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Autore: Rota    31/03/2021    1 recensioni
Shu aprì la porta del piccolo appartamento e, veloce, accese l’interruttore dell’atrio – Kuro aveva lasciato l’impostazione per cui, una volta azionate quelle luci, anche le lampade del salotto e dell’angolo cottura si azionavano di conseguenza: la sua dimora salutò così il suo ritorno.
Finalmente, l’uomo con i capelli rosa poté levarsi gli occhiali scuri dal naso e sospirare.
-Casa dolce casa.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kuro Kiryu, Shu Itsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Titolo: Accidentally in Love
*Fandom: Ensemble Stars
*Personaggi: Kuro Kiryuu, Shu Itsuki, Tetora Nagumo, Mika Kagehira, Un po' tutti
*Avvertimenti: Shonen ai, What if?
*Generi: Commedia, Fluff, Romantico
*Rating: Giallo
*Settimana/Prompt: Settima settimana/ 001. Cowardice
*Parole: 6670
*Lyrics by Counting Crows, “Accidentally in love”
*Note: Mi sono resa conto che ho scritto un sacco (.) di storie dove la KuroShu è sposata con figli, o si sposa felicemente, ma mai la richiesta vera e propria (.) E QUINDI ECCOMI QUI A RIMEDIARE!
Buona lettura!
 
 
 




 
 
 
 
So she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love (love)
Think about it every time
I think about it
Can't stop thinking 'bout it

 
How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love (love)
Makes me want to turn around and face me but I don't know nothing 'bout love
 
 
 
 
Shu aprì la porta del piccolo appartamento e, veloce, accese l’interruttore dell’atrio – Kuro aveva lasciato l’impostazione per cui, una volta azionate quelle luci, anche le lampade del salotto e dell’angolo cottura si azionavano di conseguenza: la sua dimora salutò così il suo ritorno.
Finalmente, l’uomo con i capelli rosa poté levarsi gli occhiali scuri dal naso e sospirare.
-Casa dolce casa.
Accanto a lui, Kuro spinse in avanti un’enorme valigia, reggendo su spalle e braccia i tre bagagli a mano che il compagno si era portato. Lo guardò in volto, non riconoscendo la lingua con cui aveva parlato.
-Mh?
-È un detto europeo.
Bofonchiò. Appoggiò tutte le borse sopra la poltroncina più vicina, quella preferita da Shu, proprio davanti al caminetto spento. Shu ebbe tempo solo di chiudere la porta e togliersi le scarpe, che l’altro lo approcciò come se fosse il padrone di casa e gli diede un bacio leggero sulle labbra.
-Bentornato a casa.
Sghignazzò, schernendolo un poco.
-Questo è un detto giapponese, invece.
Shu gli concesse un piccolo sorriso divertito, e finalmente entrò davvero nell’appartamento.
Dedicò alcune occhiare ad accarezzare oggetti noti, di una quotidianità relegata a quella parte del mondo. D'altronde, quel piccolo appartamento era uno dei suoi tesori più preziosi: nessuno dei suoi fan sapeva che aveva una relazione, men che mai una relazione con un altro uomo, e ben pochi suoi colleghi ne erano a conoscenza, un po' per sua riservatezza un po' per suo timore. Lui e Kuro lo avevano comprato assieme due anni prima, ed era l'unico luogo che davvero poteva chiamare casa.
Spostò lo sguardo all'angolo cottura e alzò le sopracciglia.
-Vedo che è tutto pulito, me e compiaccio.
-Questa è davvero la prima cosa che sai dirmi, dopo quasi quattro mesi?
-E cosa dovrei dirti? Che sono felice di vederti? Che mi sei mancato tanto?
Lo guardò con una piccola smorfia di sfida, il mento appena alto, scimmiottando alcune parole che di solito gli diceva con molto piacere e un tono un po' troppo melenso.
L'uomo con i capelli rossi non capì subito lo scherzo e fu abbastanza perplesso.
-Be-
-Ma questo lo sai già, e io non voglio essere banale. E poi, non possiamo dirci sempre le stesse cose.
Spostò di mezzo centimetro il centrotavola pieno di frutta e fiori finti, in modo che suoi lati rigidi fossero perfettamente perpendicolari ai bordi del tavolo. Sospirò quando Kuro lo abbracciò da dietro, sussurrandogli all'orecchio pianissimo.
-Io non me ne lamenterei.
Il corpo spossato dal lungo viaggio di Shu gradì molto quel contatto e quelle coccole: i muscoli si rilassarono per la prima volta da tanto tempo, come se avessero trovato il posto giusto dove trovare un poco di sollievo.
L'uomo con i capelli rosa alzò la mano alle sue, posate sul suo ventre piatto, e intrecciò le proprie dita con quelle di lui. Infine, sospirò.
-Ho bisogno di farmi una doccia, dopo pensiamo alla cena.
-Pensavo di portarti fuori.
-Ti ringrazio del pensiero, ma sono davvero troppo stanco. Preferisco prendere qualcosa da asporto. Tipo, una pizza-
-Una pizza?
Scosse la testa - vecchie abitudini gli erano tornate alla mente prima che se ne accorgesse e aveva parlato troppo in fretta. Sbuffò persino, prima di sciogliere l'intreccio dell'abbraccio di lui.
-Oh, fai tu. Va bene qualsiasi cosa. Ma prima-
Si avvicinò alla valigia più grossa, alla ricerca di uno specifico flaconcino. Era riuscito a comprare un bagnoschiuma della sua marca preferita, che sapeva di pesca e latte; voleva provarla nella propria vasca della propria casa, per vedere se l'effetto rilassante potesse essere intensificato ancora di più.
Quando si alzò, vide che Kuro non si era spostato neanche di un passo, e lo stava fissando in silenzio. Lo colpì una brutta sensazione.
-Kuro.
L'uomo con i capelli rossi sobbalzò al suo richiamo, risvegliandosi in quell'istante. Così, Shu insistette, mentre si avvicinava un poco a lui.
-È da prima che ti comporti in modo strano. Devi forse dirmi qualcosa?
-Niente di quello che non ti ho già detto.
Kuro fu evasivo, tentò di convincerlo con un sorriso goffo.
Shu lo guardò negli occhi per qualche secondo, trovandovi la risposta che voleva trovare. Quindi, appoggiò il flacone di bagnoschiuma sul tavolo e si avvicinò a lui, appoggiando con delicatezza le mani ai lati del suo bacino.
Si inclinò per baciargli le labbra, con gentilezza.
-Sono felice di essere tornato a casa.
Kuro fu rapido ad abbracciarlo di nuovo e baciarlo, di nuovo. Fu altrettanto rapido anche a mettere la propria gamba tra le sue e spingerlo contro il bordo del divano, approfondire il bacio che univa le loro bocche.
Shu rispose d'istinto, perché il suo corpo anelava quel contatto ormai da troppo tempo e sentiva un bisogno non solo emotivo ma anche fisico di essere stratto da lui.
Si fece però forza e riuscì ad allontanarlo abbastanza da riuscire a parlare. La testa gli faceva troppo male, e se si fosse lasciato andare ne avrebbe pagato le conseguenze - non voleva essere di pessimo umore i primissimi giorni del suo ritorno.
-No, non adesso e non qui. Puzzo, sono affamato e sono anche stanco. Dopo!
Kuro lo baciò ancora, ma non fece troppa resistenza quando Shu sgusciò via dal suo abbraccio e recuperò il flacone sul tavolo, per poi fuggire verso la zona del bagno. Rimase immobile lì dove l'altro l'aveva lasciato, a fissare il vuoto in silenzio.
Finché poi una stilla di irritazione non gli irrigidì i muscoli e lui fece una smorfia. Era veramente un imbecille.
 
 
Tirò un pugno al vuoto, poi un secondo e un terzo. Molleggiò sulle proprie ginocchia, forzando i muscoli delle cosce e dei glutei. Tirò un calcio in diagonale, altissimo, e proseguendo di un passo in avanti poté tirarne un altro. Quando arrivò vicino al muro, al confine del tappeto morbido, seppe che per quel giorno il suo allenamento era finito.
Ormai, nella palestra di Ensemble Square, c'erano solo lui e altri pochi membri del club di arti marziali, quindi nessuno sentì il suo sospiro pesante - nessuno, tranne Tetora Nagumo, che si fiondò accanto a lui, mentre ancora si ripuliva il viso del sudore grondante.
Il giovane era felicissimo.
-Allora? Com'è andata?
Kuro non lo guardò neppure, cercando di rifugiarsi nelle pieghe dell’asciugamano bianco.
Questo atteggiamento, ovviamente, fece impensierire l'altro, che fu molto rapido a immaginarsi gli scenari più terribili.
-Boss, dimmi che almeno ci hai tentato!
-No.
-No cosa? Ti ha detto di no? Ha detto di no che non vuole sposarti?
-Sh! Fai silenzio, Tetsu!
Si guardarono attorno, ma non c'era davvero nessuno oltre a loro, se non attrezzi attaccati alle pareti e qualche peso messo in disordine accanto alle panche di legno.
L'uomo con i capelli rossi sospirò, un poco innervosito. Era già abbastanza scombussolato per non essere riuscito a realizzare il perfetto piano che aveva preparato in intere settimane - prendere Shu all'aeroporto, farci l'amore assieme, portarlo a cena fuori, fargli la proposta di matrimonio, tornare a casa e farci l'amore assieme un'altra volta - quindi l'isteria di Tetora non faceva altro che peggiorare una situazione già precaria circa il limite della sua poca pazienza.
-No, non sono riuscito a chiederglielo.
-Oh, menomale-
Il giovane si morse la lingua a quell'uscita infelice, cercò anche di rimediare con altre parole dette in modo altrettanto veloce e altrettanto poco pensato, ma Kuro lo interruppe subito.
-C-cioè, volevo dire-
-Sono un codardo e un vile.
L'uomo con i capelli rossi finalmente abbassò l'asciugamano alle spalle e si sedette sopra la panchina di legno, curvando tutto il proprio busto in avanti. Aveva un'espressione sconsolata e triste, di chi non aveva ancora digerito bene la sconfitta.
Tetora sentì una reale compassione nei suoi confronti, perché sapeva quanto fosse difficile per loro, uomini dal carattere simile, parlare di sentimenti e relazioni. A ricordare quanto ci aveva impiegato a dichiararsi ad Arashi si sentiva ancora un incapace, e in quel momento voleva essere di completo supporto al proprio amico. Così, cercò di essere più che convincente.
-Ma no, boss! Cioè, non è una cosa semplice da fare! Si tratta di qualcosa di molto importante!
-Dovrebbe essere una sciocchezza. Siamo insieme da così tanto tempo.
-E vi conoscete fin da bambini!
Kuro gli scoccò un'occhiata cattiva a quel punto, perché sembrava che Tetora lo stesse facendo apposta, a sottolineare dettagli che peggioravano la sua situazione da un punto di vista morale.
Il giovane con i capelli neri si morse di nuovo la lingua e proseguì.
-M-ma forse è proprio per questo, no? Lui è una persona importantissima per te! Vuol dire che ci tieni!
-Se ci tenessi davvero, non sarei così spaventato.
Sembrava inconsolabile.
Tetora si trattenne dal dire per l'ennesima volta una cosa stupida, e questo permise a Kuro di crogiolarsi un poco nell'autocommiserazione.
Tetora raccolse tutti i pensieri intelligenti che riuscì a pensare; gli appoggiò una mano sulla spalla, perché lo sentisse davvero vicino. Kuro alzò lo sguardo a lui quando gli parlò in modo appena più sicuro, pieno di affetto nei suoi confronti.
-Boss, io capisco che tu sia triste per quello che non è successo, ma credimi! Hai ancora tempo! L'hai detto anche tu, no? State insieme da così tanto tempo, per lui non saperlo ancora per qualche giorno non cambierà certo nulla! Ti ama lo stesso!
L'uomo con i capelli rossi non avrebbe mai messo in dubbio i propri sentimenti o quelli del fidanzato, e sentirsi ripetere quelle esatte parole gli diede una sicurezza in più, che sempre aveva avuto ma che aveva momentaneamente dimenticato.
Un contrattempo non era una sconfitta totale, d'altronde.
-Voglio che sia una cosa speciale.
-E lo sarà! Sarà specialissima, vedrai! Devi solo trovare il momento giusto!
Kuro pensò solo qualche secondo, e la soluzione venne a lui in modo naturale.
Tornò a sorridere, in quel ghigno quasi animale che era la sua espressione felice.
-Fra un paio di giorni ci sarà la cena con gli altri ragazzi del vecchio gruppo degli Eccentrici. Potrei provare lì.
Shu e i suoi amici si incontravano sempre, quelle rare volte in cui erano tutti e cinque su suolo giapponese, e portavano sempre i loro compagni e fidanzati. Era una piccola tradizione nata da quando avevano lasciato la scuola e avevano intrapreso strade molto diverse gli uni dagli altri. Sarebbe stata la situazione perfetta, perché era qualcosa di intimo e condiviso con le persone tra le più importanti della vita di Shu.
Anche Tetora sembrava più che d'accordo.
Dopo qualche secondo, quando pensò anche che avrebbe rivisto Chiaki e altri suoi amici, si ricordò della presenza di un eccentrico in particolare, le cui abitudini circensi aveva potuto sperimentare e vedere molto da vicino durante gli anni della scuola. Inghiotté saliva, un poco a disagio.
-Anche se non so come potrebbe reagire Hibiki...
Tetora spalancò gli occhi dapprima alla consapevolezza e poi alla paura - così, disse l'ultima cosa stupida della serata, parlando troppo velocemente senza pensare affatto.
-Fai attenzione alle colombe, boss! Potrebbero infilarsi nei tuoi capelli!
 
 
Si sporse sul tavolo e allungò il lungo braccio in avanti, tenendo il boccale di birra mezzo pieno in bilico nel vuoto, sopra le loro teste. La luce della lampada giocava con i bordi di legno, riflettendo scie luccicanti su tutte le pareti verticali di quel piccolo privé.
E la voce di Wataru Hibiki, come sempre fu alta e raggiante.
-Direi di fare un brindisi a-!
Shu lo interruppe prima che potesse finire la frase, zigomi arrossati dall’alcool e cipiglio un poco irritato.
-Siamo già al quarto brindisi e la cena è iniziata da dieci minuti, Wataru.
-È che sono troppo felice, amico mio! Vedervi qui tutti assieme, accanto a me! È una delle gioie più grandi che il mio cuore possa provare!
-No, Wataru. Non sei felice, sei ubriaco. È ben diverso.
Natsume sorrise, guardando i suoi amici così allegri, mentre Kanata approfittava di quella piccola confusione per acchiappare anche l’ultimo pezzettino di pesce rimasto sulla griglia incastrata nel tavolo – lo immerse nella sua piccola ciotolina della salsa di soia e lo mangiò con molto gusto.
A capotavola, l’ospite principale della serata prese il proprio bicchiere e lo alzò, rivolgendo un occhiolino all’amico con i capelli lunghi.
-Allora, propongo io un brindisi.
Shu si lamentò con le guance gonfie, quasi come un bambino capriccioso.
-Ti ci metti anche tu adesso, Rei?
-È il mio primo! Non c’è nulla di male, no?
Il sorriso di lui annullò ogni lamentela ulteriore.
Alzando il boccale di birra come gli altri, Natsume sghignazzò e si concesse un piccolo appunto, tra i vari sospiri.
-E anche oggi si torna in taxi, sperando di non vomitare sui sedili.
In alto, i boccali e i calici si incontrarono: ci fu il rumore di tintinnio di vetro sottile, il profumo di alcool smosso.
-A noi Eccentrici!
Tutti bevvero, qualcuno allungò anche un’occhiata dall’altra parte del tavolo, dove si masticava molto di più e si chiacchierava a un volume umano di voce.
-Voi non brindate?
Cinque paia d’occhi si rivolsero a Rei Sakuma, e il primo a parlare fu Tomoya, che era più normale tra i normali ed era lì solo perché costretto – o almeno, così si ripeteva da anni, da quando il caso aveva voluto che si fosse messo assieme a quel pazzo esagitato di Wataru.
-Io non sono un eccentrico.
Si aggiunse una voce un poco più matura, un uomo ancora perfettamente biondo con una spruzzatina di barbetta su mento e guance. Certo, gli anni avevano fatto solo bene al fascino già prepotente di Kaoru Hakaze, così come al suo umorismo non troppo sottile, ribeccato subito dal partner.
-Io preferisco essere la parte sobria che dovrà portare la parte non sobria a casa.
-Kaoru, suvvia. Un po’ di allegria.
-Sono allegrissimo, Rei-san.
Però, d’altronde, anche da quella parte del tavolo c’era qualcuno che si agitava e si dimenava con facilità.
Imitando un po’ quello che aveva fatto l’amico, tranne che per la parte del ginocchio contro lo spigolo del tavolo, anche Chiaki Morisawa urlò e alzò il proprio calice mezzo vuoto, richiamando l’attenzione della loro cameriera privata.
-Possiamo brindare anche noi! Al fatto di non essere Eccentrici!
-Tu sei sicuro di essere dalla parte giusta del tavolo, Morisawa?
Kuro, accanto a lui, sogghignò, anche davanti a un’altra bottiglia di champagne comparsa da chissà dove e da chissà quando. Non gli dispiaceva bere in compagnia, anche se preferiva fare altro – e l’alcool era molto proteico, un potenziale nemico per chi era attentissimo alla linea come lui – ma certo non fermò l’amico da versargli il terzo, forse il quarto calice pieno.
-Suvvia, ecco qui!
Chiaki poi rise, svuotando il proprio calice dimenticandosi il vero e proprio brindisi. Persino Tsumugi sorrise, tanto impedito da non riuscire a trovare il momento adatto a entrare nella conversazione che sbandava da una parte all’altra; almeno, si stava divertendo a vedere tutti così allegri, ed era felice di vedere Natsume a proprio agio assieme ai suoi più stretti amici.
Fu proprio Natsume a proporre il successivo brindisi, in attesa che la nuova carne sulle loro piccole griglie si cuocesse per bene – Rei era stato attento a piazzare i pezzettini su tutta la superficie possibile, in modo da non sprecare spazio.
-O possiamo anche brindare al primo mese del tuo matrimonio, Morisawa-san!
-Anche! Per questo, brindisi doppio!
Kanata si unì subito al consorte, felice.
-Doppio!
Gli Eccentrici si chiusero attorno allo sposino, guardando senza più alcuna discrezione l’anello che aveva al dito. Fu davvero difficile capire se il sorriso di Kanata fosse dovuto alla sua naturale propensione, all’alcool, alla felicità di ricordare una cosa tanto bella o anche tutt’e tre assieme.
-Ho ancora in mente la cerimonia.
-È stata davvero bellissima! Piena di gioia e di amore! Una favola, quasi!
-Ed è stato bellissimo vederti così felice, Shinkai-nii.
-Quello è merito di Chiaki.
Dall’altra parte del tavolo, i due vecchi amici si ribeccavano con altrettanta vitalità e altrettanta allegria, trascinando da soli tutta la conversazione senza che nessun’altro dei presenti dovesse per forza intervenire.
-È veramente incredibile, mi sembra ieri che scherzavamo sui banchi di scuola insieme a Sena…
-Non essere nostalgico, Kaoru! Possiamo ancora scherzare con Sena!
-Non era questo che intendevo…
Al suo posto, Kuro sghignazzò.
Guardò la mano di Chiaki, e fissò lo sguardo proprio sul suo anello brillante. Era semplice, poco spesso e discreto, eppure aveva significato così tanto. Si ricordava ancora tutti i discorsi di Chiaki riguardo il matrimonio, visto come un’avventura da fare in due, la sfida più grande e impegnativa che un eroe degno di quel nome avrebbe mai affrontato in vita sua. Anche la dichiarazione era stata nel suo stile, spettacolare a dir poco – e Kanata Shinkai aveva riso così tanto, felice come non lo aveva mai visto in vita sua.
L’uomo con i capelli rossi adocchiò solo per qualche istante il fidanzato, ancora intento a fare i complimenti al proprio amico, e si immaginò tutta quella felicità addosso al suo viso. Pensò di volerla assolutamente per sé, in qualsiasi modo, e che la voleva causare con le proprie mani.
Chiaki urlò nelle sue orecchie, poi, rubandolo a tutti quei pensieri assurdi.
-Un altro brindisi! Alla cosa più bella di questo mondo, ovvero Kanata Shinkai!
-Chiaki, io non sono una cosa.
Kuro alzò il proprio boccale, in onore dell’amico.
-Un brindisi.
E anche Shu lo fece, con un bel sorriso molto alticcio.
-Un brindisi! 
Si lanciarono un’occhiata d’intesa, che volle dire forse troppo.
Dopodiché, si unirono anche tutti gli altri, per quell’ennesimo brindisi rumoroso.
 
 
 
Shu sbatté la bobina di tessuto sul tavolo da lavoro, facendo sobbalzare alcuni dei suoi aiutanti e facendo loro sgranare gli occhi. Alzò le mani al cielo, guardando un punto imprecisato nel vuoto – con un’espressione più che addolorata, quasi tragica.
-Tutto il mondo è perduto! La catastrofe imminente si abbatterà su tutti noi e la disgrazia segnerà la fine indegna delle nostre vite!
Quindi si voltò e si allontanò dalla scena, lasciando quasi tutti interdetti. Non era raro che Itsuki Shu facesse cose del genere, e negli ultimi mesi quegli episodi erano diventati stranamente molto più frequenti. Non era ancora capitato per futili motivi come il colore sbagliato di un tessuto: di norma, strillava per quaranta minuti e si acquietava solo quando aveva il tessuto del giusto colore.
Qualcuno sospirò, comprendendo bene la situazione.
Mika guardò gli altri assistenti uno a uno, scusandosi con loro con un cenno del capo e congedandoli con un gesto della mano. Si avviò verso dove si era rifugiato il leader dei Valkyrie, tra i vari scaffali e armadi, nell’angolo più buio appena contro l’armadietto dei bottoni; lo trovò quasi riverso a terra a fissare un punto del muro. Sospirò ancora, avvicinandosi.
-Itsuki-san…
Ottenne la sua attenzione: Shu lo guardava con la coda dell’occhio.
Tentò di non sospirare, e trasformò la propria smorfia in un sorriso accondiscendente.
-Se questo colore non ti piace, ne ho portati degli altri.
Si alzò quasi di scatto, seguendolo di nuovo al tavolo da lavoro.
-Fammeli vedere subito, Kagehira.
Mika gli portò altre due bobine, di due rossi appena appena diversi. Sapeva quanto puntiglioso fosse Shu e voleva a propria volta che lo spettacolo della loro Unit fosse perfetto in ogni aspetto.
Il Leader sembrò piuttosto contento di quello che vide. Accarezzò l’orlo del tessuto per saggiarne la consistenza e provò a vedere l’accostamento con l’oro brillante che aveva intenzione di applicare ad alcuni dettagli degli spallini e delle maniche.
Appena si fu un poco rilassato, Mika partì all’attacco.
-Itsuki-san. Cosa c’è che non va?
-Assolutamente niente, Kagehira. Va tutto alla perfezione.
Era naturale che Shu, sulle prime, si rifiutasse di cedere.
Mika dovette essere molto più esplicito.
-Non sei riuscito a chiederglielo, vero?
Un attimo di pausa, tesissimo.
L’umore di Shu quindi cambiò di nuovo: il tono della sua voce aumentò, le sue mani si mossero di scatto, la sua espressione divenne una maschera d’agonia.
-Questo mondo disgraziato, questo mondo! Sulla fine del collasso! Io-
-Non c’è bisogno di agitarsi tanto, sul serio. E per favore non prendertela con il tessuto!
Mika gli strappò il telo dalle mani irrigidite, prima che facesse a brandelli anche quello.
Poi, intercettando il suo sguardo carico di astio, allontanò anche la scatoletta delle perline, cercando di metterle in salvo.
-Neanche con le perline!
-Non volevo fare niente!
-Le hai guardate come se volessi ucciderle!
-N-non si può uccidere un oggetto, Kagehira.
Pausa, ancora.
Mika si rese conto di aver inavvertitamente spinto Shu a chiudersi un poco di più, e tentò un nuovo approccio. Non sarebbero andati da nessuna parte se lasciava fare a lui, perché in quel momento l’uomo con i capelli rosa era ancora nella fase della fuga. Appoggiò il contenitore delle perline sul tavolo, e lo chiamò.
-Itsuki-san…
-Sei pregato di non dire più il mio nome in quel modo, o te lo vieterò per i prossimi due mesi.
Un sospiro appena.
-Capita di essere agitati, quando facciamo questo genere di cose, e-
-Io non sono certo te.
-Non dirlo come se ti facessi schifo!
-Non volevo dire questo! È solo che io di norma non mi agito per queste cose!
-Non dire cazzate, Itsuki-san! Tu ti agiti eccome! E fai casino!
Si irrigidirono entrambi.
Shu guardò altrove, pronto a prendere il proprio cappotto e andarsene da quel luogo dove non veniva altro che insultato. Non lo fece solo perché Mika era troppo vicino – Mika, il suo migliore amico e confidente, la persona che aveva raccolto i cocci della sua anima e li aveva rimessi al loro posto, Mika che era sempre lì per lui, in ogni situazione.
Lo guardò in viso, quando riprese a parlare.
-Ma poi ti calmi e affronti la situazione, lo hai sempre fatto. Non sei mai davvero fuggito di fronte alle cose davvero importanti. Fai un sacco di scene ma poi- Poi arrivi davvero.
Stava sorridendo, questo lo calmò molto. Lui e Mika avevano litigato tantissime volte, più o meno quante ne aveva fatte con Kuro; nessuna relazione di Shu sfuggiva al suo aspetto collerico e litigioso, e dal suo punto di vista era per lui un modo di intensificare una relazione. Per quello aveva fiducia che Mika non gli stesse mentendo e credeva davvero a ciò che diceva.
Tentò di parlare.
-Ci sono state un sacco di situazioni perfette, eppure…
Si morse le labbra, poi finalmente si aprì a quell’unica confidenza che tratteneva da giorni.
-Ho pensato che forse Kuro non volesse una relazione duratura con me.
-Ancora con questi pensieri? Non credo che Kiryuu-san starebbe ancora con te se non ti volesse, sai? Dopo l’appartamento assieme, dopo tutti questi anni… davvero ti frenano queste cose? Non lo trovi un po’ stupido?
Mika lo zittì prima che potesse dire ciò che già aveva sulla punta della lingua.
-Se ora mi rispondi male giuro che ti lascio qui da solo a piangere.
Shu borbottò, ritrattando. Non aveva davvero più segreti per lui.
-Sei cresciuto molto, Kagehira…
Mika alzò le sopracciglia, perché non si sarebbe ammorbidito per quel genere di complimento molto casuale.
Avevano esultato assieme quando Shu aveva preso uno degli anelli più costosi della gioielleria più alla moda di Parigi, dopo aver risparmiato per quasi un anno intero. Era innamorato come non lo era mai stato nella sua giovane vita, e tutto il peso di quei sentimenti si faceva ovviamente sentire: poteva essere brutale e schietto quanto voleva, ma le sue erano paure che tutti i comuni mortali provavano. E Mika aveva ragione, dopo tanta strada fatta, tergiversare proprio in quel momento era quantomeno sciocco.
Sospirò e cercò di concentrarsi sul progetto davanti a lui.
Si perse un attimo tra i disegni degli outfit e il programma della serata che stavano preparando, per poi ritrovarsi meglio.
-Finire questo progetto forse mi aiuterà a trovare l’idea giusta.
A quel punto, Mika sorrise di nuovo assieme a lui.
 
 
Le luci si accesero dietro il palco, mentre una cascata di coriandoli d’oro scendeva dal soffitto dando l’impressione che l’aria si stesse incendiando in tante piccole fiammelle. Sullo sfondo, immagini di ingranaggi e di rose accompagnarono l’ultimissima strofa della canzone e quindi la chiusa finale a effetto, nell’inciso tra violini e percussioni.
Il pubblico esplose in applausi che sembravano infiniti, eccitato e felicissimo. Iniziarono a lanciare dei pupazzetti di ogni dimensione, fiori rosa e rossi che ricordavano le tonalità del loro logo, quello dei Valkyrie.
Shu lanciò un'occhiata veloce a Mika, che rispose con un sorriso largo quanto tutto il suo viso. L'adrenalina aveva annullato fino a quel momento la sensazione della fatica, e solo in quel momento, dopo quasi tre ore di spettacolo, i loro corpi stavano cominciando a essere lenti e pesanti.
Un inserviente portò loro velocemente il microfono, perché salutassero per l'ultima volta i loro fan dal palco. Avevano fatto già tre canzoni in Encore, incitati dall'entusiasmo di tutte quelle persone - lo stadio pieno li acclamava ancora, ma impegni li spingevano necessariamente altrove.
Mika ringraziò tutti, con le lacrime agli occhi e un sacco di inchini. Shu fece lo stesso, dall'alto della sua autorità di leader, dopodiché un trampolino li portò via, fino alle quinte, dove un gruppo folto di assistenti li accolse per dar loro da bere e qualcosa con cui asciugarsi il sudore sui volti.
I due riuscirono a scambiarsi solo qualche parola sulla via dei camerini privati, ancora ebbri di felicità.
-Sei stato fantastico, Itsuki-san!
-Siamo stati fantastici, Kagehira. Tu e io assieme.
Un assistente si avvicinò con due mazzi di fiori coloratissimi, gradi quanto un intero abbraccio. Uno per Shu e uno per Mika, che non resistette a esprimere la propria incredibile gioia.
-Oh, che meraviglia…
Nell'annusarli, i suoi zigomi divennero addirittura più rossi di quanto già non fossero,
Entrambi salutarono i tecnici ancora a lavoro, grati per l'ottimo lavoro svolto. Era anche merito di tutti loro se erano riusciti a brillare tanto di nuovo, su quel palco.
I due si separarono poi, sul corridoio verso i propri rispettivi camerini. Appena prima che Shu entrasse nel proprio, un’altra assistente tentò di fermarlo e avvertirlo, anche se ormai era già troppo tardi.
-Signor Itsuki, ha un ospite in attesa: Kuro Kiryuu.
-Digli di aspettare cinque minuti prima di venire in camerino, vorrei rinfrescarmi prima-
Lo vide aprendo la porta, sopra la piccola scrivania dove di solito si truccava. Sembrava starlo aspettando da un bel po'.
L'uomo con i capelli rosa chiuse la porta velocemente dietro di sé e poi gli sorrise, avvicinandosi a lui passo dopo passo.
-Non avevo capito che tu fossi già qui.
-La tua assistente non ha avuto molta scelta, devo dire.
-Sei stato scortese con lei?
-Certo che no, non potrei mai essere scortese con qualcuno che sta lavorando duramente.
Si incontrarono contro il corpo massiccio di lui, con gli occhi che si cercavano sempre.
Shu appoggiò il proprio bouquet sulla scrivania, con un gesto fluido; anticipò quasi le sue parole, perché aveva capito dallo sguardo di lui che doveva accadere qualcosa di importante, qualcosa per cui addirittura Kuro Kiryuu sembrava nutrire grandi aspettative.
-Senti, Shu…
Alle sue parole, trattenne il fiato, si tese completamente.
Poi Kuro gli sorrise, guardandolo come se fosse la cosa più bella di quel mondo.
-Sei stato davvero meraviglioso, sul palco. Da mozzare il fiato.
Anche Shu sorrise, rispondendo alla sua gentilezza con la solita spavalderia e un briciolo di vivacità.
-È bello quando il tuo uomo è anche il tuo più grande fan. Riesci quasi a scusarlo delle sue maniere un po’ brutali.
Si toccarono appena, sfiorandosi con gambe e dita.
Il respiro pesante di Shu sembrava quasi una barriera tra di loro, quando in realtà entrambi fremevano soltanto per mettersi le mani addosso e levarsi tutti quei vestiti di troppo: in quel preciso istante, l'adrenalina faceva anche quello, nel corpo sovraeccitato di Shu.
L'uomo si sporse ancora verso l'altro, tentando un approccio. Quella era davvero la situazione perfetta, e sprecarla sarebbe stato ancora più stupido.
-Kuro...
Aveva tutta la sua attenzione. Per Kuro, non c'era davvero nient'altro al mondo, in quel momento.
Era troppo bello, troppo perfetto ai suoi occhi - aveva una tale meraviglia in viso che rendeva quell'attimo quasi eterno, puro nella propria intima essenza. Shu osò toccarlo e spezzare l'incantesimo; prese il suo collo e poi la sua nuca con la mano fasciata dal guanto, appoggiò la fronte al suo petto per parlargli. Il cuore gli batteva all'impazzata nelle viscere.
-Sono tanto contento di averti nella mia vita. Davvero, immensamente contento.
-La stanchezza ti rende sentimentale, ora?
Shu si tese e Kuro lo sentì.
L'uomo con i capelli rossi cercò di farsi perdonare con una carezza, gli alzò il mento per un bacio leggero.
-Scusami, sei così bello…
-Puzzo e probabilmente mi è colato il trucco da diverse parti del viso. Non sono esattamente uno splendore.
Altro bacio: il suo cipiglio si trasformò in un altro sorriso, l'ennesimo.
-Ma presumo che a te non importi molto…
Stava per dirlo davvero, scivolare tra le sue gambe e davanti a lui, pur grondante di sudore e con il viso non perfettamente truccato. Per Kuro, per la persona che voleva per sempre al proprio fianco, avrebbe sopportato anche quello.
Se solo Kuro non lo avesse stretto e trattenuto a sé quei due attimi di troppo, permettendo all'assistente quindi di bussare alla porta del camerino e interromperli.
-Itsuki-san?
Shu fu molto più brusco di quanto avrebbe mai desiderato con lei, al limite della rabbia vera.
-Cosa c’è?
-L’incontro con i fan comincerà fra poco, e ci sono qui alcuni giornalisti che vorrebbero parlare con lei-!
-Digli di aspettare cinque minuti.
-Kagehira-san è già uscito dal camerino-
Se Mika era già uscito, voleva dire soltanto una cosa: che lui doveva raggiungerlo prima di subito, perché la Unit fosse al completo davanti alle telecamere e ai fan.
La delusione e la tensione accorsero per tutto il suo corpo, rendendolo di pietra. Kuro lo baciò sul viso, nel tentativo di calmarlo un poco.
-Ti aspetterò a casa, Shu.
Era così dolce.
Gli sistemò anche il cappello sulla testa, guardandolo felicissimo.
-Ora sei perfetto.
-Io sono sempre perfetto, Kuro.
Shu cercò di ingoiare ogni cattivo sentimento dentro di sé, per non lasciar trasparire troppo. Gli prese però la mano e la sollevò al proprio viso, per baciarlo sul palmo.
-Non tarderò, te lo prometto.
Uscì poco dopo, lanciandogli un ultimo sguardo contento - purtroppo però, gli impegni lo tennero lontano da casa tutta la notte, facendolo tornare quando ormai Kuro era andato a letto e rovinando per sempre quella magnifica opportunità per la dichiarazione perfetta.
 
 
A quel punto, solo un aiuto esterno avrebbe potuto salvare la coppia dal disastro rovinoso.
Poiché era più o meno legato a entrambi – e poiché aveva a casa ventiquattrore su ventiquattro una persona che scaricava la propria ansia per la questione, per la quale stava già rischiando un collasso nervoso – Nito Nazuna decise che era il momento di intervenire e usare le maniere forti. Non gli interessava se fosse giusto oppure lecito, abbastanza riguardoso nei loro confronti: se avesse sentito Mika preoccuparsi ancora mezza volta per l’incapacità del suo Itsuki-san, avrebbe ucciso qualcuno.
Per quel motivo aveva organizzato una piccola festicciola, per i due anni di fidanzamento con la persona più meravigliosa di quel mondo, con tanto di torta con le fragole, dolcetti di ogni tipo e un bel Karaoke per tutti gli invitati. Tra cui, appunto, c’era quella coppia disgraziata.
Shu guardò molto male il televisore appeso alla parete, che indicava un numero decisamente minore di quanto si era aspettato di ottenere – aveva cantato una delle canzoni dei Rabbits, pensando di poter ottenere il massimo, e invece aveva fallito anche in quella prova.
-Ma com’è possibile che-
Mika fu la persona che si permise di ridere ad alta voce tra tutti i presenti, per quanto anche Mitsuru Tenma e Ritsu Sakuma non furono tanto discreti nel palesare ilarità alla situazione.
-Ah, Itsuki-san! Hai fatto un punteggio pessimo!
-Sicuramente è colpa del microfono! Non è possibile che io abbia fatto davvero un punteggio così basso.
Prima che l’ospite lanciasse il suddetto microfono da qualche parte per colpa della rabbia, Nito si alzò dal divano e lo raggiunse, cercando di calmarlo con un sorriso.
-Dammi qui, vado a cambiare la batteria. Magari è solo quello.
-Dovresti controllare prima, queste cose!
L’uomo con i capelli rosa sbuffò, mortalmente offeso. Intanto, Wataru gli passò il proprio microfono e la musica riprese a suonare negli stereo giganti, così da cominciare una nuova partita.
Nito si allontanò con un sospiro, per poi passare davanti alla vetrata della terrazza – lì, vide Kuro, tutto solo affacciato a guardare la piscina del giardino, illuminata da piccole lucette bianche.
Mise il microfono guasto nella tasca dei pantaloni eleganti e si avvicinò lento all’amico.
-Tutto bene?
L’altro scattò, tanto da versare per terra un poco dello champagne del proprio calice.
-Mi sto divertendo!
-Sai, è un po’ poco educato mentire così spudoratamente al padrone di casa.
La sua espressione cambiò, diventando un poco più scura.
-Ah, Nito. Scusami. La tua è una festa molto bella e io sono tanto felice per voi.
-Ma?
Alzò le spalle, quando lo guardò in modo interrogativo.
Quella sera era più lento del solito: era chiaro che qualcosa di molto pesante gli attanagliasse il cuore e lo rendesse distante. Nito sapeva benissimo di che si trattasse, ma era necessario che Kuro lo dicesse a parole sue, se voleva arrivare a un qualche tipo di soluzione. Quindi, lo stuzzicò.
-Sembra che tu debba dire qualcosa.
-Non esattamente.
-Suvvia, Kuro! Siamo amici ormai da tanti anni!
Ma l’uomo con i capelli rossi non rispose subito e Nito dovette insistere – lasciò la sua vena goliardica e giocosa, facendosi più confidente.
-È davvero così grave?
-Sono soltanto un codardo, tutto qui.
-Tu, dire una cosa del genere… mi fai preoccupare.
Gli diede le spalle, forse sul punto di chiudersi ancora in sé.
Nito seppe di essere arrivato a un punto pericoloso del discorso, perché Kuro era certo pronto a confessarsi, ma tutte le difficoltà degli ultimi giorni dovevano averlo scoraggiato molto. Per questo, gli lasciò tutto il tempo per pensare alle parole precise che voleva dire, e non si allontanò affatto.
Alla fine, lo spirito di Kuro recepì la sua premura, e fece un piccolo tentativo.
-Sono arrivato a invidiare persone più coraggiose di me.
-Beh, è un po’ normale, non penso tu ne debba fare una tragedia-
-Mi sento così piccolo quando si parla di certe questioni.
-Lo stai dicendo davvero a me?
Sospirò, neanche quell’approccio vivace lo aveva smosso.
-Sai com’è fatto Shu.
-Cosa c’entra Shu con tutto questo? È forse per lui che stai male?
-Io-
-Tu?
Strinse il bicchiere – Nito vide una piccola, piccolissima crepa allungarsi sulla superficie del calice, e represse la voglia di strapparglielo di mano solo per il bene superiore: dovevano arrivare fino in fondo a quella conversazione.
La sua, di mano, nel frattempo finì molto poco casualmente nella tasca dei pantaloni eleganti. Solo un istante, perché quando Kuro parlò di nuovo, lui si avvicinò di un passo e gli appoggiò la mano destra sul fianco, inabile ad arrivare fino alla spalla.
-Penso che tu lo capisca, no? Quel sentimento…
-Se non mi dici quale sentimento, Kuro, io non-
-Quello che provi quando vorresti che una persona rimanga per sempre al tuo fianco, per tutta la vita.
Ecco, quello era il momento.
Nel silenzio generale di tutta la casa, Kuro finalmente aprì il proprio cuore.
Fu un fiume in piena: mai prima di quel momento nella bocca di quell’uomo spigoloso e ruvido c’erano state così tante parole, piene di passione e amore. Era arrivato a un punto di pura esasperazione e ogni ritrosia si era sciolta, annichilita, annullata, lasciando finalmente libero di esprimere tutto ciò che aveva trattenuto a lungo.
Era bellissimo ascoltarlo.
-Quello che provi quando è troppo, è davvero troppo. Quando lo vorresti tutto per te, e sei felice della sua felicità, sei felice di ogni più piccola cosa, e vorresti che tutto questo fosse eterno. Quando è lui, a rendere eterno ogni cosa. E il tuo cuore scoppia ogni volta che vi sfiorate, ogni volta che vi parlate, ogni volta che lui sorride.
Piccola pausa, lui chiuse gli occhi e lasciò che il vento gli spettinasse la capigliatura perfetta, creata da Shu stesso per lui.
Ormai, tutti gli spettatori trattenevano il fiato.
-Come fai a superare la paura di distruggere tutto?
Il rumore di un passo lo fece sobbalzare ancora.
Sulla terrazza di legno, appena davanti alla vetrata, era arrivato il diretto interessato di quella dichiarazione.
-Sei davvero un idiota, Kuro Kiryuu.
-Sh-Shu?
Sorpreso, Kuro guardò Nito alla ricerca di una risposta: com’era stato possibile che Shu avesse sentito tutto quello.
Nito gli fece una smorfia e si allontanò in fretta, per lasciar loro un po’ di intimità, ma quando gli fu vicino, Shu allungò una mano e si piazzò davanti a lui. Kuro capì tutto quando Nito gli diede il microfono non così rotto che teneva nella tasca e l’altro lo spense davvero, per poi restituirglielo.
Tutti, davvero tutti avevano sentito.
-Grazie.
-Di niente, Itsuki.
Così, furono solo loro due, e almeno una dozzina di spettatori che li fissavano dal salotto.
 
 
-Ah, io-
-Non dire niente, hai detto già fin troppo.
Shu si avvicinò a lui di diversi passi, finché non gli fu abbastanza vicino da poterlo guardare davvero negli occhi.
Era rosso in volto, duro nello sguardo.
Kuro interpretò quei segni nel peggior dei modi possibili – e per fortuna Shu fu abbastanza pronto da rispondergli come doveva.
-Mi dispiace, non volevo metterti in imbarazzo di fronte a tutti.
-Solo un idiota penserebbe che io possa imbarazzarmi a sentire una dichiarazione d’amore del genere.
-Smettila di chiamarmi idiota.
-Ma lo sei. E lo sono anche io.
Sorrise, molto piano.
Sorrise, e Kuro finalmente capì. Il panico lo prese davvero quando lo vide abbassarsi un poco sulle ginocchia e infilare la mano in posti nascosti. Strillò, bloccandolo all’istante.
-Non osare!
-Prego?
-No, fermo lì.
-Cosa-?
Scappò senza dare spiegazioni, e nella corsa quasi investì qualcuno – uno dei Rabbits, così piccolini che potevi calpestarli senza neanche accorgertene. Mise su un tavolo qualsiasi il proprio calice mezzo vuoto e andò a recuperare di corsa la propria giacca, perché ormai si portava appresso quel dannato anello ovunque andasse. E il fatto di non essere solo a farlo lo rendeva così felice.
Shu era rimasto impietrito, immobilizzato nell’atto che non aveva finito di compiere. Arrossì molto di più quando lo vide tornare, e quando vide cosa avesse tra le dita.
-Kuro…
Lui sorrise, così raggiante come non lo aveva mai visto.
-Bene, ora lo puoi fare. Al mio tre.
-Se cominci a fare così, ritiro tutto.
-Non hai ancora detto niente!
-Ritiro tutto quello che non ho ancora detto.
Li aprirono assieme, ridendo molto e facendo scivolare via tutta la paura, tutta l’ansia, tutto il cattivo umore accumulati in quegli ultimi mesi.
L’anello di Shu brillava di alcuni diamanti, tre come gli anni di fidanzamento tra di loro.
L’anello di Kuro era ben meno ricercato, ma quando Shu lo vide si mise a piangere lo stesso, fin troppo felice.
Kuro si mosse verso di lui quando l’altro si appallottolò al suolo, in un concentrato elegante e tremante di singhiozzi e felicità. Tutto ciò che più voleva dalla vita lo avrebbe avuto, proprio in quel momento.
Toccato con le mani e con lo spirito, non poteva davvero essere più contento di così.
-Shu, mi vuoi sposare?
L’uomo con i capelli rosa singhiozzò, aggrappandosi poi alle sue spalle.
Solo quando si baciarono, finalmente, il pubblico si permise un lungo applauso e tanti fischi allegri.
-Sei proprio stupido, signor Kuro Itsuki.
-Shu Kiryuu suona meglio!
-Non dirlo neanche per scherzo!
 
 
 
 
These lines of lightning
Mean we're never alone,
Never alone, no, no

 
Come on, come on
Move a little closer
Come on, come on
I want to hear you whisper
Come on, come on
Settle down inside my love
 
 
 
   
 
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