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Autore: VigilanzaCostante    04/04/2021    6 recensioni
La vita, a volte, è amara come il caffè. Lo sa bene Pansy, con il cuore spezzato dopo l'ennesima delusione.
Neville lavora nel nuovo bar in apertura a Diagon Alley e, ordinazione dopo ordinazione, la convincerà che un po' di zucchero non fa poi così male.
|Neville/Pansy| CoffeShop!AU | Questa storia partecipa alla challenge "Apri la challenge, chiudi la challenge" indetta da GaiaBessie su Facebook|
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Neville Paciock, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La storia nasce dall’iniziativa “Apri la challenge, chiudi la challenge” indetta da GaiaBessie sul gruppo facebook apposito. Ogni giorno ci sono due prompt, uno del girone “serio” e uno del girone “trash”.
Il prompt del 3 aprile che ho scelto, e che pubblico in ritardo, è: CoffeShop!AU
Coppia: Neville/Pansy



 

Amara come il caffè

 

Neville era al suo secondo anno della facoltà di Erbologia quando, dopo mille insistenze, sua nonna l’aveva convinto a trovarsi un lavoro per i fine settimana.
«Il lavoro ti responsabilizza! Lavorare e studiare ti aiuterà a diventare un uomo, ragazzo mio, credi a me!».
L’aveva ripetuto talmente tante volte che il nipote, pur di non sentirla più, aveva consegnato il suo curriculum (vuoto) al nuovo bar in apertura a Diagon Alley.
“Leviosa Caffè” era un posticino carino, accogliente e non troppo grande. Il proprietario ignorò la sua esperienza nulla e la sua goffaggine cronica, e gli strinse la mano in modo vigoroso «Neville Paciock, eh? Ho sentito parlare di te!».

Il “Leviosa Caffè” iniziò ad avere il suo discreto successo. Era in posizione centrale, non troppo lontano da Florian Fortebraccio, e l’idea dei caffè volanti aveva incuriosito tutti. Neville continuava a pensare fosse una pessima trovata, soprattutto quando c’erano più di due clienti all’interno del bar, ma per fortuna se l’era sempre cavata con gli incantesimi di levitazione.¹
A volte, Seamus e Dean facevano scampanellare la porta d’ingresso, e si divertivano a ordinare le cose più assurde per metterlo in difficoltà. Lui rideva, ma i suoi clienti preferiti erano quelli di passaggio, quelli che ordinavano davvero un caffè al volo, sempre lo stesso ogni volta, e poi si smaterializzavano via.


❀❀❀


Pansy Parkinson entrò per la prima volta nel locale un sabato di primavera, mentre Neville era intento a migliorare il bancone con dei fiori freschi. Il viso schiacciato e i lineamenti duri non erano cambiati nel corso degli anni, e i suoi occhi neri si soffermarono solo di sfuggita sul barista.
Perché lo aveva ignorato? Non era da lei mordersi la lingua e Neville, con quel grembiule verde, poteva essere la vittima perfetta delle sue prese in giro.
«Un espresso. Senza zucchero, grazie mille. Tra poco dovrebbe arrivare un’altra persona».
Poi si sedette nel tavolo all’angolo e non diede nessun segno d’averlo riconosciuto.
Pansy attese per due ore, nessuno arrivò.

Ormai era diventata una routine, ogni sabato la vedeva entrare nel locale, sedersi al solito tavolo, ordinare un caffè amaro e aspettare.
Non serviva nemmeno più lo chiedesse, sapeva già di non dover mettere lo zucchero vicino alla tazzina. Neville pensava che la vita fosse già amara di suo, perché mai privarsi di quel po’ di dolcezza?
Aspettava tutta la mattinata, Pansy, le gambe accavallate e lo sguardo sul cucchiaino che girava laconica. Ma non sembrava mai delusa di non veder comparire nessuno, solo arrabbiata.
Un giorno (ormai era maggio) le chiese: «Ma davvero non mi hai riconosciuto?».
«Chi l’ha detto che non ti ho riconosciuto, Paciock?».
Un calore inaspettato gli strinse lo stomaco.

 
❀❀❀


Neville – che negli anni era diventato più sicuro di sé – diventava rosso in volto quando c’era lei nei paraggi. Lo destabilizzava quell’indifferenza che simulava nei suoi confronti, quella tristezza che indossava come un paio di tacchi.
Lei, però, non batteva ciglio. Dov’era quella lingua da vipera, dove erano quegli insulti senza veli? Non fiatò neanche quando un vassoio volante la mancò per un soffio.
«Questo lo offre la casa» tentò Neville, allungando un altro caffè dato che il primo l’aveva finito da un pezzo. 
«Paciock, non devi essere gentile con me solo perché ti faccio pena». Scacco matto.
«Non mi fai pena» e abbozzò un sorriso. «Ci vediamo sabato prossimo?».

Passavano i mesi e, mentre Pansy aspettava, trovò il modo di tornare se stessa. Punzecchiava Neville con il tono con cui lo faceva da ragazzini, ma con gli occhi rideva divertita. Il caffè continuava a ordinarlo amaro, il tavolo era sempre lo stesso, ma Neville iniziò a credere che non venisse più per la persona che tanto attendeva, ma per lui.
La vita è troppo breve per tenersi dentro le cose, quindi le chiese di uscire – perché voleva sapere chi c’era dietro quegli occhi tristi.
«Il lunedì io ho lezione fino alle 17, ti va se veniamo poi qui a prenderci un caffè?».
«Forse potrei anche dirti di sì».

 
❀❀❀


«Paciock, sei proprio debole. Latte e zucchero? Ma almeno lo senti il gusto del caffè?».
«Oh Parkinson, non prendermi in giro! Vedo che arricci le labbra ad ogni sorso, anche tu odi il caffè amaro, semplicemente non vuoi ammetterlo!».
Pansy alzò gli occhi al cielo, ma poi rise sotto i baffi, sapendo di essere stata colta sul fatto.
E forse non importava – che Pansy ricercasse l’amaro e Neville il dolce – perché i sapori si mischiarono feroci nel bacio scambiato fuori dal locale.
Quella del lunedì divenne una tradizione, come quella del martedì, del mercoledì e dei giorni a venire. Gli insulti di Pansy, seguiti da quei sorrisi schiacciati, avevano il sapore di bugie.

In quel frequentarsi scandito da weekend e caffè, Neville scoprì che nei mesi precedenti Pansy, al “Leviosa caffè”, aveva atteso un vecchio amante. Theodore Nott l’aveva tradita e poi lasciata e lei, convinta di sapere cosa fosse l’amore, l’aveva aspettato in quel bar per un confronto. Lui le aveva dato buca la prima volta, e poi non si era fatto più sentire. Nessun gufo, nessun messaggio via Patronus, niente, nemmeno Draco ne aveva notizie.
Pansy non s’era arresa e solo la coraggiosa – e snervante – insistenza di Neville le aveva insegnato come lasciare andare, che l’amore non scardina le fondamenta ma costruisce case.

 
❀❀❀


«Perché le prime volte facevi finta di non riconoscermi?» le aveva chiesto un giorno, subito dopo il suo turno di lavoro.
«Per quanto mi dolga ammetterlo, sei difficile da dimenticare Paciock. Ti ho riconosciuto, ma mi vergognavo. Tu eri dietro al bancone, ma io mi sentivo la parte vulnerabile, ad aspettare qualcuno che non è mai arrivato».
«Non ti avrei mai giudicata, lo sai. È lui che, che… non ti merita, ecco tutto» e le gote gli si arrossarono con un pudore puerile, non riusciva ancora a parlare di passione senza timidezza.
«I motivi per giudicarmi li avresti avuti, comunque».
Perché in passato sono stata una stronza, e temo di esserlo ancora – ma questo non lo disse. Perchè nello sguardo dolce di Neville non c'era spazio per le paure.

La verità, al di là dei timori e dei fili spinati, era che Pansy il caffè non lo beveva più amaro. La vita era già amara di suo, perché privarsi di quel po’ di dolcezza?
 





 

Il titolo: vuole essere un gioco con il detto “Caffè amaro come la vita”. Quindi quel “amara” è riferito sia alla vita, ma soprattutto a Pansy, che è amara ma riscopre il suo lato dolce con Neville.
¹ In “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la McGrannit dice a Neville che ha i G.U.F.O buoni in Incantesimi.
   
 
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