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Autore: Iander    02/04/2021    1 recensioni
Tony Stark. Un genio, miliardario, playboy, filantropo. E molto di più.
Pepper Potts. Assistente scrupolosa e impeccabile, poi amministratore delegato delle Stark Industries. E non solo.
La storia di un uomo che è diventato un eroe, di una donna dalla forza incrollabile, di un amore che ha affrontato ogni cosa e ne è uscito vincitore, nonostante tutto.
Dal capitolo 2: Armatura e computer, pezzi di ricambio e calcoli. Tutto perfettamente nella norma, non fosse per la persona che in quel momento occupava il divanetto dall’altra parte della stanza: Pepper sedeva placida con le gambe rannicchiate, un libro tra le mani e l’espressione assorta. Il fatto che stessero condividendo lo stesso spazio senza al contempo litigare, ridefinire accordi lavorativi o mettere i bastoni tra le ruote al cattivo di turno, ma solo per il piacere di trascorrere del tempo insieme, rendeva perfettamente l’idea di quanto la sua vita di recente fosse cambiata radicalmente.
[Raccolta; Pepperony; Tony&Peter]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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From Dusk Till Dawn
 
 
 
A Redeagle86,
per aver dato vita a questa fantastica avventura
 
Alla Je,
che si è sorbita tutto questo in anteprima,
che c’è sempre, nonostante tutto
 


Capitolo 1
Breaking the Rules
 

Contesto: Iron Man


 
“I gotta be tough, gotta be stronger
And take the time to understand
This city can’t get any colder
Stab you in the back while shaking your hand”


Virginia “Pepper” Potts si riteneva una lavoratrice pratica ed efficiente: scrupolosa, solerte, sapeva svolgere le sue mansioni in modo impeccabile. Del resto, era il minimo che ci si aspettasse da lei, in un’azienda del calibro delle Stark Industries.
 
Fin dalla sua assunzione, circa dieci anni prima, aveva dimostrato di riuscire a gestire perfettamente il carico non indifferente di lavoro che le spettava, senza mai perdere il controllo o cedere alla pressione a cui si era inevitabilmente sottoposti, quando si occupava una posizione tanto ambita quanto stressante come la sua. La capacità di mantenere la calma ed essere padrona di se stessa in ogni situazione erano senza ombra di dubbio i suoi punti di forza. Non solo: tra i numerosi requisiti in suo possesso figuravano ottime doti comunicative e una significativa predisposizione alla diplomazia; qualità del tutto rilevanti, quando si aveva a che fare con un capo suscettibile, egocentrico e megalomane come Tony Stark.

In tutti questi anni di lavoro come assistente personale, Pepper aveva fatto del suo meglio per stabilire un cordiale rapporto professionale tra di loro, basato sulla fiducia, sull’onestà e sul rispetto reciproci, e condito da una vivace quanto immancabile ironia. Non era stata proprio una passeggiata: complice la straordinaria intelligenza che possedeva, nonché una bellezza esteriore di cui era perfettamente a conoscenza, il signor Stark sapeva come mettere in soggezione il suo interlocutore e farlo capitolare con una o due delle sue disarmanti uscite. Pure a lei aveva inizialmente riservato lo stesso trattamento, ma Pepper, consapevole del suo valore e del ruolo che ricopriva, non si era fatta scoraggiare: l’ultima cosa che voleva era farsi mettere i piedi in testa dal suo principale, pertanto ad ogni sua ironica affermazione rispondeva con lo stesso tono, senza peraltro risultare insolente. Tony aveva dimostrato di apprezzare la sua faccia tosta e poco a poco il loro rapporto aveva assunto una connotazione paritaria. In tutta onestà, era serenamente convinta di aver fatto un ottimo lavoro e si riteneva soddisfatta dell’equilibrio che si era venuto a creare: nonostante le numerose difficoltà e i contrattempi quotidiani, spesso dovuti a certi improvvisi colpi di testa del suo superiore, si trovava bene in quella posizione e svolgeva i suoi incarichi senza particolari preoccupazioni.

Eppure, nell’ultimo periodo aveva dovuto fare i conti con una realtà completamente diversa. La cattura e la conseguente prigionia di Tony in Afghanistan avevano inevitabilmente finito per intaccare la sua nota compostezza professionale; sebbene avesse sempre cercato di mantenere un certo grado di distacco dall’ambiente lavorativo, non aveva potuto fare a meno di lasciarsi coinvolgere emotivamente dalle circostanze e di sentirsi sinceramente in pena, sapendo il suo titolare in balia di terroristi violenti e senza scrupoli. Il colonello Rhodes aggiornava regolarmente lei e il signor Stane sulla situazione e aveva più volte assicurato che tutti gli sforzi erano concentrati nella ricerca del covo, con buone probabilità di individuarlo al più presto, eppure non aveva potuto fare a meno di angosciarsi e di temere il peggio ogni volta che un notiziario compariva in tv [1]. Ad un certo punto, aveva iniziato a sentirsi anche in colpa: come sua assistente, ruolo che le permetteva di essergli più vicina dello stesso Stane, avrebbe dovuto insistere sul piano della sicurezza e convincerlo ad adottare misure ancora più restrittive, trattandosi di una zona di guerra ed essendo lui un bersaglio decisamente a rischio. Andava così fiera della sua professionalità e poi falliva nei momenti cruciali… Del tutto imperdonabile.

Poi un giorno, Tony era riuscito a fuggire grazie alla prodigiosa armatura che aveva costruito ed era tornato. Avrebbe ricordato per sempre il profondo sollievo e la gioia incontenibile che aveva provato, quando le avevano comunicato la notizia del suo ritrovamento. Il giorno del suo rientro si era fiondata sulla pista dell’aeroporto e aveva atteso con trepidazione l’atterraggio dell’aereo militare, l’ansia che finalmente defluiva mentre Tony le si avvicinava a passo sostenuto e sguardo fisso, sebbene visibilmente provato. In quel momento si era resa pienamente conto di quanto le fossero mancati lui e le sue provocazioni, e aveva risposto con ritrovato gusto alla frecciatina sui suoi occhi rossi.

Ma se pensava che a quel punto le cose avrebbero gradualmente ripreso il proprio corso, si sbagliava di grosso. Senza neanche passare in ospedale per un controllo, Tony aveva convocato una conferenza stampa e annunciato la sua irremovibile decisione di chiudere la divisione fabbricazione armi. La sua scelta aveva comprensibilmente scatenato un putiferio e Pepper non aveva potuto fare altro che rimboccarsi le maniche e gettarsi con vigore nella fossa dei leoni, tamponando per quanto possibile le disastrose conseguenze. Onestamente non comprendeva la volontà del suo capo e i motivi che lo avevano spinto in quella direzione, considerando la controversa personalità di Tony Stark: nell’arco della sua vita aveva più volte compiuto scelte opportuniste e tra le sue prerogative non figuravano certo i sani principi, nessuno avrebbe potuto biasimarlo se avesse reso la vendetta la sua principale occupazione, intensificando la produzione di armi. Ad ogni modo, Pepper non ci aveva pensato troppo su: per quanto eccentrico e anticonformista, Tony non era uno sprovveduto e sapeva il fatto suo; evidentemente, doveva avere per la testa un piano B. Si era dunque concentrata sui suoi compiti, cercando di fare del suo meglio anche in quella situazione.

Si stava appunto occupando di questo, quando Tony le aveva chiesto di aiutarlo a sostituire il reattore che aveva nel petto. Ora, di richieste strambe ne aveva ricevute molte nel corso degli anni, alcune davvero discutibili, ma questa era senza alcuna ombra di dubbio letteralmente assurda: come diavolo gli era venuto in mente di domandarle una cosa simile, con il serio rischio di ucciderlo e senza averla prima accuratamente preparata? A volte Pepper si stupiva della leggerezza con cui Tony Stark prendeva la vita. Al contrario, lei non aveva potuto fare a meno di agitarsi all’idea di ciò che stava per fare: l’autostima e tutte le numerose qualità che la contraddistinguevano erano svanite di colpo, nel momento in cui aveva provato ad inserire la mano nella cavità del reattore. Tony era però riuscito a tranquillizzarla, dicendole con tono fermo e sguardo fisso nel suo che era la persona più capace, qualificata e fidata che avesse mai conosciuto. Quelle parole avevano avuto il potere di calmarla e di far riaffiorare la sua determinazione; del resto, fino quel momento niente era mai riuscito a fermarla, figurarsi un innocuo filo di rame.

Ripensandoci a mente fredda, quella era stata la prima volta in cui Tony le aveva detto apertamente che opinione avesse di lei. Certo, era perfettamente consapevole che lo avesse fatto affinché lei si sentisse più sicura e ritrovasse la lucidità, tuttavia qualcosa nel suo tono le diceva che non erano solo vuote parole di circostanza dettate dal momento, lui… le pensava davvero. Credeva realmente in ciò che aveva detto. Non che fosse una sorpresa, ben inteso: era consapevole di lavorare bene e di essere una fidata assistente, ma sentirselo dire proprio da lui era senz’altro gratificante. Per questo quando aveva erroneamente estratto la calamita dalla cavità, si era sentita in dovere di rassicurarlo, anziché cedere al panico: voleva dimostrargli che la sua fiducia era ben riposta e che sarebbe sicuramente riuscita a rimediare al danno.

E ce l’aveva fatta davvero: si era fatta coraggio e aveva collegato il reattore alla placca base, inserendolo poi nella cavità. Ciononostante, non aveva la minima intenzione di ripetere l’esperienza e si era premurata di metterlo subito in chiaro. Lui le aveva risposto con una frase apparentemente innocua, ma di forte impatto: non aveva nessuno, se non lei. Quelle parole le si erano impresse nella mente, assieme allo stupore per quella seconda, sincera rivelazione: non si aspettava di contare così tanto per lui. Ricordava di essere rimasta in silenzio, troppo colpita per trovare su due piedi una risposta.

Nei giorni successivi aveva spesso ripensato a quel momento. Lo stava facendo tuttora, seduta alla scrivania con pile di documenti che richiedevano la sua attenzione. Per la prima volta nella sua vita, Pepper non riusciva a concentrarsi: la sua mente era totalmente rivolta a quel complicato enigma che Tony Stark rappresentava. Pensò che in quella grotta dovesse aver preso una bella botta in testa per iniziare ad esprimere con tanta scioltezza pareri così personali, e le venne da ridere. Ma il sorriso che le aveva increspato le labbra svanì in fretta, quando pensò che sì, la prigionia aveva avuto un profondo impatto sulla sua vita e sulla sua persona e che, molto probabilmente, Tony non sarebbe più stato lo stesso. Si chiese quali fossero i suoi pensieri a riguardo, se avesse parlato con qualcuno della sua traumatica esperienza. Era probabile che si fosse aperto con il colonello Rhodes, ma Pepper lo conosceva ormai abbastanza bene da sapere che, se lo aveva fatto, era solo per tranquillizzare l’amico ed alleviare il suo senso di colpa. Non per sfogarsi o trovare conforto.

Pepper inclinò la testa di lato, assorta, e prese tra le dita la penna fino quel momento abbandonata sulla scrivania, facendola roteare con lentezza. Ora era fortemente combattuta. Da un lato, sentiva il bisogno di adoperarsi in qualche modo e di offrire il suo aiuto: era brava ad ascoltare le persone senza giudicare, non le sarebbe costato nulla tendere la mano e rendersi disponibile per una chiacchierata liberatoria. Dall’altro, lei e Tony erano entrambi molto discreti e gelosi della propria intimità: prima di allora, non si era mai interessata alla sfera privata del suo capo, né aveva mai discusso con lui di aspetti personali della loro vita. Certo, negli anni era capitato di fare accenno a qualche particolare e di esprimere alcuni commenti a riguardo, come nel caso dei genitori di Tony, ma si era sempre trattato di brevi scambi di circostanza dettati dal caso, e non da un reale coinvolgimento. Pepper sapeva bene quanto lui desiderasse tenere per sé i propri pensieri e mantenere con lei un rapporto cordiale, ma distaccato: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un’assistente invadente e ficcanaso. Probabilmente, la caratteristica che più apprezzava di lei era proprio il suo riserbo.  

D’altro canto, nei giorni scorsi Tony si era esposto notevolmente e in pochi istanti aveva manifestato i suoi pensieri più di quanto avesse mai fatto in dieci anni; magari era un modo indiretto per farle capire che era pronto ad aprirsi con lei. Oppure si trattava di un semplice lampo di follia dovuto all’eccitazione del momento e non significava proprio niente. Pepper sospirò, crucciata, e decise che ci avrebbe pensato ancora un po’ su, prima di fare un passo falso.

Rivolse di nuovo la sua attenzione ai fogli ordinatamente impilati davanti a lei e cominciò a ricontrollarne il testo, per essere sicura che non ci fossero errori e che si potesse procedere con le firme. Iniziò a scorrere le pagine una dopo l’altra, attenta, soffermandosi ogni tanto su qualche frase e valutando se fosse il caso di riformularla, per poi proseguire con la lettura. Una volta terminata la revisione, riordinò i fogli in plichi ordinati e li sistemò sulla scrivania, poi si sporse sul tavolino alla sua sinistra per prendere un bicchiere d’acqua e bere un sorso. Nel compiere il gesto, il suo sguardo si soffermò sul reattore Arc che Tony aveva in precedenza nel petto e che ora sostava accanto alla brocca: lui le aveva detto esplicitamente di buttarlo, eppure Pepper non riusciva a decidersi a farlo. Non si trattava di nostalgia o sentimentalismo – lei era pratica e razionale tanto quanto Tony – solo le sembrava… ingiusto distruggere un oggetto così significativo, che gli aveva permesso di sopravvivere e di liberarsi dalla prigionia. Non che a lei fosse venuta un’idea migliore, nel frattempo: onestamente non sapeva cosa farne e aveva temporeggiato, lasciandolo per il momento sul tavolino in attesa che le venisse qualche trovata brillante. Rimase per qualche istante ad osservarlo, di nuovo persa nei pensieri che avevano caratterizzato gli ultimi giorni; infine si riscosse, si alzò e prese tra le mani i documenti: era giunto il momento di sottoporli all’attenzione del suo riluttante superiore.

«Signor Stark, sto per scendere» annunciò all’interfono e, senza attendere una risposta, si diresse alle scale del laboratorio: era sicura che lo avrebbe trovato lì, a lavorare su qualche nuovo marchingegno. Da quando era tornato, passava quasi l’intera giornata in quel posto, circondato da computer, cavi e congegni di ogni sorta; forse era il suo personale modo di ritrovare un contatto con la realtà. Ed eccolo lì, infatti, una cassetta degli attrezzi al suo fianco e uno dei suoi robot meccanici come supporto, l’attenzione totalmente rivolta a quello che sembrava uno… stivale? Aveva deciso di chiudere con le armi per lanciarsi nella costruzione di calzature metalliche? Pepper corrugò la fronte, perplessa, ma si astenne dal fare commenti. Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò con passo sicuro al banco da lavoro, poggiandovi con cura i plichi che aveva preparato. «Signor Stark, dovrebbe firmare questi documenti».

Lui continuò per qualche istante a lavorare su alcuni cavi all’altezza della caviglia dello stivale, poi con un sospiro appoggiò la pinza sul tavolo e si rivolse al robot che lo assisteva: «Ferro Vecchio, passami uno straccio. Di che si tratta?» le chiese, sbrigativo, pulendosi le mani. 

«Sono i verbali per il prossimo consiglio di amministrazione e alcune dichiarazioni per la stampa. Deve firmare qui, qui, e… qui. E poi a pagina 5, 11 e 14 di questo plico» spiegò, scorrendo le pagine e indicando i punti esatti in cui apporre le firme. Tony seguì con lo sguardo le sue dita veloci, autografando svogliatamente i documenti.

«Ecco fatto. Confido che abbia fatto un ottimo lavoro, nel cercare di arginare gli effetti della conferenza» le disse, dando un’occhiata veloce alle dichiarazioni per la stampa ma senza soffermarsi a leggerne il contenuto.

«Ovviamente. Non che avessi altra scelta: qualcuno doveva pur tentare di limitare i danni» replicò Pepper, abbozzando un sorriso saputo.

«Touché» ribatté Tony. Appoggiò la penna sul tavolo e la guardò. «È tutto, signorina Potts?».

«Sì, è tutto, signor Stark». Pepper riprese i documenti, gli diede le spalle e si incamminò verso la porta. A pochi passi dal raggiungerla si fermò, la mente di nuovo attraversata dai ricorrenti pensieri degli ultimi giorni. Si chiese se fosse il caso di gettare all’aria il buon senso e provare a parlargli: era vero, aveva deciso di aspettare e rifletterci un po’, ma Tony sembrava tranquillo e forse non l’avrebbe presa male, se il suo tentativo si fosse rivelato un azzardo. Prese un veloce respiro e si voltò, prima di cambiare di nuovo idea: «Tony… va tutto bene?»

Lui, nel frattempo, aveva ricominciato a trafficare con gli attrezzi e non sembrava aver notato il suo breve conflitto interiore. Alla sua domanda alzò gli occhi e li fissò nei suoi; un lampo di curiosità gli attraversò per un attimo lo sguardo. «Certo, Pepper. Tutto a meraviglia, se nei prossimi minuti Ferro Vecchio non deciderà di mandare all’aria due intere giornate di lavoro» rispose burbero, lanciando un’occhiataccia al robot, il quale abbassò sconsolato il braccio meccanico.

«No, io… non intendevo questo» replicò Pepper, avvicinandosi di qualche passo al suo superiore. «Mi chiedevo se lei stesse bene… davvero. Insomma, ha vissuto un’esperienza traumatica e ci sono state delle conseguenze significative, mi domandavo se per caso le andasse di parlarne» concluse, soppesando le parole. Poi, temendo che Tony potesse fraintendere le sue intenzioni, si affrettò ad aggiungere: «Mi creda, non voglio ficcanasare o farmi i fatti suoi, non lo farei mai. Ma mi farebbe molto piacere esserle d’aiuto in qualche modo, anche solo per due parole» chiarì, tornando a guardarlo negli occhi.

Tony aveva piegato le labbra in un sorriso tirato; sebbene cercasse di mostrarsi disinvolto, il suo corpo si era inevitabilmente irrigidito, sentendo la sua richiesta. «Tranquilla, Pepper. So bene che lei non è una persona invadente» la rassicurò. Il suo sguardo vagò lungo la stanza, soffermandosi sui banchi ricoperti di attrezzi senza però vederli davvero. Pepper lo osservò con attenzione: sembrava combattuto. La posa che il suo corpo aveva assunto lasciava intendere che non gli andasse molto a genio di parlare della prigionia, ma allo stesso tempo era come se volesse dirle qualcosa e stesse riflettendo con cura. Pazientò, in silenzio, lasciandogli tutto il tempo che gli serviva per decidersi.

Dopo qualche istante, Tony rialzò lo sguardo su di lei: non sembrava infastidito, solo… molto stanco. «Non le nascondo che non sono stati dei mesi facili. Quegli stronzi sanno essere molto persuasivi… però non è andata così male. Avevo un valido compagno di cella che mi ha dato tutto il supporto di cui avevo bisogno e che mi ha sostenuto nel progetto di fuga, ad ogni costo. Mi ha aiutato a non impazzire e gliene sarò grato per sempre». Il suo sguardo si fece per un attimo distante, come se si trovasse ancora tra le pareti anguste di quella grotta. Si riscosse dopo qualche secondo e il suo corpo si rilassò, mentre un sorrisino furbo si delineava sulle sue labbra: «E poi, sono riuscito a volgere il loro piano a mio favore e a costruire qualcosa di stupefacente. Direi che è andata bene, anche se le conseguenze sono ben visibili» aggiunse, tamburellando le dita sul reattore Arc che aveva nel petto. «Beh, non sempre si può avere tutto. Dico bene?»

Pepper si lasciò sfuggire un sorriso. Era davvero felice che Tony avesse deciso di aprirsi con lei. Sì, non si era dilungato molto e aveva concentrato i suoi pensieri in poche frasi, ma apprezzava senza dubbio lo sforzo: lo conosceva bene e sapeva quanto gli fosse costato lasciarsi andare. Si chiese se fosse il caso di insistere e chiedergli più dettagli, magari riguardo al suo compagno di cella, ma qualcosa nello sguardo di Tony le disse che non era il caso. Non in quel momento, comunque. Glielo avrebbe chiesto un’altra volta. Così si limitò a rispondere: «È vero. O forse sarebbe meglio dire che nemmeno lei può avere sempre tutto».

Tony sbuffò una risatina, gli occhi che brillavano: «Già, questa volta mi tocca darle ragione. Devo essermi rammollito, ultimamente. Vedrò di rimediare».

Pepper lo guardò e annuì, complice. Si chiese se dovesse dirgli ciò che pensava davvero di lui o se fosse meglio girare sui tacchi e andarsene. Ci rifletté per qualche istante, poi decise che per una volta valeva la pena essere sincera e oltrepassare quel labile confine che li separava. Si portò una mano alla fronte, sistemando una ciocca dispettosa, e prese un breve respiro. «Io penso che lei abbia compiuto un’impresa davvero straordinaria. Nessun altro avrebbe potuto riuscirci. E non lo dico per via della sua intelligenza o del suo talento nel costruire qualsiasi marchingegno, qualità indiscutibilmente importanti, ma… non abbastanza per sopravvivere». Si inumidì le labbra, avvertendo una leggera tensione scorrerle nelle vene. «Ciò che alla fine ha davvero fatto la differenza è stata la sua forza d’animo. Non si è fatto piegare da quei terroristi e li ha battuti giocando al loro stesso gioco».

Le labbra di Tony si incurvarono in un sorriso amaro. «Già. A volte, però, la forza d’animo non basta a salvare qualcuno» mormorò, incolore.

«Purtroppo no. Però è un buon punto di partenza, da non sottovalutare» ribatté lei con naturalezza. Inclinò appena il capo, osservandolo con più attenzione. «E se posso permettermi, Tony, credo che lei abbia anche un grande cuore» aggiunse, sincera. Poi aggrottò le sopracciglia, senza riuscire a nascondere una leggera smorfia di avversione. «Beh, questo ho avuto modo di constatarlo concretamente, devo dire». Le sue dita si agitarono frenetiche, al pensiero del pus viscido e puzzolente che aveva dovuto toccare.  

«Questo è davvero un colpo basso, signorina Potts!» la riprese lui, fintamente scandalizzato. Poi la sua espressione si fece più seria, pur mantenendo un’aria serena. «Grazie, Pepper. Apprezzo il suo sostegno» aggiunse, dopodiché tornò a rivolgere la sua attenzione agli attrezzi abbandonati sul tavolo. Il discorso poteva considerarsi chiuso.

Pepper colse il sottointeso di quel gesto e capì che era ora di lasciarlo lavorare. Prima di andarsene, lo guardò un’ultima volta e disse: «Prego, signor Stark. Se vorrà ancora scambiare due parole, può contare su di me». Non attese una sua risposta – sapeva che non sarebbe arrivata – aprì la porta e iniziò a salire le scale.

Tornò alla sua postazione e appoggiò i documenti sulla scrivania; più tardi avrebbe provveduto a scannerizzarli e ad inviarli. Si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro esterrefatto, incredula per ciò che era appena successo: per la prima volta, avevano oltrepassato il limite che caratterizzava il loro distaccato rapporto “capo – assistente” e senza riportare alcun danno, il che non era assolutamente scontato, quando si aveva a che fare con Tony Stark. Pepper sapeva di non doversi esaltare troppo, era importante che continuasse a non farsi coinvolgere troppo dall’ambito lavorativo, eppure non poteva fare a meno di sentirsi felice per questo traguardo.  Dopotutto, anche lei non aveva nessuno, se non lui: era inevitabile, quando si ricopriva una posizione come la sua per dieci anni. Si finiva inevitabilmente per tagliare fuori tutto, anche gli affetti più cari. Non ne andava fiera, ma forse alla fine ne era valsa la pena: questo primo passo avrebbe potuto persino permettere loro di essere amici, in futuro.

Ripercorse con la mente la loro conversazione. Rivide le espressioni di Tony, mentre le parlava e si lasciava andare: non avrebbe saputo valutare fino in fondo il suo stato d’animo, ma tutto sommato le era sembrato ben disposto. Sintetico, certo, ma non sfuggevole come si aspettava. Quanto a lei, credeva di aver fatto bene a non calcare la mano: rischiava di risultare inopportuna e di scatenare la reazione opposta, ovvero di farlo chiudere in se stesso. Ci sarebbe stato tempo per sondare più a fondo i suoi pensieri, doveva solo avere pazienza. Ciò che importava, comunque, era che Tony stesse bene e che avesse superato quell’esperienza scioccante; non che ne fosse sicura – tutti continuavano a sostenere che soffrisse di stress post-traumatico – ma certamente stava facendo progressi. Sospettava che il progetto su cui stava lavorando in quel momento ne fosse in parte responsabile.

Le sfuggì un sorriso, ricordando ciò che gli aveva detto a proposito del cuore. Non poté fare a meno di considerare che si era decisamente meritato quella stoccata: era, si disse, una piccola e soddisfacente vendetta per l’assurda richiesta che le aveva rivolto qualche giorno prima. Nel pensarlo, il suo sguardo si soffermò nuovamente sul vecchio reattore: lo prese e lo rigirò tra le mani, osservandone i dettagli, assorta. Di colpo, un’illuminazione improvvisa le attraversò la mente. Tutto sommato, non c’era bisogno di buttarlo. Sorrise tra sé e sé: ora sapeva che cosa farne.
 

 
“So I’m taking the chance, walking away, breaking the rules
Nobody here can tell me what to do
I’m out on my own, making my way
Trying to be someone that I can be proud of one day”
 
Breaking the Rules – Jack Savoretti


 


Note:
[1] Ho immaginato che Rhodey fornisse regolari aggiornamenti a Pepper e a Stane. In questo capitolo, Pepper si riferisce a Rhodey chiamandolo Colonello Rhodes: ho pensato che, pur conoscendosi da diversi anni, lei lo consideri semplicemente come un caro amico del suo capo, a cui non dare eccessiva confidenza. Nell’adattamento italiano di Iron Man, inoltre, Pepper si rivolge a lui dandogli del “lei”.



Ciao a tutti! Questa storia è il frutto di un esperimento che mi ha impegnata molto in questi mesi ed è, inoltre, il mio primo vero tentativo di produrre qualcosa di complesso e strutturato; spero che il risultato finale sia apprezzabile. Si tratta di una raccolta incentrata sull’evoluzione di Tony e Pepper, come personaggi singoli e come coppia: ogni capitolo si riferisce ad un film diverso, seguendo l’ordine cronologico del MCU. Il punto di vista si alternerà tra quello di Pepper e quello di Tony.
 
Questo capitolo si svolge nel bel mezzo di Iron Man, grossomodo dopo che Pepper ha aiutato Tony a sostituire il reattore, ma prima che lei glielo riconsegni in versione cimelio. Il punto di vista è quello di Pepper: mi è piaciuto analizzare la prospettiva che nel film non ci viene mostrata, ovvero quella di chi è rimasto a casa, nella sfibrante attesa di conoscere le sorti di Tony, e di chi si ritrova poi a dover avere a che fare con lui e i suoi nuovi colpi di testa, senza sapere che cosa gli stia passando per la mente.
 
La canzone che ho scelto per accompagnare questo capitolo è “Breaking the Rules” di Jack Savoretti: nei dieci anni che precedono il film, il rapporto che lega Tony e Pepper è sempre stato professionale e diplomatico, ma soprattutto distaccato. Ciò che è accaduto a Tony ha però inevitabilmente rotto l’equilibrio, dando il via ad un lento avvicinamento tra di loro. Pepper sente sempre di più la necessità di oltrepassare la linea che fino a quel momento ha ben marcato la loro distanza: per lei significa, a tutti gli effetti, infrangere le regole.
 
Conto di aggiornare regolarmente ogni venerdì: vi aspetto dunque venerdì prossimo con il secondo capitolo, questa volta dal punto di vista di Tony.
 
Ringrazio vivamente Redeagle86, a cui ho dedicato questo capitolo, per aver dato il via con le sue storie meravigliose alla mia lunga e intensa relazione con Efp: grazie per aver accompagnato quei giorni spensierati in cui ero solo una ragazzina con la testa piena di sogni. A te, che sei stata l’inizio di tutto, non potevo che dedicare il primo capitolo di questa avventura. E grazie alla Je, che ha sopportato per mesi i miei deliri senza mai mandarmi a quel paese, che mi ha sostenuta anche quando volevo mollare tutto: non potevo desiderare un’amica migliore ♥
 
Grazie a chi seguirà, recensirà e leggerà la mia storia: se mi farete sapere cosa ne pensate, mi renderete molto felice!
 
Iander



 
  
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