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Autore: IndianaJones25    30/03/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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XXV.
ISOLE FILIPPINE, GENNAIO 1923

   Il paesaggio che si stava lasciando dietro le spalle era di una bellezza incomparabile.
   Picchi rocciosi, vere e proprie pareti di pietra screziate di verde, racchiudevano lagune di un azzurro iridescente, simili a scrigni colmi di meravigliose gemme. Cascate purissime mischiavano il loro suono ai canti degli uccelli tropicali. Mille essenze vegetali si intrecciavano spandendo profumi inebrianti, capaci di filtrare in profondità. Dove terminavano le grandi e impenetrabili foreste, si stendevano spiagge di rena finissima e bianca, come raggi di sole distesi al suolo. E, al di là di queste, l’oceano sterminato, infinito, dipinto di un blu eterno, un orizzonte senza fine che si fondeva con il cielo, di cui era una propaggine estrema. L’Oceano Pacifico, l’immensa distesa d’acqua di Magellano, di Pigafetta, di Tasman e di Cook.
   Nonostante le sue buone intenzioni, Indy non era riuscito a sottrarsi, un’altra volta, sempre con l’appoggio economico di Brody, a tornare nel mezzo di quella vastità per andare alla ricerca del mitico Occhio del Pavone. Aveva approfittato della sospensione natalizia delle lezioni per concedersi una seconda - e ultima - possibilità.
   «Perderai il tuo tempo» aveva predetto Abner, guardandolo in modo arcigno mentre preparava i bagagli.
   «È probabile» rispose Indy, gettando alla rinfusa nella valigia lo stretto necessario. «Ma ne vale la pena solo per il pensiero che, mentre qui a Chicago adesso si gela, alle Filippine si scoppierà di caldo. Odio il freddo.»
   «A Marion non sarebbe dispiaciuto averti da noi anche quest’anno, per Natale» rivelò a quel punto il professore, infilandosi le mani in tasca.
   «Magari verrò a salutarla, prima di partire…»
   Abner fece un grugnito incomprensibile, prima di dire: «Meglio di no. Non so che cosa si stia mettendo in testa, quella pazzerella. Non fa che parlare di te e la cosa, te lo confesso, mi annoia da morire. Non mi bastava avere il tuo brutto muso davanti agli occhi ogni giorno. Ora mi tocca pure sentire il tuo panegirico quando sono a cena.»
   Suo malgrado, Indy si scoprì ad arrossire.
   «Professore, le assicuro che io non ho fatto assolutamente nulla per…»
   «Ma lo so, lo so» lo interruppe Abner, brusco. «È lei, non tu. Il collega che insegna psicanalisi e quello di chimica mi hanno detto che è normale, alla sua età. Uno mi ha spiegato che si tratta degli ormoni, l’altro si è messo a cianciare di complessi mentali e via discorrendo. In un caso e nell’altro non ci ho capito granché, ma mi fido di loro. Comunque, questa volta ho invitato Harold a trascorrere da noi il Natale, dal momento che non è rientrato in Gran Bretagna. Chissà che non riesca a combinare qualcosa, tra di loro…»
   A quel punto, Indiana Jones era scoppiato a ridere.
   «Ancora con questa idea di organizzare un bello sposalizio tra quei due, Abner?» lo derise. «Pensavo che ormai avesse riposto ogni speranza. Ad Ox non interessano le donne e, in ogni caso, non gli interessa Marion. E Marion… be’, siamo nel secolo sbagliato per pensare di poterla controllare come se niente fosse. È una ragazza moderna, e non si lascerà mai manipolare…»
   «Già» bofonchiò Abner, scuotendo il testone. «E questo mi preoccupa. Dovrò tenerla d’occhio, per evitare che si cacci nei guai.» Tolse le mani di tasca e allargò le braccia in un gesto plateale. «Immagino di dovermi rassegnare ai tempi che passano. Non siamo più nell’Ottocento, purtroppo.»
   «Purtroppo?» ripeté Indy con un sogghigno. «Io direi, invece, per fortuna.»
   Abner, nonostante tutte le sue preoccupazioni per la figlia, riuscì ad atteggiare le labbra  a un sorriso.
   «Ma sì, Jones, in fondo hai ragione tu. Viviamo in un tempo nuovo che ci riserverà grandi sorprese, anche se molte di esse, per me, non hanno futuro. Un po’ come le automobili… catorci pericolosissimi! Tempo dieci anni e la gente se le sarà già scordate.»
   Indy richiuse la valigia.
   «Quindi, per tornare a Marion…» riprese.
   «Te la saluterò io» tagliò corto il vecchio archeologo. «Ora sbrigati, o perderai il treno. Naturalmente, io ti auguro di riuscire in questa tua impresa, anche se non nutro grandi speranze. In ogni caso, vada come vada, ti informo che mi sono preso la libertà di scrivere a Marcus Brody. Gli ho fatto capire chiaro e tondo che la prossima stagione di scavi sei mio. Ti voglio come assistente, te l’ho già detto e non cambio idea. Per qualche tempo, dovrà rassegnarsi ad andarseli a cercare da solo, i tesori per il suo museo, oppure potrà rivolgersi a qualche altro archeologo. A Princeton ce n’è uno molto bravo, si chiama Forrestal…»

   Così, per la seconda volta in quell’anno, Indy era tornato nel Pacifico per condurre quella sua ricerca, e vi si era dedicato fino a dopo Capodanno. Trascorrere le festività tra le selve, i picchi, i fiumi e le cascate, a sottrarsi a pericoli costanti, anziché seduto a tavola a rimpinzarsi, lo aveva fatto sentire vivo e libero. Il suo concetto di divertimento, ormai lo aveva compreso, era molto differente da quello della maggior parte delle altre persone.
   Come aveva profetizzato Abner, tuttavia, si era trovato nuovamente dinnanzi a un fallimento totale; e, questa volta, dopo oltre un mese di lavoro infruttuoso, prese la decisione di abbandonare per sempre quell’impresa. A meno che l’Occhio del Pavone non gli si fosse presentato proprio davanti al naso, non avrebbe più fatto nulla per cercarlo. Malinowski aveva avuto ragione: l’ossessione non era una bella cosa, e lasciare che governasse l’esistenza era sbagliato. La cosa, a dire il vero, non lo rattristava nemmeno un po’: sentiva di avere di fronte a sé moltissime occasioni. Perderne una non avrebbe fatto alcuna differenza, anzi, lo avrebbe aiutato a non montarsi la testa prima del tempo.
   Perlomeno, questa volta aveva guadagnato qualcosa di assai più prezioso di un diamante: un nuovo amico. Un amico di cui, fin dal primo momento, aveva sentito di potersi fidare ciecamente. Era stato qualcosa di istintivo, che aveva sentito a pelle.
   Wu Han era un contrabbandiere cinese di lontane origini olandesi. Dopo essersi salvati la vita a vicenda, avevano collaborato insieme nell’esplorazione delle Filippine. E, pur non essendo riusciti ad approdare a nulla di concreto, dovevano riconoscere di essersi divertiti davvero tanto, insieme. Adesso che si avvicinava il momento di ritornare in America, Indy provava già nostalgia per lui e ne sentiva la mancanza.
   «Sai, conoscerti mi ha fatto capire molte cose su cui non avevo mai riflettuto come si deve, prima» rivelò Wu Han mentre, a bordo della sua giunca, si allontanavano dalla costa, diretti verso il mare aperto. Le isole, custodi di meraviglie senza fine, rimpicciolivano con lentezza alle loro spalle.
   Si trovavano sul cassero di poppa. Il vento tiepido scompigliava loro i capelli e gonfiava le vele bianche. Il profumo salmastro era inebriante e trasportava il sentore di antiche leggende, di mostri marini, di galeoni scomparsi nella spuma con i loro carichi preziosi, celati per sempre sui fondali.
   «Spero cose buone» replicò Indy, appoggiato alla murata, gli occhi fissi sulla superficie del mare lievemente increspata.
   «Oh sì, assolutamente, dalla prima all’ultima» disse ancora Wu Han, facendo scivolare i polpastrelli lungo la barra del timone, laccata di un rosso cupo. «Fino a oggi non ho ottenuto granché dalla vita e nemmeno le ho mai chiesto molto: mi sono limitato a rubare e a vendere merce sul mercato nero, insieme ai miei fratelli, come mi ha insegnato a fare mio padre. Grazie a te, però, ho compreso di poter fare di meglio e di potermi rendere più utile a tutti. Posso ottenere uno scopo più grande, da me stesso.»
   L’amico fece uno dei suoi soliti sorrisetti sghembi.
   «Non vorrai mica dirmi che vuoi diventare archeologo anche tu?» chiese, voltandosi per guardarlo in viso.
   «L’archeologia mi appassiona e mi affascina molto, ma non è ciò che avevo in mente» ammise. «Invece, non mi dispiacerebbe affatto trasferirmi per qualche tempo in Europa e studiare legge. La Repubblica cinese è traballante e ostacolata da ogni parte. I comunisti e i signori della guerra che la minacciano dall’interno, i nostalgici dei tempi imperiali che vorrebbero una restaurazione monarchica, i giapponesi con le loro mire espansionistiche, le potenze coloniali che ancora si disperano al pensiero di averla perduta… è come una pentola a pressione sotto cui sia stato acceso un fuoco troppo forte. Aspetta solo di esplodere. Mi sono convinto che potrei fare molto di più per il mio paese ponendomi al suo servizio, piuttosto che frodarlo di continuo con il mio attuale mestiere.»
   Il sorriso di Indy si fece sincero. Non aveva mai creduto di potersi rivelare tanto fondamentale nel migliorare il proprio prossimo; era una sensazione che non gli dispiaceva affatto. Certe volte gli sarebbe piaciuto essere tanto convincente anche verso se stesso.
   «È una decisione che ti fa molto onore, Wu Han» disse, annuendo con parecchia convinzione. «Sono molto fiero di te. Ma spero che questo non ti impedirà, in futuro, di accompagnarmi ancora in qualche impresa pazzesca come quella che abbiamo appena compiuto. Collaborare con te mi ha aiutato davvero tantissimo, e senza il tuo aiuto adesso sarei già sepolto sotto un buon metro di terra.»
   Wu Han fece un lieve inchino.
   «Sono pronto a seguirti in mille avventure, Indy» promise. «Anche a scendere con te nel Regno del Grande Mistero, se necessario.»
   Indiana Jones guardò il riverbero rossastro del sole che cominciava ad abbassarsi all’orizzonte e si sentì sciogliere dentro un nodo. Il sordo dolore che lo aveva accompagnato da quando aveva detto addio a Remy, mesi prima, poté finalmente dissiparsi in quelle acque, mentre la consapevolezza di aver trovato un nuovo e grande amico, su cui poter sempre contare, gli invase l’animo.
   «Magari, un giorno andremo a visitare anche quel posto, chissà» disse.
   Strinse gli occhi, fissando ancora il cielo e il mare. Provò a vedere il futuro, ma il futuro non si mostra mai. Lo si può soltanto provare a immaginare, anche se, poi, tende sempre a disattendere ogni aspettativa. Aveva perduto l’Occhio del Pavone, ma aveva trovato Wu Han. Esattamente come, dopo aver perso suo padre, aveva trovato Abner, che lo attendeva negli Stati Uniti, insieme a Marion.
   No, di certo non avrebbe saputo dire che cosa gli avrebbe riservato il suo futuro, ma era certo che sarebbe stato ancora più grandioso di tutte le esperienze vissute fino a quel momento.
   «Chissà…» ripeté.
   
 
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