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Autore: Little Firestar84    31/03/2021    15 recensioni
"Beh, allora Ryo, cos’hai intenzione di fare adesso che Kaori è tornata? Il tuo piano per riconquistarla è andato a farsi benedire quando lei è tornata da te da sola… quindi, come pensi di mettere a posto le cose con lei adesso?"
"Bah, lo hai detto tu che c’è qualcosa da sistemare, per me le cose vanno bene come sono adesso, a dirla tutta…” Ryo sbuffò. "Kaori è tornata da me, ce ne torniamo allo status quo, e punto e basta."
La coppia rimase in silenzio, mentre la cacofonia di Shinjuku riempiva le loro orecchie come un rumore bianco di sottofondo; un velo di tristezza calò sul viso di Mick, che sospirò, mesto.
"Ryo, my friend… stavolta è tornata da te, ma lo sai anche tu: Kaori ricorda tutto. E se non fai qualcosa al più presto, potrebbe decidere di andarsene di nuovo e questa volta di non tornare più da te."

Dopo la lotta contro Kaibara, e la conseguente fuga e ritorno di Kaori, le cose tra i due City Hunter sembrano essere tornate alla normalità, ma per quanto? E soprattutto... davvero vogliono che le cose tra di loro siano ancora come prima?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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“Beh, allora Ryo, cos’hai intenzione di fare adesso che Kaori è tornata?”

Tarda notte, appoggiati pigramente contro la ringhiera del balcone di casa Saeba, Ryo e Mick guardavano il cielo stellato,  fumando pigramente tra una sorsata di birra e l’altra. 

Ryo non rispose alla domanda dell’amico, si limitò a comportarsi come se nulla fosse, come se non avesse udito la domanda, o la domanda non avesse avuto alcun senso. Ma Mick non voleva demordere; gettato a terra il filtro consumato, spense la flebile fiamma schiacciandola con il piede, poi si avvicinò all’ex socio, osservandolo con un sorrisetto. 

“Andiamo, Ryo… il tuo piano per riconquistare Kaori è andato a farsi fottere quando lei è tornata da te da sola… quindi, come pensi di mettere a posto le cose con lei adesso?”

Mentre pronunciava quelle parole, sul viso di Mick apparve la sua migliore espressione da pervertito; una parte di lui era leggermente dispiaciuta di non poter godere delle grazie della divina e amorevole Kaori, ma anche solo immaginarla intenta in conturbanti pose erotiche e selvaggi atti sessuali al limite del porno era abbastanza per farlo entrare in un febbricitante stato di eccitazione. 

Ryo strinse i denti; nonostante avesse fatto quella mezza ammissione con Mick, non era ancora pronto ad ammettere in modo plateale, specie con Kaori, la profondità del suo sentimento; si limitò perciò a sbuffare con falsa nonchalance invece di tirare fuori l’amata Python e puntarla alla gola di quello che sempre più rapidamente stava divenendo il suo ex migliore amico.  

“Bah, lo hai detto tu che c’è qualcosa da sistemare, per me le cose vanno bene come sono adesso, a dirla tutta…” Ryo sbuffò, “Kaori è tornata da me, ce ne torniamo allo status quo, e punto e basta.”

La coppia rimase in silenzio, mentre la cacofonia di Shinjuku riempiva le loro orecchie come un rumore bianco di sottofondo; un velo di tristezza calò sul viso di Mick, che sospirò, mesto. 

“Ryo, my friend… stavolta è tornata da te, ma lo sai anche tu: Kaori ricorda tutto. E se non fai qualcosa al più presto, potrebbe decidere di andarsene di nuovo e questa volta di non tornare più da te.”

“Magari è quello che voglio,” Ryo borbottò. Tuttavia dentro di sé, nel profondo, sapeva che quella nave era salpata già da parecchio tempo: ormai lei faceva troppo parte non solo della sua vita ma del loro mondo, quindi, perché continuare ad opporsi a quello che provava? Perché non arrendersi, se comunque Kaori era perennemente bersaglio dei suoi nemici per il semplice fatto di esistere?

Quasi avesse intuito i suoi pensieri, Mick alzò gli occhi al cielo, lievemente esasperato. “Dio santo, Ryo, ma perché per una volta nella vita non puoi comportarti come una persona normale e dirle che la ami?”

“Certo, come no, così pensa che io mi voglia togliere lo sfizio pure con lei… mica posso caricarmela in spalle, sbatterla sul letto e farmela come se fosse una sciacquetta qualunque, gridando che l’amo mentre siamo a letto… ma non scherziamo, dai!” Ryo sospirò, fissandosi i piedi un po’ colpevole. “Sai a quante ho detto ti amo dopo cinque minuti per portarmele a letto o mentre me le facevo? Te lo dico io: troppe! Chiedilo a Kazue se non mi credi, l’ho fatto pure con lei - nel giorno del suo matrimonio e davanti a Kaori!”

Ryo sospirò; con le mani dietro alla schiena ed il capo basso, iniziò a camminare per la balconata, perso nei suoi pensieri, quasi Mick non fosse stato lì. 

“No, no, no… qui serve qualcosa di… di speciale, esplosivo, non deve scordarselo per nessun motivo al mondo, un qualcosa che la convinca della mia buona fede… vediamo, cosa potrei fare? Lei è una romantica, potrei… o magari invece… e se… oppure… e se invece… magari potrei… oppure… IDEA!” Ryo sbraitò, battendo il pugno chiuso sul palmo, fulminato da un piano geniale per sistemare le cose; sotto lo sguardo attonito di Mick, lo sweeper accompagnò quel gesto con un ghigno spaventoso, che fece ricordare al biondo americano i cattivi dei cartoni animati o dei film di serie C– gli mancava giusto un gatto bianco sulle ginocchia e sarebbe stato perfetto nella parte della nemesi di James Bond o di Spider-Man o Daredevil.

Ma a Ryo tutto questo non importava: se il suo piano fosse andato in porto, tempo massimo una settimana  Kaori si sarebbe infilata nel suo letto per non uscirci mai più.

“Allora Mick caro… sempre dell’idea di darmi una mano a conquistare la mia bella?” Ryo domandò all’amico con un ghigno sempre più maniacale, che non lasciava presupporre nulla di buono.

Mick ingoiò a vuoto, mentre si appiattiva contro la ringhiera sotto allo sguardo tronfio e quasi diabolico di Ryo. 

Qualcosa gli diceva che avrebbe rimpianto quella scelta per molto, molto tempo…

 

“RYO! IO VADO ALLA STAZIONE, TU VEDI DI SCENDERE DAL LETTO E RENDERTI ALMENO PRESENTABILE!” Kaori sbuffò sonoramente mentre si infilava il giubbotto di jeans e si apprestava ad aprire la porta di casa. Mordendosi il labbro, mugugnò quando vide che il signorino non ne voleva sapere di scendere: era inutile, Ryo era Ryo e non sarebbe certo cambiato solo per lei. Solo perché le aveva detto quelle cose e le aveva dato quel mezzo bacio sulla nave di Kaibara. Solo perché aveva ammesso con Mick di amarla. Solo perché lei, leggendo in quell’ammissione la volontà di Ryo di portare la loro relazione al livello successivo, aveva deciso di tornare da lui. 

Bell’affare. Era tornata da più di un mese e ancora lui faceva il cretino con tutte tranne lei e di passi avanti non ne avevano ancora fatti.  Beh, almeno non ne avevano fatti nemmeno indietro, stavolta, dovette arrendersi all'evidenza, mugugnando. Erano in uno stato di stallo, come sempre, e lei, per timidezza, insicurezza e perché terrorizzata dall’idea che lui la potesse schernire, non osava prendere per prima l’iniziativa e palesare all’uomo i suoi sentimenti, né ammettere di ricordare cosa fosse accaduto tra di loro.

Aprì la porta di casa e fece un passo sul pianerottolo quando però si fermò, immobile, gli occhi sgranati, incapace di dire una sola parola, i suoi pensieri un intricato gomitolo di cui non riusciva a trovare il bandolo…

“MIAO?” Alzò la copertina che teneva al caldo il contenuto del cestino di vimini, e sì, c’era effettivamente un gatto miagolante lì dentro; piccolo, doveva avere solo qualche mese, ed aveva scintillanti occhi gialli su di un morbido pelo color ardesia - lo stesso colore degli occhi di Ryo.

“E tu da dove spunti fuori?” Gli domandò Kaori, prendendolo in braccio; il cucciolo si mise a strusciarsi contro il suo collo, e fare le fusa tutto soddisfatto mentre le impastava il seno, e Kaori quasi volle ridere- era decisamente un Ryo in versione felina, quella deliziosa creatura!

“Oh, ma quanto sei carino!” Gli mormorò nel musetto, il viso solleticato dalle vibrisse.

“Che c’è, cos’è che hai trovato che è così carino, Kaori?” vestito solamente - per grazia di Dio - con maglietta e boxer, Ryo si appoggiò placido allo stipite della porta, cercando gli occhi di Kaori, fissandola con sguardo magnetico mentre lei teneva premuto contro il petto la piccola creatura, che lui invidiava parecchio- avrebbe voluto lui avere sotto alle mani quel florido seno per poterlo impastar per bene e poi attaccarsi come un neonato a quei deliziosi capezzoli, che, ogni volta che vendeva inturgiditi dal freddo, lo facevano uscire fuori di testa dalla voglia!

“Oh, sì, guarda…” ammise lei, abbassando lo sguardo mentre arrossiva lievemente, turbata nel profondo dal curioso comportamento del socio, stranamente gentile ed affabile. “Qualcuno lo ha lasciato fuori dalla nostra porta. Chissà chi può essere!”

“Beh, chiunque sia questo qualcuno,” Ryo fece schioccare la lingua contro il palato mentre pronunciava con particolare enfasi la parola; “ha pensato proprio a tutto… cibo, spazzola, lettiera… e poi, questo.”

Allungando il braccio accanto a Kaori, che si sentì imprigionata dalla sua presenza, dal suo possente torace contro la schiena, Ryo slegò il fiocco rosso che il gatto aveva al collo, e lo porse alla donna, con un sorriso soddisfatto: c’era, attaccato al nastro, un biglietto. 

“Per Kaori, con Amore…” lei lesse, la voce poco più di un sussurro mentre il cuore nel petto le batteva all’impazzata e le guance che si imporporavano sempre di più. “Oh, Ryo… capisci cosa significa?” Gli domandò con voce tremante, cercando gli occhi scuri del suo partner.

“Certo che lo capisco, Kaori, lo capisco eccome…” Socchiudendo gli occhi, Ryo si chinò verso di lei, pregustando l’istante in cui avrebbe finalmente assaporato sul serio quelle labbra… baciarla con quel vetro tra i loro corpi lo aveva fatto morire dal desiderio e lo aveva emozionato come mai era capitato prima di allora, aveva sentito qualcosa accendersi in lui che Ryo aveva creduto perso per sempre, eppure, era lì: la scintilla dell’amore, e lui era finalmente pronto a viverlo con Kaori.

Quel dono voleva essere qualcosa di significativo per la loro nuova vita insieme: una creatura vivente di cui prendersi cura, insieme, nell’attesa, un giorno, di ufficializzare il loro rapporto, e dare poi il benvenuto ad un’altra creatura piccola, delicata ed indifesa: un figlio loro. Lo sweeper sentì il cuore sciogliersi quando l’immagine di Kaori con in braccio un neonato con i capelli neri e gli occhi nocciola che lei allattava si insinuò nella sua mente… meraviglia delle meraviglie! Quello era il suo più grande desiderio, ciò che in quell’istante comprese lo avrebbe completato e reso veramente uomo, un qualcosa che, fino ad un istante prima, non aveva nemmeno saputo di desiderare con tutto sé stesso ma di cui ora sapeva di aver bisogno più dell’acqua e del cibo stessi!

“Oh, Ryo…questo dono…. questo dono significa… ” Kaori socchiuse gli occhi, velati da lacrime, mentre lui sospirava, sorridente, pronto ad assaporare quelle deliziose labbra. “SIGNIFICA CHE HO UN AMMIRATORE SEGRETO!”

E mentre Kaori saltellava su e giù, ripetendo ad nauseam che Ryo era un cretino, che aveva sempre avuto torto, e che era ora che qualcuno si accorgesse di lei, che lei era una donna ed era pure desiderabile,  lui cadde a terra, mettendo il broncio, con la bocca aperta ma le parole che non gli uscivano.

Un ammiratore segreto…. ammiratore segreto un cavolo! Ma come cavolo aveva fatto a non capire che era stato lui a mandarle quel gattino? Che il suo sguardo magnetico e la sua fisicità da macho prorompente, latin lover e stallone incallito avesse fallito? Impossibile: il problema era che Kaori era troppo abituata alla loro curiosa routine in cui lui le moriva dietro ma in faccia le diceva le più crudeli idiozie che gli potessero balenare in quel cervello bacato. Non se lo aspettava, ecco tutto. Aveva solo bisogno di continuare con la sua opera di convincimento, e poi le avrebbe fatto vedere eccome come si era guadagnato il suo soprannome… e non parlava certo di quello di City Hunter!

 

“E quindi, cosa ne hai fatto del gattino?” Miki le chiese, più tardi quella mattina, mentre lei e Ryo erano passati al Cat’s Eye per prendersi un caffè dopo aver trovato, ancora una volta, la lavagna spoglia; Kaori guardava Ryo leggermente preoccupata, perché stava facendo il porco meno del solito - si era limitato a salutare molto calorosamente Miki, ma senza provare a palparle il seno o altre parti del corpo- ma tuttavia la rossa sembrava non notare che l'uomo seduto al suo fianco provava, di tanto in tanto, ad allungare un  braccio per metterglielo intorno alle spalle, con fare possessivo, ad indicare che lei era la sua donna e che se lo mettesse in testa una volta per tutte e che soprattutto non si facessero strane idee i pochi avventori del locale che la divoravano con sguardi impudichi.

“Lo abbiamo affidato ad i nostri vicini, Yuuichi e la sua ragazza… loro sono dei veri amanti dei gatti, ne hanno due, e quando ci hanno visto in difficoltà si sono offerti di tenerlo quando non ci siamo per lavoro…” Kaori sospirò, appoggiando il mento sul palmo della mano. “Però non capisco… un gatto è un regalo strano da fare, no? Voglio dire… uno sconosciuto che mi regala un gatto…”

“Uno sconosciuto, eh?” Miki alzò un sopracciglio, guardando Saeba che fischiettava allegro facendo finta che nulla fosse, mentre si ficcava in tasca in tutta fretta la mano con la quale aveva quasi abbracciato la sua bella socia. 

Ryo, uomo che nella vita aveva provato quasi tutto, si era negato poco o nulla, e che era sempre stato un fiero credente dell’amore libero al 100%, arrossì, quando comprese che Miki scema certo non era - in realtà, lo aveva sempre saputo- e che lei, al contrario di Kaori, aveva capito chi fosse l’ammiratore segreto che le aveva fatto quel curioso dono. 

Chissà, magari aveva pure capito il perché le avesse fatto quel regalo in particolare…

Lo sweeper controllò l’orologio, mentre una goccia di sudore gli scendeva dalla tempia, e solo quando la porta del locale si aprì, ed un fattorino nascosto da un enorme mazzo di garofani bianchi, rosa e rossi fece il suo ingresso nel locale, tirò un malcelato sospiro di sollievo.

“Makimura?” chiamò ad alta voce il ragazzo. “Kaori Makimura?”

“So… sono io!” Kaori esclamò, arrossendo e quasi vergognandosi, mentre alzava timida la mano e Miki continuava a fissare Ryo in quella sua maniera che indicava che lei sapeva, aveva capito tutto, e lui era un cretino perché si stava complicando la vita alla grande e perché non glieli aveva offerti lui direttamente i fiori?

“Questi sono per lei…” il fattorino le porse i fiori, facendole un inchino e sorridendole, colpito dalla fresca bellezza della donna - o almeno, lo fece, fino a che non notò Ryo che spostava molto casualmente i lembi della giacca lasciando intravedere la pistola nella fondina, e questo, misto allo sguardo glaciale del bel tenebroso, fece immediatamente battere in ritirata lo spasimante da quattro soldi. “Il suo fidanzato, ehm, è molto fortunata… i garofani sono una scelta strana, però questo è il mazzo più grande che abbiamo mai consegnato… il suo ragazzo deve essere pazzo di lei!”

Così dicendo, batté in ritirata, rendendo molto felice e soddisfatto Ryo, che appoggiò la mano al sedile dello sgabello di Kaori e le si avvicinò, parlando con voce suadente e sguardo ottenebrante mentre afferrava il bigliettino nascosto tra le corolle e la fissava con un intento ben preciso in mente. “A Kaori, con tanto amore…” lesse ad alta voce, con un’espressione soddisfatta stampata sul viso, certo che stavolta sarebbe stato impossibile per la sua bella equivocare le sue intenzioni.

Letto, arriviamo!

“Non capisco… non conosco nessuno che vorrebbe farmi un regalo simile!” Appena le parole uscirono dalla bocca della rossa, sia Ryo che Miki caddero a terra, stupiti da quella esclamazione, ma soprattutto da quanto tonta la ragazza potesse essere; tuttavia, Miki guardò Ryo con aria furibonda, come a volergli rammentare che se la sua donna adesso non capiva che quei regali provenivano da lui era solo e solamente per colpa sua, che per tanti, troppi anni aveva sminuito la sua femminilità e adesso la vita gli stava rendendo pan per focaccia.

“Credete… credete possa essere uno scherzo?” Kaori domandò, guardando bene i fiori. Chiunque fosse la conosceva abbastanza bene da sapere quali fossero i suoi fiori preferiti… lanciò uno sguardo interrogativo a Ryo, ma poi a malapena si trattenne dal ridere, rendendosi conto dell’assurdità di quel pensiero: Ryo non era certo il tipo d’uomo da fare regali del genere, non aveva donato fiori a nessuna delle sue “fiamme” o alle loro ex clienti, ma soprattutto lui non era il tipo da compiere gesti così romantici. Ryo era molto più… carnale, nelle sue dichiarazioni d’affetto. Che non erano certo per lei: probabilmente, dopo aver chiacchierato con Mick quel giorno, si era reso conto di quanto sciocco fosse stato nel credere di amarla, e aveva deciso non voler rischiare di stravolgere il loro equilibrio di City Hunter.

“UNO SCHERZO???” Ryo digrignò i denti, sbraitandole contro con fervore e quasi sputacchiandole addosso. “Con quello che costano i garofani a quest’epoca, e così tanti poi, credi davvero che possa essere uno scherzo? Ma dico, ti sei bevuta il cervello o cosa?”

Kaori si fece piccola, piccola, ed iniziò a boccheggiare come un pesce quando la porta si aprì ed un altro fattorino si palesò...

“DOV’È LA SIGNORINA MAKIMURA?”

“Eh? Un altro? E adesso cosa c’è?” Kaori si voltò a guardare il fattorino, che sorridente - Ryo stava iniziando ad innervosirsi, cosa avevano questi da sorridere tanto a Kaori, erano tonti o cosa? Se qualcuno le mandava dei regali del genere doveva trattarsi di uno spasimante, un compagno, un fidanzato… cosa facevano tanto i cretini che era chiaro come il sole che era un uomo chiaramente interessato a lei a mandarle tutta quella roba?- le porse una scatola a forma di cuore mentre Miki la indicava, senza parole.

Prima ancora di prendere il pacchetto, la rossa afferrò il bigliettino- stavolta era  per Kaori, con ammirazione e tanto amore - e solo dopo aprì la scatola: cioccolatini. E non dei cioccolatini qualsiasi, ma quelli della sua pasticceria preferita, una delle più care di Shinjuku, talmente cara che lei ci andava forse solo due volte all’anno.

“Hai visto, Kaori? Sono della migliore pasticceria di Shinjuku, io adoro i loro cioccolatini, e anche tu!” Ryo sentenziò, frugando tra le piccole gemme incartate nell’oro e nell’argento. Poi, sorridente, le pose un ciondolo: oro giallo con una pietra rossa, che nel design ricordava molto l’anello donatele dalla madre biologica, identico a quello di Sayuri. “E c’è anche un gioiello… un ciondolo uguale al tuo anello, i tuoi cioccolatini preferiti, i tuoi fiori preferiti…. allora Kaori, cosa ne pensi?” le disse, con voce soffusa, mentre, senza attendere risposta, le spostava le ciocche dal collo e le sistemava il collier al collo.

“Aspetta!” Lei lo fermò, con voce tremante, portandosi la mano al cuore, su cui poggiava il ciondolo. Kaori socchiuse gli occhi, languidi e lucidi, e prese un profondo respiro. “Rimettilo nella scatola. Se lo indossassi, sarebbe come se accettassi questo regalo, e io… non posso.”

“Ma Kaori, perché?” Miki le chiese, avvicinandosi all’amica attraverso il bancone del bar, guardando con una nota di panico prima la rossa e poi Ryo, i cui occhi erano ormai grandi quanto il piattino della tazza da caffè da cui aveva bevuto. “Va bene, tu non indossi gioielli, però…”

“Non è questo!” Kaori quasi urlò, scuotendo il capo mentre le lacrime minacciavano di uscirle copiose dagli occhi; ma si rifiutava di farsi vedere così da Ryo- di ammettere che il suo cuore urlava di dolore perché riceveva sì regali, ma non dall’unica persona da cui avrebbe voluto ricevere qualcosa.

Lui.

“Come posso accettare un dono da una persona sconosciuta, che non ha nemmeno il coraggio di presentarsi davanti a me o almeno firmare uno stupido bigliettino con il proprio nome!”

Miki lanciò un’occhiata omicida a Ryo, che per una volta nella sua vita si mise a tremare sotto a quello sguardo gelido e temette seriamente per la propria vita – o per lo meno, per la propria virilità.

Miki aveva decisamente capito il suo gioco.

Miki sicuramente non era soddisfatta di quella sua idea malsana.

Miki avrebbe decisamente desiderato stringergli le mani intorno al collo. O anche solo evirarlo, che poi per lui sarebbe stato pure peggio di passare a presunta miglior vita.

“Ma, ma, Kaori, pensaci bene…” Ryo balbettò, tentando nuovamente di allacciare il gioiello al collo della donna, ma lei scosse il capo, ferma nella sua decisione. “Insomma, io questa la trovo una cosa romantica…. Voglio dire, forse quest’uomo è davvero innamorato pazzo di te e solamente non è capace di dirti a voce quello che prova e sta provando a…”

“A FARE COSA?” strillò lei, digrignando i denti. “Comprare il mio amore? Un uomo del genere deve essere un debosciato come te, con idee malsane sulle relazioni di coppia! E se sapessi chi diavolo è, credimi, a quest’ora gli avrei già mandato indietro tutto, con l’aggiunta di uno dei miei martelli in testa!” Continuò lei, alzandosi in piedi e sbattendoli per terra con poca grazia e molto nervoso, mentre a Ryo stavano venendo le lacrime agli occhi.

Che avesse sbagliato approccio? Forse Mick aveva ragione e dirle semplicemente che quei giorni passati divisi avevano fatto maturare in lui l’idea della vita di coppia, che il solo pensiero che Mick potesse rubarle un bacio lo aveva fatto impazzire a tal punto da spingerlo a sabotare quella visita notturna e prendersele di santa ragione…

Mentre Miki fumava di rabbia – anche perché, se Ryo aveva i soldi per fare regali a Kaori, i conti con loro mica li saldava – Ryo iniziò a pensare. Come convincerla? Cosa fare? Cosa dire?

“Ma, senti, Kaori, pensaci bene… magari non è proprio uno sconosciuto…” le disse lui, con voce bassa, un po’ timidamente. “Voglio dire, ti ha regalato tutte cose che tu ami… e anche questo ciondolo….” Continuò, posandolo sul decolté della ragazza, la pietra rossa sul suo cuore pulsante mentre Kaori non riusciva a staccare gli occhi da Ryo, che le aveva preso una ciocca di capelli tra le dita e la rigirava con uno strano sorrisetto sulle labbra. “Nella sua semplicità, è perfetto per te, fa risaltare la tua pelle ed i tuoi occhi…. Ed ha perfino gli stessi riflessi dei tuoi capelli….”

Labbra socchiuse, tremanti, a Kaori mancò il fiato mentre guardava negli occhi di Ryo e si vedeva riflessa in essi. Si portò la mano al cuore, sopra al ciondolo, senza mai distogliere lo sguardo da lui, e si sentì irrimediabilmente attratta, come da una forza soprannaturale, verso di lui. Ryo socchiuse le labbra, soddisfatto, e si chinò verso di lei, pronto, finalmente, e ricevere quel bacio tanto desiderato, quando…

“KAORI, LUCE DEI MIE OCCHI!” Mick, appena entrato nel locale, si lanciò su di lei, separandoli, e la abbracciò, affondando la chioma bionda tra i seni, sotto agli occhi attoniti di Ryo che stringeva i denti e metteva mano alla Python e di Miki che aveva tirato fuori il fucile e ritirato la champagne. Era stato tutto così improvviso, e lei era stata così distratta dallo sguardo di Ryo – che, era certa, voleva baciarla! – che  ci mise un attimo a tirare fuori il suo fedele martello e spedire il biondino con la testa conficcata contro il muro, da cui lui uscì poco dopo, mugolando di dispiacere. “Ma, ma Kaori, mia dea…  quel bruto non ti apprezza, mentre io sì… lui non capisce la fortuna di averti come compagna, o anche solo nella sua vita… voglio dire, senza di te lui sarebbe sempre a dormire, dovrebbe ripescare i vestiti dal cesto della biancheria sporca, mangerebbe solo cibo da asporto e sarebbe solo come un cane!”

Ryo alzò un sopracciglio, mentre Mick gli faceva l’occhiolino, nemmeno avesse fatto un piacere a dividerli, o lo stesse presentando come un buon partito: molto probabilmente non aveva capito di aver appena detto a Kaori che lei era, nel migliore dei casi, la sua governante, nel peggiore la sua mammina. In entrambi, dubitava che una donna potesse desiderare mettersi con lui  a lungo termine, con prospettive matrimoniali e di figli, dopo quel bel discorsetto.

Che stai facendo, deficiente? Ryo pensò.

Guarda che ti sto facendo un favore, my man, poi mi ringrazierai! Mick gli rispose, sempre a mente. Ormai si conoscevano da talmente tanti anni che potevano comunicare anche così. Certo, non come lui e Kaori, loro erano su tutto un altro piano, ma ci si avvicinava. E pure di parecchio.

“Kaori?”

La rossa si sentì chiamare, e voltò il capo verso il nuovo venuto, innervosita; però poi le morì il fiato in gola ed arrossì imbarazzata… quello era uno degli uomini più belli che avesse mai visto (dopo Ryo e Mick, ovviamente): Giapponese, doveva avere pressappoco la sua età, era alto, magro ma senza essere dinoccolato, i muscoli al punto giusto… indossava una maglietta bianca sotto ad una giacca elegante e jeans che sembravano di alta fattura, ed il suo sorriso era a dir poco magnetico.

Era lui il suo ammiratore? Eppure Ryo aveva ragione: doveva essere qualcuno che la conosceva bene, per farle quei regali così mirati, e lei non aveva la più pallida idea di chi fosse quel giovane, che con un sorriso sulle labbra si schiarì la gola.

E prese a cantare.

Ed era pure parecchio stonato.

“Mia dolce Kaori, i tuoi occhi splendono come due diamanti nocciola, le tue labbra così invitanti mi teentaaano, e quelle tue gambe lunghe mi fanno impazzire, allacciate alla mia vita io le posso immaginare, e quando vedo il tuo seno, c’è solo una cosa che io desidero, ed in esso io vorrei soffocare mentre…”

“FUORI DAI PIEDI, BRUTTO IMPIASTRO!” Ryo sbraitò, mandando letteralmente fuori a calci nel sedere il povero ragazzo, che volò in strada; una volta ottenuto quello che voleva, si voltò, e lanciò un’occhiata omicida a Mick congelandolo all’istante. Ma che diavolo aveva fatto quel cretino di un americano? Perché diavolo aveva fatto una cosa del genere? Un… telegramma cantato, o qualunque cosa fosse? Per giunta pure sconcio? Non faceva parte del piano! Il piano implicava mosse di classe, corteggiamento, non da povero idiota pervertito… Kaori doveva capire che lui voleva una storia d’amore, non una semplice rotolata tra le lenzuola!

“Kaori, ma stai…” Ryo le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla. Lei teneva il capo chino, e Ryo temette che per l’umiliazione lei stesse piangendo, ma invece…

Invece stava ridendo.

E lui non poté che unirsi a lei nella risata, mentre i loro amici li guardavano come se fossero stati due pazzi scatenati – cosa che forse in fondo non si allontanava troppo dalla realtà.

Lui la prese tra le braccia, e lei nascose il capo nel collo dell’uomo, senza smettere di ridere, e quella sensazione – il respiro di Kaori contro di lui, la risata sulla sua pelle, il battito del cuore contro il suo – lo rese sempre più euforico, ma soprattutto…  soprattutto più coraggioso. Dimentico di tutto e tutti, scostò il capo di Kaori dal suo corpo, e le diede un languido bacio sulle fronte, come quella notte anni prima, che la fece arrossire e sospirare, molle tra le sue braccia mentre si accoccolava contro il torace possente dell’uomo da lei a lungo amato.

E poi, all’improvviso….

“Piccioncini, volete qualcosa? Un goccetto, o magari… una camera?” Mick sghignazzò, facendoli nuovamente separare all’istante, erano stati così persi nel loro mondo che si erano scordati di dove fossero e con chi. Kaori si schiarì la gola ed arrossendo si alzò in piedi, scusandosi, incamminandosi in silenzio verso casa, leggermente imbarazzata, seguita da un altrettanto imbarazzato Ryo che se ne stava ad un metro da lei ma intanto le guardava le mani, chiedendosi se dopo quell’abbraccio potesse osare tanto – stringere le dita nelle sue e camminare mano nella mano come una coppietta di innamorati.

Che poi, effettivamente, era ciò che erano. Peccato che lui non riuscisse a far uscire quelle parole di bocca… due parole, era così difficile? Ti Amo. Le aveva dette tante di quelle volte, eppure, eppure adesso era nel caos più profondo, si sentiva come affogare alla sola idea che lei potesse prenderle come un inganno, una beffa – come la volta che, nel mirino di Silver Fox, Ryo le aveva domandato di divenire la sua amante – o un tentativo di consolarla o chissà che.

Sospirò, con gli occhi bassi. Quello era ciò che capitava a dire a tutte che si era innamorati di loro solo per potersele fare: quelle parole perdevano di significato, alle orecchie degli ascoltatori. Improvvisamente capì come avesse potuto sentirsi il protagonista di quella favola per bambini, che a forza di gridare al lupo nessuno gli credette quando la belva arrivò davvero.

“Eh, Ryo, è passato un corriere mentre voi non c’eravate!” Yuuichi, appena li vide soffermarsi al portone del palazzo, li chiamò dalla finestra, e corse giù per le scale, incontrandoli all’ingresso; aveva in braccio il gattino, e un grosso sacchetto di cellophane nell’altro, dove un orsacchiotto con un cuscino a forma di cuore tra le mani faceva bella mostra di sé.  “Per Kaori, c’è pure un bigliettino!”

Affidando il prezioso carico alla coppia di sweeper, il fotografo se ne tornò nel suo appartamento, dove la sua bella lo attendeva alla porta col sorriso sulle labbra: Kaori li guardò, invidiandoli,  erano davvero teneri insieme quei due… non c’era da meravigliarsi che quella bellissima ragazza fosse la musa ispiratrice di Yuuichi, che grazie ad un ritratto della fanciulla aveva abbandonato il mestiere di paparazzo da strapazzo (e investigatore privato a tempo perso) divenendo un vero artista.

Ryo e Kaori intanto salirono le scale fino al loro di appartamento, e appena entrata lei si sedette sul divano, portandosi le ginocchia sotto al mento, sospirando; era stanca, era chiaro, e forse anche stufa e rattristata, nonostante tutto… quella giornata era stata colma di colpi di scena, di cose strane – anche per i loro standard – e Ryo poteva capirla.

Aveva avuto una pessima idea.

Mick aveva ragione. Forse avrebbe dovuto comportarsi come una persona normale, una volta tanto.

“Non apri il pacchetto?” Le domandò, passandosi una mano tra i capelli, sedendosi accanto  a lei, mentre il gatto si strusciava contro le loro gambe, ma Kaori scosse il capo, abbacchiata.  Per Kaori, con profonda ammirazione e tanto amore… questo tipo sembra non intenzionato ad arrendersi, eh?”

“Sì, come no… andiamo Ryo…” sospirò lei, alzando gli occhi al soffitto. “Come posso fidarmi di qualcuno che mi scrive bigliettini nemmeno fossimo in prima elementare? Qualcuno che è così codardo che non mi dice nemmeno il suo nome!”

“Forse…” Ryo si rigirò l’orsacchiotto tra le dita, leggermente rattristato; Kaori si voltò verso di lui, e le sue labbra si dischiusero in un’espressione di sorpresa prima, e meraviglia poi…  incantata: quella era la sola parola per definirla in quell’istante. “Forse questo è solo una sorta di piano a lungo termine perché non è proprio codardo, ma spaventato da quello che prova per te, forse non è mai stato davvero innamorato prima d’ora e non sa bene come gestire le cosa, come dimostrarti che fa sul serio…”

Il respiro le morì in gola mentre i loro occhi si incrociarono, ed in quel momento le porte della mente della donna si aprirono, spalancandosi, e finalmente la donna comprese tutto. Era lui, era sempre stato lui!

Ryo… la sua mente sussurrò, mentre desiderò abbracciarlo, stringerlo, baciarlo… come le era sfuggita una cosa del genere?  Come aveva fatto a non capire… eppure, sarebbe stato così semplice…. Tornava tutto… quel gattino, una creatura di cui prendersi cura insieme, i suoi fiori preferiti, i cioccolatini della pasticceria che più amava, quel ciondolo così simile al suo anello, con la pietra pressoché identica… eppure… eppure… c’era un elemento che stonava in tutta quella storia: come diavolo gli era venuto in mente di far cantare a quel cretino quella stupida e ridicola canzonetta? I regali avevano rappresentato l’idea del corteggiamento, l’intenzione di portare la loro relazione al livello successivo, trasformare il loro rapporto in qualcosa di definitivo e a lungo termine: una canzonetta così andava bene per un cretino che voleva farsi una sciacquetta da quattro soldi!

A meno che… Ryo non fosse stato aiutato da alcun altro in questo suo piano, qualcuno che sapeva cosa lui provasse per lei, e avesse deciso di, come dire, scompigliarli un po’ i piani… anche se, conoscendo il soggetto, chissà, forse Mick aveva davvero creduto di fare la cosa giusta, nonostante il testo di quella canzonetta oscena: nessuno dei due se la cavava troppo nel capire davvero le donne nel profondo, inesperti com’erano nelle questioni di cuore!

“Bah, secondo me è solo un cretino egoista e senza tanto cervello…” Iniziò lei, acida; poi volse lo sguardo verso Ryo, che stava passando dal bianco pallido al rosso furioso e viceversa in un istante, incapace di controllarsi, tremava e digrignava i denti, boccheggiava senza dire una parola…  mossa a pietà, Kaori si sporse verso di lui, e passandogli le dita tra i capelli, gli sorrise, appoggiando le fronte contro la sua. “È anche un donnaiolo impenitente, pure un po’ pervertito, eppure… eppure è l’uomo che amo.”

Mettendosi a cavalcioni su di lui, gli mise le braccia al collo e lo baciò intensamente, prendendosi ciò che era suo di diritto,  lacrime di gioia che le scorrevano sul viso mentre il suo cuore palpitava pazzo nel petto, e la sua anima cantava, illuminata dalla perfezione di quell’istante, mentre Ryo la stringeva forte a sé, lo sguardo sereno.

Eccolo. Ciò che aveva sperato di vivere da quando era tornata nella sua vita. Forse dal primo momento in cui lo aveva visto, tanti anni prima.

Scattante, Ryo si alzò in piedi senza lasciarla andare, mentre lei gli allacciava le gambe alla vita, e lui correva su per le scale, tra baci e risate.

“Ma.. ma Ryo, cosa fai?” Gli chiese arrossendo, ben immaginando però cosa stesse per accadere, desiderando di donarglisi con tutta sé stessa.

“Eh, adesso tu ti metti nella vasca coperta di tante belle bolle,  io vado a prendere la bottiglia di champagne che tengo nascosta in camera, due bicchieri, e intanto ci facciamo quella benedetta doccia che ti ho promesso, e poi… E poi si vedrà …” le fece l’occhiolino, schioccandole un bacio sulla bocca, prima di posarla a terra in bagno e correre via. Era stato così concentrato sul paradiso che lo attendeva che si era pure scordato del gatto, che stava giocando con il peluche, da cui era rotolata fuori una scatolina di velluto rosso…

“Eh no, bricconcello, questa è mia! Con quello che mi è costato col cavolo che te lo lascio a te per giocare!” Ryo gli spettinò il pelo nero, sorridente, prima di prendere due coppe e salire di nuovo sopra, con le ali ai piedi, dove lei lo attendeva, nuda nella vasca che lentamente si riempiva, il profumo di vaniglia nera che riempiva la camera da bagno. Ryo si ripromise che quella sarebbe stata l’ultima volta: Kaori non avrebbe dovuto attenderlo mai più.

Perché non se lo sarebbe tolto mai più dai piedi, fino al resto dei suoi giorni.

Fino a quando avesse avuto fiato per ripeterle quelle parole mentre  le faceva piccoli sciocchi regali, o avesse potuto scriverle sdolcinati biglietti da scolaretto delle elementari…

A Kaori con amore, Ryo.

   
 
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