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Autore: Niky_94    10/04/2021    1 recensioni
OUAT, 2 stagione.
Gli abitanti di Storybrooke hanno appena riscoperto la loro vera identità, e si stanno già battendo contro forze al di là di ogni previsione. Ma i bravi cittadini, primi tra tutti David e Archie, non possono assolutamente negare il loro aiuto ad una misteriosa ragazzina arrivata improvvisamente in città. La giovane si rivelerà ben presto essere estremamente simile all'unico tassello mancante nella storia di Pinocchio, Lucignolo, e toccherà al Grillo Parlante aiutare il discolo personaggio a rimanere sulla retta via.
(Storia legata alla trama della serie, di cui seguirà gli eventi principali, includendo svariati personaggi. Una storia di fiducia, angst e litigi, di buoni consigli, e di un Archie assolutamente adorabile di cui personalmente sento la mancanza. Buona lettura!)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
 
Quella mattina il sole splendeva alto sulla ridente cittadina di Storybrooke, nel Maine.
Archibald Hopper, lo psicologo della città, camminava tranquillo lungo Main Street, godendosi l’usuale passeggiata in compagnia di Pongo, l’inseparabile amico a quattro zampe.
Quando giunse nella piazza principale, levò lo sguardo alla torre dell’orologio, simbolo della città. Le sue labbra si aprirono in un sorriso, quando la lancetta dei minuti si mosse in avanti con un lieve scatto. Ancora non riusciva a credere che dopo ventotto lunghi anni il tempo avesse ripreso a scorrere. La Salvatrice aveva spezzato il Sortilegio Oscuro, restituendo agli abitanti della Foresta Incantata i ricordi che erano stati loro sottratti. Il sigillo dietro cui le loro memorie erano state confinate era stato finalmente infranto e tutti, a Storybrooke, avevano potuto ricongiungersi con il loro vero Io. Il senso di incompletezza che li aveva tormentati per anni era svanito. Finalmente tutti sapevano chi erano realmente. I genitori avevano ritrovato i figli creduti persi, i fratelli avevano potuto riabbracciarsi e gli amanti erano stati riuniti. I negozi, la scuola, gli uffici e le botteghe erano stati riaperti con nuovo entusiasmo. L’allegro fischiettio dei nani risuonava ogni mattina per le strade cittadine mentre si recavano al lavoro, i pesanti picconi sulle spalle, ed il delicato profumo delle crostate appena sfornate d Granny si diffondeva nell’aria, spinto dalla leggera brezza autunnale.
Nonostante la contentezza generale, l’aver ritrovato la memoria aveva posto gli abitanti della città di fronte alla complicata questione di dover conciliare la loro vera identità con le persone in cui il sortilegio aveva loro trasformato. Dopo ventotto anni, non era facile venire a patti con un passato a lungo dimenticato e così diverso dal proprio presente. Per questa ragione, da quando l’oscuro incantesimo era stato spezzato, l’ufficio di Archie era sempre pieno. Ma a lui non dispiaceva. Aveva sempre amato essere il Grillo Parlante e nulla gli dava più gioia di poter aiutare il prossimo.
Lo psicologo abbassò lo sguardo su Pongo, e sorrise. «Che ne dici, Pongo, ti va una passeggiata nel bosco?»
Il dalmata lo guardò con i grandi occhi scuri ed abbaiò felice, agitando la lunga coda.
«E va bene» sorrise nuovamente Archie «Andiamo» Svoltò a destra, seguito a ruota dal cane, e si incamminò lungo la strada asfaltata che costeggiava la fitta boscaglia.
I due camminarono per una buona mezz’ora, osservando le cime maestose degli alberi e godendosi la piacevole frescura della foresta.
Gli uccelli cinguettavano allegramente tra le fitte fronde ed il venticello fresco portava con sé l’intenso profumo di resina degli abeti. All’ombra di un grosso cespuglio, Archie notò dei grandi funghi fare capolino tra l’erba incolta e i sassi, pronti per essere raccolti. Ad un tratto, i due scorsero uno scoiattolo: il piccolo roditore scese velocemente lungo un ramo e spiccò un balzo, superando agilmente la distanza che lo superava dall’albero vicino. Pongo prese ad abbaiare, ma un lieve richiamo da parte del padrone fu sufficiente perché si calmasse, e i due ripresero con calma la loro passeggiata. Gli alberi iniziarono presto a farsi più fitti, e la strada divenne più stretta e accidentata. In lontananza, Archie scorse il grande cartello verde che avvertiva i viaggiatori di aver raggiunto i confini della città; sulla sua superficie, a grosse lettere bianche, campeggiava la scritta “Benvenuti a Storybrooke”. Tale confine era stato ulteriormente marcato con una linea rossa, tracciata con della vernice spray direttamente sull’asfalto. Lo psicologo si fermò a qualche metro dalla linea, osservandola con apprensione. Nonostante il Sortilegio Oscuro fosse stato spezzato, una forza malvagia sembrava ancora imprigionare Storybrooke: coloro che oltrepassavano il confine della città venivano nuovamente colpiti dall’incantesimo, e dimenticavano ancora una volta la loro vera identità. «Andiamo, Pongo...» disse piano «Non è prudente stare qui...»
I due voltarono le spalle al confine, incamminandosi nuovamente verso il centro abitato. Questa volta, Archie non fece caso al cinguettio degli uccelli. Nella sua mente albergavano ora pensieri pieni di timore. Che cosa sarebbe successo se la Salvatrice, Biancaneve e il Principe non fossero riusciti a spezzare l’incantesimo? Sarebbero rimasti intrappolati in quel mondo per sempre, o sarebbero riusciti a tornare a casa, un giorno?
All’improvviso, Pongo si fermò. Rimase in piedi in mezzo alla strada, la coda ritta e le orecchie tese, fissando attentamente qualcosa tra gli alberi.
«Che cosa succede, bello?» domandò lo psicologo «Un altro scoiattolo?»
In quel momento, il dalmata iniziò a correre. Lo scatto con cui si mosse fu tanto rapido che il padrone non riuscì ad agguantare in tempo il guinzaglio, che gli scivolò dalle mani, trascinato dalla foga del cane.
«Pongo?» chiamò Archie, affrettando il passo per star dietro all’animale «Pongo – torna indietro!»
Pongo non si voltò neppure. Al contrario, si lanciò a testa bassa in mezzo agli alberi, e con poche falcate sparì in mezzo alla fitta vegetazione.
«PONGO!» esclamò l’uomo, mettendosi a correre a sua volta «Aspetta! Torna qui!» Abbassò il capo appena in tempo per evitare di essere colpito da un ramo d’abete più basso degli altri, e seguì il cane tra gli arbusti.
Dopo quello che parve un inseguimento interminabile, finalmente Pongo si fermò.
Lo psicologo lo raggiunse, ansimando. Si posò le mani sulle ginocchia e vi si accasciò sopra, respirando profondamente nel tentativo di riprendere fiato. Dopo qualche istante, sollevò il capo ed osservò il cane: Pongo era in piedi sotto un pino, la testa china, intento ad annusare furiosamente qualcosa di fronte a lui.
«Ehi, bello...» disse piano il dottor Hopper, avvicinandosi «Che cosa hai trovato?» Una volta riuscito a riagguantare il guinzaglio, più che mai deciso a non lasciare che Pongo fuggisse nuovamente, si decise a guardare oltre le possenti spalle dell’animale. Sussultò. «Ma – Cosa…?!»
Rannicchiata tra le grosse radici che sporgevano dal terreno, c’era una giovane ragazza. Aveva grandi occhi scuri e capelli castani mossi, lunghi fino alle spalle. Indossava una felpa nera ed un paio di jeans scuri, entrambi sporchi di terra e fango, come la suola delle scarpe da ginnastica rosse e bianche che portava ai piedi. Abbandonato a terra accanto a lei giaceva un piccolo zainetto viola. Il viso cosparso di piccole lentiggini era pallido, e la giovane aveva il respiro corto, come se avesse corso per molto tempo.
Archie la guardò, sbalordito. «E… E tu chi sei?»
Lei sollevò lo sguardo su di lui, rivolgendogli un’occhiata implorante.
«La prego...» sussurrò, con voce tremante «La prego, mi aiuti...»
 
*** ~ *** ~ ***
 
Lo psicologo aprì la porta a vetri e si spostò di lato per permettere alla ragazzina di entrare, avendo cura di tenere aperto l’uscio. «Ecco, entra, da questa parte»
La giovane varcò timidamente la soglia, lo zainetto tra le mani, e si guardò attorno. L’ufficio dello sceriffo era piccolo, ma tuttavia abbastanza spazioso da ospitare due scrivanie, una piccola reception, alcuni scaffali ed un appendiabiti. Due piccole celle quadrate facevano mostra di sé, completando l’arredamento con un cupo avvertimento.
Ad una delle scrivanie era seduto un uomo alto, con indosso una camicia azzurra, il cui colore si sposava perfettamente con quello degli occhi chiarissimi. Quando vide lo psicologo, le sue labbra si schiusero in un caldo sorriso. «Oh, buon giorno, Archie» lo salutò, alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi.
«Buon giorno, David» rispose il dottore, stringendogli la mano «Mi dispiace disturbarti, ma ho davvero bisogno del tuo aiuto»
«Non c’è problema» assicurò gentile lo sceriffo, sorridendo nuovamente. Spostò la sua attenzione sulla ragazzina in piedi accanto ad Archie ed inarcò le sopracciglia, incuriosito. «E tu chi sei?» domandò in tono cordiale.
«Io… Mi chiamo Niky...» rispose lei timidamente.
«Niky, eh? È davvero un bel nome» approvò David. «Io sono David. David Nolan. Solo lo sceriffo della città» si presentò, porgendole la mano. «Beh, tecnicamente lo sceriffo sarebbe mia figlia, Emma, ma ti sarà giunta voce di quanto è successo...»
«Ah, temo di no, David. Niky… non è di queste parti...» si affrettò ad informarlo lo psicologo, rivolgendogli un’occhiata eloquente.
Lo sceriffo sbatté le palpebre, sorpreso, ma mantenne la sua compostezza. «Oh beh, questo… è davvero interessante… Beh, mmh, sedetevi, coraggio. Che cosa posso fare per voi?»
«Si tratta di Niky» esordì Archie, apprensivo «Credo si trovi nei guai»
Il giovane uomo annuì da dietro la scrivania, e fisso gli attenti occhi azzurri sull’amico, preparandosi a carpire ogni dettaglio dalla storia che egli stava per raccontare.
«Questa mattina sono uscito per la mia solita passeggiata con Pongo – ora è a casa di Granny, è stata così gentile da offrirsi di badare a lui fino al mio ritorno. Oh, ehm, sì, dicevo: passeggiavo con Pongo, quando all’improvviso è scappato. Ed è strano, perché non lo aveva mai fatto, prima d’ora. Ho pensato che avesse fiutato qualcosa, così l’ho seguito nel bosco. E lì ho trovato Niky...»
«E cosa ci facevi, tutta sola nel bosco?» volle sapere lo sceriffo.
«Ecco io… Stavo scappando...»
«Scappando?» le fecero eco i due uomini, colti alla sprovvista. Cogliendo le loro espressioni confuse, la ragazzina comprese di dover fornire loro maggiori dettagli.
«Qualche sera fa stavo tornando da scuola, e due tizi con un’auto grigia mi hanno fermata, e mi hanno chiesto indicazioni» Deglutì a fatica, poi proseguì: «Sono scesi dall’auto, e quando mi sono avvicinata mi hanno legata e mi hanno chiusa nel bagagliaio»
Gli occhi di David si spalancarono per lo shock, ed ogni traccia di colore scomparve dal volto dello psicologo.
«Ti hanno rapita?»
Lei strinse al petto lo zaino ed annuì, i capelli scuri spettinati che oscillavano pigramente ai lati del volto pallidissimo. «Ho gridato e cercato di chiamare aiuto, ma ho sono ripartiti subito» riferì, lo sguardo perso nei ricordi di quell’esperienza così spaventosa «Non so per quanto tempo abbiamo viaggiato. Ma deve essergli venuta fame, credo, perché ci siamo fermati a un distributore di benzina»
«È stato allora che sei riuscita a scappare?» domandò David, protendendosi verso di lei, sempre più coinvolto. Quando Niky annuì, nei suoi occhi apparve una scintilla di ammirazione. «E come hai fatto?»
«Beh… Eravamo abbastanza vicini alla foresta, ho pensato che se avessi corso abbastanza veloce avrei potuto nascondermi tra gli alberi… Ho chiesto di andare in bagno e mentre loro facevano la guardia alla porta, sono uscita dalla finestra e sono scappata. E poi ho iniziato a correre...» Si schiarì la voce, che aveva preso ad incrinarsi per l’emozione, e si strinse nelle spalle. «Quando si sono accorti di quello che era successo hanno iniziato ad inseguirmi, ma credo di averli seminati, correndo nel bosco. Ho pensato che se fossi andata avanti senza fermarmi, prima o poi avrei trovato qualcuno che potesse aiutarmi… Ma per fortuna, il dottor Hopper ha trovato me. E beh, conoscete il resto»
«Per fortuna, questa brutta avventura è finita per il meglio» sorride David dolcemente, cercando di rincuorarla «Ora sei al sicuro. Non preoccuparti, mi metterò subito al lavoro per rintracciare i tuoi genitori. Immagino saranno molto preoccupati»
Niky sollevò il capo «Oh, no, io… Non ho i genitori...»
I due uomini si scambiarono un’altra occhiata.
«Vivo in un orfanotrofio, a Boston»
«Oh...» fece David «Beh, certamente si staranno domandando tutti se tu stia bene. Mi metterò subito in contatto con la polizia di Boston, immagino abbiano denunciato la tua scomparsa… Sbrigate le formalità, potrai tornare a casa»
«La ringrazio» rispose la ragazzina «Non vedo l’ora di dimenticare questa storia»
«Sì, lo immagino...» sussurrò debolmente Archie. Quando osservò con maggiore attenzione la giovane, però, i suoi occhi si spalancarono. «Ma… tu stai sanguinando!»
Niky abbassò lo sguardo sul proprio braccio, dove una chiazza umidiccia si stava allargando, macchiando con un alone scuro la manica della felpa. «Oh, non è niente» si affrettò a rassicurarlo «Mi sono tagliata mentre correvo nel bosco»
«Sapevi di essere ferita e non hai detto niente?» domandò David, accigliato.
«È soltanto un taglietto» minimizzò la ragazzina.
«Non sembra proprio “solo un taglietto”» intervenne il dottor Hopper, guardandola preoccupato.
«Forza,» disse lo sceriffo Nolan, prendendole con cautela il braccio tra le mani «fammi dare un’occhiata»
Riluttante, la giovane sollevò piano la manica.
Lo psicologo sobbalzò: nella pelle chiara si era aperto un taglio profondo, dal quale usciva un grosso rivolo di sangue rosso scuro. «Accidenti!»
«Dobbiamo portarti in ospedale» sentenziò David, avvolgendole il braccio in un fazzoletto bianco.
«Vi accompagno» dichiarò il dottor Hopper, balzando in piedi. In men che non si dica aveva afferrato l’ombrello, e sembrava ansioso di scortare la ragazzina al Pronto Soccorso.
«Cosa? No!» sbottò lei, imbronciata. «Vi dico che è solo un graffio, non c’è alcun bisogno di correre in ospedale»
«Vorrà dire che ci andremo camminando» rispose lo sceriffo, sorridendo sornione all’espressione sul viso di lei. Si infilò la giacca di pelle marrone e le si avvicinò «So che a te sembra una ferita da nulla, ma se non la curiamo subito potrebbe infettarsi. E allora sì, che saranno dolori. Senza contare che dal momento in cui sei entrata nel mio ufficio, sei sotto la mia protezione. E in qualità di sceriffo, non posso permettere che ti accada qualcosa»
Niky roteò gli occhi con aria scocciata «Credevo che lo sceriffo fosse sua figlia...»
David sogghignò. «Bel tentativo»
«David ha ragione» intervenne Archie, voce della ragione «La tua salute è una priorità, in questo momento. Permettici di darti una mano»
La ragazzina fece scorrere lo sguardo da uno all’altro, interdetta. Alla fine, comprendendo di non avere alternative, si arrese. «E va bene… Andiamo»
Lo psicologo sorrise tra sé; era passato molto tempo da quando aveva avuto occasione di essere davvero il Grillo Parlante, ma a quanto pareva, non aveva perso il suo tocco.
I due uomini annuirono e il trio si avviò, lasciando l’ufficio dello sceriffo.
 
*** ~ *** ~ ***
 
David sbirciò tra le fessure delle veneziane bianche, cercando di vedere all’interno della stanza.
«Ancora niente?» domandò Archie, arrivando alle sue spalle.
Lo sceriffo scosse la testa. «Inizio a preoccuparmi. Perché ci mettono tanto?»
L’altro si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea… Ma sono sicuro che Niky stia bene» dichiarò, cercando di mascherare la preoccupazione nella sua voce «Il dottor Whale è in gamba, sono certo che farà un ottimo lavoro»
David annuì, ma l’espressione sul suo viso mostrava chiaramente che le parole del terapista non lo avevano affatto convinto.
In quel momento, la porta si aprì e dalla stanza emerse il dottor Whale, il fonendoscopio appoggiato sulle spalle e i capelli perfettamente in ordine, come sempre.
«Come sta?» domandò lo sceriffo, avvicinandosi, seguito dal dottor Hopper.
«Il taglio era profondo, ho dovuto metterle dei punti» spiegò il medico, osservando intensamente i due uomini «Ha perso un po’ di sangue, ma non è stato necessario fare alcuna trasfusione, i valori di ematocrito ed emoglobina sono nella norma» Si fece da parte per permettere loro di lanciare una rapida occhiata nella stanza, e proseguì: «La ferita stava iniziando ad infettarsi, le ho somministrato degli antibiotici. Sarà bene che li continui, almeno per qualche giorno. La terremo in osservazione per qualche ora, un po’ di riposo le farà bene» dichiarò, lanciando a sua volta uno sguardo alla ragazzina addormentata su uni dei letti in fondo alla stanza. «Che cosa le è capitato? Sembrava distrutta»
«Ha detto di essere stata rapita» spiegò David a bassa voce «È riuscita a scappare e si è nascosta nel bosco. Deve essersi ferita mentre fuggiva»
«Forse un ramo basso...» suggerì il dottore, pensieroso.
Archie fece un passo avanti «Si rimetterà, non è vero?»
Whale annuì. «Certamente. Qualche giorno di antibiotici, un po’ di riposo, e sarà come nuova»
Lo psicologo sorrise, traendo un lungo sospiro di sollievo.
«Bene, a questo punto non ci resta che sbrigare alcune formalità» dichiarò il medico. Aprì una cartelletta color ocra che qualcuno aveva preparato sul bancone, ed iniziò a sfogliare i documenti al suo interno. «Ho bisogno della firma di uno di voi per il ricovero. E me ne servirà un’altra al momento della dimissione»
«Ci penso io» si offrì David, prendendo la penna che il dottore aveva prontamente recuperato dal taschino del camice, e ora gli porgeva. Estrasse il foglio ed appoggiandosi al bordo rigido della cartelletta, appose la sua firma sulla riga designata. Una volta terminato, restituì il documento, sorridendo. «Ecco fatto»
Archie lanciò uno sguardo all’orologio a muro del reparto. «Oh, accipicchia, sono già le nove…» mormorò «Avrei dovuto aprire lo studio un’ora fa...»
«Va’ pure» intervenne David, sorridendo «Resterò io qui con lei.»
«In realtà -» si intromise il dottor Whale «Ritengo che possiate andare entrambi. Ho la sensazione che la ragazza dormirà per un bel pezzo, non c’è motivo per cui dobbiate rinunciare ai vostri impegni di lavoro. Se ci saranno novità, vi farò sapere»
I due uomini si scambiarono un’occhiata.
«Beh, d’accordo» accondiscese lo sceriffo «Se Whale dice che non c’è motivo di restare, forse faremmo meglio a fare come dice»
Archie annuì.
«Coraggio» disse piano David, posando una mano sulla spalla dello psicologo «Andiamo»
 
*** ~ *** ~ ***
 
David appese la giacca di pelle marrone all’appendiabiti in legno del suo ufficio, e si lasciò cadere sulla sedia. Il sole stava ormai tramontando dietro gli alberi della fitta foresta che circondava la città, e la luce rosso-arancio proiettava caldi riflessi sull’intonaco. Lo sceriffo sospirò; aveva appena concluso l’ultima ronda della giornata, e si sentiva davvero stanco. Quando aveva preso la decisione di sostituire Emma come sceriffo durante la sua assenza, non aveva immaginato che ricoprire quell’incarico avrebbe significato tanto lavoro. Lanciò uno sguardo all’orologio, e si grattò la testa, pensieroso. Erano passate diverse ore da quando lui e il dottor Hopper avevano lasciato l’ospedale, ma Whale non aveva ancora telefonato per aggiornarli sulle condizioni di Niky. David si domandò se non fosse il caso di recarsi nuovamente all’ospedale per controllare la situazione di persona. Poi, però, ci ripensò: il medico aveva promesso di riferire loro ogni novità, e non vi era motivo per dubitare che avrebbe tenuto fede alla parola data. Nonostante fosse un personaggio decisamente discutibile, il dottor Whale prendeva molto seriamente il suo lavoro. Di certo avrebbe chiamato.
Proprio in quell’istante, il telefono squillò. David sobbalzò, ma si affrettò a rispondere, avido di notizie. Si tuffò sul telefono ed agguantò la cornetta, che avvicinò all’orecchio con una rapidità strabiliante. «Pronto, Whale? Si è svegliata?» domandò preoccupato, premendo il ricevitore contro l’orecchio per non perdere nemmeno una parola. Stava per aggiungere altro, quando la persona dall’altro capo della linea parlò, ed un’espressione delusa si dipinse sul suo volto. «Ah… Ciao, Leroy…» Assunse una posizione comoda nella sedia, e si preparò a dare ascolto al nano. «No, non devi preoccuparti, sono certo che riuscirai a trovare il tuo piccone. Devi solo avere un po’ di pazienza… Sì, so che la pazienza non è il tuo forte. D’accordo, facciamo così: se entro domattina non sarà saltato fuori, affiggeremo dei manifesti per la città. In un modo o nell’altro, riusciremo a trovarlo»
In quel momento si udì un bip!, all’interno della cornetta.
«Scusa, Leroy» disse David «Ti richiamo più tardi, ho un avviso di chiamata» dichiarò, e chiuse la comunicazione prima che l’iracondo concittadino potesse ribattere. Con un sospiro rassegnato, lo sceriffo rispose alla telefonata. «Pronto?»
«Sceriffo Nolan, sono il dottor Whale» annunciò la voce dall’altra parte.
A quelle parole, David raddrizzò immediatamente la schiena, attento e scattante come soldato in attesa di ordini. «Che succede? Qualche novità?»
«Si è svegliata»
«E… E come sta? Mi dica di più!» incitò lo sceriffo, agitato.
«La ferita è pulita e guarirà molto presto» spiegò il dottore «Le sue condizioni sono stabili e i parametri vitali sono buoni. Direi che è pronta per tornare a casa»
«A casa?»
«Beh, bisognerà trovargliene una, almeno finché non sarà in grado di tornare a...» Si udì il fruscio di pagine che venivano girate «- a Boston» concluse Whale, richiudendo la cartella clinica.
A David si strinse il cuore al pensiero della giovane che correva nel bosco, spaventata ed infreddolita… Per un attimo, pensò di ospitarla a casa sua. Poi, però, ricordò che Niky non veniva dalla Foresta Incantata. Come avrebbe potuto spiegare il numero considerevole di personaggi delle favole che passavano ogni giorno da casa sua, sottoponendogli i problemi più svariati, dalla misteriosa sparizione del proprio piccone incantato alla bizzarra crescita di papaveri sulla testa dei propri familiari? No, non poteva correre il rischio che qualcuno scoprisse la verità su Storybrooke. Senza contare gli innumerevoli problemi che stavano sorgendo in città ultimamente. Come sceriffo, e soprattutto come Principe, aveva decisamente troppo da fare. Sospirò. Non sarebbe stata un’impresa facile, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe negato il suo aiuto a chi era in difficoltà. «Ti ringrazio» disse sinceramente «Passerò a prenderla appena possibile»
Il medico si congedò e riattaccò, ponendo fine alla conversazione.
David posò la cornetta e si alzò in piedi. «E va bene, Niky,» disse tra sé e sé, «ora vediamo di trovarti un posto dove stare» Indossò la giacca, afferrò le chiavi del pick-up, estrasse il cellulare dalla tasca e compose un numero. «Pronto? Ciao» disse, mentre usciva dall’ufficio «Mi dispiace disturbarti, ma avrei bisogno di un favore...»
 
*** ~ *** ~ ***
 
Niky osservò con impazienza l’infermiera, mentre questa si accingeva a toglierle l’ago della flebo.
«Ecco fatto» annunciò la donna, assicurando al braccio della giovane un batuffolo di cotone con un pezzo di cerotto bianco. «Come va il braccio?»
La ragazzina lanciò un’occhiata alla fasciatura candida che le copriva la ferita, ed annuì. «Meglio, grazie» Fece ciondolare le gambe giù dal letto per qualche istante, poi sollevò nuovamente lo sguardo sull’infermiera. «Posso andare a casa, adesso?»
Lei annuì «Il dottor Whale ha soltanto bisogno che qualcuno firmi i documenti per la tua dimissione» Riordinò il carrello delle medicazioni, riponendo ogni cosa al suo posto, e proseguì: «Lo sceriffo Nolan sta venendo a prenderti. Non appena sarà arrivato, potrai tornare a casa»
«Ma… Non potrei firmarli da sola?»
«Purtroppo no» rispose la donna «Sei ancora minorenne. Prima che potesse aggiungere altro, qualcuno bussò alla porta della stanza. «Avanti»
David fece timidamente capolino nella stanza. «Buona sera. Sono venuto a prendere Niky» Quando i suoi occhi si posarono sulla ragazzina, le sue labbra si aprirono in un grande sorriso. «Come ti senti? Va un po’ meglio?»
Lei annuì «Sì, grazie»
In qual momento, il dottor Whale entrò nella stanza. «Ah, eccola qua, Sceriffo Nolan» Gli si avvicinò e gli porse un piccolo portfolio e una penna. «
Una firma qui, e Niky sarà libera di uscire»
David sorrise. Afferrò la penna, e firmò in fretta i documenti necessari.
Il medico annuì. «Bene, non vi trattengo oltre. Ti affido alle cure del nostro sceriffo» disse, rivolgendosi alla giovane «Ma fa attenzione che il braccio non ricominci a sanguinare. E se noti qualcosa di strano, non esitare a chiamarmi» l’ammonì, porgendole il proprio biglietto da visita.
Lei lo ringraziò, assicurò che si sarebbe presa cura di sé e che avrebbe ricordato di prendere l’intera scatola di antibiotici che le erano stati prescritti, e si fece scivolare il biglietto da visita nella tasca dei jeans. «La ringrazio»
Whale si congedò ed uscì dalla stanza, seguito dall’infermiera.
La ragazzina si infilò cautamente la felpa e rivolse a David uno sguardo incuriosito «Mi riporterà a Boston, ora?»
Lui scosse la testa. «Temo che sia ancora presto. Ma la buona notizia è che ti ho trovato un posto dove stare, almeno finché non sarò riuscito a mettermi in contatto con la polizia di Boston»
Niky saltò giù dal letto «Quale posto? Dove andiamo?»
David le fece l’occhiolino. «Lo vedrai»
 
*** ~ *** ~ ***
 
«Eccoci, siamo arrivati» annunciò David, parcheggiando il pick-up al lato della strada.
Niky sbirciò fuori dal finestrino e scrutò l’edificio di fronte a sé. Il suo sguardo si illuminò alla vista del portico bianco e dei fiori che adornavano il davanzale delle finestre. Sollevò gli occhi sull’insegna colorata, che lesse ad alta voce: «Granny’s Diner
Lo sceriffo annuì. «Vedrai, ti piacerà. Seguimi»
Lei raccolse lo zaino che aveva abbandonato sul pavimento del pick-up e si affrettò per tenere il passo, seguendolo all’interno del locale.
Quando aprirono la porta, una campanella d’ottone montata sullo stipite tintinnò, annunciando festosamente il loro arrivo.
Una ragazza alta e avvenente con indosso una camicetta bianca molto scollata e dei cortissimi pantaloncini rossi si avvicinò a loro. «Buonasera, David» salutò con un sorriso «E ciao anche a te» aggiunse, rivolgendosi a Niky.
«Buonasera, Ruby» rispose l’uomo «Stiamo cercando Granny. È in cucina?»
«Arrivo, arrivo...!» borbottò una voce all’improvviso, facendoli sobbalzare. Come richiamata dalle parole dello sceriffo, una donna bassa e rotondetta emerse dalla cucina, le guance arrossate a causa del calore dei fornelli. Aveva lunghi capelli grigi raccolti in uno chignon e portava un paio di occhialetti sulla punta del naso. Alla vista di David, si mise le mani sui fianchi. «Ah, eccoti. Ti stavo aspettando. È lei?» domandò, indicando con un cenno del capo la ragazzina timidamente nascosta dietro di lui.
Lo sceriffo annuì. «Granny, ti presento Niky»
«Hai l’aria stanca, ragazza mia» commentò la donna, osservando il suo viso pallido. Afferrò il bordo del lungo grembiule che indossava e prese ad asciugarsi le mani. «Un bagno caldo, una buona cena e una bella dormita, e sarai come nuova»
Niky arrossì. «Non vorrei disturbare...»
«Non preoccuparti. Questa è la tua chiave. La stanza è al primo piano. Sali le scale e gira a destra. Troverai tutto quello che ti serve» disse Granny.
«La ringrazio, davvero!»
La donna annuì. «Ho lasciato dei vestiti di Ruby sul letto, dovrebbero andarti bene. Quando ti sarai cambiata porta pure giù i tuoi abiti nella lavanderia, hanno davvero bisogno di essere messi in lavatrice»
Niky ringraziò tutti, salutò lo sceriffo e si avviò su per le scale, gli occhi curiosi che esploravano ogni dettaglio del bed & breakfast.
Granny la guardò sparire al piano di sopra. Quando fu certa che la ragazzina non potesse sentirla, si voltò verso David, e gli assestò una gomitata sul braccio. «Ma come ti salta in mente? Portare un’estranea nel mio bed & breakfast?»
Lo sceriffo sobbalzò. «Oh, andiamo, Granny. È stata rapita. Ha bisogno di un posto dove stare»
«Non viene dalla Foresta Incantata, Principe. Non è una di noi. Come possiamo sapere se possiamo fidarci di lei?»
«Credo che dovremo rischiare» rispose lui, stringendosi nelle spalle. «Ascolta, so che non sappiamo nulla di Niky, ma non è detto che sia cattiva. È molto più probabile che sia solo una ragazzina che ha bisogno del nostro aiuto. E cosa ne sarebbe stato di noi, della Foresta Incantata, di Storybrooke, se non ci fossimo sempre aiutati a vicenda?»
La donna sospirò. «Immagino tu abbia ragione… D’accordo, ci prenderemo cura di lei. Ma sappi che la terremo d’occhio. E la mia balestra non sbaglia un colpo» l’ammonì, concludendo la frase con un’alzata di sopracciglio estremamente eloquente.
Lo sceriffo annuì. «Ti ringrazio davvero»
 
*** ~ *** ~ ***
 
Niky si sedette sul letto con un sospiro soddisfatto. Granny aveva ragione, una volta fatto un bagno caldo e una buona cena, tutto sembrava avere un aspetto diverso. Perfino il suo viso, riflesso nello specchio del bagno, non aveva più molto del pallore che l’aveva accompagnata per giorni.
Si infilò sotto le coperte e rivolse uno sguardo fuori dalla finestra. L’orologio della torre segnò le 20:15.
«Storybrooke...»
   
 
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