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Autore: afep    29/03/2021    1 recensioni
Gli stranieri non hanno vita facile a Windhelm, e la situazione è notevolmente peggiorata da quando lo Jarl ha decretato l'espulsione per chiunque non sia necessario alla comunità.
Per Elyne Augier, senza lavoro e senza più un soldo, il rischio di essere deportata di nuovo a High Rock è quanto mai alto, ma potrebbe evitarlo se solo accettasse di sposare un cittadino compiacente. E se quel cittadino fosse casualmente un Dunmer, per lei si aprirebbero le porte del Quartiere Grigio.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ulfric Manto della Tempesta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rolff Pugno Roccioso non rimase a lungo lontano dal Quartiere Grigio.
Dopo essere stato accusato di aver rubato l'anello di Viola Giordano era stato fermato dalle guardie, ma ogni punizione che poteva essergli inflitta era stata mitigata il più possibile, poiché suo fratello era il braccio destro dello Jarl e perché non c'erano altre prove a suo carico oltre alle parole di Viola, che diceva di aver visto il proprio anello sfuggirgli dalla tasca.
Come risultato Rolff passò cinque giorni nelle prigioni di Windhelm – il minimo che poteva essergli assegnato – e trascorse l'inverno a servizio del palazzo dello Jarl, là dove il fratello poteva vigilare sulle sue azioni e assicurarsi che non si mettesse nei guai.
Quella situazione però non poteva durare a lungo, e una volta giunta la primavera Rolff ricevette l'invito a tornare alla propria casa e alle proprie occupazioni. Come risultato, a metà di Mano della Pioggia, incurante dei violenti rovesci che bagnavano la città e davano al mese il nome caratteristico, le sue urla e i suoi insulti erano tornati a risuonare per le vie del Quartiere Grigio, disturbando gli abitanti e togliendo loro il sonno.
Esasperati per il chiasso e la stanchezza anche Elyne e il suo sposo ne avevano infine risentito, e un giorno tutta l'irritazione che avevano accumulato era esplosa in una violenta discussione, interrotta solo perché Revyn non poteva più rimandare l'appuntamento con un fornitore alle porte della città.
Rimasta sola all'emporio, la giovane Bretone aveva cercato di placare il proprio nervosismo dedicandosi ai piccoli compiti che le erano abituali; armata di straccio, scopa e irritazione spolverò gli scaffali, spazzò il pavimento davanti all'ingresso, ordinò la merce sugli scaffali e si tenne tanto impegnata che, solo mezz'ora dopo, il suo fastidio era svanito e cominciò a considerare tutta la discussione sotto una luce più ragionevole.
Il suo carattere non era fatto per portare rancore troppo a lungo, e quel bisticcio era nato per motivi così sciocchi che presto desiderò che suo marito tornasse dall'appuntamento, per potergli parlare con più calma e cercare un punto d'incontro.
Con il desiderio di riconciliarsi, nelle ore che seguirono si dedicò all'emporio e ai clienti con più allegria, certa che Revyn, quando fosse tornato, sarebbe stato dell'umore adatto per ascoltarla.
Si trovava nel magazzino, intenta a riordinare la merce durante un raro momento di quiete, quando udì il rumore della porta d'ingresso che si apriva e si richiudeva con uno scatto.
Il suo primo pensiero corse a suo marito, che era assente ormai da tempo e che lei aspettava di veder comparire da un momento all'altro; poi si rese conto che il suono dei passi all'ingresso non corrispondeva a quello che aveva imparato a conoscere, e che diversamente dal solito non si era alzata alcuna voce per salutarla e annunciarle il proprio ritorno.
Sospettando che si trattasse di un nuovo cliente abbandonò le cassette di legno che stava accatastando e si affrettò nella stanza accanto, dove le bastò una sola occhiata per trovare la conferma dei suoi sospetti.
L'uomo in attesa accanto al bancone era molto più alto e robusto di Revyn, i suoi abiti avevano una fattura più ricercata e i suoi lunghi capelli bruni erano ben diversi dalla zazzera corvina dell'elfo.
Quando Elyne entrò nell'emporio le stava dando le spalle, ma anche così non le fu difficile riconoscerlo
“Thane Hakar.” Lo salutò allegramente. “Lieta di rivedervi.”
Al suono della sua voce Hakar Occhio di Corvo si voltò lentamente, squadrandola dall'alto della sua statura con più calore di quanto se ne potesse attribuire a occhi così chiari da sembrare schegge di ghiaccio.
“Signora Elyne.” Disse soltanto, rivolgendole un piccolo inchino con il capo.
Dopo aver ricevuto dalle sue mani la ricompensa dello Jarl i coniugi Sadri erano stati certi che quell'uomo sarebbe scomparso dalle loro vite, ma così non era stato. Nel giro di qualche giorno Hakar era tornato, portando con sé un vecchio monile che intendeva vendere, e da quel momento era diventato un cliente fisso del loro emporio.
“Oggi vi servirò io.” Lo informò Elyne, avvicinandoglisi con sollecitudine. “Purtroppo mio marito non è in casa.”
“Questo lo so.” Ribatté Hakar, scuotendo il mantello per eliminare le gocce di pioggia. “Sono tornato poco fa e l'ho visto parlare con un Khajiit sotto le mura, vicino alle porte della città.”
La ragazza annuì, sperando dentro di sé che le mura potessero offrire dalla pioggia un riparo sufficiente e che Revyn non si buscasse un malanno.
“Bene. Allora, come posso esservi utile?” Gli chiese, occhieggiando le impronte bagnate che i suoi stivali avevano lasciato sul pavimento di pietra. Più tardi avrebbe dovuto passare lo straccio, per evitare che qualche nuovo cliente ci scivolasse sopra. “Vi servono per caso dei guanti da abbinare al mantello che avete preso due settimane fa? Le nuove pellicce di volpe per la bordatura ci arriveranno la prossima settimana, se non vi dispiace aspettare.”
Mentre parlava gli era passata accanto, in modo da aggirare il bancone e sistemarsi dall'altro lato, e Hakar girò lentamente su sé stesso per non perderla di vista durante tutto il tragitto.
“In realtà non mi serve nulla.” Le rispose, scrollando le spalle robuste. “Ero solo di passaggio, e ho pensato di fare un salto qui per salutarvi.” Elyne annuì, un po' perplessa. Il Quartiere Grigio si trovava dalla parte opposta rispetto alla zona nella quale abitava il Thane, ma prima che potesse farglielo notare lui riprese. “Avete sentito la novità sulla moglie dello Jarl?”
“Temo di no.” La giovane Bretone scosse il capo, improvvisamente incuriosita. “So solo che è scomparsa e che non si hanno sue notizie da molto tempo. Per caso l'hanno ritrovata?”
Hakar scrollò il capo, e sollevata una mano la passò tra le ciocche selvagge della sua folta chioma bruna.
“Per niente. Probabilmente è morta in mezzo a un bosco o in qualche crepaccio.” Rispose con indifferenza, come se una simile fine non lo turbasse. “O almeno, lo Jarl ne è convinto. Tra meno di due settimane, il primo giorno di Secondo Seme, ci sarà la sua cerimonia funebre e verrà dichiara ufficialmente morta.”
“Povera donna.” Sospirò Elyne senza sapere che altro dire, ma Hakar non sembrava intenzionato a lasciar cadere il discorso.
“Sarà una cerimonia aperta alla cittadinanza, in puro stile Nord. Voi ci sarete?”
“Non credo.” Rispose prontamente la giovane, giungendo le mani in grembo e intrecciando le dita. “Si tratta di una cerimonia Nord, dubito che i Dunmer siano bene accetti.”
“Potreste venire da sola. Vi posso accompagnare io, se lo desiderate.”
A quel commento Elyne aggrottò la fronte, perplessa. Non le sembrava un'offerta molto rispettosa nei confronti di Revyn, che così veniva tagliato fuori senza esserne nemmeno informato, ma pareva che il Thane lo ignorasse. Probabilmente, si disse la ragazza, le aveva avanzato quella proposta per semplice gentilezza, senza pensare ad altro, e spinta da quel pensiero gli rivolse un sorriso di scusa.
“Temo di dover rifiutare.” Gli disse, scuotendo piano il capo. “Con le piogge di questi giorni preferisco restare al coperto, lontana dal bagnato e dall'umidità.” Quella era una buona scusa, e si congratulò con sé stessa per averci pensato così rapidamente. Non smaniava per partecipare al funerale di una donna sconosciuta ma, se anche lo avesse voluto, ci sarebbe andata con il suo sposo: le piaceva quando passavano del tempo insieme, e preferiva di gran lunga condividere quella novità con lui piuttosto che con qualcun altro.
“Peccato.” Replicò Hakar scrollando le spalle, e adocchiato un panno di lana lasciato in esposizione sul bancone allungò una mano, come se volesse saggiarne la qualità. “Spero allora di vedervi alla Notte dei Fuochi, a metà di Secondo Seme.”
“La Notte dei Fuochi?” Gli fece eco Elyne, interessata. A High Rock, in quello stesso periodo, i Bretoni festeggiavano il Festival del Fuoco, e se le due feste si somigliavano anche solo lontanamente era certa che vi si sarebbe divertita.
Il Nord sembrava soddisfatto di aver attratto finalmente la sua curiosità, e dopo aver maneggiato per qualche attimo il panno di lana e aver rovinato l'esposizione agganciò una mano alla cintura, assumendo una posa rilassata.
“È una vecchia festa che teniamo qui a Skyrim, per celebrare la fertilità della nuova stagione.” Le spiegò con un lieve sorriso sulle labbra screpolate. “Si tiene sempre fuori dalle mura. Si accendono dei grandi fuochi, i sacerdoti tengono una piccola cerimonia e poi si beve e si balla per il resto della notte.”
“Oh, sembra divertente!” Esclamò Elyne, che sentendo parlare delle danze si era animata. “E ci saranno dei musici? Che ballate vengono suonate di solito? Ci sarà molta gente?”
“Tutta la città.” Le rispose Hakar, chinandosi leggermente in avanti e sorridendole con calore. “Solitamente giungono dei bardi da Solitude, per affiancarsi agli scaldi locali. Vi piace ballare, Elyne?”
“Moltissimo!” Rispose la ragazza, incapace di trattenere un ampio sorriso. Le era sempre piaciuto danzare, e nel matrimonio aveva finalmente trovato un compagno abbastanza agile e svelto da tenere il suo passo.
“Sono felice di sentirlo.” Con un sorriso soddisfatto Hakar allungò una mano nella sua direzione, il palmo verso l'alto nella muta richiesta che lei gli concedesse la propria. “Quindi, posso sperare che mi permettiate...”
Ma qualunque cosa sperasse rimase inespressa, perché la sua frase si interruppe nel momento in cui la porta si aprì alle sue spalle.
Elyne non poteva vedere l'ingresso, perché la massiccia figura del Thane le bloccava la visuale, ma percepì la ventata fredda e umida che giunse dall'esterno, e per un attimo sentì risuonare lo scroscio sordo e insistente della pioggia. Poi la porta si richiuse, e il sospiro che udì provenire dall'uscio la mise di buon umore quasi quanto il tono che si levò un istante dopo.
“Thane Hakar.” Disse cortesemente la voce di Revyn. “Bentornato. Sarò subito da voi per servirvi, nel frattempo rivolgetevi pure a mia moglie.”
“Non disturbatevi.” Replicò Hakar, restando accanto al bancone. “Sono solo di passaggio. Ero venuto per portarvi le ultime notizie.”
Il Nord, pur essendosi voltato, le bloccava ancora la visuale, e così Elyne si mosse qualche passo di lato per sbirciare oltre le sue spalle. Tanto le bastò per cogliere la vista della figura zuppa di suo marito, che nei pressi dell'ingresso si stava togliendo un gocciolante mantello in pelle di netch; pur essendosi coperto con quella vecchia cappa, fatta apposta per repellere l'acqua come una cerata, i suoi calzoni erano bagnati fin sopra al ginocchio e i suoi capelli scuri erano umidi di pioggia.
“Voi ricorderete Lady Lirael.” Cominciò il Thane, rivolto a Revyn. “Ormai è passato molto tempo dalla sua scomparsa, e Lord Ulfric ritiene che non sia più possibile ritrovarla in vita. Tra una decina di giorni, alle prime luci dell'alba, si terrà il suo funerale, e nel pomeriggio lo Jarl aprirà di nuovo il palazzo per un'udienza pubblica.”
“Bene.” Disse l'elfo con evidente soddisfazione. “Non si tenevano udienze pubbliche da quasi un anno e mezzo.”
“Da quando non si sono più avute notizie di Lady Lirael.” Gli confermò Hakar, annuendo. “So anche che lo Jarl intende riaprire le ostilità con l'Impero, ora che non deve più preoccuparsi di lei. Presto potreste avere difficoltà a far arrivare merci da Solitude e dai feudi controllati dalle legioni.”
Quella notizia parve fare molto meno piacere a Revyn, che si limitò a stringere le labbra e a fare un secco cenno con il capo. Il taglio dei rifornimenti non era affatto una bella prospettiva per il futuro.
“Questo è quanto.” Concluse il Thane, sistemandosi il mantello e muovendosi verso la porta. “Vi vedrò alla cerimonia funebre?” Domandò, tendendo una mano verso l'elfo per congedarsi da lui.
“Ci vedrete all'udienza pubblica.” Replicò Revyn laconico, stringendogli le dita. “Grazie per essere passato.”
“Dovere. Sadri, Signora...” E con quelle ultime parole e un cenno con il capo ai due sposi, infilò rapidamente la porta e uscì sotto la pioggia.
La giovane Bretone rimase piuttosto stupita dalla velocità con cui si era allontanato, ma si disse che probabilmente aveva altri impegni che non gli consentivano di restare ancora a lungo, e con quella convinzione si volse verso suo marito. Revyn, ancora accanto alla porta e con la cappa tra le mani, le rivolse un sorriso contrito non appena incrociò il suo sguardo.
“Sei ancora arrabbiata con me?” Le domandò, con un tono così cauto e dolce che Elyne non avrebbe potuto restare in collera nemmeno volendo.
“Affatto.” Gli rispose, andandogli incontro e prendendogli il mantello dalle mani. “Mi dispiace di aver alzato la voce in quel modo e di averti detto certe cose.”
“E a me dispiace di averti risposto male. E di aver litigato letteralmente su del latte versato.” Elyne avrebbe voluto andare verso il camino, per mettere il mantello ad asciugare, ma Revyn la trattenne gentilmente dalle spalle. “Posso baciarti, o sarebbe tentare troppo la fortuna?”
“Puoi provarci e sfidare la sorte.” Rispose lei, strappandogli una risata. Quando si chinò per baciarla lo lasciò fare, e posandogli una mano sulla nuca lo trattenne a sé un po' più a lungo del solito. “Ora vai ad asciugarti e cambiati.” Gli mormorò non appena le fu possibile. “Sembra che tu sia caduto in un fiume.”
“Un fiume di pioggia, yi com'daelha.” Sospirò Revyn, dandole un ultimo bacio sulla fronte prima di staccarsi da lei e dirigersi verso le due stanze della loro abitazione.
Elyne lo seguì prontamente, e mentre lui si cambiava nella camera da letto lei dispose una sedia accanto al fuoco per stendervi il mantello in pelle di netch.
“È andato bene l'incontro con il fornitore?” Gli domandò alzando la voce perché potesse sentirla, e quando udì il suo assenso continuò. “Spero che d'ora in avanti non ci siano problemi con il rifornimento delle merci. Se il Thane ha detto il vero sugli scontri, presto potremmo avere delle difficoltà.”
“Non peggiori di quelle che ho affrontato durante gli ultimi anni. Ce la caveremo.” La rassicurò Revyn. “A quanto pare lo Jarl stava solo cercando di decidere la sorte di sua moglie, prima di imbracciare di nuovo le armi.”
“Deve averla amata molto, per aver atteso più di un anno prima di crederla morta.” Considerò la ragazza, affacciandosi sulla porta della camera da letto. “Mi fa quasi pena.”
“Non cascarci.” La avvisò suo marito, mentre cercava un paio di braghe asciutte nel cassettone. “Probabilmente è stata tutta una mossa politica: Lady Lirael era imparentata con dei nobili di Daggerfall ed era molto ricca. Lo Jarl avrà voluto accertarsi che non fosse tornata a High Rock, prima di preparare le proprie mosse.” Le spiegò, cominciando a vestirsi. “Se vuole muovere guerra quei soldi gli saranno molto utili: dichiararla morta gli concederà di usarli a suo piacimento.”
“Hai una visione molto venale di questa faccenda.” Fece Elyne, un po' delusa.
“Ho una visione realistica, daelha.” Revyn scrollò il capo, e dopo aver finito di allacciarsi i calzoni cominciò a sistemarsi la tunica di lana. “I nobili si sposano per profitto, non per amore, e non tutti i matrimoni sono felici... Ma per mia fortuna, io non sono né nobile né infelice.” Concluse affettuosamente, rivolgendole un'occhiata ardente.
“Oh, adesso non guardarmi così.” Lo riprese la ragazza, cercando di non sorridere.
“Così come, cara?”
“Lo sai, come!” Ribatté divertita.
Avrebbe continuato volentieri quella schermaglia, ma proprio in quell'istante udì la porta d'ingresso aprirsi e così fu costretta ad abbandonare il campo, lasciando Revyn a sbrigarsela da solo con i suoi calzoni per accorrere a servire i nuovi clienti.


Elyne non aveva mai partecipato a un'udienza pubblica, ed era terribilmente curiosa di vederne una.
Revyn le aveva raccontato che a Windhelm era usanza che lo Jarl, una volta al mese, aprisse le porte del suo palazzo alla cittadinanza, per far da giudice nelle piccole dispute che potevano essere nate tra i suoi sudditi. Quella consuetudine non aveva mai conosciuto interruzione sino a quasi due anni prima, quando il feudo era stato scosso dalla scomparsa della moglie dello Jarl, e da quel momento in poi i cittadini avevano dovuto rivolgersi alle guardie o al sovrintendente della città per risolvere i loro battibecchi.
“Dopo tutto questo tempo, immagino che vorrà parteciparvi l'intera città.” Le disse una sera, mentre erano impegnati nella preparazione della cena. “Se vuoi andarci allora dovremo presentarci qualche minuto prima che inizi l'udienza, per cercare posto.”
“Noi del Quartiere saremo sempre relegati in un angolo, immagino.”
“Immagini bene, ma possiamo farci ben poco... lascia, daelha: ci penso io ad affettare le cipolle.”
Mano della Pioggia esaurì presto il suo corso, ma lo stesso non si poté dire per il maltempo che aveva portato con sé. Il primo giorno di Secondo Seme fu salutato dall'arrivo di un nuovo rovescio, che si riversò sulle teste di tutti coloro che si erano arrischiati a partecipare alla cerimonia funebre organizzata per la moglie dello Jarl.
Davanti a una simile pioggia, Elyne fu felice di aver rifiutato l'invito del Thane e di poter passare la mattinata al coperto. Lei e Revyn trascorsero le prime ore della giornata badando alla bottega e ai pochi clienti che osarono affrontare il maltempo per raggiungerli, e dopo un buon pranzo sostanzioso si prepararono per uscire.
All'ora designata, dunque, si strinsero insieme sotto il vecchio mantello in pelle di netch, una reliquia di Morrowind che i nonni di Revyn avevano portato con sé durante la fuga dalla loro terra, e si avviarono verso il palazzo dello Jarl.
Sarebbe stato molto più rapido, per loro, scendere le scale di pietra che conducevano verso il cuore del Quartiere Grigio, attraversarlo e risalire dall'altro lato, così da sbucare a pochi passi dal palazzo; a causa delle piogge, però, il livello più basso della strada si era allagato, e chiunque intendesse attraversarlo doveva rassegnarsi a sguazzare in quell'acqua sporca che lambiva le caviglie.
Furono così costretti a fare il giro lungo, salendo la piccola scalinata di fronte alla loro bottega e passando attraverso i quartieri residenziali di Windhelm, e quando infine giunsero a palazzo scoprirono una nutrita folla che già premeva all'ingresso.
“A quanto pare ci toccherà sgomitare.” Sospirò Revyn,stringendola maggiormente a sé. “Restami vicina, voglio provare a passare subito dopo quell'uomo con la capra. Lui potrebbe aprirci una via in mezzo a questa calca.”
Come scoprì presto Elyne, le udienze pubbliche erano attese dai cittadini di Windhelm con lo stesso spirito con cui i Bretoni attendevano le feste danzanti. Nella sala, come notò non appena riuscirono a entrare, sembrava essersi riunita l'intera popolazione: uomini, donne e bambini si erano raggruppati ovunque fosse possibile, in piedi in capannelli oppure seduti su panche di legno o direttamente sul pavimento di pietra. Giovani di ogni età accompagnavano gli adulti, insieme a una sconcertante quantità di animali da cortile, dalle galline alle capre, che i cittadini avevano ritenuto necessario portare con loro.
“Probabilmente quegli animali sono oggetto di una disputa.” Le spiegò Revyn non appena raggiunsero la zona riservata ai Dunmer. “Li portano qui così che lo Jarl veda su cosa è chiamato a decidere.”
“In questo modo, però, la sala finisce per puzzare di stalla.” Replicò Elyne, ripiegando il vecchio mantello in pelle di netch e appoggiandosi alla spalla del marito.
Poco a poco il salone del palazzo si riempì, e quando anche lo Jarl fece la propria comparsa cominciarono le udienze.
Le dispute portate dai cittadini erano le più svariate, e andavano dal battibecco con il vicino fino alle più gravi accuse di truffa o furto. Tra i litiganti si contavano alcuni Dunmer, ed Elyne notò con disappunto come lo Jarl tendesse a favorire i Nord a loro discapito; ne avrebbe parlato volentieri con suo marito, ma lui era spesso impegnato a discutere i casi con Faryl, il fratello di Aval. Ascoltandoli, la ragazza si accorse che giocavano a scommettere oggetti di valore irrisorio su chi avrebbe vinto ciascuna disputa, e presto si ritrovò coinvolta nel loro stesso passatempo, puntando appassionatamente nocciole candite e castagne secche su questo o quel risultato.
Tra una scommessa e l'altra, mentre seguiva l'avvicendarsi dei litiganti, notò che talvolta, alle dispute, si alternava l'intervento di singoli cittadini, che anziché domandare giustizia per un torto richiamavano l'attenzione dello Jarl su questioni che stavano loro a cuore.
Le ci volle qualche tempo per individuare il cenno con cui il sovrintendente, che assisteva lo Jarl in quelle udienza, li invitava a farsi avanti, e poco a poco cominciò ad accarezzare il germe di un'idea.
Fu solo dopo quasi due ore, quando ormai i cittadini cominciavano a mostrare i primi segni di stanchezza, che si decise a tentare la sorte.
“Puoi tenermelo?” Domandò piano a suo marito, porgendogli il mantello in pelle di netch che aveva tenuto fino ad allora tra le braccia.
“Certamente.” Revyn si fece carico del peso non indifferente di quella vecchia cappa senza indugio, rivolgendole un sorriso. “Ti avevo detto che era pesante. Avresti dovuto lasciarlo a me sin dall'inizio... Aspetta! Elyne!”
Ma Elyne non lo stava più ascoltando. Dal proprio posto aveva notato il cenno del sovrintendente, e con il timore che qualche altro cittadino potesse precederla si mosse precipitosamente in avanti, abbandonando l'area destinata ai Dunmer e fermandosi solo quando si trovò al centro della sala.
Restare lì, con gli occhi di tutti puntati addosso, era a un tempo inebriante e terrificante.
Giungendo le mani in grembo e torcendosi le dita per il nervosismo la ragazza sollevò lo sguardo sullo Jarl, che non le era mai stato così vicino. Il sovrano dell'Eastmarch sedeva sul suo trono a non più di venti passi da lei, affiancato dal suo massiccio Huskarlo, e la fissava in attesa con fare inquisitorio.
Elyne avrebbe potuto sentirsi intimorita se, in quel momento, non avesse colto il cenno incoraggiante del sovrintendente, un uomo dai folti baffi bruni e l'aria gentile che per tutto il tempo aveva trascritto gli esiti delle dispute su un pesante libro mastro.
“Signore.” Cominciò la giovane con un goffo inchino, sforzandosi di alzare la voce per essere udita anche dalla folla. “Sono qui davanti a voi per domandarvi una maggiore vigilanza presso il Quartiere Grigio.” A quella richiesta un sopracciglio dello Jarl si levò verso l'alto, ma non parve voler prendere la parola e così Elyne continuò a snocciolare il discorso che aveva ideato nell'ultima ora. “Le guardie passano così di rado che è quasi un invito per i disturbatori. Quasi ogni notte si levano schiamazzi dalla strada, ci sono stati dei tentativi di scasso e durante il Giorno dei Burloni sono state danneggiate delle attività.”
“Sei qui per questo?” Le domandò finalmente lo Jarl, con un tono stentoreo e severo che le mise istantaneamente soggezione. “Molte attività subiscono scherzi durante il Giorno dei Burloni. Non siete gli unici che sono stati disturbati da gruppi schiamazzanti.” Con quelle parole levò una mano dal bracciolo del suo trono di pietra, facendole cenno perché si allontanasse.
“Veramente, Signore...” Continuò Elyne, ignorando il suo gesto. “... la Bottega dell'Usato di Sadri è stata oggetto del tiro di escrementi di capra e uova marce, e ci vorrà del tempo perché l'odore vada via completamente. Mentre l'insegna della Locanda di Nuova Gnigis è stata divelta e gettata in un cumulo di letame nella porcilaia cittadina. Non sono stati scherzi, ma danni.”
Lo Jarl strinse leggermente gli occhi, scrutandola da sopra la pedana su cui era assisto, e alla fine esalò un lento sospiro.
“Qual è il tuo nome, ragazza?” La interrogò severamente, senza perderla di vista un solo istante.
“Elyne Augier, Signore.”
“Augier.” Ripeté Jarl Ulfric, soppesando quel nome con aria grave. “Bretone. Cos'hanno da spartire i Bretoni con il Quartiere Grigio?”
“Signore, io ci vivo.” Gli spiegò Elyne, sforzandosi di non voltarsi verso l'area in cui aveva lasciato Revyn. “Ho sposato un abitante del quartiere.”
Lord Ulfric la scrutò ancora, con maggiore attenzione, quasi stesse cercando qualcosa in lei o nel suo aspetto, ma dopo qualche attimo si stancò di quell'ispezione e volse il capo verso il suo sovrintendente.
“Jorleif?” Disse soltanto e l'uomo, dopo essersi attorcigliato per una manciata di secondi la punta bruna di un baffo tra le dita con sguardo perso, annuì tra sé.
“Avete ratificato un atto di matrimonio tra una Augier e un Sadri poco prima dell'equinozio d'autunno, Signore.” Gli comunicò, con una precisione che pareva quasi suggerire che potesse ricordare ogni atto emanato all'interno del regno.
Lo Jarl accolse quella notizia con un singolo cenno del capo, e spostati i suoi acuti occhi chiari sulla giovane Bretone le rivolse nuovamente la parola.
“Sadri della Bottega?” Le domandò in tono spiccio.
“Sì, Signore.”
“Mh.” Lord Ulfric si mosse sul suo trono, e appoggiatosi con un gomito sul bracciolo di pietra si sporse in avanti per guardarla meglio. “Invierò qualcuno per occuparsi dei danni alle attività del Quartiere.” Decretò, dopo averla ispezionata una seconda volta. “E mi consulterò con i miei Capitani per disporre delle ronde e scoraggiare i tentativi di scasso.”
Elyne non riusciva a credere alle proprie orecchie. Arrossendo per il piacere di quella vittoria si inchinò nuovamente, e non appena le fu ordinato di lasciare posto ad altri cittadini tornò sui propri passi con il viso in fiamme per l'emozione.
“Non posso credere che tu l'abbia fatto davvero.” Furono le prime parole di Revyn non appena lo raggiunse. Nel suo sguardo fiammeggiante si mischiavano contrarietà e orgoglio in pari misura, e sembrava combattuto sull'espressione in cui atteggiare il suo volto grigio. Alla fine fu il divertimento ad averla vinta, e mentre le sue labbra scure si piegavano in un sorriso soddisfatto la strinse al proprio fianco, sottraendola agli sguardi dei curiosi risvegliati da quell'appello pubblico.
“Credi che lo Jarl manterrà la parola data?” Gli domandò Elyne in un sussurro, cingendogli la vita con un braccio e cercando di ignorare gli occhi che numerosi cittadini Nord stavano facendo dardeggiare nella loro direzione.
“Si è impegnato davanti a tutta la città. Non può farne a meno.” La rassicurò suo marito, accarezzandole un fianco dietro al discreto riparo degli altri Dunmer sistemati davanti e intorno a loro. “Sai, credo che tu li abbia colti tutti di sorpresa.” Aggiunse con orgoglioso divertimento, ed Elyne ridacchiò tra sé.
“Te compreso?” Gli domandò.
“Me compreso, daelha.” Confermò Revyn, abbassando la voce perché solo lei potesse sentirlo. “Sei una gioia e una sorpresa ogni singolo giorno.”
 

  
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