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Autore: Merry brandybuck    31/03/2021    0 recensioni
Aragorn è salito al trono da pochi mesi e già si ritrova a combattere una battaglia contro degli orchi che non accettano la caduta di Sauron : per questo scontro il re si ritroverà a chiedere aiuto ai suoi amici fidati e a dover portare alla luce un membro della sua famiglia che è rimasto oscurato per anni.
Come continuerà l’esistenza sua e del regno dopo questo incontro ?
Personaggi: nuovo personaggio/ Aragorn/ Legolas/compagnia dell’anello/ un po’ tutti
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8: Ti sei soffocata per farmi respirare

 

Erano passate due settimane dalla grande vittoria e Aralis si era rimessa in viaggio con Legolas e il padre per tornare a casa a salutare tutta la comunità elfica che l’attendeva; erano quasi arrivati alla loro meta, circondati dall’inquietante bosco, costellato di bestie malefiche e fetenti effluvi del fiume, che ricordavano alla ragazza l’odore di famiglia. Il principe degli elfi indicò un punto all’orizzonte, esclamando “Bentornata a casa, sorellina !” : vi era una collinetta erbosa che si ergeva, alta, tra gli alberi aranciati, divisi in due dal rivolo oscuro del fiume, che scorreva vorticoso a scernere le due sponde rocciose: sulla sponda più a est vi era un’enorme porta in pietra che si apriva su quello che il comandante sapeva essere in mondo a sé, che aveva come unico collegamento con il resto delle terre un piccolo ponticello di e corda, robusta certo ma mai quanto la roccia, come ripeteva sempre Aragorn, e lei era totalmente d’accordo. Con i cavalli continuavano a galoppare tra le grandi file di alberi che si stagliavano sotto il cielo al tramonto e l’aria scompigliava i capelli lunghi dei tre fantini, oramai giunti alla loro destinazione tanto agognata; l’alce gigante del Sire elfico era in testa al gruppo con il suo fare elegante e aggraziato, che la rendeva perfetta per il proprio cavaliere, con il manto castano-brunito che sfoggiava la migliore delle lustrate per l’occasione. Seguiva, con baldanzoso andamento, la cavalcatura del principe, un perfetto piebald strigliato e bruscato e infine il morello della giovine, che non veniva pulito da un paio d’anni cioè da quando lei lo aveva barattato con una tunichetta elfica regalatale da un suddito tempo prima; furono nel colonnato del portone in solo un’ora e poi rallentarono il passo per non rompere la quiete del regno. Il Re prese un enorme mazzo di chiavi luccicanti realizzate in mithril e provò a infilarne una nella grande toppa; dovette armaggiarvi per vario tempo prima di riuscire ad aprire, ma poi un forte odore di legno misto a quello del mosto li investì. L’Umana buttò lo sguardo oltre la spalla del genitore e un sorriso le tagliò a metà il volto: il corridoio era in penombra, illuminato dai raggi del sole che filtrava dalle altissime vetrate verdi, il pavimento di mattonelle in pietra, le soglie in legno delle porte, i dipinti appesi alle pareti e quei portalumi che reggevano le candele spente; si incamminarono lentamente nella reggia anche se la donna continuava a sentire che c’era qualcosa che non andava. Il silenzio, la mancanza delle guardie, delle vedette, il buio che avvolgeva ogni cosa e l’assenza della popolazione rendeva tutto più strano, facendo stringere le dita diafane di lei sul calcio del pugnale; proseguirono fino al passaggio che conduceva sul giardino interno e lì si fermarono: la castana appoggiò l’orecchio contro la porta lignea e attese un suono dall’altra parte. Sentì dei sussurri e comprese; il genitore le diede una carezza e girò la maniglia: la luce illuminava l’immenso prato e la quercia millenaria che stava al centro dello spiazzo, l’acqua delle fontane zampillava limpida, gli uccelli cinguettavano, la quiete era sovrana e cosa stupefacente una massa di elfi eleganti li guardava battendo le mani, in ovazione. Non aveva mai ricevuto una sorpresa così bella prima di allora: aveva sempre vissuto una vita solitaria e non pensava che a qualcuno dei Primogeniti sarebbe importato particolarmente se lei fosse scappata e non fosse più tornata indietro, ma evidentemente si sbagliava; le lacrime le solcavano le guance e si mise a correre incontro alla folla. I cugini Elrohir ed Elladan la stavano aspettando a braccia aperte e la presero al volo; loro padre Elrond sorrideva con un’espressione beata che non si sarebbe scordata mai e la guardava come fosse ancora la sua piccola bimba adorata: non la vedeva da almeno dieci anni e il suo cuore straboccante di felicità si rifletteva nei suoi occhi. Tra i compaesani festosi la ragazza riuscì a scorgere una figura vestita in modo funereo: era alta, con le mani candide, avvolta in un lungo manto nero, dal cappuccio sbucavano delle lunghissime ciocche dorate, mosse e s’accompagnava a un uomo alto e canuto, che somigliava al Sire di Lothlorien. Attratta come una calamita da quell’Elfo così tristo, si avvicinò con calma: “ Chi siete, nobile dama ?” “ Lei sollevò il capo, mostrando gli occhi celesti, i lineamenti perfetti, proporzionati e puliti, la bellezza senza pari e il meraviglioso volto, a lei conosciuto: “ Mi conosci Efneviel, colei che viene dal mare”  Dama Galadriel era terribilmente tetra: normalmente era sempre stata esempio di grazia e gaudio ma ora sembrava che le avessero tolto tutta la voglia di vivere: “ Cosa affligge vossignoria ?” la sua interlocutrice contrasse i muscoli delle sopracciglia e il consorte rispose al suo posto“ Il nostro primogenito, Haldir, fu ucciso da ignobile creatura qualche mese fa, durante la battaglia del fosso di Helm; siamo ancora accorati della perdita” “ Condoglianze; se desiderate posso fare io il panegirico al defunto…” l’Uomo della Musica le aveva insegnato a dire così quando abitava ancora al villaggio: ogni anno, quando tornava a trovarli, soleva dire questo alle famiglie che avevano avuto dei morti durante la sua assenza ed essendo un grande cantore e poeta tutti acconsentivano; i signori elfici la guardarono sorridendo cordiali, e si ritrassero con la loro solita leggerezza: “ Ringraziamo, ma non occorre: il discorso è già stato fatto tempo addietro” Prima di sparire tra la marmaglia di gente, la bionda guardò i due tatuaggi che la giovine portava sui polsi, li sfiorò e li strinse per poi essere trascinata via da altre elfe più “ anziane”; era una bellissima sensazione quella di essere avvolti dal un ammasso di emozioni, forme, colori, odori e ricordi che ti trasportano a tempi lontani, dove il dolore era ancora debole dentro di te e non ti spezzava spina dorsale. 

Legolas e il padre stavano discutendo amabilmente con dei nobili sulle battaglie che avevano fatto e, mentre Aralis cercava di prendere un attimo di pausa, i gemelli la presero per le braccia e la trascinarono in un luogo più appartato; ella tentò di divincolarsi, ma poi optò per tirare un poderoso schiaffo all’uno e all’altro “ Si può sapere cosa vi prende ? Non è rispettoso portarmi via in quel modo…” i due l’avevano schiacciata contro un muro; “ Dobbiamo parlarti” “ Bastava chiedere” rispose, piccata “ Non dovrai mai menzionare questa conversazione con nostro padre, chiaro ?” Elladan era tremendamente serio, anche mentre si massaggiava spasmodicamente la guancia; lei tirò un sospiro: “ Di che si tratta ? Qualcosa su vostra sorella ? Su vostro cognato ?” Questi scossero il capo: “ Mentre eri via ci siamo ritrovati a frugare tra i fogli di papà e abbiamo trovato delle lettere di uno degli uomini che lo ha cresciuto…” le misero in mano un foglio ingiallito e spiegazzato: le lettere stavano scomparendo e l’inchiostro si era stinto; non era quasi più leggibile, ma un disegno era ancora visibile. Era un elfo bello, moro e accompagnato da un altro fulvo e da due bambini perfettamente identici “… e improvvisamente ci sono venuti in mente i discorsi con cui ci assillavi, quelli sull’Essere Melodioso; vorremmo che tu ce ne parlassi un’altra volta” concluse, funesto. Lei chiuse le palpebre, strinse gli occhi e si premette gli indici e i medi sulle tempie per concentrarsi meglio; vedendo le sue difficoltà, Elrohir le mise una mano intorno alle spalle “ Cugina forza ! Prova a descriverlo in ogni particolare” le ci volle molto impegno a riportare alla mente tutto e, in uno stato di apparente trance, si mise a declamare con innaturale lentezza: “ Era alto, portava i capelli neri lunghi fino alle caviglie, aveva una cicatrice che andava dalla clavicola alla cintola, aveva i tratti femminei e la voce dolce; era gentile, in modo particolare coi bambini, veniva da noi per un mese all’anno, combatteva con strabiliante destrezza e possedeva delle conoscenze miracolose in ogni campo, mai viste da noi comuni mortali. Il suo nome era sconosciuto anche agli anziani e noi giocavamo ad indovinare quale fosse, ma lui continuava a prenderci bonariamente in giro e a dirci che le nostre proposte erano sbagliate: solo uno tra noi fece giusto e da allora non vidi più il nostro Maestro…” I due compari sembravano soddisfatti e si misero ad elogiarla per lo sforzo compiuto, ma lei non lo era ancora: si rimise a pensare fino a che non sentì il battito cardiaco rimbombarle dentro il cranio; arrivò ad essere praticamente sfinita e sconsolata, ma ancora nulla, fino a che… “ Eureka ! Ora rammento: aveva i palmi bruciati e parlava con i morti !” Ai corvini cadde la mascella; non reagirono subito, ma poi l’abbracciarono e presero a scuoterla, pieni di gioia: “ Sei un dannatissimo genio ! Sei una benedizione mandata dai Valar !” continuarono a fare mossette insensate per festeggiare la scoperta e lei scoppiò a ridere come una pazza: erano sempre stati matti come dei cavalli. Quando si furono placati, tutti insieme ritornarono nel cortile; mangiarono lembas e altri gustosissimi cibi elfici, discorrendo di avventure, ricordi, esperienze e culture incontrate durante i loro viaggi: l’atmosfera era meravigliosamente rilassata e pacifica; una leggerissima brezza mitigava il clima e rendeva ancora più piacevole il fatto d’essere all’aria aperta in compagnia di amici di vecchia data. Tra le voci morbide che facevano da sottofondo, una piccola goccia di serenità penetrò lentamente nel cuore della giovine, sterilizzato dall’arsura di una vita costellata di ingiustizie e di sfortune… 

 

I pomeriggi della sua intera esistenza non erano mai stati così brevi; e tutti le continuavano a dire che il bello doveva ancora arrivare: lei non credeva potesse esserci qualcosa di meglio di tutto ciò, ma poi dovette ricredersi. Il sole stava calando e le lucciole iniziavano a danzare tra gli ospiti quando una delle servitrici giunse, correndo all’impazzata, per comunicare loro l’arrivo di un importantissimo personaggio; dopo questa notizia così improvvisa, la ragazza entrò in uno stato di trepidante attesa alimentato da un piccolo presentimento che man mano si fece strada nel suo cervello: si fidava del suo sesto senso più di qualunque altra cosa e infatti, quando vide i piedi dell’avvenente sconosciuto, si mise a gongolare. Sollevò il capo e la gioia le prese tutto il volto; lunghi riccioli rossi, incarnato perfettamente omogeneo e chiaro, iridi verdi, orecchie appuntite, profumo fresco e primaverile, arti lunghi, pulizia impeccabile, mise da caccia e manto da cavalcata: Tauriel, la prima figlia adottiva del Re e la sua sorellona, era venuta a casa solo per vederla. “ Dimmi come hai fatto” le disse sorridendo l’Elfa; gli altri invitati si scostarono, facendo spazio alle due donne, e la minore si avvicinò “ Credevi veramente che mi avessero ammazzato ?” in risposta una risata gentile: “ All’inizio non ci potevo credere ma poi il dubbio ha iniziato ad attanagliarmi le viscere; devi essere stata davvero un fenomeno per nasconderti per dieci anni filati ! Mi hai fatto pensare che fossi fatta d'aria tanto sei brava a sparire…” la ragazza arrivò a un palmo dal naso dell’amica e le rivolse uno sguardo eloquente: “ Sono fatta d’aria, neh ? Ebbene uno spirito potrebbe fare questo ?” Le strinse la vita con un abbraccio e la sollevò da terra, con la facilità con cui una persona normale beve un bicchiere d’acqua; la maggiore si mise a prenderla in giro e prese a tentare di strattonarsi dalla presa stritolante: tra le battute deficienti e i parenti che le osservavano contenti, la giovine la mollò e la lasciò respirare. “ Come vedi sono viva e vegeta, tornata a casa anche se leggermente rovinata…” disse, indicando le cicatrici sulle braccia “ … ma ho una piccola domandina per te, sorella adorata: perché non eri a casa ?” Quella si fece muta come una tomba e l’espressione grave per un momento, ma subito tentò di reprimere i timori e la guidò verso un angolo del cortile vicino all’entrata principale; non era sicurissima di cosa l’attendesse, ma la piccola si affidò alla ramata e si lasciò che la portasse dove voleva: strinse l’ancora che portava come pendaglio, per proteggersi dall’avvenire. Quando arrivarono la assalì un misto di stupore e sgomento: un gruppo di nani sozzi e spelacchiati la guardavano con interesse “ Ahhhh, ho capito: sei diventata un’ambasciatrice e questa è la delegazione della razza Nanica !” I suoi interlocutori si piegarono in due dalle risate e un personaggio austero si fece avanti, staccandosi dal resto del gruppo: “ Io sono Thorin ScudodiQuercia, Re di Erebor, Colui che uccise Azog il Profanatore, il Non-morto e uno degli ultimi tre Figli di Durin ancora in vita” l’Umana si inchinò con deferenza e fece tutti i convenevoli con quasi eccessivo ossequio. Un’altra coppia di vivacissimi nani le si avvicinò in modo alquanto sgraziato: erano entrambi estremamente belli nonché interessanti e sembravano istruiti ed intelligenti, pur rimanendo esponenti di una popolazione a lei non particolarmente gradita; le fecero una profonda riverenza e si presentarono con entusiasmo: “ Noi siamo i Principi Fili e Kili, prole di Dis e legittimi Eredi al trono di Erebor; al vostro servizio, madamigella” l’altra rispose con estrema cortesia: “ Aralis, detta Efneviel, comandante generale delle truppe di Gondor, al vostro” il minore sorrise con una vitalità non indifferente: “ Un grande giubilo mi prende nel sentire il suo nome pronunciato dal sul possessore; mia moglie mi ha parlato di lei come di una donna straordinaria e di un’eccezionale parente: averla come cognata sarà uno spasso !” e detto ciò, poggiò una mano sul ventre della fulva. Notando con orrore crescente la fede al dito dei due, la castana di irrigidì come una tavola di legno e provò a contenersi: quelle effusioni le davano il voltastomaco e sembravano orripilare anche il Signore della Montagna; optò per una sempreverde grazia stupita “ Che lieta novella ! Felicitazioni e tanti figli maschi ! Che contentezza che mia sorella di sia maritata in così precoce età; e il nostro genitore cosa ha commentato di questa faccenda ?” L’Elfa assunse quella faccia di chi ha capito tutto sin dal principio: “ Ha benedetto l’unione quasi tre anni fa, qualche mese prima della cerimonia” rispose mantenendo la sua naturale compostezza. Poi si dispersero, andando a chiacchierare con gli altri ospiti e la bruna li seguì; per tutto il resto della festa tentò di essere educata, gradevole, addirittura simpatica alla maggior parte dei membri della combriccola in visita: non poteva inimicarseli tutti se no avrebbe avuto dei problemi seri sia nell’immediato che in futuro.

 

A notte fonda nel palazzo erano rimasti solo i padroni e la congregazione mentre il silenzio regnava sovrano; in quell’inturbabile quiete, la giovane rimuginava sul giorno trascorso, passeggiando su e giù per la sua stanza: non aveva niente da fare e finalmente poteva rilassarsi senza la fastidiosa presenza di suo cognato e degli altri parenti di questo. Era già pronta per infilarsi tra le lenzuola e mettersi a dormire quando qualcuno venne a bussare alla sua porta; mannaggia a lei che andava ad aprire: si ritrovò davanti un servo che fu così solerte nel dirle che doveva andare nella stanza della sorella che non le rimase di mettersi a correre verso l’altra camera: non capiva perché la chiamasse con così tanta sollecitudine ad ora tarda. Quando giunse, si fermò sulla soglia: Tauriel era seduta sul suo letto e guardava un punto fisso davanti a lei; il consorte non era presente. “ Hai recitato molto bene oggi pomeriggio, ma sai che con me la tua pantomima non regge” nella sua voce si sentiva un fortissimo e malcelato disappunto: “ Sapevo mi avresti scoperto” ammise l’altra “ È la tua indole a fregarti: non riesci a non assumere un’espressione di immenso odio quando vedi qualcosa che ti infastidisce” si era alzata “ Cosa mi rimproveri, sorellina ?” chiese con astio “ Di aver sposato un disastro simile, un idiota, un… nano” le rispose quella con crescente livore: “ Ti faccio notare che “ quell’idiota”, come lo chiami tu, fu mio promesso sposo per trent’anni prima che tu arrivassi in questa casa e dopo vario tempo che tutti ti consideravano morta e lo stretto periodo di lutto era finito ho coronato il sogno di una vita: sposare la persona che amavo. Non capisco perché tu voglia impedirmi di essere felice…”. Intanto che la sua interlocutrice iniziava a praticamente declamare tutte le motivazioni che trovava, qualcuno si avvicinò all’asse lignea: Legolas si era accovacciato vicino alla porta semiaperta quando suo cognato e il fratello si avvicinarono “ Che cosa stai facendo ?” domandarono quando lo videro; gli fece segno di tacere e di venire ad osservare la scena. Rimasero lì fermi per un bel pezzo prima di poter parlare: “ Deve amarti davvero se riesce a fare questo per te…” mormorò l’Elfo “ Perché ?” chiese l’interpellato: “ Lei ha sempre protetto quella bambina quasi fosse sua figlia e vederla litigare con la sua protetta significa che sta facendo un grandissimo sacrificio solo per te…” 

I tre esaminarono le donne che si urlavano addosso ( tutto per colpa di quella sfortunata unione) ancora per vario tempo quando la situazione subì improvvisamente un tracollo: la rossa di cranio aveva abbassato la testa, remissiva, e le parole faticavano ad uscirle di bocca: “ Com’è possibile… io ho provato ad educarti, a darti una nuova identità, ma evidentemente ho fallito” l’altra rise “ Sì, è vero ! Ti sei rotta la schiena per farmi sentire viva, hai perso la testa in preghiere senza fine e ti sei soffocata per farmi respirare, ma per la gente come me la redenzione non arriverà mai qualunque cosa tu faccia; tutto ciò che hai fatto è stato inutile !” In quel momento qualcosa in Tauriel si ruppe: alzò lo sguardo, furibonda, e levò un braccio; la sua mano si abbatté sul viso dell’altra con una potenza devastante. La minore fu presa alla sprovvista e, non essendosi difesa, il suo corpo volò verso la parete, schiantandosi con un tonfo assordante; fortunatamente era riuscita a girarsi su un fianco prima dell’impatto, salvandosi il capo, e adesso era inginocchiata sul pavimento: gli spettatori più bassi cercarono di reagire e aiutarla, ma il terzo li tenne fermi “ Non dobbiamo intervenire: non andranno oltre, almeno spero…” mormorò. La castana si rimise in piedi, irata, e provò a reagire lanciandosi addosso alla sua aggreditrice; quando era con le unghie a pochi centimetri dalle sue spalle, questa si girò di scatto e l’afferrò con una mano per il polso e con l’altra per i capelli: la sollevò da terra e, mentre questa stringeva i denti perché troppo orgogliosa per mostrare il dolore, le strillò a un palmo dal naso: “ Tu sei una ragazza molto buona, ma alquanto testarda: so di per certo che se io stessi morendo sulle mie stesse ginocchia, tu sola sapresti rassicurarmi: e sicuramente se tu stessi affogando io mi strapperei i polmoni pur di donarti dell’aria ! Tu questo lo sai, ma pur di farmi saltare la mosca al naso decidi di fare la piccola ribelle e mettere in discussione le mie scelte solo perché il mio prescelto è di una razza diversa rispetto alla tua o alla mia: quindi se non la pianti di comportarti come una perfetta deficiente sai quanto mi possa adirare ! Infine, ti chiedo, prego, imploro e impreco di usare quello che hai dentro quella capoccia dura che ti ritrovi !” Il suo tono fortemente minaccioso e il fatto di essere appesa per la chioma a mezzo metro d’altezza, facevano paura ad Efneviel e, vedendo che non era minimamente intenzionata a lasciarla andare, provò a dondolare e a divincolarsi, ma con scarsi risultati; con la gote che bruciava per il ceffone, si mise a chiedere la cortesia, ma quando vide una mossa troppo veloce della sorella reagì d’istinto: si raggomitolò e le sferrò un calcio sotto il mento. Immediatamente venne lasciata cadere e nel frattempo che la ramata si reggeva la mascella in preda al dolore, chiese velocissimamente commiato e corse via. Quelli che avevano assistito sconcertati si divisero: Kili andò a confortare la sua sposa, Legolas si mise di buona lena a cercare la giovane e Fili rimase nel corridoio; quello che riuscì a sussurrare fu quello che tutti pensavano ma non osavano dire:

… “ Non so se è perché gli Elfi e i Nani hanno culture diverse, ma se questi trattano così i fratelli non oso immaginare come trattino i nemici”...

 

La tana della scrittrice 

Halo kila mtu! Habari yako ? Auguro una buona Pasqua a voi e alle vostre famiglie; come potete notare oggi vi ho proposto un capitolo più leggero ( tralasciando la rissa che, come metodica, è accaduta realmente tempo fa tra me e mia sorella 😅) e che spero possa farvi rilassare almeno un pochino fino al prossimo mese: non credo ci sia molto da spiegare, quindi…mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento; saluti e baci hobbit 
Sempre vostro

Merry

   
 
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