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Autore: MaryElizabethVictoria    02/04/2021    1 recensioni
Elizabeth Smith è una ragazza di diciassette anni perfettamente normale che conduce una vita perfettamente normale, quasi noiosa. Fino a che un giorno tutto cambia improvvisamente e si ritrova sola in un posto strano e che non conosce, circondata da ragazzi e ragazze della sua età con superpoteri. Riuscirà la normalissima Ellie ad integrarsi nel gruppo e soprattutto a capire cosa diamine le è successo?!
Alla fine andrà tutto bene, giusto?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elizabeth Smith non si era mai considerata speciale.

 

Era cresciuta in una cittadina molto piccola nelle vicinanze di Tulsa, Oklahoma. I suoi genitori, Perry e Samantha Smith, si occupavano entrambi di biocoltivazione. Possedevano ormai da generazioni una piccola fattoria, un tempo molto prospera, ma che ultimamente aveva attraversato momenti difficili in particolare modo dopo che il bleep aveva cancellato quasi completamente la loro comunità. Ma se in quel periodo da un lato c'erano difficoltà economiche dall'altro avevano ricevuto la loro più grande gioia, la figlia che avevano tanto atteso dopo anni di tentativi.


Elizabeth, chiamata da tutti Ellie, era una bambina buona e tranquilla. Amava  gli animali e giocare all'aperto, un po' meno fare i compiti, ma tutto sommato a scuola se la cavava. Aveva trascorso un'infanzia tranquilla, solo marginalmente toccata dagli eventi mondiali di quegli anni. I conflitti armati, i mostri, le invasioni aliene erano notizie che si vedevano solo al telegiornale della sera, intermezzate dalla pubblicità. Non rappresentavano una vera minaccia per la loro quotidianità in quanto, tutti lo sapevano, presto o tardi se ne sarebbero occupati lo Shield e gli Avengers. Li avrebbero sempre protetti sconfiggendo il pericolo di turno, questa era la convinzione comune che permetteva ai normali cittadini di dormire sonni tranquilli.


Ellie naturalmente sapeva tutto sugli Avengers. Come ogni bambino della sua generazione aveva collezionato le loro figurine, risparmiando fino all'ultimo centesimo della sua paghetta per completare l'album. Era cresciuta con i racconti delle gesta di Captain America, Thor, Hulk, Hawkeye e BlackWidow e del sacrificio di Ironman per salvare la Terra e l'universo tutto. I suoi genitori le avevano trasmesso questo senso di cieca fiducia nei loro eroi e ogni volta che la televisione riportava qualche notizia drammatica, cosa che avveniva sempre più spesso.

 

Si limitavano a liquidarla con la frase 'alla fine tutto andrà bene' che era diventato un po' il motto di famiglia.

 

Fino al giorno in cui tutto era andato dannatamente male.

 

Ellie non ricordava molto di quegli eventi. Ricordava di essersi alzata di malavoglia perché avrebbe avuto una verifica di algebra la prima ora e non si sentiva pronta, ricordava suo padre che in cucina stava leggendo il giornale e si lamentava del tempo, ricordava il sorriso di sua madre che in piedi al bancone della cucina le stava preparando un toast, ricordava che il loro cane Scully si era messo ad abbaiare all'improvviso. Poi un calore improvviso e intenso che le formicolava sulla pelle, la stanza che si riempiva di luce.

 

Ellie si era risvegliata in quello che sembrava un ospedale.

 

Era confusa, spaventata, non capiva dov'era, né cosa ci facessero tanti tubi attaccati al suo braccio e soprattutto che cosa le fosse successo. Le infermiere e i medici presenti tergiversavano. Nessuno voleva dirle cosa ne fosse stato della sua famiglia. Perché non erano lì con lei? Qualcuno li aveva avvertiti? Per tutta risposta quelli la imbottirono di tranquillanti per tre giorni, giorni in cui Ellie alternava crisi di pianto a sogni stranissimi. Sognava la sua casa e i suoi amici, ma sapeva,  dentro di sé, che quella vita ormai era finita per sempre. Sognava dei mostri spaventosi che la avvolgevano tra i loro tentacoli e che volevano il suo sangue. La legarono al letto, per la sua sicurezza dicevano, finché smise anche di sognare. Solo a quel punto il personale medico la avvisò freddamente che sarebbe stata dimessa.

 

A quel punto Ellie si era aspettata di tornare a casa. Invece, senza voler sentir ragioni o dare spiegazioni, la misero un po' a forza su un elicottero militare, scortata da quattro agenti armati, proprio come se si fosse trattato di un criminale. Ellie era ancora debolissima e comunque non avrebbe avuto modo di opporre resistenza. Notò solamente che sulle divise degli agenti c'era un simbolo che conosceva bene, che aveva imparato come tutti a riconoscere come il marchio dei buoni per eccellenza, lo stemma dello Shield.

 

Se quelle persone erano dello Shield non potevano avere cattive intenzioni, no?

Ellie per quella volta scelse di fidarsi. O meglio si fidò perché non aveva scelta.

 

-Nervosa, ragazzina?- le domandò il più giovane tra gli agenti che l'aveva in custodia. Non poteva avere molti più anni di lei, si disse Ellie, anche se il completo formale lo faceva sembrare più grande.

 

-Cristo, non ha un bell'aspetto, questo è certo- commentò il suo collega, un uomo alto e massiccio che aveva più l'aspetto di un veterano- Ehi, non è che per caso sei una di quelle con la paura di volare. Non mi vomiterai qui voglio sperare?

 

Ellie li guardò un po' stralunata.


Ci mise qualche istante per rendersi conto che parlavano proprio con lei. Era da tanto tempo che nessuno si rivolgeva a lei direttamente, men che meno per domandarle come stesse.

 

-Sto bene. Credo- riuscì a mugugnare.

 

-Bene. Meglio così. Tutto ok allora.

 

-Dove mi state portando?

 

-Non preoccuparti ragazzina. Cristo, rilassati, mi sembri un gattino spaventato...

 

-Non vogliamo farti niente di male Elizabeth. Anzi, ti stiamo portando in un bel posto. Un posto dove si prenderanno cura di te.

 

-Mic,  Donnie, smettetela- intervenne la donna che guidava l'elicottero- il nostro compito è solo di prelevare il soggetto. Non sta a noi darle informazioni.

 

Il resto del viaggio infatti avvenne senza che rivolgessero più la parola al 'Soggetto'.


Ellie non ci capiva veramente niente. Diverse ore dopo, almeno così le sembrò dal momento che non aveva con sé il suo orologio e indossava solo le ciabatte e una tuta grigia informe che le avevano dato in ospedale, cominciò a sentire davvero le vertigini. Un senso profondo di nausea la fece tremare in tutto il corpo.

 

'Alla fine tutto andrà bene' provò a ripetersi cercando di rivivere nella sua testa l'esatta pronuncia di quelle parole che sua madre le diceva sempre ' Alla fine tutto andrà bene'.

 

-Scusate. Non mi sento bene. Penso che ...io penso di stare per vomitare.

 

-Ecco. Lo avevo detto io: è una di quelle- commentò Donnie, soddisfatto di averci visto giusto.

 

-Stai tranquilla Elizabeth, è normale- le disse Mic- entrare nello spazio aereo della Barriera fa questo effetto a tutti la prima volta. Prova a rilassarti e a fare respiri profondi. Ecco, brava.

 

-Che cos'è la Barriera?- domandò Ellie, mentre cercava disperatamente di mantenersi lucida e non soccombere alla nausea.

 

-Michael! Donnie! Ultimo avvertimento- intervenne nuovamente il pilota- piantatela di fare i cretini.

 

-Piantala tu Carmen! Si può sapere da quando sei tu il capo?

 

-Intanto sono l'agente più anziano in servizio.

 

-Nonché la più rompipalle.

 

-Piantatela tutti e due, non vedete che la ragazzina non sta bene? - Ellie  per quanto stava amale non riuscì nemmeno a protestare per essere stata chiamata ragazzina da quell'agente che avevano chiamato Michael  e che avrebbe potuto benissimo avere la sua età, lui la stava reggendo per le spalle scosse dai brividi- Ehi Elizabeth. Continua a respirare con me. Sei bravissima. Siamo quasi passati...Appena entriamo nell'ala smistamento della Base dovresti sentire meno la pressione.

 

-Michael Coulson, ora stai davvero esagerando! Vuoi anche darle una brochure informativa?

 

Ellie non scoprì mai cosa avesse risposto Michael perché purtroppo in quel momento cedette e perse di nuovo i sensi. Forse era stato meglio così. Forse al suo risveglio si sarebbe resa conto che era stato tutto un sogno insensato e che i suoi genitori la stavano aspettando di sotto per fare colazione.


Avrebbe tanto voluto che il letto in cui si svegliò poco dopo fosse stato il suo, invece si ritrovò nell'ennesima stanza bianca e anonima. Ma questa volta non era da sola. China su di lei, una ragazza mora dai folti capelli ricci la fissava al di sopra di un paio di lenti con curiosità clinica.

Indossava jeans  strappati e un maglione a fantasia fluo sotto a un camice bianco che sembrava troppo grande per lei.

 

-Elizabeth Smith- la apostrofò leggendo dalla sua cartella clinica ai piedi del letto - Mi sembri a posto. Un semplice svenimento, no? Capita la prima volta che si passa la Barriera. Che esagerati, devono smetterla di portarmi in Infermeria gente che a tutti gli effetti sta bene. Ho bisogno di un paio di terminali, così non faranno troppe domande, dico bene? Se no su chi li faccio i miei esperimenti? - aggiunse giocherellando con un paio di fialette dall'aspetto molto poco rassicurante sul ripiano- La scienza deve progredire per tentativi, non trovi Elizabeth?

 

-Ellie- la corresse quasi in automatico- mi chiamano tutti Ellie.

 

-Piacere mio Ellie. Io sono Morgan- si presentò tendendole la mano entusiasta- Allora, cerchiamo di capire che cosa abbiamo qui. Aliena? Mutante? Sintezoide? Ti hanno potenziata? No, mi sembri una troppo in gamba per essere una di quelli- proseguì la ragazza continuando a sfogliare come se nulla fosse la sua cartella clinica- Gli esami mi sembrano tutti a posto. Tutto assolutamente nella norma. A parte gli enzimi, quei piccoli bastardi...

 

Dopo di che iniziò un lungo monologo sugli enzimi che Ellie proprio non riuscì a seguire.

 

-Scusami... tu sei una dottoressa?- le chiese la ragazza, sempre più confusa.

 

Morgan scoppiò a ridere.

 

-Nah... il camice era solo per scherzo. Ma per te, occhi dolci, potrei fare un'eccezione- aggiunse facendole l'occhiolino in una maniera che Elizabeth era troppo ingenua per capire- Non so se lo hai notato, ma ci si annoia parecchio da queste parti. Dovremmo pur inventarci qualcosa... Ad ogni modo, sul serio, come mai ti hanno internata qui insieme agli altri svitati? Cosa hai combinato? Hai dato fuoco al gatto? Strage di civili? Non capita tutti i giorni di essere messe in una base super segreta che in teoria non dovrebbe neanche esistere.

 

-Mi dispiace, io proprio non ti seguo. Non ho fatto proprio niente e non sono nessuna delle cose che hai detto...Sono solo Ellie.

 

-Ok. Se lo dici tu...- Morgan non riuscì a nascondere la sua delusione o per lo meno non se ne preoccupò neanche per un istante. In compenso dopo pochi minuti aveva ripreso a chiacchierare amabilmente del più e del meno, buttandosi a peso morto sulla branda a fianco di quella di Ellie.

 

Ellie dal canto suo non sapeva cosa pensare. Sembrava assurdo, ma la presenza di quella strana ragazza che le parlava spigliatamente come ad un'amica che conosceva da sempre riuscì per la prima volta in quei giorni terribili a darle un po' di serenità e di coraggio. Riuscì perfino a sorriderle, nonostante fosse ancora debole e dolorante.

 

All'improvviso la porta dell'Infermeria si aprì e Morgan smise di parlare, il corpo lievemente irrigidito nonostante cercasse di non farlo notare troppo alla sua compagna. Ma Ellie si era comunque accorta che qualcosa non andava. L'atmosfera  prima distesa stava cambiando rapidamente.

 

-Buongiorno Splendore!- annunciò con voce squillante una donna vestita di una sorta di uniforme  completamente viola- Signorina Smith, benvenuta tra noi! Vedo che hai già avuto modo di conoscere la signorina Stark, molto bene! Io sono Agatha Harkness, molto piacere.

Riservò alle due ragazze un sorriso smagliante che né Ellie né Morgan ricambiarono.

 

-Non preoccuparti, tesoro dolce, ti troverai bene qui con noi. Alla fine tutto andrà bene- disse lentamente Agatha senza smettere di sorriderle.

 

Ellie pur senza riuscire a spiegarselo avrebbe potuto giurare che la donna aveva ripetuto di proposito le esatte parole di sua madre.

 

 

  
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