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Autore: arashinosora5927    11/04/2021    3 recensioni
Io prima di te, o più nel dettaglio il passato di Gokudera dalla nascita con particolare focus sul giorno in cui abbandona il castello, passando per il canon di Bakudan Bambino, esplorando i cinque anni che ha trascorso a vivere per strada prima che incontrasse Tsuna.
[accenni5927] [59 centric]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bianchi, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Molteplici studi affermano che i bambini tendono a dimenticare i ricordi dei loro primi anni di vita anche se conservano le percezioni, Hayato rappresentava un'eccezione, come sempre del resto.

Fin dal primo istante in cui aveva aperto gli occhi si era comportato diversamente, come se volesse opporsi alle convenzioni senza ancora avere consapevolezza di cosa fossero. Non aveva pianto, ma aveva mosso rapidamente gli occhietti grigi come se volesse ispezionare l'ambiente. Già respirava, sembrava sapere esattamente come fare e quando finalmente pianse al terzo schiaffo sembrò averlo fatto per condiscendenza.

L'ostetrica che lo prese tra le mani constatò immediatamente delle anomalie ulteriori, dalla pelle così bianca da ricordare il colorito di un cadavere alla facilità con cui riusciva a sollevarlo. Poteva essere un figlio della luna, il che era veramente una condanna: il pensiero che una donna che non disponeva di sufficiente denaro per coprire le spese della propria malattia dovesse anche badare a un neonato affetto da xeroderma pigmentosus le stracciava il cuore. Inoltre Hayato arrivava a fatica ai due chili, nonostante non fosse nato prematuro, segno che la donna avesse scoperto tardi la propria gravidanza e non si nutrisse correttamente e in quantità sufficiente.

LavinIa era ancora stordita dall'anestesia, che aveva subito perché nelle sue condizioni il parto naturale era stato scartato a prescindere, quando le adagiarono tra le braccia un fagottino avvolto in un panno di lino verde che teneva gli occhi chiusi e i pugni stretti come se sentisse il bisogno di difendersi.

Il ginecologo che aveva seguito il suo caso a dir poco anomalo la affiancò con uno sguardo gentile. Mai nella sua carriera avrebbe pensato di assistere a un simile miracolo: una gravidanza portata a termine sotto chemioterapici.

"È un maschio, come sa è già incredibile che sia nato quindi non le nascondo che le sue condizioni di salute ci preoccupano. Dobbiamo approfondire facendo ulteriori analisi che richiedono costi onerosi."

Lavinia si limitò a sorridere accarezzando delicatamente il capo del bambino intravedendo qualche ciuffetto argenteo che timidamente era spuntato, riconoscendo il suo marchiò di fabbrica. Le sue dita affusolate da pianista erano state distrutte dall'azione degli farmaci che le venivano iniettati in endovena. Il piccolo aprì gli occhi destato dalla voce accogliente del medico e li puntò in quelli della mamma. Dovette riconoscersi perché sorrise invogliando la giovane a fare lo stesso. La gioia che le esplose nel petto non era descrivibile, Lavinia percepiva quell'amore in ogni atomo del suo corpo. Sangue del suo sangue, giurò a se stessa di proteggere in eterno quel sorriso.

"Fate tutto il necessario, io non sono che il corpo che lo ha portato alla vita, non potrò vederlo crescere. Si occuperà di lui suo padre, Don Alfonso Bianchi."

Lavinia sorrise amaramente davanti all'espressione turbata del primario, era bastato un cognome a farlo tremare e l'atteggiamento gentile ora si era tramutato in rispetto solenne scaturito dalla paura.

"Qualunque cosa desideriate, signora Gokudera."

Lavinia era stata dimessa dalla clinica appena tre giorni dopo, un fascicolo che non finiva più in cui le veniva spiegata per filo e per segno la particolare condizione di suo figlio.

"Albinismo incompleto, una forma rara" le aveva detto il tecnico di genetica molecolare.

"In poche parole suo figlio si è rifiutato di rientrare in qualsiasi anomalia genetica classificata e riconosciuta e ne ha creata una tutta sua" aveva scherzato l'assistente prossima a ereditare l'intero laboratorio e il lavoro di suo padre.

"La buona notizia è che abbiamo scongiurato l'opzione dello xeroderma pigmentosus, quindi suo figlio può essere esposto al sole senza che ciò gli causi danni cerebrali, ma essendo comunque un albino anche se solo in parte la sua pelle rischia di andare incontro a vere e proprie ustioni se prima non viene applicato uno strato protettivo. Inoltre i suoi occhi sono molto sensibili per questo motivo bisogna limitare il contatto con luce naturale, il suo sistema immunitario già precario per i trattamenti patiti è ulteriormente indebolito da questa condizione perché la mancanza di pigmenti che schermino le radiazioni UV sulla cute favorisce modifiche al DNA" una spiegazione veramente dettagliata da cui Lavinia aveva appreso concretamente solo il fatto che doveva evitare che il sole baciasse il suo bambino.

"Inoltre potrebbe avere gli occhi rossi, come i vampiri" cercò di sdrammatizzare l'assistente, si vide dare una gomitata da un collega.

"Voglio dire per il momento sono grigi però la mancanza di melanina è tale che potrebbe perdere qualsiasi colore e mostrare solo vene e arterie, per questo l'iride diverrebbe di colore rosso."

Quelle parole riecheggiarono nella testa di Lavinia, parole che le causarono un tale senso di colpa, perché solo lei era responsabile di tutte le difficoltà che quel neonato già doveva affrontare, che si odiò per non essere stata un po' più forte da farsi prescrivere una pillola o ricordarsi di usare il preservativo nonostante la foga del momento.

"Rimane solo la questione del nome" le aveva fatto notare il ginecologo che l'aveva assistita tanto premurosamente.

A quell'ora Lavinia credeva che il padre del bambino si sarebbe già presentato per riconoscerlo e scegliere quel dettaglio così significativo insieme, ma non era che una speranza illusoria a cui si era aggrappata con tutte le sue forze.

Stanca di attendere qualcuno che non sarebbe mai arrivato perlustrò la propria mente alla ricerca di una parola che nella sua lingua natale, il giapponese, potesse avere un significato adatto alla situazione. Scelse "maschio", la prima parola che aveva captato quando il ginecologo le aveva parlato dopo l'anestesia. Metafora della forza, della sicurezza, così come rappresentato nella sua cultura, unendo i sinogrammi "隼" e "人" rispettivamente "falcone" e "persona" perché potesse volare sempre più in alto delle sue difficoltà, ma non dimenticasse mai la sua natura umana.

Era sollevata che le fosse nato un maschio perché nella mafia le donne non avevano vita facile, invece il suo bambino avrebbe ricevuto le migliori cure al mondo e un giorno sarebbe stato un grande boss amato e rispettato da tutti e con un cuore enorme. Aveva un futuro radioso davanti a sé.

"Hayato" mormorò Lavinia lasciando andare una lacrima conscia del fatto che non ne avrebbe fatto parte.
   
 
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