che non era mai esistita, il viaggio insieme non lo aveva portato ad amare la vera Andraste, non contavo nulla per lui una volta dimostrato che non corrispondevo all'ideale che si era costruito negli anni.
"Perché eri in camera sua?" incalzò Feron.
"Ero andata a parlare con lui ma era ubriaco... e ha pensato che fossi andata per fare l'amore con lui"
Il ladro balzò in piedi.
"Cosa ti ha fatto quel verme? Perché non me lo hai detto? Ti giuro che lo troverò e lo ammazzerò!"
Lo guardai accigliata.
"Sei alquanto offensivo. Dai per scontato che io non fossi d'accordo, e poi dovresti sapere che se lo avessi voluto morto, ci avrei pensato io stessa. Per favore, ora torna a sedere accanto a me"
Lui obbedì.
"Quindi voi avete...?" non completò la frase.
Scossi il capo. "Non è successo. Anzi, a dire il vero, sono stata io a fargli del male" ammisi infine, a lui e a me stessa.
Feron sembrava perplesso. Si scusò per il suo comportamento di poco prima, poiché memore delle mie lacrime aveva pensato al peggio ed era scattato in lui un istinto di protezione che riservava a tutte le persone a cui teneva. Provò a chiedermi in che modo avessi ferito Deleric, ma io cambiai rapidamente argomento, evitando anche di dirgli che in realtà ci era mancato poco affinché passassimo la notte insieme. Rispettò la mia reticenza e non insistette, poi tirò fuori un pacchetto dalla tasca.
"Questo è per te"
Me lo porse, con il suo bel sorriso e gli occhi smeraldini, resi lucenti dalla fiammella.
Presi il pacchetto, alquanto stupita, ed esaminai il contenuto: il nastro blu che avevo visto al mercato appena arrivati a Denerim. Mi illuminai. Non avevo osato ammetterlo prima, ma quel nastro mi piaceva. Non dissi nulla, ma lasciai che me lo mettesse al collo, annodandolo con un grazioso fiocco. Stonava un po' con gli abiti semplici che indossavo, ma non importava.
Mi avvicinai allo specchio e mi ammirai, in un guizzo di vanità che mi ero concessa ben poche volte.
"Sei bellissima" sentii alle mie spalle.
Feron si era avvicinato e se ne stava in piedi dietro di me, a sorridermi attraverso lo specchio, e io indugiai più del dovuto non su me stessa ma sui suoi occhi, e le sue labbra...
Un altro passo, mi cinse delicatamente la vita. Avvicinando il viso al mio orecchio, sussurrò il mio nome.
"Andraste, io..."
Non gli permisi di finire la frase. Mi voltai e lo baciai.
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui, dopo fin troppi anni dall'ultimo capitolo. Avevo interrotto la ff dopo aver perso il computer su cui avevo già scritto un altro paio di capitoli e tutti gli appunti sulla storia. Ma in questi ultimi tempi ho sentito di nuovo l'esigenza di scrivere e più che altro di portare a compimento qualcosa che avevo iniziato e mai finito. Essendo passato tanto tempo, faccio fatica a ricordare molti piccoli particolari dell'universo, ma ho cercato e cercherò di restare coerente e convincente. Spero ci sia ancora qualcuno a cui il mio ritorno sia gradito e spero di essere ancora all’altezza.
  
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