Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lina Lee    03/04/2021    4 recensioni
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
Un rito nato per caso, ripetuto ogni sera, aiuta Hanji a sentirsi in pace col mondo e con le persone che le sono care.
Consiglio la lettura solo a chi è in pari con la quarta stagione della serie.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Gezelligheid: qualsiasi cosa riscaldi il cuore (sia questo una cenetta a lume di candela, una birra con gli amici, appallottolarsi sul divano con un libro, ecc.)



Era giunto il momento, anche quella sera, come tutte le sere da quando era diventata comandante del Corpo di Ricerca. Era diventato il suo rito per stare vicina a quei ragazzi, per far sentire loro la sua presenza, per aiutarli e guidarli, a suo modo.
Ne avevano passate tante, avevano visto morire amici, compagni, superiori, e nonostante tutto stringevano i denti e andavano avanti, ognuno a modo suo. Certo, non erano gli unici, e anche lei aveva perso tante persone a cui voleva bene, a cui era legata da sentimenti di affetto e stima, e non era stato facile, da un certo punto in poi, essere da esempio e guida per tutti loro. Forse era anche per questo che Hanji aveva iniziato quel rito, un po’ per caso, un po’ perché a furia di eseguirlo ogni sera sentiva che la situazione sarebbe migliorata, che le cose sarebbero potute andare per il verso giusto; glielo indicavano l’istinto e il cuore, e lei li seguiva fiduciosa.
La prima persona cui dava la buonanotte era Mikasa. Di solito la trovava già addormentata, il corpo voltato verso il letto di Eren, nemmeno dovesse vegliare su di lui persino durante il sonno. Hanji le poggiava delicatamente la mano sulla spalla, oppure sul fianco, augurandole la buonanotte sottovoce; ogni tanto aveva la sensazione che la ragazza in realtà fosse sveglia e fingesse solo di dormire, giusto per non darle troppa soddisfazione o non mostrare troppo i suoi sentimenti, almeno quelli che non fossero rivolti a Eren, ma non ne aveva la piena certezza. L’unica cosa che sapeva era che, proprio come il suo compagno di squadra di una vita, il loro cognome era sinonimo di macchine da guerra che in realtà nascondevano fragilità e sensibilità a prima vista insospettabili. E se Mikasa preferiva agire in quel modo, fingersi addormentata e ricevere così il suo augurio, chi era lei per impedirglielo?
La seconda persona cui Hanji si rivolgeva era proprio Eren, colui che aveva aperto loro la strada verso una nuova conoscenza e verso tante verità sui Giganti, che un tempo erano assolutamente impensabili e inconcepibili.
«Buonanotte, Eren!»
La sua voce era sempre piuttosto udibile, sollevava anche una mano per salutarlo, ma il ragazzo rimaneva sempre voltato di lato, proprio come l’amica di una vita, dando però le spalle a tutti loro. Dopo tutte le scoperte fatte anche lui era cambiato tanto, a volte sembrava quasi aver bisogno di isolarsi, di rimanere con se stesso, di pensare. Non lo biasimava assolutamente, il destino che gli era piovuto addosso gli aveva stravolto la vita, lo aveva fatto diventare qualcosa che in origine odiava, lo aveva costretto a capire questo qualcosa e ad accettarlo come parte di se stesso. Altre persone al suo posto probabilmente sarebbero impazzite, mentre lui si limitava a dare loro le spalle e a sollevare a sua volta una mano per salutarla, muto gesto per farle comprendere che l’aveva sentita e aveva ricevuto il suo augurio. Andava bene così.
Veniva poi il turno di Sasha, che Hanji si divertiva ad abbracciare e coccolare, lasciandole un bacio sulla guancia o sui capelli mentre lei rideva e tratteneva la sensazione del solletico datale dalle mani all’altezza dei fianchi e della pancia.
«Buonanotte, Sasha. Mi raccomando, sogna tanto cibo!»
«Ci puoi contare! Così domani chiederò a Niccolò di cucinarmelo!»
Niccolò. Da quando quel giovane era giunto da Marley le aveva rubato il cuore, e lo stomaco! Sembrava quasi che quei due volessero ricordare a tutti loro come fosse possibile far andare d’accordo Eldiani e Marleyani e come, persino in un mondo crudele come il loro, ci potesse sempre essere spazio per uno sprazzo di felicità.
Quando terminava di coccolare Sasha, Hanji si spostava da Connie. Era stata proprio lei a intuire che cosa fosse accaduto nel villaggio di Ragako, e poi a recarcisi proprio con Connie, osservando coi propri occhi il dolore di quel ragazzo davanti alla consapevolezza del corpo della madre trasformata in Gigante, senza avere alcuna possibilità di riportarla in forma umana. Era stato straziante, impossibile da dimenticare, e forse era questo che la portava ogni sera a sedersi sul letto di Connie, di lato rispetto a lui, e a lasciarsi andare a un bacio sulla sua fronte, un gesto decisamente molto materno, che probabilmente avrebbe fatto storcere il naso a tanti altri soldati. Connie le sorrideva, abbassando appena il viso, le guance spruzzate di rosso, e glielo lasciava fare, quasi ne sentisse inconsciamente il bisogno proprio perché lei era là con lui, quel giorno.
«Buonanotte, Connie».
«Buonanotte, Comandante».
Quando Hanji giungeva da Armin lo trovava già addormentato, e nel suo caso, a differenza di Mikasa, non vi erano dubbi in merito. Il suo respiro regolare e il viso sereno contrastavano col peso che gli avevano addossato quel giorno, senza nemmeno chiedergli il permesso o se fosse d’accordo. Lui aveva semplicemente accettato la decisione ormai presa, nemmeno fosse un ordine cui obbedire ma durante il sonno, quando la mente e l’anima apparivano liberi da quel peso, i tratti del viso si distendevano, le labbra sembravano quasi sorridere, e il giovane dai capelli biondi tornava ad apparire un ragazzino vivace, sereno e sorridente, ancora ignaro di ciò che la vita lo avrebbe costretto a fare.
«Buonanotte, Armin». Un augurio appena sussurrato, una carezza non troppo forte sui capelli, per evitare di disturbarlo troppo, almeno nel sonno.
A differenza dei suoi compagni di vecchia data, Jean rimaneva sveglio per diverso tempo, per lo più intento a leggere. Hanji aveva saputo dai resoconti ciò che era accaduto a Trost, ma era stato grazie ad alcuni degli altri ragazzi che aveva scoperto ciò che i resoconti non raccontavano mai: i rapporti umani spezzati dalla guerra, la perdita devastante che proprio Jean aveva subito quel giorno. Lei non poteva sapere cosa di preciso l’avesse spinto a entrare nel Corpo di Ricerca nonostante le sue grandi paure, sapeva solo che ormai era diventato un compagno su cui si poteva sempre contare, non un vero e proprio stratega come poteva essere Armin, né una macchina da guerra come Mikasa, ma un punto fermo in grado di guidare i suoi compagni se ce ne fosse stato il bisogno. E forse era proprio questa sorta di “affinità nel comando” che la portava a chiudere la mano a pugno e farla impattare con quella del giovane, in un gesto di cameratismo puro che difficilmente avrebbe potuto avere con altri soldati.
«Buonanotte, Jean».
«’Notte» le rispondeva sempre, sollevando gli occhi dal libro e fissando per qualche istante i suoi, lo sguardo non più sbruffone come un tempo, ma pienamente consapevole di se stesso e delle sue capacità.
 
 
«Devi per forza impersonare la “mammina premurosa” ogni notte?»
Avrebbe riconosciuto quel timbro di voce in ogni luogo e in ogni tempo, ruvido, sprezzante e affilato come solo Levi sapeva essere. L’uomo aveva ormai notato questo suo rito ma non faceva nulla per impedirglielo, semplicemente ogni volta che terminava l’accoglieva con una frase sarcastica a cui Hanji non dava alcun peso, almeno in apparenza.
«Ohi, Levi, buonan-».
E come ogni notte non faceva in tempo a terminare la frase perché Levi le chiudeva la porta della sua camera dritta in faccia, impedendole di continuare. Sulle labbra di Hanji spuntava sempre un sorriso, mentre si avvicinava a quella porta chiusa e sollevava una mano, come se avesse ancora l’uomo davanti a sé.
«Buonanotte, Levi». Un augurio semplice e sincero, la voce abbastanza udibile da colui che stava all’interno della stanza, per poi girare sui tacchi e andarsene, immaginando perfettamente lo sguardo infastidito e un verso di stizza appena accennato.
Va bene così, sei ancora tu, nonostante la morte di Erwin, i tuoi piccoli gesti me lo dimostrano. Aspetti che ritorni dall’aver dato la buonanotte ai ragazzi del Corpo di Ricerca, lo fai ogni sera, anche se pensi che non me ne accorga, per poi sfottermi e impedirmi di darti la buonanotte. Finché rimani così, non ho nulla da temere…
Con questa consapevolezza Hanji raggiungeva la propria camera, una certa serenità a invaderle l’anima, come se anche quel giorno si fosse concluso nel modo giusto, come se anche quel giorno il suo rito fosse andato a buon fine e lei potesse concedersi il meritato riposo. Era una sensazione che le scaldava il cuore e la faceva sentire in pace col mondo, per quanto lei, in effetti, il mondo non lo conoscesse per davvero.



Note dell'autrice: Buonasera a tutti! Giungo con questa nuova storia nata dopo aver visto una serie di fan art create da La Crospa su Twitter, che mi hanno ispirata in maniera particolare. Vi consiglio di cercarvele perché sono di una dolcezza infinita, e mostrano proprio Hanji intenta a dare la buonanotte ai ragazzi del Corpo di Ricerca. L'unica parte mancante è quella con Levi che io ho aggiunto, immaginando che cosa sarebbe potuto accadere. Inoltre la storia sarebbe dovuta essere particolarmente "fluffuosa", ma in realtà è diventata molto introspettiva mano a mano che prendevo in considerazione i vari personaggi.
È la prima volta che muovo Hanji, spero di non averla rovinata perché mi dispaicerebbe tantissimo, dato che si tratta di un personaggio che adoro.
Piccola dedica a tutte le ragazze a cui avevo promesso di scrivere questa piccola storia, spero di non avervi deluso.
Alla prossima! <3
Lina Lee

 
  
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