“Beh, allora Ryo, cos’hai
intenzione di fare
adesso che Kaori è tornata?”
Tarda notte, appoggiati pigramente contro la
ringhiera
del balcone di casa Saeba, Ryo e Mick guardavano il cielo
stellato,
fumando pigramente tra una sorsata di birra e
l’altra.
Ryo non rispose alla domanda dell’amico,
si limitò a
comportarsi come se nulla fosse, come se non avesse udito la domanda, o
la
domanda non avesse avuto alcun senso. Ma Mick non voleva demordere;
gettato a
terra il filtro consumato, spense la flebile fiamma schiacciandola con
il
piede, poi si avvicinò all’ex socio, osservandolo
con un sorrisetto.
“Andiamo, Ryo… il tuo piano
per riconquistare Kaori è
andato a farsi fottere quando lei è tornata da te da
sola… quindi, come pensi
di mettere a posto le cose con lei adesso?”
Mentre pronunciava quelle parole, sul viso di Mick
apparve la sua migliore espressione da pervertito; una parte di lui era
leggermente dispiaciuta di non poter godere delle grazie della divina e
amorevole Kaori, ma anche solo immaginarla intenta in conturbanti pose
erotiche
e selvaggi atti sessuali al limite del porno era abbastanza per farlo
entrare
in un febbricitante stato di eccitazione.
Ryo strinse i denti; nonostante avesse fatto
quella mezza
ammissione con Mick, non era ancora pronto ad ammettere in modo
plateale,
specie con Kaori, la profondità del suo sentimento; si
limitò perciò a sbuffare
con falsa nonchalance invece di tirare fuori l’amata Python e
puntarla alla
gola di quello che sempre più rapidamente stava divenendo il
suo ex migliore
amico.
“Bah, lo hai detto tu che
c’è qualcosa da sistemare, per
me le cose vanno bene come sono adesso, a dirla
tutta…” Ryo sbuffò, “Kaori
è
tornata da me, ce ne torniamo allo status quo, e punto e
basta.”
La coppia rimase in silenzio, mentre la cacofonia
di
Shinjuku riempiva le loro orecchie come un rumore bianco di sottofondo;
un velo
di tristezza calò sul viso di Mick, che sospirò,
mesto.
“Ryo, my friend…
stavolta è tornata da te, ma lo sai anche tu:
Kaori ricorda tutto. E se non
fai qualcosa al più presto, potrebbe decidere di andarsene
di nuovo e questa
volta di non tornare più da te.”
“Magari è quello che
voglio,” Ryo borbottò. Tuttavia
dentro di sé, nel profondo, sapeva che quella nave era
salpata già da parecchio
tempo: ormai lei faceva troppo parte non solo della sua vita ma del
loro mondo,
quindi, perché continuare ad opporsi a quello che provava?
Perché non
arrendersi, se comunque Kaori era perennemente bersaglio dei suoi
nemici per il
semplice fatto di esistere?
Quasi avesse intuito i suoi pensieri, Mick
alzò gli occhi
al cielo, lievemente esasperato. “Dio santo, Ryo, ma
perché per una volta nella
vita non puoi comportarti come una persona normale e dirle che la
ami?”
“Certo, come no, così pensa
che io mi voglia togliere lo
sfizio pure con lei… mica posso caricarmela in spalle,
sbatterla sul letto e
farmela come se fosse una sciacquetta qualunque, gridando che
l’amo mentre siamo
a letto… ma non scherziamo, dai!” Ryo
sospirò, fissandosi i piedi un po’
colpevole. “Sai a quante ho detto ti amo dopo cinque minuti
per portarmele a
letto o mentre me le facevo? Te lo dico io: troppe!
Chiedilo a Kazue se non mi credi, l’ho fatto pure con lei -
nel giorno del suo
matrimonio e davanti a Kaori!”
Ryo sospirò; con le mani dietro alla
schiena ed il capo
basso, iniziò a camminare per la balconata, perso nei suoi
pensieri, quasi Mick
non fosse stato lì.
“No, no, no… qui serve
qualcosa di… di speciale,
esplosivo, non deve scordarselo per nessun motivo al mondo, un qualcosa
che la
convinca della mia buona fede… vediamo, cosa potrei fare?
Lei è una romantica,
potrei… o magari invece… e se…
oppure… e se invece… magari potrei…
oppure… IDEA!”
Ryo sbraitò, battendo il pugno
chiuso sul palmo, fulminato da un piano geniale per sistemare le cose;
sotto lo
sguardo attonito di Mick, lo sweeper accompagnò quel gesto
con un ghigno
spaventoso, che fece ricordare al biondo americano i cattivi dei
cartoni
animati o dei film di serie C– gli mancava giusto un gatto
bianco sulle
ginocchia e sarebbe stato perfetto nella parte della nemesi di James
Bond o di
Spider-Man o Daredevil.
Ma a Ryo tutto questo non importava: se il suo
piano
fosse andato in porto, tempo massimo una settimana Kaori
si sarebbe infilata nel suo letto per
non uscirci mai più.
“Allora Mick caro… sempre
dell’idea di darmi una mano a
conquistare la mia bella?” Ryo domandò
all’amico con un ghigno sempre più
maniacale, che non lasciava presupporre nulla di buono.
Mick ingoiò a vuoto, mentre si
appiattiva contro la
ringhiera sotto allo sguardo tronfio e quasi diabolico di Ryo.
Qualcosa gli diceva che avrebbe rimpianto quella
scelta
per molto, molto tempo…
“RYO! IO VADO ALLA STAZIONE, TU VEDI DI
SCENDERE DAL LETTO E RENDERTI ALMENO PRESENTABILE!” Kaori
sbuffò sonoramente
mentre si infilava il giubbotto di jeans e si apprestava ad aprire la
porta di
casa. Mordendosi il labbro, mugugnò quando vide che il
signorino non ne voleva
sapere di scendere: era inutile, Ryo era Ryo e non sarebbe certo
cambiato solo
per lei. Solo perché le aveva detto quelle cose e le aveva
dato quel mezzo
bacio sulla nave di Kaibara. Solo perché aveva ammesso con
Mick di amarla. Solo
perché lei, leggendo in quell’ammissione la
volontà di Ryo di portare la loro
relazione al livello successivo, aveva deciso di tornare da
lui.
Bell’affare. Era tornata da
più di un mese e ancora lui
faceva il cretino con tutte tranne lei e di passi avanti non ne avevano
ancora
fatti. Beh, almeno non ne avevano fatti nemmeno indietro,
stavolta, dovette arrendersi all'evidenza, mugugnando. Erano in uno
stato di
stallo, come sempre, e lei, per timidezza, insicurezza e
perché terrorizzata
dall’idea che lui la potesse schernire, non osava prendere
per prima l’iniziativa
e palesare all’uomo i suoi sentimenti, né
ammettere di ricordare cosa fosse
accaduto tra di loro.
Aprì la porta di casa e fece un passo
sul pianerottolo
quando però si fermò, immobile, gli occhi
sgranati, incapace di dire una sola
parola, i suoi pensieri un intricato gomitolo di cui non riusciva a
trovare il
bandolo…
“MIAO?” Alzò la
copertina che teneva al caldo il
contenuto del cestino di vimini, e sì, c’era
effettivamente un gatto miagolante
lì dentro; piccolo, doveva avere solo qualche mese, ed aveva
scintillanti occhi
gialli su di un morbido pelo color ardesia - lo stesso colore degli
occhi di
Ryo.
“E tu da dove spunti fuori?”
Gli domandò Kaori,
prendendolo in braccio; il cucciolo si mise a strusciarsi contro il suo
collo,
e fare le fusa tutto soddisfatto mentre le impastava il seno, e Kaori
quasi
volle ridere- era decisamente un Ryo in versione felina, quella
deliziosa
creatura!
“Oh, ma quanto sei carino!”
Gli mormorò nel musetto, il
viso solleticato dalle vibrisse.
“Che c’è,
cos’è che hai trovato che è
così carino,
Kaori?” vestito solamente - per grazia di Dio - con maglietta
e boxer, Ryo si
appoggiò placido allo stipite della porta, cercando gli
occhi di Kaori,
fissandola con sguardo magnetico mentre lei teneva premuto contro il
petto la
piccola creatura, che lui invidiava parecchio- avrebbe voluto lui avere
sotto
alle mani quel florido seno per poterlo impastar per bene e poi
attaccarsi come
un neonato a quei deliziosi capezzoli, che, ogni volta che vendeva
inturgiditi
dal freddo, lo facevano uscire fuori di testa dalla voglia!
“Oh, sì,
guarda…” ammise lei, abbassando lo sguardo
mentre arrossiva lievemente, turbata nel profondo dal curioso
comportamento del
socio, stranamente gentile ed affabile. “Qualcuno lo ha
lasciato fuori dalla
nostra porta. Chissà chi può essere!”
“Beh, chiunque sia questo
qualcuno,” Ryo fece schioccare
la lingua contro il palato mentre pronunciava con particolare enfasi la
parola;
“ha pensato proprio a tutto… cibo, spazzola,
lettiera… e poi, questo.”
Allungando il braccio accanto a Kaori, che si sentì imprigionata dalla sua presenza, dal suo possente torace contro la schiena, Ryo slegò il fiocco rosso che il gatto aveva al collo, e lo porse alla donna, con un sorriso soddisfatto: c’era, attaccato al nastro, un biglietto.
“Per Kaori, con
Amore…” lei lesse, la voce poco più di
un
sussurro mentre il cuore nel petto le batteva all’impazzata e
le guance che si
imporporavano sempre di più. “Oh, Ryo…
capisci cosa significa?” Gli domandò con
voce tremante, cercando gli occhi scuri del suo partner.
“Certo che lo capisco, Kaori, lo capisco
eccome…”
Socchiudendo gli occhi, Ryo si chinò verso di lei,
pregustando l’istante in cui
avrebbe finalmente assaporato sul serio quelle labbra…
baciarla con quel vetro
tra i loro corpi lo aveva fatto morire dal desiderio e lo aveva
emozionato come
mai era capitato prima di allora, aveva sentito qualcosa accendersi in
lui che
Ryo aveva creduto perso per sempre, eppure, era lì: la
scintilla dell’amore, e
lui era finalmente pronto a viverlo con Kaori.
Quel dono voleva essere qualcosa di significativo
per la
loro nuova vita insieme: una creatura vivente di cui prendersi cura,
insieme, nell’attesa,
un giorno, di ufficializzare il loro rapporto, e dare poi il benvenuto
ad un’altra creatura
piccola, delicata ed
indifesa: un figlio loro. Lo sweeper sentì il cuore
sciogliersi quando
l’immagine di Kaori con in braccio un neonato con i capelli
neri e gli occhi
nocciola che lei allattava si insinuò nella sua
mente… meraviglia delle
meraviglie! Quello era il suo più grande desiderio,
ciò che in quell’istante
comprese lo avrebbe completato e reso veramente uomo, un qualcosa che,
fino ad
un istante prima, non aveva nemmeno saputo di desiderare con tutto
sé stesso ma
di cui ora sapeva di aver bisogno più dell’acqua e
del cibo stessi!
“Oh, Ryo…questo
dono…. questo dono significa… ” Kaori
socchiuse gli occhi, velati da lacrime, mentre lui sospirava,
sorridente, pronto
ad assaporare quelle deliziose labbra. “SIGNIFICA CHE HO UN
AMMIRATORE
SEGRETO!”
E mentre Kaori saltellava su e giù,
ripetendo ad nauseam
che Ryo era un cretino, che aveva sempre avuto torto, e che era ora che
qualcuno si accorgesse di lei, che lei era una donna ed era pure
desiderabile,
lui cadde a terra, mettendo il broncio, con la bocca aperta ma le
parole che
non gli uscivano.
Un ammiratore segreto…. ammiratore
segreto un cavolo! Ma
come cavolo aveva fatto a non capire che era stato lui a mandarle quel
gattino?
Che il suo sguardo magnetico e la sua fisicità da macho
prorompente, latin
lover e stallone incallito avesse fallito? Impossibile: il problema era
che
Kaori era troppo abituata alla loro curiosa routine in cui lui le
moriva dietro
ma in faccia le diceva le più crudeli idiozie che gli
potessero balenare in
quel cervello bacato. Non se lo aspettava, ecco tutto. Aveva solo
bisogno di
continuare con la sua opera di convincimento, e poi le avrebbe fatto
vedere
eccome come si era guadagnato il suo soprannome… e non
parlava certo di quello
di City Hunter!
“E quindi, cosa ne hai fatto del
gattino?”
Miki le chiese, più tardi quella mattina, mentre lei e Ryo
erano passati al
Cat’s Eye per prendersi un caffè dopo aver
trovato, ancora una volta, la
lavagna spoglia; Kaori guardava Ryo leggermente preoccupata,
perché stava
facendo il porco meno del solito - si era limitato a salutare molto
calorosamente Miki, ma senza provare a palparle il seno o altre parti
del
corpo- ma tuttavia la rossa sembrava non notare che l'uomo seduto al
suo fianco
provava, di tanto in tanto, ad allungare un braccio per
metterglielo
intorno alle spalle, con fare possessivo, ad indicare che lei era la
sua donna
e che se lo mettesse in testa una volta per tutte e che soprattutto non
si
facessero strane idee i pochi avventori del locale che la divoravano
con
sguardi impudichi.
“Lo abbiamo affidato ad i nostri vicini,
Yuuichi e la sua
ragazza… loro sono dei veri amanti dei gatti, ne hanno due,
e quando ci hanno
visto in difficoltà si sono offerti di tenerlo quando non ci
siamo per lavoro…”
Kaori sospirò, appoggiando il mento sul palmo della mano.
“Però non capisco… un
gatto è un regalo strano da fare, no? Voglio
dire… uno sconosciuto che mi
regala un gatto…”
“Uno sconosciuto, eh?” Miki
alzò un sopracciglio,
guardando Saeba che fischiettava allegro facendo finta che nulla fosse,
mentre
si ficcava in tasca in tutta fretta la mano con la quale aveva quasi
abbracciato la sua bella socia.
Ryo, uomo che nella vita aveva provato quasi
tutto, si
era negato poco o nulla, e che era sempre stato un fiero credente
dell’amore
libero al 100%, arrossì, quando comprese che Miki scema
certo non era - in
realtà, lo aveva sempre saputo- e che lei, al contrario di
Kaori, aveva capito
chi fosse l’ammiratore segreto che le aveva fatto quel
curioso dono.
Chissà, magari aveva pure capito il perché le avesse fatto quel
regalo in particolare…
Lo sweeper controllò
l’orologio, mentre una goccia di
sudore gli scendeva dalla tempia, e solo quando la porta del locale si
aprì, ed
un fattorino nascosto da un enorme mazzo di garofani bianchi, rosa e
rossi fece
il suo ingresso nel locale, tirò un malcelato sospiro di
sollievo.
“Makimura?” chiamò
ad alta voce il ragazzo. “Kaori
Makimura?”
“So… sono io!”
Kaori esclamò, arrossendo e quasi
vergognandosi, mentre alzava timida la mano e Miki continuava a fissare
Ryo in
quella sua maniera che indicava che lei sapeva, aveva capito tutto, e
lui era
un cretino perché si stava complicando la vita alla grande e
perché non glieli
aveva offerti lui direttamente i fiori?
“Questi sono per
lei…” il fattorino le porse i fiori,
facendole un inchino e sorridendole, colpito dalla fresca bellezza
della donna
- o almeno, lo fece, fino a che non notò Ryo che spostava molto casualmente i lembi della giacca
lasciando intravedere la
pistola nella fondina, e questo, misto allo sguardo glaciale del bel
tenebroso,
fece immediatamente battere in ritirata lo spasimante da quattro soldi.
“Il suo
fidanzato, ehm, è molto fortunata… i garofani
sono una scelta strana, però
questo è il mazzo più grande che abbiamo mai
consegnato… il suo ragazzo deve
essere pazzo di lei!”
Così dicendo, batté in
ritirata, rendendo molto felice e
soddisfatto Ryo, che appoggiò la mano al sedile dello
sgabello di Kaori e le si
avvicinò, parlando con voce suadente e sguardo ottenebrante
mentre afferrava il
bigliettino nascosto tra le corolle e la fissava con un intento ben
preciso in
mente. “A Kaori, con tanto amore…” lesse
ad alta voce, con un’espressione
soddisfatta stampata sul viso, certo che stavolta sarebbe stato
impossibile per
la sua bella equivocare le sue intenzioni.
Letto,
arriviamo!
“Non capisco… non conosco
nessuno che vorrebbe farmi un
regalo simile!” Appena le parole uscirono dalla bocca della
rossa, sia Ryo che
Miki caddero a terra, stupiti da quella esclamazione, ma soprattutto da
quanto
tonta la ragazza potesse essere; tuttavia, Miki guardò Ryo
con aria furibonda,
come a volergli rammentare che se la sua donna adesso non capiva che
quei
regali provenivano da lui era solo e solamente per colpa sua, che per
tanti,
troppi anni aveva sminuito la sua femminilità e adesso la
vita gli stava
rendendo pan per focaccia.
“Credete… credete possa
essere uno scherzo?” Kaori
domandò, guardando bene i fiori. Chiunque fosse la conosceva
abbastanza bene da
sapere quali fossero i suoi fiori preferiti…
lanciò uno sguardo interrogativo a
Ryo, ma poi a malapena si trattenne dal ridere, rendendosi conto
dell’assurdità
di quel pensiero: Ryo non era certo il tipo d’uomo da fare
regali del genere,
non aveva donato fiori a nessuna delle sue “fiamme”
o alle loro ex clienti, ma
soprattutto lui non era il tipo da compiere gesti così
romantici. Ryo era molto
più… carnale,
nelle sue dichiarazioni
d’affetto. Che non erano certo per lei: probabilmente, dopo
aver chiacchierato
con Mick quel giorno, si era reso conto di quanto sciocco fosse stato
nel
credere di amarla, e aveva deciso non voler rischiare di stravolgere il
loro
equilibrio di City Hunter.
“UNO SCHERZO???” Ryo digrignò i denti, sbraitandole
contro con fervore e
quasi sputacchiandole addosso. “Con quello che costano i
garofani a quest’epoca,
e così tanti poi, credi davvero che possa essere uno
scherzo? Ma dico, ti sei
bevuta il cervello o cosa?”
Kaori si fece piccola, piccola, ed
iniziò a boccheggiare
come un pesce quando la porta si aprì ed un altro fattorino
si palesò...
“DOV’È LA SIGNORINA
MAKIMURA?”
“Eh? Un altro? E adesso cosa
c’è?” Kaori si voltò a
guardare il fattorino, che sorridente - Ryo stava iniziando ad
innervosirsi,
cosa avevano questi da sorridere tanto a Kaori, erano tonti o cosa? Se
qualcuno
le mandava dei regali del genere doveva trattarsi di uno spasimante, un
compagno, un fidanzato… cosa facevano tanto i cretini che
era chiaro come il
sole che era un uomo chiaramente interessato a lei a mandarle tutta
quella
roba?- le porse una scatola a forma di cuore mentre Miki la indicava,
senza
parole.
Prima ancora di prendere il pacchetto, la rossa
afferrò
il bigliettino- stavolta era per
Kaori, con ammirazione e tanto amore - e solo dopo
aprì la scatola:
cioccolatini. E non dei cioccolatini qualsiasi, ma quelli
della sua
pasticceria preferita, una delle più care di Shinjuku,
talmente cara che lei ci
andava forse solo due volte all’anno.
“Hai visto, Kaori? Sono della migliore
pasticceria di
Shinjuku, io adoro i loro cioccolatini, e anche tu!” Ryo
sentenziò, frugando
tra le piccole gemme incartate nell’oro e
nell’argento. Poi, sorridente, le
pose un ciondolo: oro giallo con una pietra rossa, che nel design
ricordava
molto l’anello donatele dalla madre biologica, identico a
quello di Sayuri. “E
c’è anche un gioiello… un ciondolo
uguale al tuo anello, i tuoi cioccolatini
preferiti, i tuoi fiori preferiti…. allora Kaori, cosa ne
pensi?” le disse, con
voce soffusa, mentre, senza attendere risposta, le spostava le ciocche
dal
collo e le sistemava il collier al collo.
“Aspetta!” Lei lo
fermò, con voce tremante, portandosi la
mano al cuore, su cui poggiava il ciondolo. Kaori socchiuse gli occhi,
languidi
e lucidi, e prese un profondo respiro. “Rimettilo nella
scatola. Se lo
indossassi, sarebbe come se accettassi questo regalo, e io…
non posso.”
“Ma Kaori, perché?”
Miki le chiese, avvicinandosi
all’amica attraverso il bancone del bar, guardando con una
nota di panico prima
la rossa e poi Ryo, i cui occhi erano ormai grandi quanto il piattino
della
tazza da caffè da cui aveva bevuto. “Va bene, tu
non indossi gioielli, però…”
“Non è questo!”
Kaori quasi urlò, scuotendo il capo
mentre le lacrime minacciavano di uscirle copiose dagli occhi; ma si
rifiutava
di farsi vedere così da Ryo- di ammettere che il suo cuore
urlava di dolore
perché riceveva sì regali, ma non
dall’unica persona da cui avrebbe voluto
ricevere qualcosa.
Lui.
“Come posso accettare un dono da una
persona sconosciuta,
che non ha nemmeno il coraggio di presentarsi davanti a me o almeno
firmare uno
stupido bigliettino con il proprio nome!”
Miki lanciò un’occhiata
omicida a Ryo, che per una volta
nella sua vita si mise a tremare sotto a quello sguardo gelido e
temette
seriamente per la propria vita – o per lo meno, per la
propria virilità.
Miki aveva decisamente capito il suo gioco.
Miki sicuramente non era soddisfatta di quella sua
idea
malsana.
Miki avrebbe decisamente desiderato stringergli le
mani
intorno al collo. O anche solo evirarlo, che poi per lui sarebbe stato
pure
peggio di passare a presunta miglior vita.
“Ma, ma, Kaori, pensaci
bene…” Ryo balbettò, tentando
nuovamente di
allacciare il gioiello al collo della donna, ma lei scosse il capo,
ferma nella
sua decisione. “Insomma, io questa la trovo una cosa
romantica…. Voglio dire,
forse quest’uomo è davvero innamorato pazzo di te
e solamente non è capace di
dirti a voce quello che prova e sta provando a…”
“A
FARE COSA?” strillò lei,
digrignando i denti. “Comprare il mio amore? Un uomo del
genere deve essere un
debosciato come te, con idee malsane sulle relazioni di coppia! E se
sapessi
chi diavolo è, credimi, a quest’ora gli avrei
già mandato indietro tutto, con l’aggiunta
di uno dei miei martelli in testa!” Continuò lei,
alzandosi in piedi e
sbattendoli per terra con poca grazia e molto nervoso, mentre a Ryo
stavano
venendo le lacrime agli occhi.
Che
avesse sbagliato approccio? Forse Mick aveva ragione e dirle
semplicemente che quei
giorni passati divisi avevano fatto maturare in lui l’idea
della vita di
coppia, che il solo pensiero che Mick potesse rubarle un bacio lo aveva
fatto
impazzire a tal punto da spingerlo a sabotare quella visita notturna e
prendersele di santa ragione…
Mentre
Miki fumava di rabbia – anche perché, se Ryo aveva
i soldi per fare regali a
Kaori, i conti con loro mica li saldava – Ryo
iniziò a pensare. Come
convincerla? Cosa fare? Cosa dire?
“Ma,
senti, Kaori, pensaci bene… magari non è proprio
uno sconosciuto…” le disse
lui, con voce bassa, un po’ timidamente. “Voglio
dire, ti ha regalato tutte
cose che tu ami… e anche questo
ciondolo….” Continuò, posandolo sul
decolté
della ragazza, la pietra rossa sul suo cuore pulsante mentre Kaori non
riusciva
a staccare gli occhi da Ryo, che le aveva preso una ciocca di capelli
tra le
dita e la rigirava con uno strano sorrisetto sulle labbra.
“Nella sua
semplicità, è perfetto per te, fa risaltare la
tua pelle ed i tuoi occhi…. Ed
ha perfino gli stessi riflessi dei tuoi capelli….”
Labbra
socchiuse, tremanti, a Kaori mancò il fiato mentre guardava
negli occhi di Ryo
e si vedeva riflessa in essi. Si portò la mano al cuore,
sopra al ciondolo,
senza mai distogliere lo sguardo da lui, e si sentì
irrimediabilmente attratta,
come da una forza soprannaturale, verso di lui. Ryo socchiuse le
labbra,
soddisfatto, e si chinò verso di lei, pronto, finalmente, e
ricevere quel bacio
tanto desiderato, quando…
“KAORI, LUCE DEI MIE OCCHI!” Mick, appena entrato nel locale, si
lanciò su di lei,
separandoli, e la abbracciò, affondando la chioma bionda tra
i seni, sotto agli
occhi attoniti di Ryo che stringeva i denti e metteva mano alla Python
e di
Miki che aveva tirato fuori il fucile e ritirato la champagne. Era
stato tutto
così improvviso, e lei era stata così distratta
dallo sguardo di Ryo – che, era
certa, voleva baciarla! – che ci
mise un
attimo a tirare fuori il suo fedele martello e spedire il biondino con
la testa
conficcata contro il muro, da cui lui uscì poco dopo,
mugolando di dispiacere.
“Ma, ma Kaori, mia dea…
quel bruto non
ti apprezza, mentre io sì… lui non capisce la
fortuna di averti come compagna, o
anche solo nella sua vita…
voglio dire, senza di te lui sarebbe sempre a dormire, dovrebbe
ripescare i
vestiti dal cesto della biancheria sporca, mangerebbe solo cibo da
asporto e
sarebbe solo come un cane!”
Ryo
alzò un sopracciglio, mentre Mick gli faceva
l’occhiolino, nemmeno avesse fatto
un piacere a dividerli, o lo stesse presentando come un buon partito:
molto
probabilmente non aveva capito di aver appena detto a Kaori che lei
era, nel
migliore dei casi, la sua governante, nel peggiore la sua mammina. In
entrambi,
dubitava che una donna potesse desiderare mettersi con lui a lungo termine, con
prospettive matrimoniali
e di figli, dopo quel bel discorsetto.
Che stai facendo, deficiente? Ryo pensò.
Guarda che ti sto facendo un favore,
my man, poi mi ringrazierai! Mick gli
rispose, sempre a mente. Ormai si conoscevano da talmente tanti anni
che
potevano comunicare anche così. Certo, non come lui e Kaori,
loro erano su
tutto un altro piano, ma ci si avvicinava. E pure di parecchio.
“Kaori?”
La
rossa si sentì chiamare, e voltò il capo verso il
nuovo venuto, innervosita;
però poi le morì il fiato in gola ed
arrossì imbarazzata… quello era uno degli
uomini più belli che avesse mai visto (dopo Ryo e Mick,
ovviamente):
Giapponese, doveva avere pressappoco la sua età, era alto,
magro ma senza
essere dinoccolato, i muscoli al punto giusto… indossava una
maglietta bianca
sotto ad una giacca elegante e jeans che sembravano di alta fattura, ed
il suo
sorriso era a dir poco magnetico.
Era
lui il suo ammiratore? Eppure Ryo aveva ragione: doveva essere qualcuno
che la
conosceva bene, per farle quei regali così mirati, e lei non
aveva la più
pallida idea di chi fosse quel giovane, che con un sorriso sulle labbra
si
schiarì la gola.
E
prese a cantare.
Ed
era pure parecchio stonato.
“Mia dolce Kaori, i tuoi occhi
splendono come due diamanti nocciola, le tue labbra così
invitanti mi
teentaaano, e quelle tue gambe lunghe mi fanno impazzire, allacciate
alla mia
vita io le posso immaginare, e quando vedo il tuo seno,
c’è solo una cosa che
io desidero, ed in esso io vorrei soffocare
mentre…”
“FUORI
DAI PIEDI, BRUTTO IMPIASTRO!” Ryo sbraitò,
mandando letteralmente fuori a calci
nel sedere il povero ragazzo, che volò in strada; una volta
ottenuto quello che
voleva, si voltò, e lanciò un’occhiata
omicida a Mick congelandolo all’istante.
Ma che diavolo aveva fatto quel cretino di un americano?
Perché diavolo aveva
fatto una cosa del genere? Un… telegramma cantato, o
qualunque cosa fosse? Per
giunta pure sconcio? Non faceva parte del piano! Il piano implicava
mosse di
classe, corteggiamento, non da povero idiota pervertito…
Kaori doveva capire
che lui voleva una storia d’amore, non una semplice rotolata
tra le lenzuola!
“Kaori,
ma stai…” Ryo le si avvicinò, posandole
una mano sulla spalla. Lei teneva il
capo chino, e Ryo temette che per l’umiliazione lei stesse
piangendo, ma
invece…
Invece
stava ridendo.
E
lui non poté che unirsi a lei nella risata, mentre i loro
amici li guardavano
come se fossero stati due pazzi scatenati – cosa che forse in
fondo non si
allontanava troppo dalla realtà.
Lui
la prese tra le braccia, e lei nascose il capo nel collo
dell’uomo, senza
smettere di ridere, e quella sensazione – il respiro di Kaori
contro di lui, la
risata sulla sua pelle, il battito del cuore contro il suo –
lo rese sempre più
euforico, ma soprattutto…
soprattutto
più coraggioso. Dimentico di tutto e tutti,
scostò il capo di Kaori dal suo
corpo, e le diede un languido bacio sulle fronte, come quella notte
anni prima,
che la fece arrossire e sospirare, molle tra le sue braccia mentre si
accoccolava
contro il torace possente dell’uomo da lei a lungo amato.
E
poi, all’improvviso….
“Piccioncini,
volete qualcosa? Un goccetto, o magari… una
camera?” Mick sghignazzò, facendoli
nuovamente separare all’istante, erano stati così
persi nel loro mondo che si
erano scordati di dove fossero e con chi. Kaori si schiarì
la gola ed
arrossendo si alzò in piedi, scusandosi, incamminandosi in
silenzio verso casa,
leggermente imbarazzata, seguita da un altrettanto imbarazzato Ryo che
se ne
stava ad un metro da lei ma intanto le guardava le mani, chiedendosi se
dopo
quell’abbraccio potesse osare tanto – stringere le
dita nelle sue e camminare
mano nella mano come una coppietta di innamorati.
Che
poi, effettivamente, era ciò che erano. Peccato che lui non
riuscisse a far
uscire quelle parole di bocca… due parole, era
così difficile? Ti Amo.
Le aveva dette tante di quelle
volte, eppure, eppure adesso era nel caos più profondo, si
sentiva come
affogare alla sola idea che lei potesse prenderle come un inganno, una
beffa –
come la volta che, nel mirino di Silver Fox, Ryo le aveva domandato di
divenire
la sua amante – o un tentativo di consolarla o
chissà che.
Sospirò,
con gli occhi bassi. Quello era ciò che capitava a dire a
tutte che si era
innamorati di loro solo per potersele fare: quelle parole perdevano di
significato, alle orecchie degli ascoltatori. Improvvisamente
capì come avesse
potuto sentirsi il protagonista di quella favola per bambini, che a
forza di
gridare al lupo nessuno gli credette quando la belva arrivò
davvero.
“Eh,
Ryo, è passato un corriere mentre voi non
c’eravate!” Yuuichi, appena li vide
soffermarsi al portone del palazzo, li chiamò dalla
finestra, e corse giù per
le scale, incontrandoli all’ingresso; aveva in braccio il
gattino, e un grosso
sacchetto di cellophane nell’altro, dove un orsacchiotto con
un cuscino a forma
di cuore tra le mani faceva bella mostra di sé.
“Per Kaori, c’è pure un
bigliettino!”
Affidando
il prezioso carico alla coppia di sweeper, il fotografo se ne
tornò nel suo
appartamento, dove la sua bella lo attendeva alla porta col sorriso
sulle
labbra: Kaori li guardò, invidiandoli,
erano davvero teneri insieme quei due… non
c’era da meravigliarsi che quella
bellissima ragazza fosse la musa ispiratrice di Yuuichi, che grazie ad
un
ritratto della fanciulla aveva abbandonato il mestiere di paparazzo da
strapazzo (e investigatore privato a tempo perso) divenendo un vero
artista.
Ryo
e Kaori intanto salirono le scale fino al loro di appartamento, e
appena
entrata lei si sedette sul divano, portandosi le ginocchia sotto al
mento,
sospirando; era stanca, era chiaro, e forse anche stufa e rattristata,
nonostante tutto… quella giornata era stata colma di colpi
di scena, di cose
strane – anche per i loro standard – e Ryo poteva
capirla.
Aveva
avuto una pessima idea.
Mick
aveva ragione. Forse avrebbe dovuto comportarsi come una persona
normale, una
volta tanto.
“Non
apri il pacchetto?” Le domandò, passandosi una
mano tra i capelli, sedendosi accanto
a lei, mentre il gatto si strusciava contro
le loro gambe, ma Kaori scosse il capo, abbacchiata.
“Per
Kaori, con profonda ammirazione e tanto amore…
questo tipo sembra non
intenzionato ad arrendersi, eh?”
“Sì,
come no… andiamo Ryo…”
sospirò lei, alzando gli occhi al soffitto. “Come
posso
fidarmi di qualcuno che mi scrive bigliettini nemmeno fossimo in prima
elementare? Qualcuno che è così codardo che non
mi dice nemmeno il suo nome!”
“Forse…”
Ryo si rigirò l’orsacchiotto tra le dita,
leggermente rattristato; Kaori si
voltò verso di lui, e le sue labbra si dischiusero in
un’espressione di
sorpresa prima, e meraviglia poi…
incantata: quella era la sola parola per definirla in
quell’istante.
“Forse questo è solo una sorta di piano a lungo
termine perché non è proprio
codardo, ma spaventato da quello che prova per te, forse non
è mai stato
davvero innamorato prima d’ora e non sa bene come gestire le
cosa, come
dimostrarti che fa sul serio…”
Il
respiro le morì in gola mentre i loro occhi si incrociarono,
ed in quel momento
le porte della mente della donna si aprirono, spalancandosi, e
finalmente la donna
comprese tutto. Era lui, era sempre stato lui!
Ryo… la sua mente sussurrò, mentre
desiderò abbracciarlo,
stringerlo, baciarlo… come le era sfuggita una cosa del
genere? Come aveva
fatto a non capire… eppure,
sarebbe stato così semplice…. Tornava
tutto… quel gattino, una creatura di cui prendersi
cura insieme, i suoi fiori preferiti, i cioccolatini della pasticceria
che più
amava, quel ciondolo così simile al suo anello, con la
pietra pressoché
identica… eppure… eppure…
c’era un elemento che stonava in tutta quella storia:
come diavolo gli era venuto in mente di far cantare a quel cretino
quella
stupida e ridicola canzonetta? I regali avevano rappresentato
l’idea del
corteggiamento, l’intenzione di portare la loro relazione al
livello successivo,
trasformare il loro rapporto in qualcosa di definitivo e a lungo
termine: una canzonetta
così andava bene per un cretino che voleva farsi una
sciacquetta da quattro
soldi!
A
meno che… Ryo non fosse stato aiutato da alcun altro in
questo suo piano,
qualcuno che sapeva cosa lui provasse per lei, e avesse deciso di, come
dire, scompigliarli un
po’ i piani… anche se,
conoscendo il soggetto, chissà, forse Mick aveva davvero
creduto di fare la
cosa giusta, nonostante il testo di quella canzonetta oscena: nessuno
dei due
se la cavava troppo nel capire davvero le donne nel profondo, inesperti
com’erano
nelle questioni di cuore!
“Bah,
secondo me è solo un cretino egoista e senza tanto
cervello…” Iniziò lei,
acida; poi volse lo sguardo verso Ryo, che stava passando dal bianco
pallido al
rosso furioso e viceversa in un istante, incapace di controllarsi,
tremava e
digrignava i denti, boccheggiava senza dire una parola… mossa a pietà,
Kaori si sporse verso di lui,
e passandogli le dita tra i capelli, gli sorrise, appoggiando le fronte
contro
la sua. “È anche un donnaiolo impenitente, pure un
po’ pervertito, eppure…
eppure è l’uomo che amo.”
Mettendosi
a cavalcioni su di lui, gli mise le braccia al collo e lo
baciò intensamente,
prendendosi ciò che era suo di diritto, lacrime
di gioia che le scorrevano sul viso
mentre il suo cuore palpitava pazzo nel petto, e la sua anima cantava,
illuminata dalla perfezione di quell’istante, mentre Ryo la
stringeva forte a
sé, lo sguardo sereno.
Eccolo.
Ciò che aveva sperato di vivere da quando era tornata nella
sua vita. Forse dal
primo momento in cui lo aveva visto, tanti anni prima.
Scattante,
Ryo si alzò in piedi senza lasciarla andare, mentre lei gli
allacciava le gambe
alla vita, e lui correva su per le scale, tra baci e risate.
“Ma..
ma Ryo, cosa fai?” Gli chiese arrossendo, ben immaginando
però cosa stesse per
accadere, desiderando di donarglisi con tutta sé stessa.
“Eh,
adesso tu ti metti nella vasca coperta di tante belle bolle, io vado a prendere la
bottiglia di champagne
che tengo nascosta in camera, due bicchieri, e intanto ci facciamo
quella
benedetta doccia che ti ho promesso, e poi… E poi si
vedrà …” le fece
l’occhiolino, schioccandole un bacio sulla bocca, prima di
posarla a terra in
bagno e correre via. Era stato così concentrato sul paradiso
che lo attendeva
che si era pure scordato del gatto, che stava giocando con il peluche,
da cui
era rotolata fuori una scatolina di velluto rosso…
“Eh
no, bricconcello, questa è mia! Con quello che mi
è costato col cavolo che te
lo lascio a te per giocare!” Ryo gli spettinò il
pelo nero, sorridente, prima
di prendere due coppe e salire di nuovo sopra, con le ali ai piedi,
dove lei lo
attendeva, nuda nella vasca che lentamente si riempiva, il profumo di
vaniglia nera
che riempiva la camera da bagno. Ryo si ripromise che quella sarebbe
stata l’ultima
volta: Kaori non avrebbe dovuto attenderlo mai più.
Perché
non se lo sarebbe tolto mai più dai piedi, fino al resto dei
suoi giorni.
Fino
a quando avesse avuto fiato per ripeterle quelle parole mentre le faceva piccoli sciocchi
regali, o avesse
potuto scriverle sdolcinati biglietti da scolaretto delle
elementari…
A Kaori con amore, Ryo.