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Autore: Luce 5    09/04/2021    4 recensioni
Quando l’estate finì, gli studenti della Royal Saint Paul School tornarono a Londra portando con sé il ricordo delle vacanze in Scozia. La nostalgia di quelle settimane spensierate e la prospettiva di mesi e mesi di studio chiusi tra spesse ed austere mura del collegio li immalinconiva assai.
Candy era negativamente turbata al ricordo del bacio rubato di Terence e, sola nella sua stanza, rimuginava tra sé contro quel ragazzo che non le piaceva affatto.
“Non è come il mio caro e dolce Antony” sussurrò distesa sul letto, mentre lo sguardo si velava di lacrime e la nostalgia prendeva possesso di lei come un male oscuro che avanza lentamente ma inesorabilmente.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy)
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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LA TRAPPOLA DI IRIZA

Quando l’estate finì, gli studenti della Royal Saint Paul School tornarono a Londra portando con sé il ricordo delle vacanze in Scozia. La nostalgia di quelle settimane spensierate e la prospettiva di mesi e mesi di studio chiusi tra spesse ed austere mura del collegio li immalinconiva assai. Candy era negativamente turbata al ricordo del bacio rubato di Terence e, sola nella sua stanza, rimuginava tra sé contro quel ragazzo che non le piaceva affatto. “Non è come il mio caro e dolce Antony” sussurrò distesa sul letto, mentre lo sguardo si velava di lacrime e la nostalgia prendeva possesso di lei come un male oscuro che avanza lentamente ma inesorabilmente.
“Continuo a scrivere lettere su lettere a questo fantomatico zio William, ma lui si ostina a non rispondere. Voglio sapere chi è, voglio vederlo, devo incontrarlo una buona volta!” pensò con stizza. Oltre a questo, la giovane iniziava a sentirsi fuori posto a Londra, la città non le sembrava più così magnifica come qualche mese addietro; le mancava l’America, Albert, la casa di Pony…
Iniziò a meditare come trovare il mezzo per uscire da quella prigione dorata, ma le possibilità erano pressochè nulle. Era minorenne, senza denaro, senza qualcuno che interagisse per lei.

Il giorno dopo, al college arrivò il duca di Granchester, padre di Terence. L’uomo entrò nello studio della direttrice porgendole la solita cospicua donazione per la scuola. Candy fu attratta dalla sua figura alta ed imponente, da quello sguardo nobile e austero; quando lo vide recarsi nella stanza del figlio, decise di spiarli. Uscì nel grande giardino e si arrampicò sopra ad una quercia, e nascosta tra le fronde li vide confrontarsi in uno scontro molto acceso. “Ho saputo che ti sei incontrato con tua madre, che non succeda mai più!” gridò il duca battendo un pugno sulla scrivania.
Il libro aperto a metà e il calamaio caddero a terra.
“Ti proibisco di infangare il nome dei Granchester!”
La ragazza decise di aver sentito abbastanza e scese a terra con la bocca piegata in un’espressione amara. “Sono messa proprio bene, non c’è che dire. Questo ragazzo non solo beve, fuma, fa a pugni, si accende come un fiammifero alla minima provocazione, ma ha un padre che sborsa quattrini al collegio per corrompere una vecchia suora e non vuole rapporti tra suo figlio e la madre. Io gli sto simpatica unicamente perché pensa che sia una sorta di crocerossina sempre pronta a capirlo, fare da intermediaria tra lui e i suoi pazzi dissennati genitori, sopportare con un sorriso i suoi frequenti cambi di umore, essere presa benevolmente in giro, sopportare le sue gelosie e i baci a tradimento. Puah!” gridò disgustata sputando per terra. Si mise a correre e si disse che meglio soli che male accompagnati era una grande verità, valida per sempre, nei secoli dei secoli.
“Voglio stare da sola, uscire da queste spesse mura, tornare in America e guadagnarmi da vivere lavorando, ecco!” gridò decisa.
Patty la vide da lontano, le corse incontro e le porse una lettera di Albert. “Candy, stai bene?” le chiese l’amica.
“Sto benissimo, perché?” “Non so, mi sembri nervosa, ti ho vista correre in un modo…”
“Non preoccuparti cara, avevo solo voglia di sgranchirmi un poco” le disse con un sorriso forzato. Prese la lettera e vide che il suo grande amico era partito per l’Africa ed era andato a lavorare in una condotta medica. Nella lettera Albert salutava Terence, Candy si sentì quindi obbligata a far leggere la lettera al ragazzo, pur cercando di mantenere un contegno distaccato e freddo.
“Poca confidenza: patti chiari e amicizia lunga”, pensò con decisione e fermezza.
Nel leggerla, Terence si rammaricò della partenza di Albert: avrebbe voluto parlargli per consigliarsi con lui sul momento in cui sarebbe stato costretto a lasciare la famiglia dei Granchester. Candy comprese al volo che la cosa aveva a che fare con i genitori di Terence.
“In mancanza di Albert toccherà a me fare da paciere, ma questa volta non intendo mettermi in mezzo. Che si arrangino tra loro! Sono stufa di fare da balia a tutti quanti, uffa!” Iriza li spiava continuamente, meditando tra sè sul come impedire a Candy di avere Terence. Il ragazzo le piaceva molto e al suo occhio acuto, perfido e indagatore non era certo sfuggito il feeling nato tra i due in Scozia. Bruciava di rabbia impotente, ma voleva ad ogni costo trovare il modo di dividerli.

Il giorno seguente, Patty tornò da Candy per farle vedere una lettera trovata nell'albero. La lettera era di Terence, il quale invitava Candy a recarsi presso le stalle quella sera per parlarle di un fatto molto importante.
“Ma che sia l’ultima volta! Anche di notte mi cerca, è mai possibile che non posso farmi un lungo sonno in santa pace? Ci vado, così gli dico chiaro e tondo di non cercarmi mai più!” pensò furiosa.
La sera stessa, a grandi passi, Candy si recò all'appuntamento, impettita e col microscopico naso cosparso di lentiggini all’insù. Era davvero indignata, le toccava sempre consolare qualcuno. Di sicuro Terence voleva sfogarsi con lei per aver litigato col padre, ritrovare sua madre, magari riconciliarli e tutto ciò toccava sempre e solo alla povera Candy.
Come in un film, la ragazza vide alcuni episodi della sua vita scorrerle davanti agli occhi: da bambina, quella che si era dichiarata la sua migliore amica e le aveva promesso solennemente di non farsi adottare per stare sempre con lei, non ci aveva pensato un attimo a soffiarle sotto gli occhi una facoltosa famiglia adottiva che Candy aveva rifiutato per non far affogare in un mare di lacrime e disperazione la piccola e infelice Annie. La stessa Annie l’aveva poi ripudiata facendo finta di non conoscerla per molti anni, anche al college; pochi mesi addietro aveva messo gli occhi su Archie, ma poiché lui era attratto da Candy, l’amica se ne era andata in lacrime sotto la pioggia rischiando una polmonite doppia.
Lei l’aveva seguita nel tentativo di consolarla, e per tutta ricompensa Annie le aveva buttato addosso un mare di recriminazioni e falsità. “… anche alla casa di Pony… era la preferita di tutti… e adesso vuoi quel ragazzo tutto per te…” aveva farfugliato singhiozzando.
Non era vero NIENTE!!! Archie le aveva fatto una corte insistente, ma lei era rimasta indifferente, pur trattandolo educatamente per non ferirlo.
Come non bastasse, Stear, col pallino delle invenzioni, l’aveva coinvolta in svariati suoi esperimenti finiti male e lei aveva rischiato più volte la vita per seguirlo nelle sue pazze avventure.
Per uscire da quella situazione incresciosa, Candy aveva “obbligato” Archie a mettersi con Annie e lui per fortuna non si era opposto. L’amica non l’aveva nemmeno ringraziata, ma tutta trionfante si era incollata al braccio del ragazzo e non l’aveva più mollato. “E adesso Terence mi cerca di notte! Non gli è bastato rompermi il sonno e le scatole quell’altra volta che è stato tanto male e io sono corsa in farmacia di nascosto a prendere un prodotto per curare una sua ferita, col rischio di essere scoperta e farmi espellere! Adesso basta, gli dò il benservito e lo stesso vale per gli altri pseudo amici che mi circondano e sono dei gran parassiti! Sono gentili con me solo quando hanno bisogno! Manica di egoisti, falsi, bugiardi e opportunisti!” gridò in preda ad una rabbia feroce. In fretta arrivò alle stalle, il luogo indicato da Terence per l’appuntamento.
“Candy! Sei tu!” “E certo che sono io, e chi altri? Il mostro di Loch Ness per caso”? lo apostrofò con ironia.
Lui non colse la sfumatura rabbiosa e ironica di lei, ma le chiese subito per quale motivo l’aveva convocato proprio lì e di notte per giunta.
“Guarda che sei stato tu a cercarmi, non io.” Lui cadde dalle nuvole e le mostrò la lettera dove era scritto che la stessa Candy gli aveva chiesto un appuntamento in quel luogo e in quell’ora.
“Questa non è la mia calligrafia”, gli disse disgustata dopo aver letto, “e dovresti saperlo, dato che in passato hai già avuto modo di leggere alcune cose scritte da me.” Quel ragazzo non era certo un’aquila, pensò Candy sempre più furiosa. Decise quindi che non c’era altro da dire e imboccò la soglia della porta per tornarsene nella sua stanza, quando sentì all’improvviso dei passi che si avvicinavano rapidamente.
Anche Terence aveva sentito, quindi spese la lanterna e prese per mano la ragazza spingendola in un angolo in fondo alla stalla. La porta si aprì e apparvero Suor Grey, Suor Chris, Suor Margaret e quelle due streghe di Iriza e Louise.
“Signor Terence Granchester, signorina Candy Andrew!” gridò Suor Grey. “Il fatto che voi due siate qui da soli a quest’ora è scandaloso!”
“Di certo vi incontrate qui tutte le sere” infierì Iriza con un sorriso perfido e trionfante.
“Signorina Candy! Lei è espulsa per sempre da questo collegio!” tuonò l’anziana suora.
“Come? Veramente?” chiese Candy. Me ne vado da qui? Ma è semplicemente meraviglioso!!! pensò.
“Passerà la notte nella prigione, mentre lei, signor Terence, resterà una settimana chiuso nella sua stanza.”
Le altre due suore presero Candy di peso e senza tanti complimenti la portarono nella torre, chiudendo il portone con molti catenacci. La ragazza era sconvolta: ma come? Le avevano detto che poteva gentilmente togliere il disturbo dal quel collegio austero e opprimente, e ora la sbattevano al fresco? Quando sarebbe potuta uscire? Disperata cominciò a battere i pugni sull’uscio gridando che voleva andarsene, ma ormai nessuno poteva più sentirla.

Il giorno dopo, nello studio di Suor Gray, Terence decise di affrontare l’arcigna direttrice chiedendo spiegazioni sul perché anche lui non era stato espulso come Candy. “… perché… ecco… la sua condizione è molto diversa da quella della signorina…” balbettò disarmata la suora.
“Lo so io il perché!” disse lui con un sorriso di chi ha l’aria di saperla lunga. In questo caso, forse Candy si sarebbe ricreduta circa lo scarso acume che attribuiva al ragazzo. “Il trattamento di favore che mi è stato riservato, è il frutto delle cospicue donazioni che mio padre fa regolarmente affluire nelle casse del collegio” le rispose fissandola bene negli occhi.
L’anziana direttrice per poco non cadde dalla poltrona nel sentire quelle parole, ma il giovane duca ritenne opportuno infierire ancora.
“La corruzione è peccato, lo sa, vero? Quando accetta le bustarelle sottobanco che mio padre le passa, dopo si va a confessare? No, forse lei che è così generosa, devolve il tutto a favore dei più poveri, vero? Come ho fatto a non pensarci prima” aggiunse con studiata ironia.
“Basta! Se ne vada nella sua stanza, fuori di qui!!!” urlò la religiosa ormai paonazza in viso e fuori di sé dalla rabbia.
Terence si alzò senza fretta giurando a sé stesso che avrebbe fatto di tutto per aiutare colei che ormai aveva capito di amare.

Candy nel frattempo, sola nella sua cella, si abbandonò allo sconforto pensando a come e quando sarebbe potuta uscire di lì ed essere finalmente libera.
Solo nella sua stanza, Terence rimase in preda a tetri pensieri, chiedendosi che tipo di vita poteva vivere in quel collegio se Candy fosse stata espulsa, visto che ormai non poteva più fare a meno della sua presenza. Il giorno prima aveva incontrato Iriza e le aveva sputato in faccia.
Quella cretina, intanto che c’era, non poteva architettare una trappola un tantino più intelligente? Qualcosa che facesse uscire lui e Candy insieme? Non aveva assolutamente capito che la bionda boccoluta non se lo filava nemmeno di striscio, credeva di essere corrisposto e amato da lei, pensava a come fare per risolvere la situazione, comprendendo alla fine con rammarico, che l’unico modo fosse quello di andare a parlare con suo padre.
Fuori dalla prigione, Terence pensò a quanto sarebbe stato facile se fosse stato maggiorenne; avrebbe preso Candy per mano e si sarebbero incamminati insieme verso il loro destino. Decise di chiamarla attraverso la porta e di suonare l’armonica per lei. Non sapeva che per Candy non potevano esserci parole e melodia meno appropriate.
Si turò le orecchie con le mani per non farsi sopraffare dalla rabbia e dal dolore. Non sopportava la sua voce, quella musica l’aveva perseguitata per tutta l’estate, lui la suonava tutte le sere fissando il cielo e sognando chissà che, non ne poteva più.
“Uscirò di qui… mi imbarcherò con qualsiasi mezzo, ma me ne andrò sola, tornerò in America anche a costo di attraversare l’oceano a nuoto. Devo solo aspettare, presto sarò di nuovo libera e felice.” E con questo pensiero, si addormentò tra quelle gelide pareti con un dolce sorriso sulle labbra.


Fine
   
 
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