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Autore: RLandH    09/04/2021    0 recensioni
Magnus Bane ha un problema: non sa dire di no ad un’amica; il resto va fuori controllo
“Ah” aveva accettato Magnus con leggera indignazione, “Sarei percepito solo così?” aveva chiesto risentito, “Sono uno stregone di quattrocento anni con una carriera rinomata, tra cui, vorrei ricordare, la fuga su una mongolfiera con Maria Antonietta e la stesura degli Accordi” aveva aggiunto, suo marito lo aveva guardato con estremo stupore, “Ma sarei considerato solo come il marito di Alec? Cioè non fraintendetemi, adoro essere considerato il marito-di-Alec. Tipo mi piace così tanto che potrebbe essere il mio secondo nome, il Grande Magnus Marito-di-Alec Bane, suona benissimo, ma ecco, una persona si aspetta un po’ più di riconoscimento. Ho anche formato una setta che è diventata problematica ad un certo punto” aveva detto. Voleva che il discorso fosse serio, ma non c’era riuscito e dal sorriso teso di Tessa, per nascondere la risata gli sembrava evidente.
Alla fine la stregona aveva riso ed anche sul marito, che aveva posato la fronte sulla sua spalla.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Ragnor Fell, Theresa Gray
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Eccoci, chiedo scusa se ci ho messo una vita, ma sto attraversano un momento nerissimo e sono bloccata con un capitolo.
Comunque, si, finalmente mandiamo avanti la trama.
Vorrei sempre ringraziare Arwen Fenice per la recensione.
Buona Lettura,
RLandH

 

 

 

Il Galateo per (e su)gli Stregoni

“Siamo stati proprio sfortunati, mio signore” aveva detto il giovane servan umano[1]. Era di statura piccola, con un viso appuntito, un naso piccolo ed i capelli bronzei, aveva un sorriso smaliziato che gli dava un aspetto squisitamente fey, nonostante fosse solo formalmente un membro della coorte seelie. Nonostante il sorriso beffardo che sfoggiava con impudenza, il tono del servan era stato calmo o atono.
Era un bambino scambiato, uno vero, non come Ragnor[2], il servan era nato umano ma cresciuto dalle fate.
“E perché mai?” aveva domandato Ragnor, annoiato, mentre con un colpo di dita, sfasciava i suoi bauli, perché quella stanza estranea apparisse meno ostica e straniera.
Aveva deciso che la Bretagna non era di suo gusto, “Avrei voluto vedere il Pretendente” aveva dichiarato il suo servo. “Se Henry Tudor fosse rimasto qui, Charlie, noi saremmo potuti rimanere a Londra” aveva detto annoiato e frustrato.
Antonius lo aveva mandato lì, oltre la manica, proprio per evitare che la situazione già precaria in Inghilterra si aggravasse con il coinvolgimento della Francia in quel conflitto fratricida. La Guerra dei Cento Anni era ancora un ricordo vivido nella memoria di Ragnor. Come giovane e stupido si era sentito di andare, non ancora certo e sicuro dei suoi poteri, poi Antonius Nyx lo aveva raccolto.
Sei uno stregone, non un mondano, questa non è la nostra guerra’ aveva detto.
Neanche quella tra York e Lancaster lo era, ma nessuno voleva vedere sanguinare ancora il mondo.
“Lord Narcisse è arrivato” lo aveva informato Charles, “Lo ho veduto quando siamo entrati, ci spiava da una imposta certo di non esser visto” aveva raccontato.
“Nulla sfugge agli occhi di una fata” aveva dichiarato, Charles aveva sorriso con la stessa malizia di una fata.
Ragnor era stato contrario all’inizio, ad assumere un mezzo-fey, ma Antonius, il sommo stregone di Londra, aveva dissentito e non aveva voluto sentir ragioni, cosa che non stupiva troppo lui, in fin dei conti lui era solo il suo attendente, schiavo occasionalmente, che non aveva mai molta voce in capitolo nelle grandi scelte.
Cosa che frustrava Ragnor non poco, così castrato nel suo incarico, nel suo ruolo, aveva bisogno di altro, sapeva che la sua testardaggine stava tendendo anche Antonius per questo lo aveva spedito in Bretagna, ma lo aveva fatto anche perché si fidava delle sue capacità.
“Ci sono anche dei Figli degli Angeli qui” aveva aggiunto con un tono più lugubre Charles, “Ne ho visto uno alle stalle, quando ho sistemato Smirne” aveva dichiarato Charles, “Non indossava la runa della trasparenza quindi non era interessato a nascondersi agli occhi dei mondani, ma ha cercato di nascondere le rune, quindi era da noi che stava nascondendo” aveva chiarito.
“Altro che Charles Figlio delle Fate[3], dovresti essere Charles Occhio di Falco” aveva sottolineato Ragnor, colpito da tanta precisione.
Quello aveva abbassato lo sguardo, ma si era lasciato sfuggire un sorriso soddisfatto, “Probabilmente ve ne sono altri. Sono come le locuste, non vengono mai da soli” aveva dichiarato Ragnor.
L’Enclave di Londra, anzi dell’Inghilterra intera – Yorkshire e Newcastle[4], compresa – aveva interesse solo in sé stesso e nei suoi piccoli giochi di potere, che includevano probabilmente anche tutta Alicante. Ai Nephilim importava solo dei Nephilim e della loro fanatica missione assegnata dal Cielo, o certo i loro doveri giovavano a tutto il mondo, ma la loro attitudine tendeva ad essere delirante; ciò non toglieva che alle possibilità di una guerra forse anche loro dovevano essersi allarmati.
O forse erano guidati dalla curiosità – o il timore – di Ragnor Fell, attendente di Lord Anotnius Nyx, Sommo stregone di Londra, fosse giunto alla corte di Frañzes di Bretagna per incontrare Narcisse Croix, lo stregone di corte di Carlo VIII.
Erano più infidi dei topi, quei figli dell’angelo.

Due tocchi sulla porta lo avevano distratto da quei pensieri, con suo sommo dispiacere era stato costretto a ricorrere agli incantesimi per nascondere il suo colorito di pelle e le sue corna, così come aveva dovuto scurire i suoi capelli, per apparire quanto più banale possibile.
Charles aveva aperto la porta, perfettamente rigido e educato, spalancando l’ingresso ad una giovane donna.
Bonjour Madame” aveva dichiarato, subito, con voce cortese.
Ragnor aveva sollevato uno sguardo oltre la testa biondo-ramato del suo servitore per osservare la sconosciuta.
Quello che aveva trovato era stato un sorriso cattivo, di quelli che Ragnor adorava vedere sul viso di una donna attraente.

 

 

“Il tuo amico starà bene” aveva dichiarato Magnus, osservando il giovane licantropo che riposava nel grande letto di Justine, “Si, il veleno di un Vatak non ha mai ucciso nessuno, circa” aveva dichiarato quella con un tono lugubre mentre lo osservava.
Il giovane era un ragazzo, Magnus era bravo nel riconoscere l’età delle persone, aveva occhio, quello non doveva aver raggiunto neanche la maggiore età. “Devo dire a Sun di mandare un Messaggio di Fuoco al padre, sarà preoccupato” aveva commentato quella, incrociando il suo sguardo, mentre giocherellava con un certo nervosismo con la sua collana di perle, che teneva in piedi la sua illusione.
Magnus aveva annuito, mentre le chiudeva la porta per lasciarlo riposare, “Cosa è successo?” aveva indagato lui, “Un demone a spasso per la città ed il pranzo a Bocconi da asporto che avevo prenotato è saltato. Insieme al locale” aveva detto con un tono leggermente offeso Justine, “Un locale italiano molto buono, gestito da una russa, roba strana, ma ottima lasagna” aveva dichiarato, mentre imboccavano le scale per tornare al pian terreno, dove avevano lasciato gli altri tre. Se avessero servito altro rijistaffel, probabilmente Magnus avrebbe avuto un crollo nervoso.

“Non sembri comunque molto tranquilla” aveva notato Magnus, “Nessuno lo sarebbe con un demone a spasso per Leiden” aveva aggiunto, “Questa città è pingue di giovani mondani ed è un’isola felice per ogni Nascosto del mondo” aveva spiegato Justine, “Assolutamente nephilm-free, circa, visto che ora ne ho una seduta sul divano”.
Ej aveva sorriso per nulla turbata.

Justine aveva fatto schioccare le dita delle mani, facendo scintillare i brillantini bianchi, l’attimo dopo  un bicchiere era apparso nelle sue mani, così come in quelle di Magnus.
“Scusa non posso affrontare Ragnor Fell da sobria” aveva dichiarato ammiccando al suo amico, con un tono al vetriolo.
“Grazie per il drink, allora” aveva detto Magnus, “La bambina la vedo già servita” aveva chiarito subito indicando Ej, con la sua acqua e menta, “Ei” aveva detto piccata quest’ultima. Justine l’aveva ignorata, per posare nuovamente lo sguardo su Ragnor, “Non ho più nulla da offrire a te” aveva affermato, ricordando probabilmente qualcosa di brutto.
Iusta” Ragnor l’aveva rimproverata con la voce, pronunciando solo il nome, ricordando a Magnus quando lo faceva con lui, quando era un bambino e faticava a concentrarsi, per richiamarlo all’attenzione e a i suoi studi.
Justine si era morsa il labbro, Magnus aveva potuto vedere la rigidezza del suo portamento risentito da quel breve rimprovero, ma non aveva detto nulla, tornando a concentrare l’attenzione su Ej , “Sei la copia sputata di tuo padre, Christopher, giusto? Mi era simpatico” aveva dichiarato.
Se la giovane cacciatrice fosse stata sul punto di dire qualcosa e lo era, gli occhi erano accesi come stelle filanti, era stata preceduta dalla giovane Sunflower.
Magnus si era quasi dimenticato della bambina, così silenziosa, fino a quel momento. “Posso andare da Erwin?” aveva chiesto perentoria lei tirandosi in piedi dal divano, con ancora il bicchiere di acqua e menta in mano, “Manda un messaggio di fuoco ad Artas per dirgli che il figlio è qui. Poi puoi andare da lui ma non svegliarlo” aveva detto Justine calma, con una voce intrisa di dolcezza.
Sunflower si era defila sulle scale come una freccia.
“Così una figlia” aveva valutato Ragnor con un tono teso.
“Così un invasione barbarica” aveva detto Ej invece, facendo scappare una risata alla stessa Justine. Doveva aver deciso di non voler indagare oltre su come Justine Vale e Christopher Townsend si conoscessero.
“Così un nome nuovo” aveva considerato Magnus, più che altro perché non avrebbe sopportato di non avere l’ultima parola, prima di prendersi un bel sorso dal suo bicchiere.
Era wisky, dritto infuocato sulla lingua.
“Sei troppo giovane per sapere che Attila non ha invaso solo i territori dell’Impero” aveva ghignato Justine.
“Attila? Attila? Re degli Unni? Flagello di Dio?” aveva esclamato Ej, sul viso di Justine si era aperto un sorriso piuttosto divertito e pieno di leziosità, “Non lo chiamavano Paparino senza ragione[5]; mi son sempre piaciuti gli uomini audaci, non so come Ragnor sia finito nel mio carnet” aveva detto sfacciata, guardando di traverso il suo vecchio amante, poi si era voltata di nuovo verso Magnus.
“Tu ti sei fatto incredibilmente bello e se ciò che ho sentito in giro anche terribilmente potente ed inventivo” aveva aggiunto, con una certa ammirazione, “Tutti parlano di Magnus Bane, l’Eroe, il Sommo Stregone di Brooklyn.”

Oh, be, dopo una settimana trattato come Appendice del Console o First Lord degli Shadowhunters, Magnus doveva dirsi piuttosto contento di essere riconosciuto come, be, Magnus Bane.
Ed era riconosciuto da Iusta, una delle stregone più antiche in circolazione.
“Sei l’uomo che ha salvato il mondo e che ha portato i nephilm ad un nuovo livello di consapevolezza. Sei così stimato che nessuno associa più il tuo nome al Perù” aveva dichiarato quella.
Una ferita ancora tristemente sanguinante.
“Sbaglio o ci sta provando con Magnus” aveva sussurrato Ej a Ragnor, “No, mi sta solo dando fastidio” aveva dichiarato il suo amico. “Non lo so, ma continua pure” aveva dichiarato Magnus sfacciatamente.
“Se avessi voluto darti fastidio ti avrei venduto ad Hurrem e mi sarei fatta una bella scorta di scaglie di drago” aveva risposto piccata Justine, “Peccato è morta” aveva risposto Ragnor.
Questi nephilm” aveva aggiunto la somma stregona di Leiden con una punta di rancore, “Anche tu dovresti esserlo, se non accoppato dagli sgherri di quello spostato di Valentine, almeno Samael poteva farti secco. Ed invece, eccoti, qui” aveva ringhiato, “Ma ovviamente l’erba cattiva non muore mai”.
“Avevi saputo che ero morto” aveva considerato Ragnor, “Mi hai pianto?” aveva chiesto sfacciato, “Ho partecipato a riti orgiastici tutta la notte, più felice lo sono stata solo quando hanno ucciso mio fratello” aveva replicato collerica.
Magnus non era sicuro di crederle.

“Okay, voi due, smettete questa perversa danza di accoppiamento” aveva richiamato l’attenzione su di sè Magnus.
Justine aveva bevuto un po’ del suo wiskey, accomodandosi sul suo divano, “Non stavamo facendo nessuna danza” aveva detto Ragnor infastidito. Justine aveva roteato gli occhi al cielo, prima di concederli: “Sì. Immagino che prima parleremo di cose serie, prima daremo un taglio a questa storia” aveva detto, “Chiaramente parlo di Ragnor, tu, Tesoretto puoi restare quando vuoi e tu, fanciulla, ammetto che ultimamente potrei aver cominciato a rivalutare voi cacciatori” aveva dichiarato.
“L’anzianità ti ha reso saggia” aveva detto Ragnor piccato, “Quando avrai la metà dei miei anni potrai constatarlo, per ora sei ancora un moccioso con il viso sporco di latte” aveva risposto Justine senza sforzarsi di guardarlo, studiando Magnus invece con i suoi occhi neri.
Aveva incontra Iusta, Justine Vale, solo una volta prima di quel momento e la ricordava come una strega terribile ed affascinante allo stesso modo, dopo quattrocento anni, provava la stessa identica sensazione.
“Certo che guardati proprio, quanta strada da quel gattino spelacchiato che sapeva a malapena il suo nome” lo aveva letto dentro quella, ma Magnus si era sentito uguale a quella maniera, “In qualcosa Ragnor non è un completo fallimento” aveva mormorato.
“E per rispondere alla tua domanda, Magnus, perché noi stregoni dobbiamo rinnovarci sempre. Iusta sembrava così antiquato” aveva detto con onestà, “Lo ho detto anche un sacco di volte ad Antonius, ma quella vecchia cariatide non mi da retta” aveva stabilito.
“Hai sentito che va in pensione?” aveva detto casualmente Magnus.
“No, non va in pensione, vuole tornare a Londra e riprendere il suo ruolo, la sede è leggermente vacante” aveva risposto subito Justine, dando una steccata a Ragnor.
“Non sei mai venuta a trovarmi a Londra” aveva replicato il suo verdissimo amico, Justine aveva ripreso la sua invettiva: “Solo la morte farà riposare, Antonius” aveva detto con una punta d’orgoglio, “Certo ormai si tiene insieme con lo sputo ed a un passo dalla disgregazione, come il povero Nix, ma non è ancora successo” aveva detto.
Sunflower si era affaccia dal soppalco del piano superiore, “Ho mandato il messaggio” aveva dichiarato poi in olandese, “Resto con lui, ancora un po’” aveva aggiunto la ragazzina, “Sei molto dolce tesoro, ma ricordati che alle quattro hai lezione di violoncello e sarebbe il caso per te di mangiare” aveva dichiarato Justine, prima di sollevare la mano e schioccare le dita, che erano scintillate di bianco.
Dalla cucina – unico ambiente con la sala – si era sentito un certo rumore, si erano aperte le imposte e le pentole avevano cominciato a muoversi, una pentola si era riempita d’acqua e si era messa da sola sul fornello accesso, affiancando una padella con un soffritto, della pancetta e della passata di pomodoro. “Non era più facile far apparire direttamente il cibo?” aveva domandato Ej, “Non mi da lo stesso gusto” aveva dichiarato, “Pasta lunga per me” aveva detto Sunflower, prima di rientrare nella stanza dove riposava il suo amico, “E metti il sale questa volta” aveva strillato.
“Spero che della pasta al sugo vi vada bene. Volevo le lasagne, ma ecco, appunto, demone malefico rovina piani” si era giustificata quella.

Magnus era tornato a guardare Justine, notando come, nonostante avesse predisposto tutto per la cucina, quella avesse tenuto ancora un po’ gli occhi sul punto dove prima era stata sua figlia.
Poteva ammettere, Magnus, di conoscerla bene quella sensazione, quando anche il solo perdere di vista il proprio figlio, anche solo un momento, poteva lasciarti estraniato.
Magnus era stato tante cose nel corso della sua vita e molte di questo era costretto ad esserle per l’eternità, eppure, ricordava quando una volta Tessa, neanche un ventennio fa, di ritorno dal suo usuale incontro con – all’ora – Fratello Zaccariah, in lacrime gli aveva fatto una confessione.
Sono una madre e sarò sempre una madre, anche se non ho più figli.
Tessa era rispettosa del suo dolore e cercava di non esser mai troppo invadente, ma in quel momento, era stata una fontana; ma Magnus non lo aveva capito, non per bene e non per intero, aveva l’esempio dei suoi genitori, tutti i suoi genitori, un patrigno che aveva cercato di ucciderlo, un padre demoniaco ed una madre che si era tolta la vita pur di fuggire da lui.
Quindi sì, Magnus non aveva capito le parole di Tessa, ma, in quel momento, lo faceva. Sarebbe sempre stato Magnus Bane, padre di Rafael e Max, e nel labbro appena un po’ vibrante di Justine, con gli occhi rivolti ad un punto ormai vuoto, capiva una cosa, per lei era uguale.
L’amore genitoriale era viscerale, più forte di qualsiasi amore Magnus avesse provato.
Questa era la prima volta, da quando erano andati a Shangai, che sia lui sia suo marito avevano dovuto lasciare il loro piccolo mirtillo. Per tutti gli angeli del paradiso Magnus lo sentiva viscerale la mancanza dei suoi figli, non solo Max che non vedeva da un giorno, ma anche Rafael che aveva salutato quella mattina e che avrebbe rivisto a breve, quella stessa sera.
“Quindi, sì, la bambina” aveva dichiarato Ragnor, con un tono un po’ basso, mentre spiava con attenzione e curiosità Justine.
Come se non la riconoscesse.
“Sì” aveva detto lapidaria la strega, “Non ti facevo una tipa materna” aveva provato il suo verde amico, senza molta grazia, l’antica stregona aveva inclinato il capo, facendo oscillare i ricci serpentini, mentre aveva rivolto uno sguardo tagliente a Ragnor.
Non era vero che gli stregoni erano imperituri, non invecchiavano, no, non nella maniera convenzionali in cui i mondani e le altre creature lo intendevano, ma lo facevano comunque, era qualcosa che invecchiava negli occhi, nell’espressione, nel portamento.
Justine non era la stessa Iusta che Magnus aveva conosciuto quattrocento anni e se all’ora la sua età gli era sembrata vaga, ma giovane, in quel momento pareva adulta, matura.

“Questo, mio caro asparago, è perché non hai mai capito niente di me, ho sempre voluto essere madre” aveva detto secca, prima di tornare a posare lo sguardo su Magnus.
“Certo ammetto che mi ero rassegnata qualcosa come mille anni fa, non che io non abbia cercato un modo di manipolare questo mio corpo” aveva dichiarato Justine, “Ma la vita va come deve andare no?” aveva domandato retorica, “Non ho chiesto Sun, ma ciò non vuol dire che io non l’abbia voluta.”
“Neanche io avevo mai pensato seriamente alla paternità, ora ho due piccole pesti che mi aspettano” aveva dichiarato, con un sorriso rilassato, aveva ottenuto dalla strega la stessa curva comprensiva.

Ragnor aveva scosso il capo, “Tagliamo la testa al toro” aveva dichiarato poi, prima che potesse parlare, Magnus lo aveva anticipato, era meglio non far parlare il suo amico, non credeva che avrebbe aiutato la loro causa.
“Sì, per quanto rivederti faccia piacere me e Ragnor, sì anche lui, non siamo qui per una visita di piacere” aveva cominciato, forse non molto diplomatico Magnus, “Apprezzo l’onestà” aveva dichiarato Justine, “Sono vissuta alla corte di Ravenna e Costantinopoli, in una corte di intrighi, dopo millecinquecento anni posso dire di apprezzare un po’ di schiettezza” aveva dichiarato.
Magnus aveva ricambiato il sorriso, “Il titolo di Cancelliere sta per essere vagante e noi ci chiedevamo se tu volessi prendere quel posto” aveva detto, “Infondo sei una strega ben inserita, potente, nota ed antica” aveva ricordato.
Justine era esistita prima degli Shadowhunters.
La strega aveva sputato il wisky senza molta classe, “Oh santi numi” aveva ammesso, “Mi sento un po’ delusa ammetto, Magnus Bane, sommo stregone di Brooklyn, lo stregone che ha cambiato la mentalità degli shadowhunters, insomma mi aspetto qualcosa di più incredibile che una candidatura per il titolo di cancelliere. Bastava una telefona per quello” aveva dichiarato poi Justine, “Insomma, Eleonora ha fatto così” aveva raccontato.
“Ah” nel dirlo Magnus si era sentito molto stupido.
“Eleonora ti ha chiesto di non candidarti” aveva stabilito Ragnor, “In realtà mi ha chiesto di sostenerla, cosa che ho accettato senza alcuna esitazione, conosco El da quando era Somma Stregona di Costantinopoli ai tempi dell’Impero Latino” aveva dichiarato, accavallando le gambe.
“Sosterrai Eleonora?” aveva domandato Ragnor.
Justine aveva sollevato le spalle, “Preferisco decisamente lei a quella cariatide di Antonius, o Baffi-da-gatto o il Prete” aveva statuito lei.
C’era stato un momento di silenzio, “Eleonora è una persona terribilmente astiosa e non ama molto i cacciatori” aveva provato Ragnor.
“Neanche tu” aveva replicato Justine, “E neanche io, senza offesa Zuccherino” aveva detto, ammiccando a Ej. “Ma qui non si tratta di amare o meno i figli degli angeli, ma quelli di Lilith. Eleonora ama gli stregoni” aveva replicato, “E se permetti è argilla non cotta, ancora capace di modellarsi. Riguardo ai Nephilm, vero, non prova amore per loro, alcuno, ma è riuscita a convivere con loro senza farsi mai nemica ed è venuta a firmare gli accordi per quattordici volte di fila, se non ricordo male” aveva dichiarato Justine.

Magnus era rimasto in silenzio, realizzando che erano passati quasi vent’anni dall’ultima volta in cui aveva parlato con la stregona italiana.
“Comunque potresti candidarti tu” aveva replicato Justine attirando la sua attenzione, “Sei Magnus Bane, sei ben inserito, i nascosti ti amano ed anche i cacciatori” aveva dichiarato.
“Oh no, sono la somma appendice di Alec. Tutti mi vedrebbero come un burattino di mio marito” aveva replicato demotivato Magnus.
Justine aveva bevuto un po’ del suo wisky, “Tutti chi? Gli stregoni?” aveva chiesto, “Il labirinto?” aveva aggiunto retorica.
“Hai ragione” aveva concesso Magnus, “Tendiamo ad essere ognuno per conto nostro e non facciamo fronte comune mai” aveva dichiarato; bastava ricordarsi della questione di Filippo Finto Inquisitore, che quasi aveva fatto bruciare sul rogo Catarina, in suolo imperiale...
“Oh l’acqua sta bollendo! Pranziamo così ne discutiamo meglio” aveva detto Iustine, mentre buttava nella pasta all’interno della pentola e si preoccupasse di chiamare la figlia.
Sunflower era uscita dalla stanza ed era scesa cauta dalla scalinata del soppalco, aveva un’espressione bianca sul viso e la preoccupazione cucita sul volto.
Per il suo amico.
“Apparecchia la tavola, tesoro” le aveva detto subito, mentre Justine si avvicinava al piano cottura.
Magnus si era sollevato dalla poltrona, finendo di bere il wisky, non era saggio farlo a stomaco vuoto, ma il suo metabolismo da stregone aiutava molto. “Il nostro piano finisce tragicamente così?” aveva domandato Magnus con una certa preoccupazione a Ragnor.
“Se speri che io abbia fascino da svendere, quando ti ho detto che tra me e Iusta non è finita bene, intendo che non è finita per niente bene” aveva dichiarato lugubre Ragnor.
“Sono tentato di chiederti tutto bene, ma non è questa la sede” aveva aggiunto Magnus, lanciando uno sguardo alle due streghe in cucina.

Sunflower aveva steso una tovaglia verde menta sull’isola del lato della cucina, posando poi anche dei piatti molto colorati. La ragazzina aveva sospirato verso di loro, abbozzando un sorriso gentile, sebbene non si sentisse ancora molto rassicurata.  “Mia madre non è stata cattiva, vero?” aveva chiesto la ragazzina, sistemando dei bicchieri, avevano delle stampe di papaveri – cliché.
“Non più del solito” aveva detto Ragnor, cercando di sorridere verso la ragazzina. Il suo amico era sempre stato bravo con i ragazzi, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era un insegnate e provava piacere nell’esserlo, nell’educare e nel prendersi cura, eppure Magnus aveva l’impressione che Ragnor stesse cercando di apparire meglio possibile, come mai aveva fatto – neanche davanti agli Shadowhunters nei tempi tesi. “Be, mamma era molto nervosa per la voistra visita” nel dirlo Sunflower aveva guardato Ragnor.
“Be, è pronto!” aveva detto imperiosa Justine attirando l’attenzione, con un tono quasi isterico.

La pasta era buona, meno dei beagle della sera prima. “Adesso mi è rimasta voglia di lasagna” si era lamentata la somma stregona di Leiden; “Faccio un piatto per Erwin; magari quando si sveglia avrà fame” aveva dichiarato Sunflower, riferendosi probabilmente al licantropo dormiente, prima di far sfrecciare un piatto dalla dispensa per sistemarla sul tavolo vicino a lei, per mettere da parte della pasta.
“Posso fare una domanda sfacciata?” aveva chiesto Ej, mentre arrotolava degli spaghetti sulla forchetta, “Vai tranquilla, Cacciatrice, ci piacciono le persone sfacciate” aveva dichiarato Justine, con un sorriso divertito sulle labbra, “Anche se sono nephilm” aveva detto.
“I vostri marchi da stregone” aveva detto quella.
“Non c’era tipo un protocollo di buone maniere per shadowhunters per non chiedere questo?” aveva chiesto con una punta di divertimento Sunflower, mentre metteva da parte la pasta salvata, “Oh no, dolcezza, le abbiamo dato il permesso” aveva dichiarato Justine, “Solo molto e raffinato glamour” aveva detto poi.
Ej aveva sorriso, dopo aver inghiottito della pasta, prima di ricominciare a parlare, “No, in realtà è una cosa piuttosto scema, ma stavo facendo una ricerca; una cosa stupida” aveva detto.

“Non esistono cose stupide” le aveva detto delicato Magnus, incuriosito, cercando di motivarla, “Non sono molto d’accordo” aveva commentato Ragnor, “O metà delle scelte che hai compiuto dovrebbero essere riviste” aveva dichiarato, “Anche io: o questo cetriolo qui non avrebbe spiegazioni” si era inserita Justine, indicando Ragnor con la forchetta.
Il suo amico aveva inclinato il capo, “Mi aspettavo indifferenza, lo confesso, ed un po’ di acredine” aveva dichiarato, “Ma tutto questo risentimento …” aveva aggiunto elusivo, facendo inviperire Justine.
Avevano riso.
Magnus era ancora convinto che quello che ci fosse tra Ragnor e Justine dovesse essere una spaventosa danza dell’amore mortale come quella di due scorpioni.
Ej si era spostata un ciuffo di capelli rosso vibrante dietro l’orecchio, “Oh be, stavo conducendo una ricerca, una specie circa, sulla correlazione tra i segni demoniaci degli scrittore ed il loro genitore infernale” aveva detto, “Una cosa scema” aveva aggiunto.
Magnus aveva aggrottato le sopracciglia, “Ne parlavo con Bo” aveva ripreso lei, interpretando le parole facce confuse dei commensali come un invito per continuare, “Lui è figlio di un demone dragonidae – no, non chiedete, non è voluto entrare nel merito – quindi un demone minore, ed ha un’aspetto abbastanza pittoresco ed evidente” aveva fatto una pausa, “Così tra libri e varie raccolte, ho iniziato a notare come più la discendenza è elevata, o ehm in questo caso calata i tratti demoniaci tendono ad essere più discreti[6]” aveva dichiarato.
“Uhm, tipo i suoi occhi da gatto?” aveva chiesto Sunflower, indicando Magnus, “… che è un noto figlio di un principe infernale” si era lasciata sfuggire Ej, con un tono cauto, timoroso di indispettirla.
Magnus aveva storto le labbra, consapevole di non averci mai pensato veramente. “Devo dire che è una cosa interessante” aveva dichiarato Justine, “Nel senso, io sono figlia di un principe infernale” aveva dichiarato con la stessa scioltezza con cui si sarebbe comunicato di aver comprato delle nuove Jimmy-Chu; era sceso un certo e teso silenzio nella tavola, ma la somma stregona di Leiden aveva continuato a parlare, “Ed ho effettivamente un solo segno demoniaco, ma diciamo che è tutt’altro che discreto” aveva detto.
Magnus la ricordava la sua pelle, bianco opaco con sfumature bluastre, come il marmo.

“Però potresti essere l’eccezione” aveva considerato Ragnor, “Se consideriamo il punto di vista evidenza, ma da quello numerico” aveva ripreso a parlare, stranamente interessato.
Oh, Ragnor aveva una fascinazione per il demoniaco, che lo volesse ammettere o no. “Probabilmente non sei la prima a pensare ciò. Probabilmente negli archivi del Labirinto c’è qualcosa; potrei darci un’occhiata, sempre se il nuovo Cancelliere ci darà il permesso” aveva dichiarato quello; “Non hai mai rispettato mezza-regola, Fell” aveva replicato Justine.
Ej aveva sorriso, soddisfatta.
Magnus era rimasto abbastanza confuso da quelle parole, ma erano poi scivolate addosso senza colpo ferire, non aveva mai avuto bisogno di una guida al riconoscimento di stregoni potenti, aveva imparato a percepirli fin da giovane.
Però aveva sollevato lo sguardo su Sunflower che guardava con teso nervosismo il suo piatto di pasta, anche Justine aveva guardato sua figlia.
Alla luce del commento di Ej, probabilmente dovevano entrambe star valutando i segni demoniaci, cautamente nascosti, di Sunflower.

Poi la momentanea calma del pranzo era stata interrotta dallo squillo del telefono di Justine, la strega lo aveva preso di malavoglia, rispondendo in olandese, l’attimo dopo il viso calmo si era tramutato in una smorfia di spavento, ma aveva subito ripreso compostezza, specie davanti le domande allarmate di sua figlia.
“Aspetta … aspetta, dimmi dove? Cosa? Ne sei sicuro? Ma dove?” aveva chiesto ancora, recuperando la calma, “Okay! Okay! Ho capito. Arriviamo subito” aveva dichiarato quella.
Anche Magnus aveva capito: erano appena cominciati i guai.



[1] I Servan sono un tipo di ‘Changeling’ del territorio italiano (Nord Ovest), associabili ai Jentis francesi. Sono esseri che abitano le grotte marine ed escono solo di notte, con il desiderio di assomigliare all’uomo ad ogni costo, perciò scambiano i loro figli con quelli umani. In questo caso, il Servan è un bambino umano cresciuto dalle fate. Ho scelto il termine Servan al posto di Changeling, perché mi piaceva di più a livello fonico (anche rispetto al termine Jentis), mi sembrava suonasse più antico, altolocato etc … e perché somigliava alla parola servo (Lol) – che in inglese è servant.  E poi dai un po’ di orgoglio nazionale non guasta.

[2] Rangor, nel Libro Perduto del Bianco (ma credo venga detto anche altrove) dice a Magnus che la sua famiglia, umani in possesso della Vista, credevano che lui fosse un Bambino Scambiato.

[3] Sì. È esattamente quello che pensate!

[4] In Shadowhunters non si fa mai riferimento ad un eventuale istituto in NewCastle che ai tempi era la capitale del Northumberland, però ecco, il Northumberland (che prima era il Regno di Northumbria) è un luogo ricco di storia, a confine con la Scozia e ci hanno costruito anche il Vallo di Adriano. Cosa del tutto ininfluente – per ora ahaha – ma mi sembrava carino.

[5] Per questa perla ringraziate la mia amica filologa germana (e wikipedia che lo ha confermato), che mi ha spiegato che Ila è “Piccolo” e Att (Padre), quindi si Attila si chiama Piccolo Padre (E si cioè capitemi questa battuta andava messa).

[6] Questa cosa è assolutamente un volo pindarico frutto della mia mente, però se pensiamo a Caterina Loss, Ragnor e Shun hanno tutti e tre segni molto evidenti (Ragnor in primis) mentre Magnus (praticamente solo occhi da gatto) e Tessa (nessuno) non hanno praticamente. Ora, Tessa non ha segni per (ragioni di trama) e perché è un unicum nel genere, però ecco, casualmente sono gli unici due figli di Principi Infernali Confermati nella serie. Comunque, per evitare di ‘assodare’ qualcosa che è un volo pindarico, ho creato Iusta come un Antica Maledizione ma con un evidente tratto demoniaco, la pelle di marmo (anche se, appunto, uno solo – nel senso Ragnor ha le corna, la pelle verde ed i capelli bianchi).
Mi era nata questa idea perché nella mia ottica, più si sale (o meglio si scende) nelle gerarchie infernali più si è potenti, capaci e – paradossalmente – vicini agli angeli e, quindi, più capaci di fare qualcosa più “vicino” all’umano. Niente voli pindarici.

   
 
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