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Autore: Yoshiko    08/04/2021    3 recensioni
"Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso." Un capitombolo, un'aggressione, un temporale, un tentativo di salvataggio mal riuscito e altre improbabili avventure accompagneranno i protagonisti della storia in situazioni sempre più assurde e inaspettate.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Tsubasa Ozora/Holly
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Virtual Story'
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Le colline che cingevano la valle erano ricoperte di verdissimi bambù e il viottolo asfaltato proseguiva dritto tra le risaie. Julian lo percorreva pedalando, Amy era seduta sul portapacchi della bicicletta e osservava estasiata il paesaggio. I capelli della ragazza ogni tanto gli finivano sul collo facendogli il solletico e inebriandolo del profumo delle ciocche morbide. Erano usciti presto e la brezza rinfrescava l’aria di quella che sarebbe stata un’altra calda giornata estiva.
Amy gli sfiorò un braccio in una carezza.  
-Che tranquillità, vero?-
-Sì, è fantastico! Pochissime macchine e tutta natura. Erano giorni che non vedevo un cielo così terso.-
-Ma stamattina c’era nebbia, sicuramente farà caldo.-
-E noi ci fermeremo sotto un albero, vicino al ruscello. E poi stasera, quando arriveremo in hotel, ci tufferemo in piscina e ci sbaferemo una succulenta cena di pesce.-
-Sarà bellissimo.- Amy pregustò già quei tranquilli e intimi momenti, non vedeva l’ora di arrivare -Sei stanco?- gli domandò d’un tratto.
-Scherzi? Sei leggera come una piuma.-
-Magari.- rise lei e per ringraziarlo di quello che reputò un complimento, si puntellò sul portapacchi e si sollevò per regalargli un piccolo bacio sul collo.
Il movimento fece vacillare la bicicletta. Julian si irrigidì e strinse il manubrio, frenò un po’ mentre le ruote costeggiavano pericolosamente il ciglio del viottolo, sfiorando l’orlo del canalino di scolo. Restarono in carreggiata per un pelo. La ragazza circondò con le braccia il torace di Julian ed emise una specie di mugolio spaventato.
-C’è mancato poco!-
-Scusa…-
-Scusami tu. È colpa mia se ti sei distratto.-
-Se vuoi continuare a distrarmi magari possiamo fermarci.-
Lei rispose ridendo. Alzò gli occhi per seguire il volo di un airone cinerino disturbato dalle loro voci. Il frinire delle cicale riempiva l’aria. Oltre alla bellezza del paesaggio, a inondare la campagna c’era un preziosissimo silenzio. Un silenzio che durò pochi minuti, giusto una trentina di lente pedalate.  
-Julian, cos’è questo rumore?-
-Quale?-
-Ascolta.-
Il venticello gli sibilava nelle orecchie e all’inizio non riuscì a distinguere nessun rumore. Poi qualcosa arrivò. Era una specie di tenue rombo, un debole boato che si faceva sempre più vicino. E più si avvicinava più aumentava di volume. Come i tuoni. Julian alzò gli occhi al cielo, oltre il profilo verde scuro delle montagne che si stagliavano contro l’azzurro. Non era un temporale in arrivo, nel cielo non c’era traccia di nuvole.
-Cos’è?-
Poi il rumore divenne un battito insistente, sempre più nei pressi. Finché a interrompere il silenzio arrivò improvviso e prepotente il ritmo dei bassi di una musica commerciale sparata a tutto volume. Era dietro di loro.
Si volsero. Prima Amy, poi Julian, che riuscì a dare solo una rapida occhiata.  
-Un furgone.-
La vettura bianca procedeva a velocità sostenuta e li stava rapidamente raggiungendo. Più il furgone si avvicinava e più il frastuono della musica cresceva.
-Non ci ha visti?-
Amy si tese, aggrappata a Julian. Il conducente non solo non decelerava ma continuava a procedere al centro della strada.
-Non può non vederci, ci siamo solo noi.-
-Non rallenta.-
-Deve vederci per forza.-
La voce di Julian fu sovrastata dal sonoro strombazzare di un clacson. Dalle risaie si levò uno stormo spaventato di uccelli che sorvolò la strada. Per evitarli, Julian sterzò di colpo. Amy si strinse forte a lui.
-Ecco, ci ha visti.-
-Sì ma non rallenta.-
Julian percepì le dita di Amy aggrapparglisi con forza.
-Senti che casino! Neanche ci fosse solo lui qui!-
-Julian, accosta. Lascialo passare.-
Lui prese a costeggiare il ciglio dell’asfalto, le ruote a sfiorare l’erba.
-Ancora, Julian.- una nota di urgenza trasudò dalla sua voce.
La vettura alle loro spalle si faceva sempre più vicina e non rallentava.
-Più di così non posso.-
Il conducente della macchina riprese a strombazzare. Julian s’infervorò.
-Dove pretende che vada?- si voltò un istante indietro e sobbalzò. Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il canalino di scolo e si addentrò nell’erba. Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso.
Il furgone si fermò. Il frastuono della musica cessò e i suoi occupanti scesero con uno sbatacchiare di sportelli. Julian riemerse dalla fanghiglia e cercò Amy. La ragazza era in ginocchio, dai capelli la melma le colava ai lati del viso. A un passo da lei la ruota anteriore della bicicletta capovolta continuava a girare d’inerzia.
Julian perse il controllo, una furia cieca lo assalì e lanciò insulti verso la strada.
-Imbecilli! Cretini! Idioti! Che accidenti correte? Volevate ammazzarci?- si puntellò nel fango e si tirò su con un gemito di dolore. Aveva urtato il ginocchio da qualche parte e ora gli faceva un male cane.
Amy, che piangeva di ribrezzo, interruppe i singhiozzi e corse al suo fianco, sguazzando nella melma.
-Ti sei fatto male?-
-Credo di no… Tu?-
-Niente. Sto bene. No, anzi, sto malissimo.- si guardò le mani da cui colava una poltiglia viscida e scura e riprese a singhiozzare -Questa roba ha una consistenza e un odore orribili.-
-Amy, non piangere.- cercò di consolarla lui -Siamo stati fortunati, non ci siamo fatti niente.- erano ricoperti di fango ma almeno l’acqua aveva attutito la caduta.
Poi qualcuno rise. Non una risatina discreta, soffocata, nascosta, colpevole. Ma un vero e proprio scoppio di ilarità che ad Amy fece più male del capitombolo. Il suo pianto aumentò di volume facendosi isterico. Erano caduti nel pantano e chi ce li aveva fatti finire aveva persino il coraggio di prendersi gioco di loro.
Per consolarla Julian avrebbe voluto accarezzarle una guancia o lisciarle i capelli, ma non si decideva a toccare la guazza che la ricopriva. La sensazione di quelle carezze non sarebbe stata piacevole per nessuno dei due. La lasciò sfogarsi e alzò gli occhi su Mark. In piedi sul ciglio della strada, l’amico li salutava agitando un braccio.
-Come siete ridotti! Dovreste vedervi!-
-Imbecille!-
Philip si calò lungo il pendio con l’intenzione di soccorrerli ma si arrestò sull’argine della risaia, gli occhi al pantano e l’espressione vagamente disgustata.
-State bene? Giuro che guidava Mark! Amy, mi dispiace tantissimo! Non so davvero chi abbia dato la patente a questo cretino!-
Lei per ascoltarlo aveva smesso di singhiozzare, ma riprese a farlo finché non terminò le lacrime. Tutto quel pianto servì almeno a ripulirle un po’ il viso.
Mark sulla strada continuava a sghignazzare e non faceva un passo per soccorrerli. Julian si strizzò il davanti della maglietta. L’acqua scolò via ma le macchie di fango rimasero.
-Smettila di ridere! Imbecille! Potevamo farci male!-
Philip l’appoggiò.
-Piantala, Landers! Non c’è nulla di divertente.- ma quello se ne strafregava e allora si rivolse alla coppia -Denunciatelo, se lo merita! Io testimonierò contro di lui. Fatevi pagare i danni!-
La risata di Mark si spense di colpo.
-Cosa? I danni? Che c’entro io? Tu Ross, sei davvero un pessimo ciclista. Non si cammina in mezzo alla strada, se sulla strada ci passa a mala pena una macchina.-
-Non si sorpassa in quel modo, vandalo! Non si sorpassa a tutti i costi, anche quando non c’è spazio!-
-Gliel’ho detto.- aggiunse piatto Philip -Ma ha voluto fare di testa sua. E la sua testa lo sapete quant’è dura!-
-Hai rovinato il nostro viaggio di nozze!-
Philip e Mark fissarono Amy spiazzati.
-Viaggio di nozze? E quando vi sareste sposati?-
-Non ne sapevamo niente!-
-Certo, sono affari nostri!- mise in chiaro Julian arrancando insieme ad Amy sul declivio fino a raggiungerli.
Poi Mark scoppiò a ridere di colpo.
-Eravate in viaggio di nozze? In bici? Stavate andando in viaggio di nozze, in bici? Alla faccia del risparmio!-
Amy si imbufalì.
-Abbiamo scelto un percorso ecosostenibile, che c’è di male?- si portò le mani ai fianchi, la sua collera e la sporcizia che la ricoprivano erano esilaranti e Mark non riusciva a smettere di ridere -Anche tu dovresti andare in bicicletta invece di produrre monossido di carbonio con quella ferraglia puzzolente. Non sai che inquini il pianeta? Cosa vuoi lasciare in eredità ai tuoi figli? Un mondo sporco e inquinato?-
-Capirai, i figli…- Philip scosse mesto la testa -E chi se lo prende uno come Mark? Sarà pure belloccio, ma è un animale selvatico, completamente indomabile. E spilorcio.-
Mark aveva imboccato la strada del divertimento e persino le affermazioni poco lusinghiere di Philip lo facevano sbellicare.
I tre decisero di ignorarlo.
-Quindi in definitiva qual era la vostra meta? Possiamo darvi un passaggio?-
Landers tornò serio all’istante.
-Non dire stronzate, Callaghan! Non voglio assolutamente che mi inzaccherino il furgone! L’ho pulito giusto tre mesi fa.-
-Pensa che schifo.-
-Ecco appunto Amy, se ti fa schifo non ci salire e siamo tutti più contenti.-
-E che vorresti fare, Mark? Lasciarli qui in mezzo alla strada in queste condizioni?
-Prima o poi passerà qualcuno.- si guardò intorno. Si trovavano così immersi nella campagna che in giro non si vedeva nessuno -Con un po’ di fortuna, magari… prima o poi.-
-Mark!- Amy scoppiò -Hai rovinato il nostro viaggio di nozze, ci hai ridotti in questo stato e ti rifiuti addirittura di darci un passaggio?-
-A parte che hai appena detto che la mia macchina ti fa schifo, comunque se ti vedessi capiresti anche tu il perché.-
Amy lo spintonò indietro e si avvicinò al furgone. Il ragazzo la seguì immediatamente. Con un gesto brusco, pieno di stizza, lei aprì lo sportello posteriore e fece un balzo indietro. Alcuni oggetti ammucchiati all’inverosimile caddero a terra. Era pieno. Quel furgone era così pieno di roba da scoppiare. Contava dodici posti, ma la maggior parte dello spazio disponibile era occupato da una moltitudine di cianfrusaglie.
-Mark, ma cosa sei? Un accattone? Cos’è tutta quest’accozzaglia che ti porti dietro?- Amy rabbrividì inorridita -Questa non è una macchina ma l’officina di un rigattiere! Guarda che polvere! Saranno anni che non dai una pulita, altro che mesi! Vero? Saremo sicuramente Julian e io a sporcarci qui dentro!-
-Non sei costretta ad accettare un passaggio che non ti ho offerto!-
-E invece sì! Accetto il passaggio che mi stanno offrendo i tuoi sensi di colpa per ciò che ci hai fatto.- Amy si rivolse a Julian -Devo recuperare lo zaino.-
Tornò indietro, si calò lungo il pendio e con un moto di disgusto infilò di nuovo i piedi nel fango. Frugò nella melma intorno alla bici e riuscì a tirar fuori la sua borsetta e lo zaino di Julian gocciolanti di melma. Risalì sulla strada e aprì entrambi. Gli oggetti all’interno erano completamente bagnati ma il tessuto aveva trattenuto il fango e non si erano sporcati. Il cibo, ben protetto da contenitori e bustine di plastica si era salvato. Quei pochi abiti che avevano con loro si sarebbero presto asciugati, insieme al resto. Forse sarebbe stato recuperabile quasi tutto.
Julian risalì sulla strada dietro di lei portando con sé la bicicletta. Non sembrava rotta ma era molto, molto sporca.
Quando vide Philip aprire gli sportelli posteriori del furgone, Mark balzò su.
-Che state facendo?-
-Non vorrai lasciarla nella risaia!-
-Certo che sì!-
-Ma no!- protestò Julian -Me l’hanno regalata per le nozze, si tratta dell’ultimo modello e di sicuro non l’abbandono qui!-
Mark continuò a borbottare contrariato ma nessuno gli diede ascolto. Philip e Julian incastrarono la bicicletta sul retro e salirono a bordo. Landers si rassegnò a riprendere il proprio posto alla guida e a mettere in moto. La musica esplose, Amy gridò di sgomento.
-Mark! Abbassa il volume! Dove credi di essere? In discoteca?-
Philip spense lo stereo e lanciò agli amici un’occhiata imbarazzata.
-Mark ha problemi di udito.-
-Come hai potuto sopportare un tale baccano, Philip?-
-Con molta pazienza.-
-Bravo, Callaghan.- Mark ingranò la prima -Adesso fai il martire ma fino a dieci minuti fa cantavi a squarciagola.-
Amy scosse la testa incredula.
-Voi siete davvero suonati. Altroché.-
-Se chiudi lo sportello partiamo.- la zittì Mark.
-Sì, ma vai piano.- si raccomandò Ross -Non mi fido per niente di come guidi.-
-Non sono io quello che è finito nella risaia.- sghignazzò -Insomma, dov’è che dovete andare?-

Si persero due volte e Julian, che aveva fretta di arrivare, tanto disse e tanto fece che riuscì a vietare la sosta pranzo. Si divisero borbottando i panini preparati da Amy, neppure lontanamente sufficienti per quattro persone, di cui tre con una fame bestiale. Nel tardo pomeriggio il furgone di Mark entrò nel piazzale d'accesso dell’hotel superlusso di Julian e Amy. Philip balzò giù per primo, fece scorrere lateralmente lo sportello posteriore e i due sposini furono a terra.
Il custode del parcheggio uscì dalla guardiola e si avvicinò. Osservò critico la vettura e la montagna di robaccia che conteneva e si rivolse a Mark attraverso il finestrino abbassato per metà.
-Giovanotto, lei qui non può sostare.-
-Non sto sostando. Sto facendo scendere i passeggeri.-
-In ogni caso qui non si può fermare.-
-Non ho intenzione di fermarmi. Non vede che ho il motore acceso?-
-è comunque in attesa e lei, qui, non può attendere.-
A Mark si rimescolò la pazienza, quel tizio era scemo o cosa?
-Sta intralciando il traffico delle vetture autorizzate.-
-Quali vetture? Su tutto il piazzale l’unica macchina che vedo è la mia.-
-E io l’unica macchina che vedo è l’unica che non può starci.-
Philip, che non aveva seguito l’assurdo botta e risposta perché occupato con Julian a scaricare la bicicletta, si affacciò nell’abitacolo.
-Quando avrai parcheggiato raggiungici dentro. Prendiamo qualcosa al bar e poi proseguiamo.-
-Ricevuto.-
Mark fu tentatissimo di spegnere il motore e abbandonare il furgone proprio lì, al centro del piazzale. Ma temendo una multa che non aveva nessuna intenzione di pagare, si risolse a cercare posteggio da un’altra parte.
-Dov’è il parcheggio?-
-Lontano, molto lontano. Esca, giri a destra e prenda la seconda traversa a sinistra, dopo il semaforo vada dritto e alla rotonda prenda la terza uscita. Prosegua per circa trecento metri, dopo il bar deve attraversare un ponte e a sinistra, dopo la farmacia, c’è il parcheggio.-
Mark lo ascoltò sgomento. Se anche non si fosse perso, avrebbe impiegato almeno un’ora a tornare a piedi. Nonostante le indicazioni, avrebbe lasciato il furgone lungo la strada molto ma molto prima del semaforo. E se gli avessero fatto la multa l’avrebbe pagata Philip visto che la decisione di fermarsi a prendere qualcosa al bar era sua. Ingranò la marcia e girò a sinistra, scegliendo deliberatamente la direzione opposta a quella che gli era stata indicata.
Julian non aveva alcuna intenzione di capitolare alle regole dell’hotel. Poggiò i gomiti sul banco della reception, gli occhi fissi in quelli dell’impiegato che lo osservava impassibile attraverso gli occhialini tondi e spessi come fondi di bicchiere e che aveva ricominciato a esprimergli l’inaccettabile verità.
-Signor Ross, vi aspettavamo per le due. Sono passate le sei e non avete avvisato del ritardo, così abbiamo dato via la stanza.-
-Io voglio la mia camera! L’ho prenotata un anno fa! Lei non ha il diritto di rovinare il mio viaggio di nozze!-
L’uomo si aggiustò impassibile gli occhiali sul naso, squadrando dall’alto in basso la coppia che aveva davanti. Li vedeva così sporchi e cenciosi che era contento di non averli come ospiti.
-Non c’è niente da fare, signor Ross. Siamo al completo.-
-Allora rivoglio indietro i miei soldi.-
Philip si mise le mani in tasca. Secondo lui il ragionamento del tipo alla reception non faceva una grinza. Julian avrebbe dovuto avvertirli del ritardo.
Prevedendo che la discussione sarebbe andata per le lunghe, si avviò verso il bar dell’hotel per aspettare Mark lì. Julian e Amy in qualche modo se la sarebbero cavata. Trovò un tavolo libero di fronte alla vetrata che si affacciava su uno splendido giardino e su un’imponente piscina che lo lasciarono a bocca aperta.
-Che bel posto.-
-Sì, ma è carissimo. Non te lo consiglio, Philip.-
Il ragazzo si volse di colpo. Al tavolo accanto, Bruce ed Evelyn sorseggiavano due coloratissimi cocktail ricolmi di frutta.
-E voi che ci fate qui?-
-Ci dissetiamo. I drink sono un po’ costosi ma fantastici.-
-Se quest’hotel è così caro, com’è che te lo puoi permettere, Harper?-
-Mi posso permettere solo il cocktail.-
Evelyn sorrise.
-Meglio di niente, no? E poi da qui possiamo vedere la piscina e far finta di aver prenotato una stanza.-
Bruce diede un sonoro risucchio alla cannuccia, dopodiché tese le orecchie.
-È Julian che strilla di là?-
-Già. Hanno assegnato a qualcun altro la stanza che aveva prenotato. Sapevate che lui e Amy si sono sposati?-
-No!- Evelyn spalancò gli occhi.
-Così pare. Bruce, fammi assaggiare il cocktail.- Philip allungò una mano e si appropriò del bicchiere del compagno, ma prima che riuscisse a posarvi le labbra, lui se lo riprese.
-Neanche morto! Costa un occhio della testa!-
Philip assaporò una goccia finita sul dorso della mano.
-In effetti non è male.-
-Allora vai al bar e comprati il tuo.-
Tacquero per ascoltare le proteste di Julian, che sembrava non darsi per vinto e i gemiti di Amy che facevano da sottofondo.
-Non gli ridaranno la stanza. Sono strapieni fino a Natale.-
-Vaglielo a dire, Evelyn. Così almeno finisce di gridare.-
-Ci va Bruce.- guardò il fidanzato -Su, per favore. Se non la smette il servizio d’ordine lo butterà fuori e non sarà un bello spettacolo.-
-Giura che non toccherai il mio cocktail, Philip!-
-Giuro.-
Nell’istante in cui Bruce si dirigeva verso la reception, Mark entrò dall’ingresso del giardino. Individuò Philip che gli faceva un cenno e lo raggiunse.
-Ciao Evelyn.-
-Ciao Mark.-
-Chi  è che grida?-
-Julian. Non ha più la stanza che aveva prenotato.-
-E perché?-
-Perché sono arrivati tardi.-
-Ben gli sta. Dove s’è mai sentito che uno parte in viaggio di nozze in bicicletta? E volevano pure dare la colpa a noi!- Mark si sedette al posto di Bruce, prese il suo bicchiere mezzo pieno e ne tracannò una buona metà -Ottimo.-
-Per forza, è il più caro che c’è.- lo informò Philip.
-Paghi tu?-
-Paga Harper.-
Mark sollevò di nuovo il bicchiere ma Evelyn lo fermò.
-Ti consiglio di non finirlo o Bruce ti tormenterà per il resto dell’eternità.-
L’amico esitò, poi l’inquietante prospettiva lo convinse a rinunciare. Prima di riprendere il viaggio sarebbe andato in bagno a bere della sana acqua corrente e a usufruire gratuitamente dei servizi. Dopo pochi istanti, Julian, Amy e Bruce li raggiunsero al tavolo.
-No! Hai finito il mio cocktail, Philip! Mi avevi giurato che non lo avresti toccato!-
-Io non c’entro, è stato Mark. Vero Evelyn?-
La ragazza annuì e cedette al fidanzato il proprio bicchiere ancora mezzo pieno.
-Allora, ce l’avete o no questa stanza?-
-No!- Julian si lasciò cadere su una poltroncina. La loro prima romantica notte di nozze era appena andata in fumo.
Amy rimase in piedi al suo fianco affranta, torcendosi una mano nell’altra.
-Cosa facciamo adesso? Era già tutto pagato e non abbiamo abbastanza soldi per permetterci un altro hotel.-
-Vi consiglio un campeggio, con tenda e sacco a pelo. È ecosostenibile.-
-Vaffanculo, Landers.-
Il silenzio sancito dall’imprecazione di Julian, fu subito interrotto dalla curiosità di Bruce, che non sembrava toccato dalla sfortuna occorsa ai neosposi.
-Philip, dov’è Jenny?-
-Non c’è.-
-Ti aspetta a casa?-
-No.-
-Non ti aspetta?-
-No.-
-E perché non ti aspetta?-
-Perché no. Ci siamo lasciati. Piantala con quest’interrogatorio!-
Lo fissarono tutti sgomenti, Evelyn non credette alle proprie orecchie.
-Davvero vi siete lasciati?-
Philip si censurò e Bruce rise.
-Se non ce lo vuoi dire significa che ti ha mollato lei. Giusto? Su, sputa il rospo!-
-Non sono affari tuoi!-
Eppure continuò a impicciarsi, dando la sua personale interpretazione dei fatti.
-Ecco cosa è successo, ve lo dico io. Jenny ha finalmente capito che stare con te era tempo sprecato e ha trovato qualcun altro con cui mettere su famiglia!-
-E invece no!-
-Ti ha tradito?- insistette Bruce.
Philip divenne cadaverico.
-Certo che no!-
-Bruce, smettila di assillarlo.- lo zittì Amy mettendo fine al terzo grado. Aveva cose più importanti per cui angustiarsi e quel continuo chiacchiericcio le toglieva la concentrazione.
   
 
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