Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Cossiopea    03/04/2021    0 recensioni
[AVVERTENZA: questa storia contiene SPOILER per PJO, HoO, ToA]
[...] - Sei l'eroe di molti, Percy - continuò - La stima è cresciuta attorno alla tua persona, una fama di cui forse non ti rendi neanche conto. Ciò che hai fatto ha scaldato i cuori, illuminato gli animi di candida speranza, ma soprattutto ambizione. L'ambizione rende ciechi, aperti alle minacce più oscure, conduce verso mete ignote, dove la mente può perdersi.
- Continuo a non capire - farfugliai, gli occhi sgranati.
Ecate annuì pacatamente e il fumo si arricciò tra i suoi capelli scuri.
- Non devi capire - bisbigliò, come parlasse a se stessa - Non lo farai mai... I mondi in cui ti stai per inoltrare... - schioccò la lingua - non sono fatti per essere compresi.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Will Solace
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1. Percy Jackson


Sono abituato alle stranezze, dico davvero.

Cioè, facciamo i seri: a dodici anni sono stato praticamente rapito dal mio migliore amico (che si era rivelato per metà capra perché sì), inseguito da un minotauro inferocito, visto mia mamma svanire in un lampo di luce e stato scaraventato in un luogo in cui ci stavano ragazzi muniti di poteri magici che si scagliavano l'uno contro l'altro armati di oggetti appuntiti per puro divertimento.

In meno di cinque anni avevo imparato che mio padre era un dio a cui piacciono le camice hawaiane, attraversato avanti e indietro un mare infestato da creature omicide, fatto saltare in aria un labirinto millenario, tuffatomi in un fiume della morte e un migliaio altre imprese decisamente folli.

Oh, e non dimentichiamoci l'epica battaglia assurda per proteggere il mondo da quel megalomane di Crono.

E in seguito, beh, ero stato sequestrato dalla mia vita per sette mesi, privato della memoria per via dei piani diabolici di una dea schizofrenica e, insieme ad un gruppo di pazzi quasi quanto me, attraversato l'Atlantico a bordo di una nave volante e fatto altre cose interessanti come salvare il mondo di nuovo da una divinità psicopatica amante delle maschere di fango.

Dico, seriamente?!

A ben pensare è un miracolo che io ne sia uscito con un minimo di sanità mentale intatta. Lo ritengo un traguardo piuttosto sorprendente (un vero record mondiale), ed ero fermamente deciso a non ammattire completamente per via di altre missioni suicide e robe strane che saltano fuori dal nulla con la sola aspirazione nella vita quella di farti fuori


Ma che ve lo dico a fare?

Ovviamente l'universo stava già pregustando da tempo il momento in cui quella mia piccola ambizione sarebbe scoppiata dentro la mia testa come una delicata e instabile bolla di sapone.
Perché (spoiler) la mia esistenza è un disastro.

Prima che il portale magico si aprisse in camera mia, stavo avendo una pessima giornata.

In realtà, era da un po' di tempo che il mondo attorno a me sembrava non voler girare nel verso giusto... E questo non aiutava certo a normalizzare la mia solita allegria, con la mente affollata di pensieri fin troppo strani.

E poi, beh, non è che io e Paul andassimo così in disaccordo, anzi, normalmente riuscivo anche a considerarlo un buon surrogato a metà tra un padre e un noioso fratello maggiore; ma quando sei un'adolescente semidio in piena crisi esistenziale attorno a cui l'apocalisse ruota costantemente, ogni cosa appare distorta e fatta apposta per renderti la vita uno schifo.

Già, non ne vado fiero, ma quel sabato sera non ero decisamente dell'umore giusto per aiutare il mio patrigno ad aggiustare quella stupida mensola sopra il letto.

Annabeth mi aveva praticamente dato buca all'ultimo per andare al cinema e io, beh, non l'avevo presa benissimo. Non che fosse totalmente colpa sua, ma quella mattina l'avevo passata dal meccanico dopo che la macchina si era fastidiosamente fermata con un ultimo sbuffo seccato in mezzo alla strada trafficata, di ritorno dal supermercato dove mia madre mi aveva spedito come se io non avessi null'altro da fare. Ero tornato a casa alle due del pomeriggio, affamato e infreddolito, insieme al carroattrezzi e con un preventivo di cento dollari in mano.

Pioveva a dirotto ed ero talmente imbestialito con il mondo da non essere nemmeno in grado di impedire all'acquazzone di impregnarmi completamente. Quindi mi ero ritrovato sulla soglia di casa con un ciuffo di fradici capelli neri appicciato alla faccia, i vestiti gocciolanti e il corpo scosso da tremiti di freddo e rabbia.

Un vero figlio di Poseidone. Congratulazioni, Percy.

Avevo mangiato alla velocità della luce avvolto da un asciugamano, in vista dell'appuntamento con la mia ragazza.

La corsa verso il nostro punto d'incontro era stata fatta a rotta di collo con un ombrello oscillante sopra la testa (ero quasi andato addosso ad almeno quindici persone e fatto cadere Vortice sul marciapiede una ventina di volte) e solo una volta lì mi ero accorto di aver tolto le notifiche dal cellulare e che Annabeth mi aveva scritto un'ora prima per avvisarmi che non sarebbe venuta per via di un improvviso impegno con suo padre (Ehi, era un cellulare dall'uso sporadico, okay? Me lo porto dietro solo per le emergenze e non ha neanche il Wi-Fi. Non sono mica masochista!).

L'imprecazione che mi era salita in gola avrebbe fatto impallidire anche lo stesso Ares.

Avviandomi verso casa, un bambino poco gentile mi aveva tirato un calcio negli stinchi facendomi il verso solo perché gli aggradava. Avete presente quel momento in cui vorreste tanto strozzare qualcuno ma sapete che farlo è moralmente ingiusto? Ecco.

Avevo riflettuto che, se il mio rango me l'avesse concesso, gli avrei infilato una baguette su per il naso... oppure avrei potuto mangiare un pennarello... oppure cospargermi di paprika... saltare su un elefante... Anche se non sapevo perché. Avete presente i pensieri assurdi di cui vi parlavo prima? Ecco. Arrivavano, mi confondevano e poi sparivano. Credevo fosse solo stanchezza.

Avevo trascorso il resto del pomeriggio chiuso in camera mia a litigare con la gamba della mia scrivania, che aveva scelto di rompersi proprio in quel momento, facendo rovinare penne e tomi scolastici a terra con un fragore degno dei Campi della Pena (fidatevi, io lo so).

A cena me ne ero rimasto in silenzio a rigirare svogliatamente con la forchetta il purea di cavolo blu mentre mamma e Paul conversavano animatamente il come pagare la riparazione della macchina, mentre io desideravo solo sprofondare nella sedia e sparire.

Mamma era uscita poco dopo per via di un congresso di scrittura a cui si era iscritta qualche settimana prima... e io ero rimasto in casa con il mio caro patrigno, che evidentemente aveva in mente un Sabato sera party insieme allo stremato sottoscritto.

La sola cosa che volevo in quel momento era crollare sul letto e dimenticare quella giornata fino alla fine dei tempi.

E... sì: quando Paul, con un irritante sorriso stampato in volto, mi aveva domandato di dargli una mano con quella sua maledetta mensola... ero esploso.

Nel senso che le tubature sono esplose.

Letteralmente.

Già.

Acqua ovunque, che fuoriesce in spruzzi discontinui da muri e lavandini accartocciati, inzuppando i cuscini del divano, scorrendo sulla faccia sconvolta di Stoccafisso, che mi fissa come se avessi appena ucciso un cane proprio davanti a lui.

Giuro che stavo per scoppiare a piangere. Con tutta quell'acqua non se ne sarebbe accorto nessuno.

Deglutii per smorzare il groppo che avevo in gola. Attraverso i muri sentivo le urla dei vicini alla vista dell'improvvisa perdita dalle pareti.

– Percy... – Paul sbatté le palpebre e tentò di assumere un'espressione più rassicurante che allibita, cosa che i suoi occhi venati di panico tradivano fin troppo evidentemente.

Non avevo mai avuto la reale impressione che quell'uomo temesse le mie capacità, che avesse paura di me... fino a quel momento, almeno.

Percepivo il cuore serrato in una morsa, la stanchezza che mi ricadeva addosso insieme ai rivoli gelidi.

Il mio labbro ebbe un tremito.

– Mi dispiace – sussurrai. Immediatamente l'acqua smise di scorrere attorno a noi, lasciando l'appartamento nell'allagamento più completo e i lavandini spaccati, tubi che emergevano dal soffitto stracciato.

Mi sentivo svuotato. Lontano anni luce da me stesso.

Paul continuò a guardarmi con un'aria a metà tra il terrorizzato e l'impietosito.

– Percy, io... – le parole gli si serrarono in gola.

Repressi un singhiozzo.

– Scusa – farfugliai, la voce mozzata. Mi alzai da tavola di scatto, senza osare guardarlo – Aggiusterò tutto.

E mi chiusi in camera mia, incapace di aggiungere altro. Anche lì l'acqua impregnava il tappeto e gocciolava dai libri fradici di inchiostro sbavato. Quella vista mi fece sentire ancora più male.

Caddi di faccia sulle lenzuola bagnate, che erano spiacevoli al contatto con la pelle e sciaguattarono sotto al mio peso.

Che schifo, non potei fare a meno di pensare, senza in realtà sapere se mi stessi riferendo alla situazione in sé o a me stesso.

Fu in quel momento che, se possibile, tutto andò ancora più a scatafascio.
Uno sfrigolio mi fece alzare lo sguardo.

Il portale si aprì e io...

Non capii più nulla.

***

Note dell'autrice

Ehilà! Intanto grazie mille per aver letto questo primo capitolo, ne sono onorata ^^
Sarò brevissima, promesso:
1. In questa storia, come ho scritto nell'anteprima, troverete SPOILER per tutti e quindici i libri di PJO, HoO e ToA. Io vo ho avvisato!
2. Ho iniziato a scrivere tutto ciò prima di leggere "La torre di Nerone", quindi non esiste Estelle Stockfis (sorry) e la Percabeth non ha ancora iniziato l'università a Nuova Roma, benché le vicende siano ambientate dopo la fine de "Le sfide di Apollo".
E nulla, tutto qui. :))
Grazie ancora! <3

Coss

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Cossiopea