Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    10/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Interrogatorio
 
Hylana Abrekir salì sul palco costruito in mezzo alla piazza, lì dove una volta sorgeva la tribuna che aveva ospitato i nobili di Ferrador e che era stata distrutta nei primi istanti dell’attacco.
I rinnegati avevano colpito la nobiltà cittadina quanto e forse più delle persone comuni, come dicevano a palazzo. Valya aveva sentito quelle voci a cena, quando i soldati e gli inservienti di palazzo ne parlavano a tavola. Di quasi cinquecento che erano morti nell’attacco, cento erano nobili e trecento cittadini comuni. Altri cento erano soldati e una decina i mantelli.
Il nemico aveva perso un centinaio di soldati e cinque o sei mantelli, anche se tutti li chiamavano rinnegati senza fare alcuna differenza.
Qualcuno era riuscito a fuggire prima che tutti gli ingressi fossero chiusi, approfittando della confusione e del fatto che molte guardie avevano lasciato la loro postazione per aiutare quelli che stavano combattendo.
Demia, la comandante in seconda dell’esercito di Lormist, aveva guidato di persona l’assalto alla porta orientale, quando i rinnegati avevano cercato di chiuderla intrappolando tutti all’interno della città.
Il suo attacco aveva impegnato metà delle forze dei rinnegati, impedendo la riuscita del loro piano d’azione. Il Varthag che era stato evocato al centro della piazza, il mostro gigantesco che Valya aveva intravisto mentre cercava di scappare, era stato abbattuto da Demia e altri tre mantelli di Lormist. Una delle streghe di Lormist era morta insieme a una ventina di soldati, oltre ai comuni cittadini che erano rimasti coinvolti nello scontro.
Hylana aveva indossato un mantello color oro e argento, senza i fregi e i colori del suo circolo ma lo stesso elegante. Dall’alto del palco guardava tutti quelli che erano accorsi alla veglia che aveva voluto in onore dei caduti.
Allineati in file compatte, proprio sotto il palco, c’erano i soldati di Talmist e quelli di Lormist. I mantelli di entrambe le nazioni si erano mescolati, come spesso facevano gli stregoni. Hylana li salutò con un cenno della testa salendo sul palco.
A sinistra, i nobili e i cittadini più importanti di Ferrador insieme a quelli che vivevano a palazzo, Valya compresa. Olethe e Izora erano presenti anche loro.
Ferg Abbylan era in piedi di fianco ai soldati della guardia di Ferrador, un gruppo di dieci guerrieri. Il resto, per quanto ne sapeva, era rimasto al suo posto per vegliare sugli ingressi della città.
Hylana si schiarì la gola prima di dire: “Mantelli di Talmist e di Lormist, valorosi soldati, nobili e cittadini di Ferrador, amici. Vi ringrazio di aver risposto in così tanti alla mia chiamata. Stasera onoriamo i caduti nel vigliacco attacco che l’orda del rinnegato ha portato alla nostra amata città e per riflesso ai nostri regni, oggi alleati.” Fece una pausa. “Finora la guerra era un rumore lontano, di cui sentivamo solo l’eco nei racconti di chi era tornato per raccontare ciò che aveva visto. Sapevamo che i rinnegati erano insidiosi e non esitavano a usare i mezzi più sleali per ottenere la vittoria, ma mai ci saremmo aspettati di venire toccati così da vicino dalla guerra. Mai avremmo immaginato che avrebbero usato la stregoneria oscura per colpire la nostra amata città.”
Valya non aveva idea di cosa fosse la stregoneria oscura, ma poteva immaginarlo. Gli stregoni rinnegati avevano usato le evocazioni di cui Zane le aveva parlato quando si erano incontrati.
Quei mostri erano pericolosi e lei aveva assaggiato la loro forza con l’attacco di quel troll. Ancora sentiva il dolore alla schiena e alle gambe dopo che il mostro l’aveva scaraventata contro il muro.
Ne aveva parlato a Rann nei giorni dopo la battaglia, ringraziandolo per l’armatura che l’aveva protetta. Lui era sembrato perplesso.
“Io non credo che sia merito dell’armatura” aveva detto. “Non potrebbe mai proteggerti in quel modo.”
“Eppure l’ha fatto.”
“Ne sei sicura?”
“Sono qui che ti sto parlando” aveva risposto Valya. “Secondo te come sarei potuta sopravvivere se non con la tua armatura? Ha deviato il fuoco di Dofia.”
“Fuoco” aveva detto Rann. “Non è possibile, deve averti mancata. L’armatura può deviare un colpo di spada o fermare un dardo, se sei fortunata, ma il fuoco…” Aveva scosso la testa. “Io so come si comporta il fuoco quando tocca il metallo, è il mio lavoro. Non è possibile.”
“Eppure è successo” aveva detto Valya con fermezza.
“Il colpo inferto alla nostra città potrebbe essere mortale in altre condizioni” stava dicendo Hylana con voce rotta dall’emozione. “Ma Ferrador saprà rialzarsi e reagire all’attacco. Anche in questo preciso istante, la forgia di palazzo lavora senza sosta alla creazione di nuove armi e scudi. Nei prossimi giorni tutti quelli che hanno risposto alla nostra chiamata riceveranno le loro armi e scorte di cibo e acqua per il viaggio che li attende.”
Lo sguardo di Valya vagò tra la folla assiepata sotto il palco. Oltre alle guardie, riconobbe i comandanti mentre altri volti le erano estranei. I nobili si distinguevano dai comuni cittadini per gli abiti sontuosi e colorati. Cercò di capire dai loro sguardi cosa stessero pensando in quel momento, ma la maggior parte era impassibile. Qualcuno parlava sottovoce col proprio vicino ma da quella distanza non poteva udirli.
“…onorare il sacrificio dei tanti che sono caduti…”
Gli occhi di Valya trovarono Olethe tra la folla di servitori di palazzo. La donna fissava il palco senza far trasparire alcuna emozione, ma le mani intrecciate sul grembo che non riuscivano a rimanere immobili le diedero una strana sensazione di disagio.
“…affinché questo giorno venga ricordato…”
Valya stava per tornare a concentrarsi sul discorso della governatrice, quando i suoi occhi incontrarono per caso quelli di Donn Ballard.
Il cane da guardia di Dalkon stava guardando dalla sua parte.
No, si corresse Valya avvertendo un fremito dentro di sé. Sta guardando qui.
Non osava distogliere gli occhi dall’uomo e allo stesso tempo temeva di poter tradire qualche emozione.
Sta guardando proprio me, si disse. Che cosa vuole? Possibile che abbia notato qualcosa?
Aveva combattuto contro di lui poco prima che iniziasse l’attacco dei rinnegati, poi era scomparso fino alla fine della battaglia e non aveva mai scoperto dove fosse andato. Nessuno a palazzo ne parlava e lei non osava chiedere notizie per non destare sospetti.
E ora Donn Ballard la stava fissando dall’altra parte della piazza, mentre la governatrice terminava il suo discorso ufficiale.
 
Olethe la raggiunse alla fine della cerimonia. “Che hai?” le chiese.
Valya sospirò. “Sono solo stanca.”
La donna grugnì qualcosa. “Torniamo a palazzo. È stata una giornata lunga e dura per tutti.”
Valya la seguì immersa nei suoi pensieri. Donn Ballard aveva smesso di fissarla pochi attimi dopo che i loro sguardi si erano incrociati, ma non aveva alcun dubbio sul fatto che stesse guardando lei.
Non c’era niente di amichevole in quello sguardo, ma nemmeno di ostile. Era come se la stesse studiando per capire da quale lato attaccarla, come Ferg le aveva insegnato a fare mentre la addestrava.
“Scegli sempre un lato” aveva detto lui.
“Quale?”
“Quello più debole.”
“E come faccio a capirlo?”
Lui aveva sorriso.
Seguì Olethe fino all’ingresso del palazzo, poi lei si congedò. “Torna alla tua stanza e cerca di dormire.”
Valya non voleva fare altro e si avviò alle scale decisa a chiudersi nella sua stanza fino al giorno dopo. Era immersa in questi pensieri quando un’ombra le si parò davanti e lei andò quasi a sbatterle addosso.
Alzò gli occhi e vide Donn Ballard davanti a lei, un paio di gradini più in alto.
“Chiedo scusa” si affrettò a dire prima di girargli attorno.
“Sono io che chiedo scusa a te, Valya Keltel” disse Ballard con tono calmo.
Valya si fermò e lo fissò indecisa su cosa fare.
“Ti porto un messaggio del comandante Dalkon” proseguì Ballard. “Desidera scambiare due parole con te.”
“Riguardo a cosa?”
“Non l’ha detto” si affrettò a dire l’uomo. “Ti attende domani mattina nel suo studio.”
Valya non sapeva che cosa rispondere. “Io” disse. “Digli che andrò.”
Ballard le fece un cenno di assenso con la testa e proseguì verso il fondo della scalinata. Valya corse facendo i gradini a due a due e raggiunse la stanza. Chiuse la porta e la serrò con due giri della chiave, poi restò a fissarla col cuore che le batteva all’impazzata.
Sa qualcosa, pensò. Dalkon sa che cono Val il Leone. Deve averglielo detto Ballard, il suo cane da guardia. E adesso che faccio?
Sedette sul bordo del letto, lo sguardo fisso nel vuoto e la mente in subbuglio. Il primo pensiero fu scappare da palazzo. Poteva essere una soluzione, ma non aveva idea di dove andare. Non conosceva nessun altro in città che non risiedesse a palazzo, a parte Ros Chernin e a lui non avrebbe mai chiesto aiuto né ospitalità.
È più probabile che mi denunci a Dalkon, si disse.
Il secondo pensiero fu di rivolgersi a Ferg, Olethe o alla governatrice in persona. Forse se avesse confessato a loro quello che aveva fatto…
Scosse la testa.
Il terzo pensiero fu per suo padre. Se lui fosse stato lì forse avrebbe potuto proteggerla da Dalkon e Ballard, ma era andato via abbandonandola al suo destino.
Non posso fidarmi di nessuno, pensò. E devo affrontare da sola Dalkon. Forse sospetta solo di me ma non ha prove e vuole farmi confessare. Sì, è certamente così.
Era sicura di non aver rivelato la sua identità, nemmeno quando aveva combattuto con Ballard. Non poteva averla riconosciuta. Nemmeno Zane ci era riuscito e lui era di sicuro più intelligente di Ballard.
Zane, si disse. Forse lui potrebbe aiutarmi.
Ma non aveva idea di dove fosse. Non l’aveva visto tornare con loro a palazzo ed era probabile che si trovasse al campo, fuori dalle mura. In quel caso, era irraggiungibile dopo che la governatrice aveva ordinato di chiudere le porte cittadine e aumentare la sorveglianza.
Nel buio, sentì le mura stringersi attorno a lei come se volessero schiacciarla.
Forse dovrei davvero scappare, pensò.
Si distese sul letto e chiuse gli occhi, sicura che non sarebbe riuscita a dormire. Invece dopo qualche minuto la stanchezza prese il sopravvento e cadde in un sonno leggero.
 
Il mattino seguente uscì dalla stanza dopo essersi tolta i vestiti della sera prima e averne indossati di puliti. Scese le scale con cautela, temendo che da un momento all’altro Dalkon o Ballard potessero sorprenderla alle spalle.
Che sciocchezza, si disse. Se avessero voluto catturarmi l’avrebbero fatto e basta, senza darmi la possibilità di fuggire durante la notte. O forse mi stanno osservando sperando che io tenti la fuga per potermi poi accusare?
Scossa da quei pensieri mangiò del pane e del latte fissando la parete opposta, mentre sedeva al tavolo. Era da sola tranne che per un’ancella che stava sparecchiando.
È tardi, si disse. Dalkon mi starà già aspettando.
Si alzò e raggiunse il corridoio. Da lì, dopo varie diramazioni e una scala, si giungeva allo studio di Dalkon, nascosto nei sotterranei del palazzo.
Li seguì tutti e giunse davanti alla porta. Non era sorvegliata ma era chiusa. Bussò due volte.
“Entra” disse una voce dall’altra parte.
Valya aprì la porta e si infilò nella stanza, chiudendola alle sue spalle.
Dalkon era seduto alla sua scrivania, pulita e in ordine. Alle sue spalle c’era una libreria piena di testi dall’aspetto severo e tutti ordinati in file perfette. Davanti alla scrivania c’era una sedia imbottita.
“Benvenuta” disse l’uomo accogliendola con un ampio sorriso. “Accomodati pure.” Indicò la sedia.
“Io ti saluto” disse Valya sedendo con la schiena dritta.
“E io saluto te. Vedo che hai appreso le buone norme della cortesia. Olethe non si smentisce mai. Quella donna sa essere tremenda ma è anche efficiente.”
“Olethe mi ha insegnato molte cose. E tutto quello che c’era da sapere sul come stare qui a palazzo” rispose Valya.
Dalkon annuì solenne. “Una donna notevole. Dico sul serio. Hai dormito bene? Hai mangiato?”
Valya annuì.
“Ho saputo che durante l’attacco dei rinnegati ti trovavi fuori dalle mura del palazzo.”
Lei annuì di nuovo. “Assistevo al torneo.”
Dalkon sorrise. “È raro che una ragazza si interessi a certe cose. So che Ferg ti ha insegnato a usare la spada. Dietro tua richiesta.”
Sai molte cose su di me, pensò Valya.
“Era un mio desiderio” disse invece. “E la governatrice ha acconsentito.”
“Hylana è tanto cara e ha fatto di tutto per metterti a tuo agio. Ti spiace se parliamo di nuovo del giorno dell’attacco?”
“No” disse subito Valya. “Perché dovrebbe dispiacermi?”
“Potrebbe risvegliare in te ricordi molto dolorosi. Per una ragazza così educata e sensibile non sarà stato facile assistere a scene così tremende.”
“Ero nascosta in una cantina insieme ad altre donne e bambini” raccontò Valya usando la scusa che aveva inventato il primo giorno. Col passare del tempo aveva aggiunto dei particolari, ma mai troppi. E mai quelli fondamentali. “Ho visto molto poco della battaglia, in verità.”
“Ti invidio” disse Dalkon. “Sei fortunata a non serbare alcun ricordo di un evento così doloroso. Sono morte centinaia di persone, alcune delle quali le conoscevo di persona e le stimavo, come il povero Zebith.”
“L’ho sentito dire” disse Valya. “Il comandante Abbylan è morto difendendo il palazzo.”
Dalkon annuì. “Colpito alle spalle” disse scuotendo la testa. “Da un maledetto rinnegato.”
“Colpito alle spalle?” fece Valya.
Dalkon annuì di nuovo. “È probabile che il povero Zebith si fosse trovato accerchiato da molti nemici e che abbia tentato di fuggire. No, che brutta parola. Di ritirarsi, ecco che cosa volevo davvero dire. Ha tentato di ritirarsi ed è stato colpito alle spalle a tradimento.” Scosse la testa con un gesto affranto. “Gran brutta fine la sua. Nessuno dovrebbe morire in quel modo. Nessuno.”
“È vero” disse Valya, ma non era convinta del dispiacere di Dalkon.
L’uomo trasse un profondo respiro. “E a noi tocca tramandare il ricordo delle loro gesta. Un fardello molto pesante per le nostre spalle, ma dobbiamo farcene carico. È nostro dovere. Tutti dobbiamo fare la nostra parte, qualunque essa sia.”
“Sono d’accordo.”
Dalkon sorrise mettendo in mostra i denti. “E a volte non è facile. Si è tentati di sottrarsi agli obblighi per inseguire la gloria o la ricchezza, dimenticandosi il proprio dovere. Ma non ti ho fatta chiamare per annoiarti con questi discorsi. La verità è che siamo preoccupati per tuo padre. Ormai sono giorni che non si presenta alla forgia. Nessuno l’ha più visto da prima dell’attacco. Sembra sparito nel nulla, senza lasciare traccia. Tu sai spiegare il suo comportamento? In fondo sei sua figlia.”
Valya si schiarì la gola. “Mio padre ama sparire. Lo ha sempre fatto. Anche quando eravamo a Cambolt a volte mi lasciava sola per un paio di giorni e io non avevo idea di dove andasse, ma sapevo che sarebbe tornato. E tornava.”
Dalkon annuì grave. “E restava via anche dieci o venti giorni?”
“No, non è mai successo che si assentasse così a lungo, ma forse ha incontrato delle difficoltà e non può rientrare a Ferrador.”
Non aveva idea di dove fosse suo padre e cosa stesse facendo in quel momento, ma l’istinto le diceva che doveva almeno provare a difenderlo, per quanto poteva.
“Questo è molto strano, converrai anche tu, vero?”
“Può sembrare così, se non conosci mio padre.”
“E tu lo conosci bene, vero?”
Valya annuì.
“Hai un’idea su dove possa essere andato?”
“No.”
“Sicura che non ti venga in mente niente?”
Valya stava per rispondere ma venne interrotta da due colpi decisi alla porta.
“Ho ordinato di non disturbarmi” disse Dalkon con tono deciso.
Altri due colpi alla porta, stavolta così pesanti da farla vibrare.
“Ho detto…”
La porta si spalancò e sulla soglia apparve la governatrice, l’espressione accigliata.
Dalkon la guardò sorpreso. “Non sapevo fossi tu. Ti avrei fatta entrare se ti fossi annunciata.”
Hylana marciò fino alla scrivania. “Che sta succedendo qui?”
“Niente” fece Dalkon sereno. “Facevo solo due chiacchiere con la figlia di Keltel a proposito del padre.”
“E che cosa speravi di ottenere?”
“Informazioni.”
“Lei non ne ha” rispose la governatrice. “È una ragazza ed è da sola in un posto che non conosce. E tu la stai spaventando col tuo interrogatorio.”
Dalkon sorrise nervoso. “Io non la stavo interrogando. Stavamo solo parlando.”
“Il colloquio è finito” disse Hylana. Guardò Valya. “Vieni con me, ti porto al sicuro.”
“Non l’ho mai minacciata” si difese Dalkon. “Puoi chiedere a lei.”
“Lo farò” rispose Hylana. “E se proprio parliamo di informazioni, dimmi dove eravate tu e il tuo cane da guardia mentre la mia città e il mio palazzo venivano assaltati dai rinnegati.”
Dalkon si accigliò. “Stavamo difendendo Ferrador. Donn ha combattuto insieme ai Lormist contro il varthag. Puoi chiedere a loro se non mi credi.”
“E tu dov’eri?”
“In un’altra zona della città. Comandavo una guarnigione di soldati.”
Hylana lo guardò con disprezzo. “Vieni” disse a Valya con tono gentile.
Lei si alzò e la seguì fuori dalla stanza.
La governatrice marciava così veloce che faticò a tenere il suo passo.
“Eccellenza” iniziò a dire.
“Il comportamento di Dalkon è stato inqualificabile” disse la donna. “Non doveva trattarti in quel modo. Non con tutto quello che stai passando.”
“Eccellenza” cercò di dire.
“Mi farò sentire, non preoccuparti. Né lui né nessun altro potrà mai infastidirti. Mai più. Sul mio onore.”
Valya chinò la testa. “Vi ringrazio, eccellenza.”
Hylana sorrise e le poggiò le mani sulle spalle. “Sei una ragazza così educata e gentile. Come può Dalkon insinuare che tu abbia qualcosa a che fare con la sparizione di tuo padre?”
“Io non lo so” disse. “E non so dove sia andato.”
“Sei in pensiero per lui, vero?”
Annuì.
“Lo ritroveremo, te lo prometto. Farò di tutto per riportare Simm Keltel a palazzo. È chiaro che la sua assenza non dipende dal suo volere.”
“Voi credete che sia stato rapito?” chiese Valya preoccupata.
“A questo punto, dobbiamo considerare tutte le ipotesi, cara. Ma vedrai che risolveremo ogni cosa. È una promessa.”
“Grazie” disse Valya.
Hylana le rivolse un ampio sorriso. Stava per dire qualcosa quando Olethe arrivò di corsa.
Valya la guardò preoccupata perché la donna non correva mai. Sosteneva che correre fosse da maleducati.
“Eccellenza” disse con voce rotta dall’emozione.
Hylana le rivolse un’occhiata interrogativa. “Che succede? Un altro attacco?”
“No, eccellenza” disse Olethe. “Si tratta di Doryon.”
L’espressione di Hylana mutò e i suoi occhi si spalancarono. “Doryon? Che gli è successo?”
“Sta male, eccellenza. Avevo dato ordine di accompagnarlo alla sua stanza e di metterlo a letto, ma è crollato a terra senza forze.”

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor