Il ritorno
di Papillon
*
Capitolo 10
*
Lila
Rossi iniziò a spogliarsi e a gettare vestiti e biancheria un po’ dove le
capitava in giro per casa, un piccolo appartamento situato in un quartiere
malfamato, dove le sirene della polizia e il continuo via vai di ambulanze
faceva da sottofondo oltre alle urla e schiamazzi dei vicini non proprio
raccomandabili.
A
volte si potevano udire degli spari, forse qualche regolamento di conti, e non
era raro che la polizia passasse ad interrogarla.
Se
la trovava in casa.
Era
tornata a Parigi qualche mese fa, ma di dirlo ai suoi genitori non se ne
parlava, infatti, nell’ultima telefonata fatta a sua madre la settimana scorsa,
aveva detto di essere ancora impegnata nel suo volontariato in India, quando
era già atterrata nel paese che le aveva dato i natali.
L’appartamento,
o come lo chiamava lei il tugurio, era composto da tre stanze piccole, buie che
odoravano di muffa e di chiuso, il muro era rivestito da dei listelli di legno,
non proprio nuovi, anzi doveva stare attenta a non attaccarsi per non rovinarsi
i vestiti costosi che indossava.
Nell’ingresso
c’era un attaccapanni e poi di lato della porta, iniziava la penisola della
cucina.
Un
divano a due posti di pelle invecchiata dall’odore nauseabondo, forse qualcuno
lo aveva usato come latrina, o per pisciarci dentro o per vomitarci stando alle
macchie di colore indefinito che affioravano sulla superficie di alcantara, era
stato messo per coprire un buco nel muro.
Al
centro della stanza c’era un tavolo rotondo marrone, anche quello logoro, con
sopra un piccolo vaso di cristallo e un fiore secco, vicino, ci aveva gettato
con noncuranza la spilla della farfalla, come se quella non fosse un oggetto
prezioso a cui prestare la massima attenzione.
Infine,
l’appartamento era dotato di una camera da letto, con un armadio a due ante e
un letto matrimoniale, con bagno annesso, se quello si poteva chiamare bagno.
L’unico
modo per togliersi da dosso quella sensazione di fastidio e sconfitta, era fare
un bel bagno caldo e rilassante.
Magari
a lume di candela e con in mano un buon calice di rosso.
Immerse
il suo corpo nell’acqua profumata e schiumata di rosa selvatica, stando attenta
a non far fuoriuscire il liquido dalla vasca, poi a pulire avrebbe dovuto
pensarci lei, e non le governanti che era solita avere.
Sorseggiò
sensuale quel liquido rubino, mentre tramava la prossima mossa facendosi
cullare dalle bolle dell’idromassaggio.
Almeno
quel lugubre luogo aveva quel confort, quando funziovana.
Il
piano per rovinare Gabriel Agreste stava prendendo forma, non aveva avuto molta
fortuna con Alya Cesaire,
ma infondo era prevedibile, la giornalista è molto amica di Marinette
e Adrien, non andrebbe mai incontro i suoi principi
morali.
Anzi,
con molta probabilità, erano già a conoscenza da quanto appreso dalla reporter.
Bene,
non aspettava altro.
Se
Marinette e Adrien, non
sapevano che Gabriel vestiva in passato i panni di Papillon, probabilmente ora
ne staranno discutendo apertamente e a pochi giorni dalla sfilata del secolo,
un allontanamento, è la cosa che ci vuole per far naufragare la carriera della Dupain-Cheng.
In
caso contrario, i sospetti che ha sui coniugi Agreste, potrebbero ritenersi
fondati, ma sempre con il senno di poi.
Marinette e Adrien potrebbero essere Lady Bug e Chat Noir.
Quell’imbranata
una super eroina? Ma fatemi il piacere.
Lila
si passò un dito sulle labbra, ormai il sapore di Adrien,
era svanito e sostituito con il gusto più forte del vino.
Peccato!
Era
stato bello finchè era durato.
Quei
baci, quei tocchi. Da quanto un uomo non la toccava con tanta riverenza, forse
nessuno lo aveva mai fatto.
Quando
si fa del sesso occasionale è così.
Non
c’è amore, non c’è affetto. Solo sesso.
Puro
sesso selvaggio, solo per sfogare un istinto.
Invece
con Adrien era stato diverso, e non erano nemmeno
andati al sodo.
Presto sarai mio.
*
Gabriel
e Nathalie continuavano a guardare i filmati di sorveglianza in cerca di
qualche indizio che gli facesse scoprire chi aveva rubato la spilla della
farfalla.
Quella
del pavone non era stata nemmeno toccata, sembrava che al ladro non conoscesse
il potere di entrambe la spille combinate insieme.
Forse
pensava che quella della farfalla fosse la più potente di tutte, oppure
semplicemente voleva sottrarre qualcosa al proprietario.
“Niente!”
Imprecò battendo i pugni sulla scrivania bianca e facendo sobbalzare il
monitor, la tastiera ed il mouse.
“Dobbiamo
dirglielo.” Suggerì Nathalie affranta.
Gabriel
si sistemò gli occhiali sul naso e si diresse verso la porta finestra, osservò
ancora una volta il via vai di macchine e persone che percorrevano la strada.
Non
era un’arteria principale, quindi di solito poco trafficata, ma i lavori alla
strada vicina faceva deviare il traffico in quella direzione.
Alcuni
curiosi fotografavano la residenza, i turisti per altro, che riconoscevano
quella dimora come la casa del famoso stilista Gabriel Agreste.
Per
questo era solito a tenere tende pesanti sulla finestra che rabbuiavano le
stanze, e nel giardino che la delimitava, le siepi erano alte.
Sperava
di tenere a bada i più curiosi, ma si sbagliava.
Per
fortuna Adrien e Marinette abitavano un po’ più
distanti dal centro, in una zona tranquilla e non di passaggio, almeno così la
loro privacy sarebbe stata al sicuro, anche se non mancavano paparazzi
appostati in cerca di uno scoop.
“Domani
c’è la sfilata, non possiamo distrarli così.” Deglutì il nulla, e l’unico sapore
che attraversò la gola era quello del caffè appena trangugiato. “…appena sarà terminata e con il dovuto successo, glielo
comunicherò”.
“Hai
qualche sospetto?” Chiese avvicinandosi di più mettendogli le mani sulle spalle
ed appoggiando il viso sulla schiena.
“Spero
di sbagliarmi”.
“Lila
Rossi?” Osò fare il suo nome.
“Mmm…” Un mugugno che sembrò significare si.
“E’
passato molto tempo ormai dall’ultima vola che l’abbiamo vista, pensi che sia
tornata dopo anni per vendicarsi?”
“Il
quasi incidente di Hugo e il furto del miraculous,
non può essere una coincidenza, o che faccia pensare a lei, e poi come avrebbe
fatto? Incantesimi?”
Gabriel
sciolse quella posa ed iniziò a camminare su e giù per lo studio con aria
pensierosa, le braccia le tenne dietro la schiena.
“L’ho
tenuta d’occhio in questi anni” Esordì lo stilista facendo inarcare un
sopracciglio alla moglie “…conosco la sua mente
instabile e manipolatrice. Quando ero Papillon la sentivo, sentivo la sua
rabbia, la sua frustrazione, il suo non essere considerata da nessuno l’aveva
portata a farsi molti nemici per il suo carattere. Quella ragazza è in cerca di
attenzioni.” Ancora qualche passo prima di voltarsi e guardare Nathalie con uno
sguardo sadico “…ma si è messa contro la famiglia
sbagliata, e se oserà solo fare del male ad Adrien e Marinette, dovrà vedersela con me.”
“Pensi
userebbe tuo figlio o la sua famiglia per vendicarsi di un fatto accaduto più
di vent’anni fa?” Nathalie si versò la camomilla che di solito assumeva prima
di coricarsi.
Gabriel
abbassò lo sguardo e il riflesso delle lampade al neon colpì le lenti degli
occhiali da vista schermandoli.
“Chi
lo sa cosa potrebbe fare una mente malata.”
“Più
che altro mi sto chiedendo come abbia fatto ad ingannarmi” Nathalie si portò
due dita al mento.
“Lo
sai che è stata in Africa? Quel continente e le sue popolazioni nascondono
oscuri segreti, stregoni e sciamani delle tribù indigene conoscono cose che noi
non possiamo immaginare, avrà usato senz’altro qualche fungo allucinogeno o
roba simile.”
La
donna sorseggiò della camomilla e tenne per qualche istante la tazza ancora
calda e vuota tra le mani, non faceva freddo quella sera, erano le supposizioni
del marito che le stavano facendo venire i brividi.
“Mi
chiedo perché agire adesso, dopo tutto questo tempo”.
Gabriel
si massaggiò il mento con due dita “Una femmina incazzata e ferita è molto
pericolosa, se ha giurato vendetta nei miei confronti sicuramente troverà un
modo per colpirmi. Quello dell’altro pomeriggio potrebbe essere stato solo un
avvertimento.”
“Io
comunque continuo ad insistere perché ne parli con Adrien
e Marinette, soprattutto lei, ha il diritto di sapere
che Nooro è stato rubato.” Lo disse mentre metteva in
un vassoio di argento il servizio di porcellana.
Lo
stilista sospirò, sperava di poter risolvere quella faccenda da solo e senza
mettere in mezzo figlio e nuora.
*
Lila
Rossi si era alzata di buon mattino, anzi diciamo pure che non aveva dormito
per niente.
Aveva
passato la notte a vomitare l’intera bottiglia di rosso che si era scolata
mentre faceva il bagno, pensava e ripensava al piano da mettere in atto e per
poco non era affogata.
Molti
lo avrebbero voluto.
Molti
avrebbero voluto leggere della sua prematura scomparsa sui vari necrologi dei
quotidiani e i più scettici, o quelli che la conoscevano bene, avrebbero
sicuramente storto il naso e pensato che aveva inscenato la sua morte.
Chissà
cosa avrebbe scritto Alya a riguardo, si sarebbe
occupata lei di redigere l’articolo, oppure avrebbe incaricato qualche suo
subordinato di scrivere giusto qualcosa?
Si
era buttata sul letto sfatto, nuda, con solo una vestaglia di seta rossa
addosso, e il fatto che non avesse asciugato i capelli non giocava a suo
favore, infatti erano un cespuglio ingarbugliato che sarebbe risultato
difficile districare senza farsi del male ad ogni colpo di spazzola.
Si
guardò allo specchio.
Aveva
un aspetto orribile, e le ore di sonno perse erano ben visibili in due grosse
borse poste sotto gli occhi messe in risalto dalla pelle pallida.
Doveva
darsi una sistemata e alla svelta.
Per
prima cosa strofinò energeticamente i denti, sperava così di togliere quel
sapore di succhi gastrici misti a vino che aveva in bocca, poi districò
quell’ammasso informe di capelli, ed infine cercò di nascondere come meglio
poteva la stanchezza.
Fu
un’impresa titanica, perché quando accese il phon per cotonare i capelli, il
rumore assordante iniziò a martellarle la testa.
Si
preparò un rimedio post-sbornia, ormai era diventata maestra indiscussa su
questo, e alcuni trucchi li aveva appresi dai suoi amici sciamani in Africa.
Aprì
la porta ancora con una tazza fumante in mano quando sentì il garzone gettare
il quotidiano addosso.
Sperava
di leggere della cattura di Gabriel Agreste visto che la talpa all’interno del
commissariato le aveva comunicato l’esito dell’analisi del video che aveva
inviato anonimamente a Sabrina.
Autentico.
Assolutamente
autentico.
E
non poteva essere più contenta.
Però
lo scoop non era ancora uscito. Peccato.
Ma
qualcosa le diceva, mentre leggeva che con la giornata odierna si apriva la
settimana della moda a Parigi, che ci sarebbe stato da divertirsi.
Preventivamente,
era riuscita a procurarsi, sotto falso nome, l’inserimento sulla lista di
ospiti illustri.
Lila
aprì il suo armadio che conteneva qualsiasi tipo di abito, trucco e parrucco.
Con
un sorriso sadico iniziò a scegliere l’outfit più
adatto per presenziare alla sfilata.
La
prima casa di moda che avrebbe presentato la sua collezione, era proprio quella
Agreste.
In
prima pagina c’era una foto di Marinette e una sua
intervista.
“Preparati…Marinette Dupain-Cheng”.
Sogghignò.
*
Continua