Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |       
Autore: MIV93    05/04/2021    1 recensioni
Dal prologo:
“Finalmente ce l’abbiamo fatta…” disse lo shinigami con gli occhiali, tirandosi indietro i capelli e togliendosi quelle lenti in realtà del tutto inutili.
La donna annusò l’aria, disgustata: “Ne sei sicuro, Aizeeen-samaa? – chiese, allungando volutamente il nome del suo padrone con fare civettuolo – Qui sento puzza solo di anime e shinigami… non è che siamo finiti nel Rukongai e il nostro animaletto ha sbagliato mira… di nuovo?!”
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Arrancar, Nuovo personaggio, Sosuke Aizen, Urahara Kisuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1

- The Void Territories -



 
“Vivere nei Void Territories, all’alba dei tempi, non è stato facile e chi vi ha preceduto ha dovuto lottare tra condizioni di vita aspre e la violenza connaturata nelle nostre essenze. Ma alcuni hanno avuto il coraggio di ergersi sopra la prevaricazione violenta e portare un po’ di ordine in questo mondo. Quelle persone sono state gli antesignani del Comando Militare che oggi io con orgoglio rappresento, qui, davanti a voi, nuove reclute dell’Accademia!”

L’Alto Comandante fece una pausa e lanciò una lunga occhiata sulle decine di reclute che, con quel discorso, stavano per inaugurare la loro esperienza nell’Accademia Militare. La donna stava in piedi, perfettamente sull’attenti, vestita con un elegante kimono e i lunghi capelli raccolti in una crocchia da nobildonna. Lo sguardo era carico di autorità e di potere, il reiatsu che emetteva, seppur trattenuto, faceva vibrare le ossa anche dei più spavaldi nel gruppo di reclute.
Tutti nei Void Territories conoscevano i capitani del Comando Militare, ma soprattutto chiunque sapeva quanto potente ed autoritaria fosse l’Alto Comandante, Nami Uminojoo, la shinigami che assieme ai primi altri capitani aveva letteralmente fondato il Comando Militare, millenni prima.

“Oggi – continuò l’Alto Comandante dall’alto del modesto palco di legno su cui stava tenendo quel discorso – date l’avvio ad un percorso che, nel migliore dei casi, vi porterà a dover difendere l’ordine di una società che noi, venuti prima di voi reclute, abbiamo sostenuto con ogni fibra del nostro essere. Non pensate che essere un militare sia solo un privilegio, ma è soprattutto un dovere! Avete delle capacità, potete fare cose che la maggior parte della popolazione non può far altro che sognare e ciò significa una sola cosa: avete la responsabilità di fare non buono, ma ottimo uso di queste capacità. Gli istruttori qui all’Accademia vi spezzeranno fisicamente e mentalmente non appena mostrerete il minimo segno di voler abusare di questo privilegio concessovi, e con la mia piena approvazione…”

Per un attimo l’Alto Comandante lasciò andare la sua Reiatsu: due reclute caddero in ginocchio, gli altri presero a tremare.

“… ma se siete disposti seriamente a capire quale dovere state per imbracciare – continuò la donna, domando il suo potere spirituale – sarò la prima ad accogliervi in uno dei quattro comandi di cui è composta la nostra solenne gerarchia. Finito l’addestramento sarete assegnati al comando che maggiormente si adatta alle vostre capacità: potrete quindi servire per mantenere l’ordine pubblico e gestire le criticità meno gravi ma sensibilmente più comuni lavorando sotto l’egida del Comando di Polizia Interna; potrete dare la caccia e far calare la giustizia dei Void Territories sulle minacce più gravi e i criminali più efferati servendo per il Comando Omicidi; magari il vostro forte sarà portare avanti l’alta tradizione di ricerca e innovazione, o dare sollievo ai malati, e il Comando Sanitario sarà la vostra nuova casa; infine, potreste eccellere così tanto nei vostri studi da meritarvi un posto nel reparto che si occupa delle criticità più importanti del nostro mondo,  venendo selezionati per gli Affari Segreti. Qualsiasi sarà la vostra destinazione, sarà responsabilità mia e dei Capitani fare in modo che non macchiate l’onore di questa società che abbiamo con fatica costruito e preservato, quindi… buon lavoro, reclute, e lavorate in modo che non diveniate motivo di vergogna per questo mondo!”

L’Alto Comandante non attese gli applausi, terrorizzati, delle reclute: si girò di scatto e, con ampie falcate, si allontanò, lasciando il posto ad uno degli istruttori dell’Accademia. Fuori dal campo di addestramento in cui si era tenuta la cerimonia la attendeva un uomo alto e pelato, dalla pelle brunita e gli occhi socchiusi: “Discorso illuminante, Uminojoo-sama. Ma forse avrebbe potuto evitare di mettere la solita dose di soggezione nel corso della sua esposizione… sa, forse il terremoto di poco fa aveva già scosso la loro volontà di fare i piantagrane”.

Da quanti anni mi fai da vice-capitano, Gautama?” chiese brusca il Comandante, sul viso un’espressione tesa mentre continuava a camminare, seguita dal suo vice.

“Da quasi cinquecento anni, mia signora”

“Allora sai che quella dose di paura è l’unico modo per mettere in riga le reclute per la prima settimana di corso. Poi torneranno ad essere dei ragazzini arroganti… magari il terremoto servirà per placarli qualche giorno di più!”

“Certo, mia signora, ha ragione” disse Gautama Tenzin, vice-comandante dell’Alto Comando. L’uomo percepì l’intento scherzoso nella voce del suo Comandante, ma capì anche che per la donna non era il momento di scherzare.

“La situazione è sotto controllo?” chiese l’Alto Comandante, senza voltarsi verso il sottoposto ma procedendo di corsa lungo la strada, breve, che conduceva dagli edifici dell’Accademia alle caserme dell’Alto Comando.

“La scossa si è sentita un po’ ovunque e ha provocato danni e disordini, i Comandi sono in attività ormai da 4 ore per arginare tutti i problemi emersi. Abbiamo dovuto anche riassegnare il Comando Omicidi: in un edificio crollato per la scossa pare si nascondesse un gruppo di criminali ricercato da diverso tempo, il capitano Maboroshi ha richiesto l’autorizzazione per intervenire. Il comando di Polizia Interna è impegnato in un’ultima operazione di evacuazione nel Quartiere Ovest, ma tutte le complicazioni sono state arginate. Il Comando Medico sta portando le cure a chiunque sia rimasto ferito; non ci sono stati, per fortuna, decessi; il comando scientifico sta proprio ora analizzando i dati relativi al terremoto e… - Gautama si interruppe, nervoso – abbiamo inviato il Comando Affari Segreti ad indagare sulla… anomalia…”

Nel frattempo, i due erano arrivati ai grandi cancelli rossi che davano nell’edificio principale degli interi Void Territories, la Caserma dell’Alto Comando, dove i vertici di ogni Comando si riunivano per decidere come coordinarsi ed organizzarsi; l’ultima riunione era terminata poco meno di cinque ore prima, dieci minuti dopo il forte terremoto che aveva scosso i Void Territories.

Il Comandante Uminojoosi si fermò un secondo e sospirò: “Attendiamo il loro rapporto… qualsiasi cosa sia successa, voglio arginarla. Il più in fretta possibile” disse laconica.

“Sissignora, la terrò aggiornata” concluse Gautama mentre il suo superiore entrava nelle caserme, quindi chinò il capo. Aveva un brutto presentimento riguardo quell’anomalia e il mezzo cataclisma scampato che aveva provocato…


 
[…]



 
“Fuori, fuori! Tutti fuori da lì! Ma vi pare che dobbiate prendere ora i vostri vestiti!? Ho detto che li avrei recuperati io! Ora uscite tutti! Dai su! Muoversi gente!”
L’uomo che stava urlando quelle richieste più simili a suppliche che ad ordini, un omaccione tutto muscoli di due metri, stava anche reggendo con le sue nude mani il piano terra di una palazzina dimessa e sul punto di crollare nel quartiere Ovest.

“Capitano, su, sia gentile! – gli disse una donna molto affascinante poco distante da lui, scostandosi una ciocca dei lunghi capelli rossicci dalla fronte; in piedi nel mezzo della strada, stava coordinando le azioni di altri shinigami – sono tutti i loro averi! Deve capirli!”

“Io sono il capitano del Comando di Polizia e sto reggendo a mani nude un palazzo sul punto di crollare! Eravamo qui per fermare dei ladri e ora mi trovo a fare la colonna portante!”

L’uomo borbottò, un po’ avvilito, mentre le ultime persone uscivano dalla palazzina, inchinandosi davanti al capitano per scusarsi. Il colossale shinigami arrossì un po’, annuì e sorrise cordiale sotto il grosso barbone nero da cui spuntavano tre grosse trecce crespe.

“Finalmente… OOOOORYAAAAAAAAH!” urlò il Capitano del Comando di Polizia Interna, flettendo i muscoli e letteralmente lanciando via l’intera palazzina per aria, quindi saltò anche lui.

L’uomo, con un’agilità insolita per la sua stazza, fece una capriola per aria, estraendo la sua zanpakuto: “Sora zentai de ofu ni nari (Suona attraverso il vuoto), Shirubāsai!”
La Katana stretta tra le sue mani si sdoppiò all’istante in due grossi spadoni ricurvi che ricordavano la forma del corno di un rinoceronte, quindi lo shinigami intercettò l’edificio in aria, o quel che ne rimaneva, e lo colpì con entrambe le sue lame: “Shōgekiha!”

L’impatto fu potentissimo e produsse una fortissima onda d’urto che sembrò sbriciolare in polvere l’intero edificio… o quasi: due grossi detriti sfuggirono al resto dell’edificio mentre era in volo, minacciando di cadere sulla folla riunita per strada dopo il terremoto. La gente prese da urlare ma in una frazione di secondo una pioggia di proiettili di puro reishi intercettò i massi in caduta libera e li disintegrò.

L’affascinante shinigami soffiò molto teatralmente sulle due pistole in cui si era trasformata la sua katana e sorrise, soddisfatta, mentre il capitano la raggiungeva, grattandosi la nuca pelata.

“Ehm… scusa Jia Li… ho calibrato male il colpo” disse, imbarazzato, il Capitano del Comando di Polizia Interna Shinobu Takenishi, mentre il suo vice, Jia Li Wang rinfoderava, ritrasformandole in una normale katana, le sue due pistole.

“Fortuna che la mia Shimauma non sbaglia mai il colpo, vero?” disse il vice-capitano, facendo l’occhiolino mentre la folla lì riunita faceva l’applauso ai due.

Il capitano ridacchiò, la voce profonda che risuonò come il rombo di un tuono distante: “Beh, come al solito la gente apprezza i tuoi spettacoli pirotecnici!”

“Secondo me ti stanno facendo l’applauso per l’enorme coraggio di portare la barba intrecciata in quella maniera, capitano!” rispose Jia Li. Il capitano rise di gusto quindi si diede un’occhiata in giro: “Beh… quindi abbiamo finito, qui?”

“Si, capitano. Ci aspettano all’Alto Comando per fare rapporto… forse per oggi possiamo riposare” rispose Jia Li, togliendosi un po’ di polvere dalla spalla.

Shinobu sospirò, sollevato: “Meglio così, mi piace mostrare i muscoli ma se oggi devo sollevare un altro palazzo sul punto di crollare potrei seriamente considerare il pensionamento!”

Jia Li sorrise e quindi prese ad allontanarsi, seguita subito dopo dal suo capitano: non erano tranquilli come volevano dare a vedere. Il terremoto di quella mattina e la strana pressione spirituale che avevano sentito ronzavano ancora nelle loro menti, affollandole con un’insolita ansia.



 
[…]



 
“Presto, presto! Aiuti mio figlio! È ferito!” disse una donna ben vestita e truccata, con troppi chili di troppo e indicando un giovane ragazzo con un taglietto sull’avambraccio destro. Dall’alto del suo essere membro di una famiglia benestante nella parte più centrale del quartiere nord, non si era fatta scrupoli nell’afferrare per la manica il capitano del Comando Medico, Warui Musaburo.

Il capitano, seppur infastidito, sorrise cordialmente alla signora: “Arrivo subito, signora, questo bambino ha bisogno di soccorso urgente…” e lo shinigami indicò un bambino molto piccolo con una grave ferita all’addome. Il ragazzino era coperto da un vestito malandato e sporco ed era coperto di polvere.

“è solo uno straccione! Lo abbiamo visto rapinare gli onesti cittadini di questo quartiere più volte! Pensi prima al mio piccolo!” urlò la donna, mettendo in imbarazzo persino suo figlio, che nel frattempo si era bendato da solo la ferita. Il capitano strinse la mano sulla lunga katana che aveva in mano e la signora per un attimo sobbalzò, ma l’uomo continuò a sorridere cordiale. Tenne la katana in parallelo sul corpo del bambino, producendo delle fiammelle blu che sembravano trapassare il suo corpo senza danneggiarlo, quindi disse con molta pacatezza: “Garuda – e la zanpakuto vibrò - Aoi honō o iyasu (Fiamma Blu Risanante)”

Una fiammella azzurra si produsse sulla sua spalla e volò verso il ragazzo ferito, trapassandogli il braccio e curandolo all’istante.

Il capitano sorrise: “Siete soddisfatta, signora?”

“Oh… ehm… si! Certo! Grazie eh! Prossima volta faccia prima! Andiamo via, Taro!” disse imbarazzata la signora, trascinandosi via suo figlio. Il capitano Musaburo sospirò e si passò una mano tra i disordinati capelli neri, quindi fissò il ragazzino, socchiudendo gli occhi. Un mezzo sorriso si accese sul suo viso per poi spegnersi quasi all’istante mentre il ragazzo emetteva un lieve lamento. Il capitano chiamò due shinigami suoi sottoposti: “Portatelo in caserma, ha bisogno di cure più approfondite… ora devo concentrarmi sugli altri feriti…”

I due shinigami ubbidirono senza fare domande, quindi il capitano si avviò verso le macerie del grosso edificio crollato nel bel mezzo del quartiere Nord, solitamente noto per non essere un luogo tranquillo e generalmente ben gestito. Il palazzo crollato, tuttavia, doveva versare in condizioni non proprio ottimali per aver ceduto dopo una singola scossa di terremoto e questo aveva costretto il comando medico a dover accorrere per dare soccorso a ben sessanta feriti, di cui trentacinque presenti nell’edificio.
Ora erano tutti stesi per terra mentre il vice-capitano del Comando Medico, Hare Shiro, prestava i soccorsi ad un uomo con la gamba rotta. Warui sorrise nel vedere l’abnegazione del suo sottoposto e la rapidità con cui, grazie alla sua abilità con le arti magiche, aveva riparato l’osso. Il ragazzo si voltò non appena si accorse del capitano, scattò in piedi e si mise sull’attenti: “Capitan Musaburo, tutti i feriti sono stati estratti dalle macerie e curati! Il primo soccorso che ha fornito è stato la chiave del nostro successo, Capitano!”

Warui rise dello zelo del suo giovane pupillo: “Non sminuirti, Hare-kun, sei stato eccezionale a provvedere alle cure per tutte queste persone!”

Il ragazzo arrossì violentemente: “…anche gli altri hanno aiutato… non ho fatto tutto da solo… insomma… ecco…”

Warui gli diede due pacche sulla testa, facendolo arrossire ancora di più: “Hai fatto un gran lavoro… e penso che qui abbiamo finito. Portiamo tutti negli ambulatori più vicini, giusto per sicurezza, e sgombriamo l’area… l’Alto Comandante ci aspetta”

Hare sbiancò all’istante: “Abbiamo un’altra riunione? Davvero?”

Warui sorrise al suo sottoposto, ma la sua mascella era contratta: “Evidentemente questa sarà una lunga giornata per noi tutti…”




 
[…]




“Ehi, cretino! Esci fuori da lì! Guarda che gli altri stronzi dei tuoi amici li ho tutti presi a calci nel sedere! Pensi che non voglia farlo anche con te?! Se non esci entro dieci secondi vengo lì e ti spacco la faccia, sei avvisato!”

“STA ZITTA, DONNA DEMONIACA! IO DA QUI NON ESCO! SE AVETE LE PALLE, VENITE VOI A PRENDERMI!” urlò l’uomo, muscoloso e pelato, con le due zanpakuto rubate agli shinigami di ronda uccisi solo un paio di mesi prima. Faceva lo spavaldo ma il terremoto aveva rovinato tutti i suoi piani… aveva trovato un vecchio magazzino abbandonato nella periferia più malfamata del quartiere Sud, ma il terremoto aveva fatto crollare tutto, lui e i suoi compari erano dovuti scappare e un maledetto arrancar del Comando di Polizia li aveva visti!

Quelli della Omicidi l’avevano trovato e un’altra dannatissima arrancar dai capelli viola e con la forza di un elefante li aveva rincorsi per mezzo quartiere, sbraitando e sparandogli contro un torrente di Cero. Tutti gli altri erano stati catturati e adesso rimaneva solo lui, rinchiuso in una baracca in attesa che qualcuno arrivasse per affrontarlo… ma aveva fatto tre anni di accademia, sapeva usare il kido e sapeva tirare di scherma, non sarebbe stato una preda facile.

“Sai, Satoshi-kun, sarebbe meglio se ti arrendessi, mi dispiacerebbe trafiggerti alle spalle con la mia wakizashi, ti faresti male e poi dovrei anche portarti dal medico e compilare cumuli e cumuli di scartoffie…”

Il bandito si girò di scattò e, con orrore, vide uno shinigami con l’haori da capitano, lunghi capelli neri tirati all’indietro e un sorriso furbo fissarlo con degli occhi verdi e penetranti. Sorrideva e lo guardava come se stesse incontrando un vecchio compagno di bevute.

“E tu chi diavolo sei!?” urlò il bandito, agitando le due zanpakuto e indirizzandole verso lo shinigami che era entrato, chissà come, nella baracca.

“Io sono il capitano Kaji Moboroshi del Comando Omicidi; tu sei Satoshi Hiwata, assassino di due povere reclute del Comando di Polizia Interna. Ora, io – e il capitano si indicò, sorridendo – capitano che si occupa di assassini; tu – e il capitano, sorridendo e fissando l’uomo con uno sguardo molto più che inquietante – pluriassassino… anche qualcuno scemotto come te potrà capire dove andrà a parare questa situazione. Quindi, per cortesia, arrenditi ora oppure sarò costretto ad accoltellarti alla schiena e…”

“STAI ZITTO, MALEDETTO!” urlò il criminale, saltando addosso al capitano… e passandoci attraverso. Satoshi guardò l’immagine dell’uomo sparire, incredulo, senza accorgersi che alle sue spalle qualcosa stava comparendo dal nulla. In un lampo, una wakizashi impugnata dal vero Kaji Moboroshi, ritornato visibile, lo trafisse sul fianco.
“Ti avevo detto – sussurrò Kaji – che sarebbe finita così. E ringrazia che non ti abbia preso in un punto letale…”

La voce dello shinigami era fredda e tagliente come la sua zanpakuto, ma il bandito urlò, sconfiggendo il dolore e corse via dall’uomo che lo aveva ferito, uscendo da quella baracca.

“Non mi prenderai mai, maledetto!” urlò appena uscito dalla porta con il capitano che, sorridendo amichevolmente, lo salutava con la mano. Nell’istante stesso in cui l’assassino mise piede fuori dalla porta, l’arrancar dai capelli violetti gli volò addosso, assestandogli un dropkick in piena faccia e stendendolo immediatamente… insieme a metà della parete di ingresso della baracca.

“Maledetto bastardo… era ora che uscisse allo scoperto! Ehi, voi là fuori! Venite qua che questo cumulo di sterco è ferito! Curatelo prima che l’Alto Comando ci faccia la ramanzina… di nuovo!” urlò la donna mentre gli altri del Comando Omicidi all’esterno accorrevano nella baracca e prelevavano il delinquente.

La donna invece si avvicinò al capitano: “Non potevi deciderti a usare i tuoi maledettissimi giochetti di luce e specchi prima che lo dovessimo inseguire per mezzo quartiere!?”

Kaji ridacchiò: “Ma è così bello vederti prendere a calci i cattivoni! È così da Regina Hierrobosque!” e il capitano fece un gesto teatrale con le mani.

“Si, certo, è proprio da me prendere a calci i criminali, ma poi all’Alto Comando sono io che mi becco tutti i rimproveri! – disse, quasi imbarazzata, Regina Hierrobosque, arrancar vice-capitano del Comando Omicidi – Almeno coprimi le spalle e difendimi quando faccio il lavoro sporco, se ti piace così tanto vedermi picchiare i cattivi!”

Kaji ridacchiò soddisfatto, rinfoderando il wakizashi: “Tanto all’Alto Comando ci rimproverano entrambi e sempre… almeno così ci divertiamo, no? E io posso ammirare la furia del mio Vice!” e il capitano le lanciò un bacio volante.

Regina divenne rosso pomodoro e sbuffò: “NON PENSARE DI CAVARTELA CON LE TUE SOLITE SMANCERIE TEATRALI! APPENA TORNIAMO ALL’ALTO COMANDO TI DENUNCERÒ AL COMANDANTE!”

Il capitano Moboroshi rise: “Allora è la tua occasione, siamo stati convocati mezz’ora fa!”

“COSA?!” e l’arrancar resistette a stento alla voglia di assestare un dropkick anche al suo capitano, troppo impegnata ad affrettarsi per rispondere ad una convocazione di cui nemmeno sapeva l’esistenza. Riuscì però a scorgere sul viso del suo capitano un’espressione seria e contratta e ciò la fece tornare istantaneamente coi piedi per terra.

“Prima il terremoto, ora il Kaji preoccupato… questa giornata non finirà bene…” pensò Regina, mettendosi una mano sul buco che aveva in pieno petto. Probabilmente se avesse avuto un cuore lì dove sarebbe dovuto essere, l’avrebbe sentito perdere un paio di colpi.




 
[…]




“Maledette macchine! Questo risultato non ha senso! Soul! Ricalibra i sensori… DI NUOVO!” sbraitò con tutto il fiato che aveva in corpo Chunami Gakusha, capitano del Comando Scientifico, mentre analizzava i dati sul suo computer. Da quattro ore rivedeva e rivedeva gli stessi calcoli e gli stessi, insensati risultati e non riusciva a capire assolutamente nulla.

Si mise le mani tra i lunghi capelli viola e urlò mentre il suo automa, Soul, la sua più grande creazione, le comunicava con voce gracchiante: “Ho ricalibrato i sensori, capitano”.

La donna non riusciva a credere ai suoi occhi: non era cambiato nulla sui dati che il monitor le riportava, assolutamente nulla. Il robot Soul, modo amichevole con cui il capitano chiamava la sua creazione migliore, S0u7, le si fece di fianco con passi meccanici e pesanti e prese a fissare anche lui lo schermo con l’unico occhio meccanico: “Capitano, ho forse commesso un errore?”

“No Soul… mi sa che siamo di fronte a qualcosa di molto… particolare…” rispose la donna minuta, non riuscendo a credere ai dati che continuava a rileggere.

La porta del laboratorio si aprì e quello che sembrava un ragazzino dai capelli azzurri entrò di fretta, allarmato dalle urla del capitano: “Capitano! Che succede!?”

“Succede l’impossibile, Hideki-kun! Ecco cosa!” disse sconcertata Chunami, tirando il ragazzo al suo fianco e strappandogli un urletto di sorpresa.

Hideki Shirokiri, vice-capitano del Comando Scientifico, osservò i dati e concluse di dover star leggendo un errore: “Che significa che l’epicentro del terremoto è ovunque?! I sensori si sono rotti di nuovo?”

Soul negò con la testa meccanica: “Il Capitano mi ha incaricato di ricontrollarli 45 volte nelle ultime due ore. I sensori sono funzionanti, vice-capitano Shirokiri”

Chunami si avvicinò agli schermi fino ad arrivare ad appicciarci il naso contro: “È come se… l’intero mondo avesse tremato senza una ragione specifica… tutti i Void Territories hanno vibrato… un mondo intero che ha avuto un singhiozzo…”

Hideki parve scosso: “Ma questo non è possibile…”

Il capitano si voltò di scatto e sorrise: “Andiamo subito all’Alto Comando! C’è un mistero da svelare e nuove conoscenze da acquisire! MAGARI POTRÒ COSTRUIRE UN ROBOT ANTI-SISMICO! ANDIAMO HIDEKI!” urlò la donna, trascinando via Hideki e il robot Soul. E persino l’automa, senza volto umano, parve sconvolto dalla foga della ragazza.



 
[…]




“Avanti, circondate l’area e rafforzate le barriere, nessuno deve avvicinarsi a questo posto senza autorizzazione espressa mia o del vice-capitano Shimizu, sono stata chiara?”

“Si, capitano Hayashi!” risposero i dieci membri del Comando Affari Segreti allineati di fronte a lei per poi scattare via e circondare la zona. In pochi secondi, una grossa barriera rilucente di Reishi circondò l’area in un raggio di 50 metri. Il capitano del Comando Affari Segreti, Setsuna Hayashi, era in piedi di fronte all’anomalia, fissandola con occhi di ghiaccio. I lunghi capelli corvini erano smossi dalla corrente che proveniva dall’anomalia.

“D’accordo, pensavo di averle viste tutte nella vita, tra Hollow che compaiono a caso, esperimenti di chissà chi e maschere magiche che ti fanno sembrare uscita da una rappresentazione teatrale, ma una cosa simile non me la sarei mai aspettata… cioè, io pensavo di dover venire qui a spaccare qualche deretano malvagio!” le disse un uomo, avvicinandosi a lei e affiancandola. Dall’alto del suo metro e novanta, il vice-capitano Rei Shimizu la guardò con aria beffarda dall’alto dei venti centimetri di differenza che li separava, grattandosi la guancia sfregiata dalle tre cicatrici che correvano dal sopracciglio sinistro fino quasi alla base del volto.

Setsuna si limitò a spintonarlo via, senza staccare lo sguardo dall’anomalia; strinse la mano sull’elsa della sua zanpakuto: “È nostro dovere occuparci di ogni minaccia ignota e potenzialmente letale per l’ordine dei Void Territories. Non possiamo scherzarci su, non ora… non ora Rei…”

Lo shinigami le si avvicinò di nuovo, stavolta con un’espressione seria sul volto: “Lo so, Setsuna… ma se non scherzo adesso, come faccio a venire a patti con… quello?”

L’uomo indicò l’anomalia di fronte a lui: era come un taglio frastagliato e asimmetrico che galleggiava a mezz’aria, aprendo una ferita scura che strabordava di energia violacea; una leggera corrente d’aria veniva emessa dal portale e, allo stesso tempo, questo produceva una debole attrazione, attirando frammenti di polvere e detriti al suo interno, senza che questi uscissero dall’altra parte.

Setsuna sospirò: “Lo so, ma non è il momento. Dobbiamo capire come chiuderlo, prima che ci sia un altro terremoto… La città è nel caos e molti nostri uomini sono stati costretti ad operazioni di salvataggio. Edifici crollati, feriti ovunque… non possiamo permetterci errori. Dobbiamo chiudere quel… portale, o qualsiasi cosa sia”

Lo squarcio vibrò piano e parve contrarsi un po’ su sé stesso, di scatto, prima di stabilizzarsi un po’. Rei fece una risata amara: “Forse si sta chiudendo da solo? Magari è stato solo un kido fatto male da qualcuno dell’accademia e che ha prodotto un’aberrazione… non sarebbe la prima volta che uno di quegli imbranati combinano un macello!”

Setsuna scosse il capo: non sarebbe stata la prima volta, certo… ma quello squarcio non assomigliava a nessuna delle anomalie che aveva avuto modo di eliminare nel corso degli anni. Il portale, doveva ammetterlo, la inquietava più del dovuto, così come la inquietava la strana reiatsu che dallo squarcio arrivava nei Void Territories. Una reiatsu aliena e bizzarra, mai percepita prima.

“Capitano, capitano! – disse un arrancar con mezza maschera da gorilla sul volto, correndo verso di lei – C’è un messaggio dell’Alto Comando, siete stati convocati!”

Rei sospirò: “Proprio ora che il portale si sta restringendo da solo… Non possiamo neanche vedere come va a finire! L’Alto Comandante è proprio una guastafeste!”

Setsuna trattenne una risata, pur trovandosi d’accordo con Rei: “DeKong, tu e gli altri rimanete qui, riferiteci urgentemente se quella… cosa continua a restringersi fino a chiudersi o se… se…”

L’arrancar annuì: “Qualsiasi cosa accada, la informeremo il prima possibile, capitano!”

“E che nessuno si avvicini al portale… non sappiamo neanche se qualcuno è già stato qui prima del nostro arrivo…” concluse il capitano, cominciando ad allontanarsi.

“Tranquilla Setsuna, siamo ai confini estremi del Quartiere Est… qui non ci arrivano neanche i poveri senzatetto della periferia!”

Setsuna deglutì rumorosamente: “Lo spero… non oso immaginare cosa succederebbe ad una persona che viene inghiottita da quel portale e non voglio neanche saperlo… andiamo, testa quadra… dobbiamo fare rapporto!” e la shinigami, sparendo con uno shunpo, corse via.

Rei, allarmato, prese a seguirla: “EHI! IO NON SONO UNA TESTA QUADRA! ASPETTAAAAAAA!” e anche lo shinigami sparì, seguendo il suo superiore.

Il portale crepitò ancora, riducendosi ancora un po’ prima che uno strano cappello alla pescatora a righe bianche e verdi comparisse dal suo interno, lasciando il povero DeKong, rimasto lì di guardia, a dir poco esterrefatto…




 
[…]




Mondo Reale, periferia di Karakura Town
 
“Dannazione, quello era il mio cappello preferito!” disse Urahara Kisuke, toccandosi i capelli mentre si allontanava con un balzo dallo strano portale apparso nel bel mezzo di un magazzino vuoto nella zona industriale di Karakura Town. Alcuni suoi macchinari avevano percepito una strana energia spirituale e, assieme a Ururu, Jinta e Tessai, era corso a controllare.

Ora i quattro fissavano quello strano portale che si era mangiato il cappello di Urahara e nessuno sapeva bene cosa fare. Jinta era l’unico che sembrava non essere troppo intimidito da quella strana apparizione e agitava con strafottenza la sua mazza da baseball.

“Urahara-san… che facciamo?” chiese timida Ururu, avvicinandosi alle gambe dello shinigami. Tessai si avvicinò al portale ed evocò alcune strane magie mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione sempre più perplessa.

“Non è possibile… questa reiatsu è stata registrata pochissime volte… Urahara-san… questo è uno squarcio… per…”

Kisuke si avvicinò di nuovo, senza più la maschera sorniona che solitamente portava sul volto per nascondere la sua immensa e terribile intelligenza. Kisuke si ricordò del passato, delle sue ricerche ai tempi della dodicesima brigata e delle leggende antiche narrate ai bambini della Soul Society. Storie di anime perse e approdate in un mondo fuori dai mondi e dal ciclo delle reincarnazioni.
Ricordò il fascicolo di dati che aveva raccolto ai tempi e di come si accorse solo molti anni dopo di averlo lasciato nella Soul Society al momento della sua fuga. Chissà chi ci aveva messo le mani sopra… eppure non riusciva a crederci.

Il portale cominciò a rimpicciolirsi sempre di più e sia Tessai che i due ragazzini gli chiedevano il da farsi, ma Urahara fissava quello squarcio con totale meraviglia: “I Void Territories… questo è un portale per i Void Territories…” e il portale, quindi, si chiuse con un sonoro schiocco.

Urahara tirò fuori dalla sua giacca un altro cappello, identico a quello perso, e sorrise: “Tessai! Chiama Yoruichi… e magari avvisa anche Isshin! Abbiamo del lavoro da fare! Dobbiamo rendere realtà una leggenda!” e il biondo cominciò a ridere maniacalmente, sventolando un ventaglietto di carta e saltellando di qua e di là, lasciando perplessi i sempre più confusi Tessai, Jinta a Ururu…



 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: MIV93