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Autore: F_Brekker    08/04/2021    4 recensioni
Dopo aver terminato Il regno corrotto, avevo assolutamente bisogno di far continuare la storia fra Kaz e Inej. La narrazione è ambientata a partire da un periodo ipotetico in cui Inej torna dalla sua prima avventura in mare, a caccia di schiavisti. Lei e Kaz si ritrovano a fare i conti con il desiderio e le difficoltà che hanno sempre caratterizzato il loro rapporto.
Ho cercato di mantenere il più possibile i personaggi fedeli a quelli descritti dalla Bardugo, spero che non troverete grandi dissonanze fra quelli che conoscete e quelli di cui sto scrivendo.
Buona lettura :)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La frescura dell’aria mattutina portò Kaz a stringersi nel cappotto. I colori dell’alba si riflettevano sulle case del Barile, conferendo loro un fascino di cui erano prive nell’usuale grigiore di Ketterdam. Il suo respiro e i suoi sbuffi formavano nuvolette bianche che si disperdevano rapidamente. Lo attendeva una bella strigliata, dall’unica persona da cui avrebbe accettato di prenderla: ovviamente, Inej. Come se quello non bastasse, la gamba irradiava pulsazioni da quando si era alzato, costringendolo a procedere più lentamente e dolorosamente del solito. La giornata si preannunciava pessima, ma questo lo lasciava del tutto indifferente. Non esistevano giornate felici nel Barile. 

Inej gli aveva dato appuntamento al porto, lasciandogli un foglietto sul letto, su cui aveva scritto il luogo e l’orario dell’incontro in tre parole asciutte. Di solito era lui ad essere secco, non lei.

La vide subito, seduta sulla banchina, con le gambe penzoloni e la lunga treccia che le sfiorava la schiena. Era certo che l’avesse sentito avvicinarsi, fra i passi scoordinati e i colpi del suo bastone, tuttavia non si mosse di un millimetro. 

— Buongiorno, Kaz — gli disse, con la voce leggera come un battito d’ali. 

— Inej —. 

Con qualche movimento maldestro si abbassò per sedersi accanto a lei. Non c’era nessuna barca attraccata davanti a loro, e Inej osservava il ritmo ipnotico delle increspature dell’acqua. Gestiva il silenzio con la stessa maestria con cui era capace di rendersi invisibile, diceva tutto senza pronunciare una sola parola. Kaz non riusciva a sopportare quella tensione.

— Sono tutt’orecchi, Spettro — iniziò lui, spostando lo sguardo sul suo viso. Lei si voltò, e un’espressione di stupore le alterò i lineamenti. 

— Kaz... Cos’è successo al tuo naso? — gli chiese, divertita. Con grande disappunto di Kaz, Inej si abbandonò ad una limpida risata. Non esisteva un suono più appagante per lui, gli era mancato in modo doloroso quando lei era lontana. Tuttavia, quella mattina la sua risata lo lasciò impassibile. 

— E’ stata quell’incapace della tua Corporalki, si è lasciata prendere la mano — disse con tono stizzito.

— E’ più bello di prima — gli fece notare lei. 

— Sono un capoclan del Barile, non un damerino che suona il violino e passa il resto del tempo a rigirarsi i pollici —. 

— Non c’è di che, Kaz, davvero —. Ignorò la sua provocazione. 

— Alla prossima rissa qualcuno provvederà a farlo tornare come prima. Non ti ci abituare —. 

— Non mi abituo mai a niente di ciò che ti riguarda, Kaz Brekker —. A quella parole un sorriso obliquo gli attraversò le labbra. Forse non era così arrabbiata.

— Il tuo naso è un bel inconveniente, dato che mi ero ripromessa di essere furiosa con te — confessò Inej, lanciando uno sguardo fugace in direzione di Kaz. I suoi capelli corvini si agitavano assecondando la brezza, e la luce calda del mattino ammorbidiva i lineamenti spigolosi del suo viso.

— Forse devo ringraziarla davvero, la Corporalki. Poche cose mi fanno paura come uno Spettro incazzato —. 

Inej alzò un sopracciglio — Davvero? —.

— No — ammise lui — ma mi diverte che tu ci abbia sperato —. Gli angoli della bocca gli si sollevarono in un sorriso di scherno. In riposta si beccò uno strattone da parte di Inej. — Adesso ti metti a colpire i poveri storpi? — le chiese, con fare vittimista.

— Solo i poveri storpi con i nasi belli — ribatté lei.

— Allora sono spacciato — concluse Kaz, avvicinando la sua mano guantata alla guancia di Inej. Stavolta era lui a muoversi lentamente, per permetterle di scostarsi. Non lo fece, ma i suoi occhi scuri gli incatenarono lo sguardo. Le doveva delle risposte. 

— Sai che non manca molto alla mia ripartenza. Andrò a Ravka — cominciò lei, e lui annuì in risposta. — Ieri stavo reclutando nuovi membri per l’equipaggio, e io, Kaz, lo sapevo che avresti provato ad infiltrare i tuoi sulla nave —. A quel punto distolse lo sguardo, tornò ad osservare l’orizzonte. Non fu minimamente sorpreso dalle parole di Inej, aveva accettato da tempo la sua capacità di prevedere le sue mosse. Non senza una buona dose di frustrazione.

Lei continuò — Così ho chiesto a tutti di mostrarmi i loro tatuaggi —.

— Avrei fatto lo stesso — commentò lui. 

— Sapevo anche che saresti riuscito a nascondere il corvo e il calice, magari con l’aiuto della Splasmaforme che ho portato da te per farti aiutare. Questo non voglio saperlo. Così ho osservato il loro comportamento mentre esaminavo gli avambracci, per capire chi fossero i più nervosi —. 

— Astuto, in effetti —. Sbuffò. — Quegli stupidi idioti si sono fatti beccare così? — borbottò.

— Già —. Sospirò. — Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, Kaz, come fai ancora a pensare che io abbia bisogno di protezione? Io non vengo a dirti come fare il tuo lavoro, potresti evitare di intrometterti nel mio? —. Ignorò la fitta che gli flagellò la gamba. Inej aveva frainteso, ma quelle parole lo ferirono ugualmente. Sentì che lo avevano toccato in un punto delicato.

— Non hai capito, Inej — riuscì a dire.

— Cosa? — tutto in lei era in attesa, Kaz non sapeva bene di quale rivelazione. 

Parlò la lingua che gli veniva facile. — Pensi davvero che non abbia niente di meglio da fare che sprecare tre dei miei uomini per proteggere te? Pensavo che mi conoscessi meglio, Spettro. Quegli uomini non erano per te, ma per me —.

Lei sembrava ancora più confusa. — Cosa vuoi dire? —

Già, cosa voleva dirle? Passò al vaglio un buon numero di mezze verità che avrebbe potuto propinarle, non dubitava che Inej ci avrebbe creduto. Si fidava di lui. Ma alla fine, non disse nulla di tutto ciò. Sarebbe stato migliore rispetto al passato, per sentire di meritarla almeno un po’. 

— Se pensi che starò di nuovo per mesi senza avere tue notizie, ti sbagli. Non starò di nuovo senza sapere in quale sperduta parte di mondo ti trovi, ignorando se sei ancora tutta intera, se sei morta e gli uccelli ti stanno beccando le budella, o se stai marcendo in qualche prigione. Questa volta, Spettro, saprò dove diavolo sei ancor prima che tu ci arrivi. E’ per questo che li avrei pagati — ringhiò. Il suo tono era stato più aggressivo di quanto avrebbe voluto, ma il pensiero di non avere notizie di lei per mesi, gli incendiava le viscere. 

Inej lo fissava incredula, l’espressione immobile. 

— Volevi che ti scrivessero di me? —. La sua voce tradiva un’emozione che non seppe decifrare.

Non riuscì a reggere il suo sguardo. — Sì, e spesso —.

— Perché non lo hai chiesto a me, Kaz? —. Nessuna traccia di rabbia, eppure la pelle ambrata del suo volto era arrossita. 

— Non volevo darti un pensiero in più. Dare la caccia agli schiavisti immagino ti impensierisca a sufficienza —.

In risposta, Inej alzò le braccia in un gesto esasperato. — Sai una cosa, Kaz? Sei piuttosto stupido, per essere un genio —. Forse adesso era un po’ arrabbiata. 

— Mmh? —. In quel momento era lui, a non capire. All’improvviso, si sentì afferrare il volto fra la mani di Inej. I palmi caldi di lei gli scatenarono la nausea famigliare da contatto, e di riflesso si portò la mano alla gola.

— Respira — ordinò lei. E’ vero, si stava dimenticando di farlo. Si aggrappò al suo sguardo con tutte le sue forze. Grandi occhi neri, che aveva visto luccicare molte volte, per una risata cristallina, per le lacrime, per l’eccitazione. Quante volte aveva sognato quegli occhi, non sapeva dirlo. Li avrebbe seguiti persino all’inferno.

Respirò.

—  Kaz Brekker — iniziò la sua ragazza Suli.

— Rietveld — la interruppe lui. Cosa diavolo stava facendo? Perché la logica del mondo finiva quando compariva Inej?

Le pupille di lei si dilatarono, allentò la presa, e Kaz a poco a poco riprese consapevolezza delle loro pelli umide, viscide. Gli si mozzò il fiato, mentre buttava giù la bile.

— Respira — ordinò di nuovo lei. Obbedì. La sua voce era una scintilla di luce che gli indicava la traiettoria da seguire, nel buio profondo della sua mente. 

— Kaz Rietveld — ricominciò — Mi chiamano Spettro, perché tutto in me vaga senza sosta, e non c’è anima viva che possa sentirmi. — Fece una pausa, chiuse gli occhi — Ma il pensiero di te, Kaz, è l’unica cosa immobile e rumorosa della mia vita —. Li riaprì, e in qualche modo il suo sguardo dolce fu uno schiaffo in pieno viso. Si sentiva come se Inej gli avesse perforato il petto con un pugno, e ora stesse stringendo le dita attorno al suo cuore pulsante. Lei era insieme la sua salvezza e la sua distruzione, e che lo salvasse o lo distruggesse non aveva importanza, tutto quello che contava era stare accanto a lei. 

Non riuscì a dire una sola parola. Sentì le piccole mani di Inej scivolargli lentamente dal viso, la sua espressione paziente lasciava intendere che non si aspettava nessuna risposta da parte sua. Si maledì per questo. 

— R di Rietveld? — gli chiese lei, alludendo al tatuaggio sul suo bicipite. La sua voce si era fatta morbida come seta. 

— E’ così — confermò lui, sentendo alleggerirsi il peso che abitualmente gli gravava sullo stomaco. Era una sensazione nuova, ora erano in due a spartirsi quel fardello. Da un po’ di tempo desiderava farlo, ma non aveva mai trovato il coraggio, fino a quel momento. Non avrebbe saputo dire precisamente da quando, ma il pensiero che lei non conoscesse il suo vero nome aveva cominciato a tormentarlo. — Ovviamente puoi chiamarmi come ti pare — gli disse infine lui.

Dopo un attimo di esitazione, Inej rispose — Che ne dici di “Kaz, mio caro, tesoro del mio cuore”? —.

— Ti dico che la tua carriera da pirata cadrebbe a picco, se mi chiamassi così — e poi aggiunse — e che mi rubi le battute —. Le fece l’occhiolino, facendo arrossire, suo malgrado, Inej. Si avvicinò lentamente al viso di Kaz, poteva già percepire le labbra morbide di lei premere sulle sue. Ma per tutti i dannati Santi, erano al porto. Il suo sguardo fece un guizzo a sinistra, per vedere se ci fosse qualcuno intorno, ottenendo come risultato quello di far allontanare rapidamente Inej. Le afferrò il braccio, per tenerla vicino a sé. 

— Forse dovremmo cercare un posto più... appartato — tentò lui. Lei scostò la mano di Kaz dal suo braccio con un gesto delicato.

— In realtà, non ho tempo per appartarmi con te, Kaz. Il dovere mi chiama. Ma oggi, ti rivedrò? — un’espressione fiduciosa le si dipinse sul viso. 

Gli fece perdere la concentrazione, e ci mise un attimo prima di risponderle — Temo di sì —. 

Inej si librò in volo, in un attimo sparì dal sul campo visivo. Lei era felice, e con suo grande stupore dovette constatare che la sua felicità gli aveva guarito la gamba.

Si alzò in un baleno. Sarebbe stata una giornata diversa dalle altre, ma perché lo fosse, aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno. Si avviò a grandi passi. La gente intorno a lui gli faceva spazio, perché se c’era qualcosa che temevano di più della furia di Manisporche, era il suo sorriso stampato in faccia.    

   
 
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