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Autore: NPC_Stories    02/04/2021    4 recensioni
Tek'ryn scopre una curiosa tradizione della Superficie: colorare uova in occasione dell'equinozio di primavera.
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Questa storia partecipa alla Challenge di Pasqua indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Questa storia partecipa alla Challenge di Pasqua indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp
Prompt utilizzato: 30) Dipingere le uova


1325 DR: Fey Day


Fine inverno, in una locanda vicino a Secomber

Il piccolo elfo scuro aprì gli occhi di colpo, risvegliandosi dalla reverie in modo brusco e improvviso. La trance meditativa che gli elfi praticavano al posto del sonno ormai gli riusciva naturale, aveva quasi sostituito il suo bisogno di dormire come dormono gli umani - e alcuni drow. Quando viveva nella città sotterranea di Eryndlyn, con la sua famiglia naturale, preferiva di gran lunga il sonno: la reverie spingeva la mente a ripercorrere gli eventi felici della propria vita, e il piccolo Tek’ryn all’epoca non ne aveva nessuno. I sogni indotti dal sonno potevano essere confusi e inafferrabili, ma almeno non erano sempre incubi.
Da quando era stato adottato da una nuova madre e portato in Superficie, invece, aveva iniziato a costruirsi dei nuovi ricordi. Momenti sereni, anche se non ancora felici. Fare la reverie ormai non gli pesava più. Anche perché la meditazione elfica aveva un altro grande vantaggio: un elfo poteva svegliarsi completamente rilassato nella metà del tempo che ci avrebbe messo dormendo. Al ragazzino piaceva alzarsi prima che cantasse il gallo; gli permetteva di abituare gradualmente i suoi occhi alla luce, passando dalla notte - già troppo luminosa, per i suoi occhi di elfo scuro - al chiarore dell’alba e poi del giorno.
Infine, c’era un altro motivo per cui amava alzarsi così presto: la locanda era molto più silenziosa. Di giorno, quel posto era un assalto sia per i suoi occhi che per le sue orecchie. Nei benedetti momenti prima dell’alba, quando perfino sua sorella Amber dormiva ancora (era una bambina, non amava fare la reverie), Tek’ryn aveva scoperto che al mondo c’erano solo tre persone: lui, la sua madre adottiva, e sua sorella Tinefein, che però si alzava e andava a lavorare in un edificio esterno senza rivolgere la parola a nessuno. Lui non aveva ancora ben capito cosa facesse Tinefein, qualcosa che c’entrava con erbe e pozioni, ma quella strana sorella silenziosa non aveva mai cercato il contatto con lui quindi lui semplicemente ricambiava, guardandola passare fra le stanze o fra i giardini come uno spettro lontano.
La sua madre adottiva era tutta un’altra faccenda, e Tek’ryn si concesse un sorriso di speranza mentre scivolava con cura fuori dalle coperte. Non voleva svegliare Amber, con cui condivideva il letto, ma allo stesso tempo aveva fretta di vestirsi e di correre in cucina. Sapeva che Krystel sarebbe stata lì, era sempre lì la mattina presto.

Quella loro piccola tradizione era cominciata per caso: un giorno Tek’ryn si era svegliato molto presto a causa di un incubo e, incapace di riaddormentarsi, aveva preso a vagare per la casa padronale. Non sapeva bene cosa fare, avrebbe voluto rendersi utile, magari fare le pulizie di casa, ma Krystel non gli aveva mai spiegato dove trovare i giusti strumenti e inoltre aveva paura di fare rumore e svegliare qualcuno. Così aveva sceso le scale che dalle camere da letto portavano all’ingresso, e lì aveva trovato Krystel.
Lei non aveva fatto una piega vedendolo sveglio così presto, gli aveva solo chiesto se gli andava di rendersi utile. Lui, che era abituato solo a lavorare e obbedire, si era prontamente accodato a lei.
La strega lo aveva condotto nel magazzino e poi nelle cucine, e lì finalmente Tek’ryn aveva trovato una sua dimensione. Per un bambino cresciuto fra gli abusi e le crudeltà della società drow, ritrovarsi di punto in bianco in casa di una madre che lo viziava e gli permetteva di oziare sarebbe stato terrificante. Nella società drow non esisteva la gentilezza, era solo la maschera dietro cui poteva nascondersi un inganno, una trappola mortale. Una madre amorevole sarebbe stata inconcepibile. Invece, una madre autoritaria ma benevola era qualcosa di vagamente accettabile.
Tek’ryn trovava sollievo nell’obbedire agli ordini, nello spostare sacchi di farina e nel lavare i piatti, perché almeno aveva la sensazione di star facendo del suo meglio per evitare punizioni. Krystel non lo avrebbe mai picchiato comunque, ma lui non riusciva a crederlo; era più facile, era tranquillizzante, credere che lei non l’avesse mai punito solo perché lui stava lavorando bene.
Così, ogni mattina si svegliava prima dell’alba e aiutava Krystel a fare il pane, oppure a pulire il refettorio, o a fare l'inventario delle poche scorte che restavano dall'autunno precedente, o a svolgere mille altri piccoli lavori che un bambino di nove anni e mezzo avrebbe saputo gestire.
All’inizio, nei primi giorni, avevano lavorato in silenzio. Krystel non osava prendersi troppe confidenze con quel ragazzino così segnato dai suoi traumi, lui non era abituato al fatto che una madre - una Matrona - potesse rivolgere la parola a un figlio come se davvero le importasse di lui. Però nel corso delle settimane le cose erano leggermente cambiate. Ogni giorno, quando Amber si svegliava e si presentava nel refettorio esigendo la colazione, o quando inventava scuse per non fare le pulizie, Tek’ryn vedeva il modo in cui Krystel si relazionava alla figlia più giovane. Per la cultura degli umani che vivevano in quelle zone, sua sorella era una normale bambina di otto anni; un po’ indisciplinata ma non insofferente, né spocchiosa o viziata. Ai suoi occhi di drow, invece, Amber era viziata oltre l’impossibile. Perché Krystel accettava i suoi atti di insubordinazione? Crescere le figlie femmine come se fossero più importanti dei maschi era qualcosa che poteva capire benissimo; crescerle senza disciplina, no.

Tek’ryn dovette convivere con quel dubbio per molto tempo. Ci pensava soprattutto di notte, mentre Amber dormiva tranquilla accanto a lui. Una notte rimase a pensarci così a lungo che si addormentò molto più tardi del solito, vinto dalla stanchezza. Sonno vero, profondo, non semplice meditazione. Si svegliò a metà mattina. Perfino Amber si era già alzata e non era più nella stanza.
Scoprire di avere saltato tutti i suoi compiti della mattina fu come una doccia fredda. Krystel doveva essere arrabbiata. Tek’ryn si alzò in fretta e furia e si vestì alla cieca, attraversò di corsa il cortile che portava alla cucina e spalancò la porta. Krystel, Amber e sua sorella Hilda, quella mezza umana, erano radunate lì e lo accolsero con identici sguardi perplessi.
“Buongiorno, Tek” lo salutò la sua madre adottiva, sfoderando un sorriso. “Ti ho tenuto da parte qualcosa dalla colazione. Hai appetito?”
“Ho…?” Il giovanissimo drow la guardò come se il mondo fosse sul punto di rovesciarsi.
Seguì un lungo silenzio teso. Quando Krystel capì che non avrebbe avuto risposta, provò un approccio diverso.
“Di solito ti svegli così presto, ho pensato che stamattina stessi poco bene. Come ti senti? Hai fame?” Altro silenzio. “Lo vuoi prendere almeno un infuso? Potrebbe farti bene.”
“Ho dormito” Tek’ryn riuscì a inanellare una parola dopo l’altra, con grande sforzo. “Uhm. Troppo. Ho dormito troppo. Mi dispiace.”
A quel punto, accadde una cosa incredibile.
Krystel si strinse nelle spalle.
“Si vede che ne avevi bisogno.”
La strega scostò una sedia dal grande tavolo della cucina, per invitare il figlio a sedersi. Fu in quel momento che Tek’ryn cominciò a capire. Krystel non era indulgente solo con Amber. Lo sarebbe stata anche con lui. Lo sarebbe stata con chiunque.
L’elfo scuro ci rimase di sasso. Come faceva allora a farsi obbedire dalle sue figlie? Come poteva essere il loro punto di riferimento, la loro capofamiglia? Perché Hilda e Amber e anche Tinefein contribuivano a mandare avanti la locanda, se non c’era nessuna minaccia di punizione?
“Mamma ha fatto il pane con i semi” annunciò Amber, tutta contenta. “Vieni, devi proprio prenderne un pezzo! E ci sono anche le uova sbattute, mmm-mh!” Continuò, in visibilio, facendo uno strano gesto con il dito sulla guancia. Tek’ryn non capiva il codice gestuale della Superficie, ma pensò che fosse un segno di soddisfazione. “Le volevo finire tutte, ma mamma ha detto di lasciarne un po’ per te.”
Lentamente, Tek’ryn si avvicinò al tavolo e prese posto sulla sua sedia. Krystel gli mise davanti una ciotola con uova sbattute e un pezzo di pane ancora tiepido. Cominciò a mangiare, scoprendo con sorpresa che quella crema gialla che Krystel gli aveva presentato era innaturalmente dolce. Non era male, ma era un sapore a cui non era abituato. Sembrava tutto uno strano sogno.
Il ragazzino finì diligentemente la sua colazione, mentre Krystel cucinava altro pane e Amber e Hilda lavoravano in silenzio su alcune uova sode.
“Che cosa state facendo?” Chiese lui dopo un po’, rompendo il silenzio. Ormai era abbastanza sicuro che se avessero voluto punirlo, l’avrebbero già fatto.
“Domani è il Fey Day, che è come chiamano l’Equinozio di Primavera a Waterdeep”[1] spiegò Hilda, afferrando un altro uovo. “Sai che cos’è la primavera?”
Tek’ryn esitò, poi scosse la testa.
“Forse ti sarai accorto che da quando sei arrivato il clima ha iniziato a farsi più mite” spiegò con pazienza la sorella maggiore. “Questo accade perché tu sei stato portato qui in inverno, la stagione più fredda. L’anno è diviso in quattro stagioni; all’inverno segue la primavera, le giornate diventano più lunghe e più calde, spuntano i fiori, ricominciano a crescere il grano e le verdure nei campi, gli animali fanno i cuccioli… la primavera è il ritorno della vita. Se fosse sempre inverno, sarebbe molto difficile per noi sopravvivere.”
“E le galline ricominciano a fare le uova!” Aggiunse Amber, sollevando tutta felice un uovo che aveva appena finito di dipingere con alcune polveri colorate. "Le uova dei primi giorni si possono mangiare, perché ne fanno tante ma sono ancora piccole e non nascono pulcini. Poi però dovremo smettere di mangiarle perché dovremo far nascere i pulcini nuovi di quest'anno."
Tek'ryn non aveva idea di che cosa fossero i pulcini, ma decise di non chiedere. Le spiegazioni di Amber non erano mai facili da decodificare.
“E che cos’è l’equizio di primavera?” Chiese invece.
Equinozio.” Lo corresse Hilda. “Si tratta del giorno in cui ufficialmente inizia la primavera, il diciannovesimo giorno del mese di Ches. Domani, le ore di luce e le ore di buio saranno esattamente equivalenti, dopodiché i giorni diventeranno più lunghi delle notti fino a raggiungere il giorno più lungo al Solstizio d’Estate. Accadrà fra tre mesi. Poi i giorni torneranno ad accorciarsi, e col tempo farà sempre meno caldo. Dopo altri tre mesi avremo l’Equinozio d’Autunno, quando notte e giorno saranno di nuovo equivalenti. E dopo l’autunno tornerà l’inverno.”
Tek’ryn accettò quella spiegazione come se fosse perfettamente logica. Gli suonava giusta, anche se era certo di non avere esperienza diretta del ciclo delle stagioni.
“Noi festeggiamo in tutti quei giorni e anche in altri, perché festeggiare è bello” cinguettò Amber, tutta concentrata sul suo prossimo uovo che stava dipingendo di un vivace arancione. “Domani le famiglie di contadini che vivono qui vicino verranno tutte a trovarci, faremo un grande pranzo e nel pomeriggio noi bambini cercheremo le uova colorate. Ma prima, la mamma le nasconderà fra i campi e fra i cespugli, stanotte. Chi trova le uova se le può tenere, come premio. Sono buone anche sode, però strapazzate secondo me sono meglio, o anche in camicia sono meglio.” Ci pensò ancora un attimo, poi aggiunse: “Di solito. Però queste sono speciali. Mamma fa cuocere le uova sode in una pozione magica così diventano magiche e un uovo solo diventa capace di saziare una persona per tutto il giorno, e ha un sapore buonissimo. Oh, e chi raccoglie più uova di tutti vince anche una torta.”
“E perché le uova devono essere colorate?” Indagò il piccolo drow.
“Ma” Amber corrugò la fronte come se lui avesse chiesto una cosa assurda “perché è una tradizione e perché sono belle!”
Krystel immerse un mestolo di legno in un calderone e tirò fuori, uno alla volta, una mezza dozzina di uova sode. Le mise a raffreddare in un cestino, poi prese un cestino identico pieno di uova ormai fredde e lo mise davanti a Tek’ryn.
“Vuoi aiutare le tue sorelle a colorare le uova? Vedrai, è divertente!”
Tek’ryn guardò con curiosità il cestino, le polveri colorate e quella strana sostanza oleosa che andava spalmata sulle uova prima di colorarle. Doveva essere un qualche processo alchemico che permetteva di fissare il colore sui gusci. A lui sembrava davvero un sacco di lavoro per una festa, ma forse era una cosa religiosa.
“Perché lo chiamano Fey Day?” Domandò, prendendo un uovo e un pennellino.
“A Waterdeep credono che in questo giorno il nostro mondo sia più vicino a Faerie, il mondo delle fate. Molto probabilmente è vero, ma non è l’unico giorno in cui questo accade.” Krystel immerse con cura altre uova nel calderone. Tek’ryn non pensava che le loro poche galline potessero produrne tante. “Non saprei dirti se sia mai capitato, nel giorno dell’Equinozio, che qualche fata riuscisse ad arrivare fino al nostro mondo. Però quelle che vivono già qui sembrano più vivaci del solito, quindi dev’essere vero.”
“Le fate che vivono già qui?” Tek’ryn interruppe il suo lavoro, perplesso.
“Non hai mai visto le Bean Sidhe ballare nelle notti di luna piena, ai confini dei nostri campi?”[2]
Tek’ryn scosse lentamente la testa.
“No? Non le hai mai udite cantare e ridere?”
“No” mormorò. “Avrei dovuto?”
“Forse è perché non ti conoscono ancora” gli disse Hilda in tono amichevole. “Quando prenderanno confidenza, potrai vederle e sentirle anche tu.”
“Io spero di vederle al Fey Day” Amber sollevò con aria soddisfatta un uovo rosso e giallo, dipinto con un motivo a onde. “Tek, come va con le tue uova?”
Tek’ryn le mostrò le due uova che aveva dipinto mentre chiacchieravano: uno era verde con dei segni più scuri in orizzontale, una volta poggiato su un fianco sembrava il disegno dell’erba in un prato. Il secondo uovo era di un color bianco sporco, con venature grigie e marroni. Sembrava un sasso.
“Uhm… potresti farle più… festive?” Suggerì Hilda.
“Ma se poi dobbiamo cercarle, che senso ha farle rosse e gialle e azzurre? Poi diventa troppo facile trovarle” obiettò timidamente il ragazzino.
Krystel studiò le uova di Tek’ryn, perfettamente mimetiche, e scoppiò a ridere.
“Che spirito meritocratico! E che gran cura dei dettagli. Dipingile come vuoi, tesoro, chi troverà le tue uova guadagnerà dieci punti anziché uno” decise la strega.
Tek’ryn si rese conto che era la prima volta che Krystel lo chiamava tesoro. Chiamava sempre Amber in quel modo, ma lui no, anche se a volte sembrava sul punto di farlo. Il giovane drow era convinto che ricevere parole di lode o di affetto dalla sua madre adottiva sarebbe suonato falso, spaventoso. Invece quella parola le era sfuggita di bocca in modo così naturale, che non riusciva a suonare come un inganno.
“Le mie uova saranno bellissime. Ti renderò fiera di me… madre” promise.
Krystel gli rivolse un sorriso così colmo di affetto e così credibile che Tek’ryn fu tentato, per la prima volta, di usare il suo potere divinatorio per vedere quale fosse la vera forma dell’anima della donna. Non usava quel suo potere da quando aveva lasciato il Buio Profondo. Non aveva mai avuto il coraggio di scoprire la verità. Non su Krystel.
Questa volta ne ebbe davvero la tentazione, ma la giornata era così perfetta. Aveva dormito a lungo e non era stato punito. Aveva ricevuto solo gentilezza da sua madre e dalle sue sorelle, e ora stava dipingendo uova con loro, come una famiglia. Era tutto così bello.
Non valeva la pena rischiare. Forse era un’illusione, ma era un’illusione a cui voleva credere. L’illusione di una nuova vita felice, una nuova primavera.
Magari un altro giorno, si disse, tornando alle sue uova. Un altro giorno avrebbe trovato il coraggio di scoprire la verità.



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Note:
Questa storia si svolte cronologicamente pochi mesi dopo Trauma e pochi giorni prima di Punishment.
Il fatto che nei Forgotten Realms ci sia la tradizione di colorare uova è una mia invenzione, ma molti popoli celebrano questa festività in un modo o nell'altro.

[1] Questa tradizione è ufficialmente registrata solo in epoche successive, dopo la Spellplague - in realtà dopo il Second Sundering, ma è con la Spellplague che il Piano di Feywild è davvero rientrato nel lore dei Forgotten Realms - ma ho deciso di introdurla retroattivamente perché il mondo delle fate non era qualcosa di sconosciuto anche prima della Spellplague: era citato in vecchi manuali ed era chiamato Faerie, come lo chiamano in questa storia. Siccome si dice che nei tempi antichi il Piano del Feywild fosse contiguo al Piano Materiale, e solo in un secondo momento se ne sia allontanato, è possibile che queste tradizioni relative al Fey Day siano molto antiche.
[2] Sul perché ci siano delle Bean Sidhe vicino alla loncanda di Krystel, rimando alla storia Jolly Adventures.
   
 
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