Challenge: Writapril 2021

Prompt: Sabbia

Sabbia:

Sabbia, sabbia che scendeva dall’alto e cadeva a terra, intorno a lui. Questo era quello che vedeva il piccolo Milo Heinstein, che si ritrovava rinchiuso dentro la grande clessidra di Chrono.  Si posava a terra senza mai fermarsi e piano piano riempiva l’area circostante, Milo era terrorizzato, sapeva che era questione di attimi prima che si riempisse tutta la clessidra sommergendolo e soffocandolo, no! Doveva uscire da lì al più presto, non voleva morire! Dov’era suo padre? E suo zio? Perché non venivano a salvarlo??

La sabbia ora gli arrivava alla vita, il tempo per salvarsi si era ristretto prima di quanto credeva! Il panico si impossessò del bambino che fece la prima cosa che gli venne in mente: iniziò a prendere a pugni il vetro davanti a sé, in una vana speranza di riuscire a sfondarlo a suon di pugni, ma era tutto inutile, quel vetro pareva cemento, niente lo smuoveva e niente lo infrangeva.

Nel momento in cui la sabbia aveva ormai sorpassato la sua bocca ecco che una terribile immagine gli si parò davanti: il viso di Chrono, dall’altra parte del vetro che lo fissava con un ghigno per nulla rassicurante, infatti poco dopo egli cominciò a ridere, a ridere di lui e della sua situazione, una risata fatta di scherno e di cattiveria, in un attimo la sabbia lo sommerse completamente, poi… tutto nero.

***

“AAAAAAAAAAAAAAA”.

“Milo, Milo svegliati! È solo un brutto sogno!”

La voce di sua madre Tethys gli fece spalancare di colpo gli occhi. Milo si portò quindi seduto sul letto per poi guardarsi intorno, mentre l’affanno lo accompagnava, si…era a casa sua, nella sua camera, nel suo letto e sua madre, avvolta in una vestaglia fucsia, era seduta al lato, tenendolo per entrambe le spalle e che lo fissava con sguardo preoccupato.

Una volta realizzato il tutto e aver tirato un sospiro di sollievo il piccolo però crollò, come tutte le volte che aveva questo incubo, gli si inumidirono gli occhi e sussurrò “mamma…” per poi buttarsi tra le braccia rassicuranti della madre e scoppiare a piangere.

Tethys non potè fare altro che abbracciarlo, accarezzargli i capelli e baciarlo sulla fronte, per cercare di trasmettergli una serenità che non sarebbe arrivata tanto presto.

 Purtroppo sapeva il motivo degli incubi del piccolo: infatti due settimane fa era stato rapito da Chrono, il dio del tempo, dopo che era scappato di casa per un litigio con Kanon, il padre. Da quanto suo marito aveva raccontato il loro bimbo era stato rinchiuso nella clessidra che aveva poi iniziato a riempirsi e solo l’intervento di Ponto, che l’aveva rotta con la sua spada, lo aveva salvato.

A quanto pare quella cosa lo aveva talmente traumatizzato che ancora adesso, a distanza di due settimane, aveva gli incubi.

Lei più che stargli accanto, consolarlo e distrarlo non poteva fare, se non aspettare e sperare che si sarebbe ripreso presto.

Ma di una cosa era certa: Chrono aveva fatto un grosso errore a fare del male a suo figlio, infatti qualsiasi mamma, che fosse un animale o una persona, diventava una belva se le si toccava il cucciolo, quindi l’avrebbe pagata. Nessuno aveva diritto a fare del male ai suoi figli, nemmeno il tempo stesso!