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Autore: Sailor Silver Ladybug    11/04/2021    1 recensioni
Serie di What if su come Usagi e Mamoru potrebbero scoprire le rispettive identità.
Traduzione da un originale inglese. Rating variabile.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie, Contesto generale/vago
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2. Ciò che sente un gatto

Mamoru Chiba doveva ammettere che la sala giochi "The Crown" aveva due valide qualità. Entrambe bionde.Il primo era il suo migliore amico Motoki, che inizialmente lo aveva convinto a venire alla sala giochi con la scusa del caffè gratis, così che potessero studiare insieme quando c'era calma. Erano amici sin dalle scuole medie, e ora che erano al secondo anno delle scuole superiori, avevano un sacco di esami e progetti da fare. E questo gli dava un'ottima scusa per continuare a venire.

Perché la seconda ottima qualità era la ragazza per cui aveva una cotta segreta da mesi. Era solitamente la più brillante, felice e divertente ragazza sul pianeta. Il suo vizio di correre  in maniera assurda per la strada li aveva spesso portati a scontrarsi e a cadere per terra. E lui amava quando accadeva, perché significava che l'avrebbe ritrovata sopra di sé, ansimante (anche se spesso sfortunatamente era un lamento) per alcuni secondi prima che lei  si rialzasse. E sfortunatamente, quando lei era nei paraggi, lui non diceva e non faceva mai la cosa giusta.
Ogni volta che la vedeva, la sua bocca si apriva e ne uscivano fuori cose orribili, terribili e spaventose. E lui non sembrava riuscire a fermarsi. Desiderava dirle quanto fosse bella, che lei gli piaceva e che avrebbe tanto voluto uscire con lei. Ma non poteva. E non solo per la sua linguaccia velenosa. Perché Mamoru aveva un segreto. Era l'eroe mascherato Tuxedo Kamen. Combatteva mostri e si scontrava con i generali del Dark Kingdom più volte nell'arco della settimana, al fianco di Sailor Moon.

I due combattevano insieme il Negaverse ormai da mesi. All’inizio non sapeva cosa gli stesse accadendo. Poi una notte si era trasformato di fronte a Motoki. Appena aveva rivisto l’amico, le domande avevano iniziato a far affiorare i ricordi. E da quel momento i suoi insulti nei confronti di Usagi Tsukino erano diventati intenzionali. Perché avrebbe preferito morire solo e miserabile, piuttosto che rischiare di metterla in pericolo.
Attraversò le porte e si diresse al suo solito posto, con la mente fissa sulla bionda. I suoi occhi azzurri lo colpivano sempre alla bocca dello stomaco. Le sue gambe, sottili e incredibilmente lunghe, lo lasciavano sempre a bocca aperta. Lei era assolutamente incredibile. Era divertente, dolce, e talmente gentile che ogni volta lo lasciava senza fiato. Trattava chiunque come so fossero amici di lunga data.
Gli ci volle un momento per realizzare che Motoki non era al bancone. Girò la testa e guardò allo specchio dietro l’altro bancone. Motoki era chinato su un tavolo. E seduta su una delle panchine c’era Usagi. Che stava piangendo. Non il lamentio che significava che era irritata o arrabbiata. No, era piuttosto quel tipo di pianto silenzioso, e Mamoru si preoccupò.

Discusse con se stesso. Era meglio andare a vedere cosa non andasse, o aspettare e chiedere a Motoki? Dopo quella che sembrò un’eternità (ma era passato, in vero, meno di un minuto), scese dallo sgabello e si diresse al tavolo. Si avvicinò abbastanza da sentire una parte della conversazione.
“… di loro si comportavano in modo strano. Cioè, rude, orribile. Umino era il peggiore. Ha alzato la gonna di Haruna-sensei, e poi uno degli altri l’ha fatta inciampare. E poi eravamo fuori in cortile e i ragazzi hanno lanciato dei sassi alla finestra del preside. E poi Umino…” e qui si interruppe, singhiozzando. Motoki le poggiò una mano sulla spalla. “Mi ha preso la mano e ha provato… ha provato a… a baciarmi. Non in un modo carino. Sono scappata, ma… c’è qualcosa che non va con loro.” E scosse la testa. “Stupida cartomante”.
La sua mente iniziò a lavorare con quelle informazioni. Aveva visto Usagi la sera prima, giusto di fronte a un negozio di cartomanzia. Lei lo aveva colpito in testa con una scarpa. Non aveva fatto davvero tanto male, ma era stato comunque cattivo con lei. Non ci aveva dato comunque molto peso. Slittò nella panca di fronte a lei, senza nemmeno guardare Motoki mentre l’amico guardava lei. Aveva bisogno di informazioni prima di andare a controllare quel posto.
“Va tutto bene Odango? Ho sentito qualcosa, e sembra che sia stata una brutta esperienza”.
“Sì,” rispose lei quietamente. “Scusa, non volevo trattenere Motoki onii-san.”
“Va tutto bene Odango. Sei sconvolta, non è vero?” Gli chiese lui.
Motoki aveva una mano sulla sua spalla, e gli gettò un’occhiata di avvertimento. Però lui ci stava davvero provando, ad essere gentile con lei. “Nessuno dovrebbe passare quello che ha passato oggi lei, o la sua insegnante.” Rispose Motoki.
“No, è vero,” fece Mamoru. “Vuoi che ti accompagni a casa, Odango?”
“No, ma grazie Mamoru-san,” gli rispose Usagi, sorprendendolo. A quanto pareva, lei lo chiamava baka solo quando lui era maleducato con lei. Mise da parte l’informazione per un’altra volta.
Un gattino nero con una luna crescente saltò sulle gambe di Usagi e strofinò la testolina sotto il mento della ragazza.
“Hey Luna,” disse Motoki facendole una carezza. “Ti segue davvero dappertutto eh?”
Usagi abbuì, e poi sgusciò fuori dal tavolino. “Uh, devo andare adesso. Ci vediamo dopo ragazzi, va bene?”
“Va bene Usagi-chan, sta attenta.” Le fece Motoki.
“Sì!”  fece un piccolo cenno di saluto e corse fuori dalla porta, con il viso leggermente più sereno rispetto a poco prima, e Mamoru sospirò per il sollievo.
“Vado a dare una controllata a quel posto,” mormorò a Motoki.

Mamoru si diresse fuori, stringendosi nella giacca verde appena lasciò il locale. Non riusciva a togliersi dalla testa come era sottosopra Usagi. Si stava preoccupando per lei. Non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Avrebbe preferito sentirla urlare dritto nelle sue orecchie, piuttosto che vederla piangere sul serio.
Era a metà strada tra il locale e la Casa della Fortuna quando sentì il familiare tiro nella pancia. Sailor Moon si era trasformata, e dalla direzione in cui era, Mamoru intuì subito che stava indagando sullo stesso posto in cui lui era diretto. Slittò in un vicoletto e lasciò andare la trasformazione, una rosa apparve nella sua mano e in un attimo era Tuxedo Kamen.
Corse sui tetti, saltando da uno all’altro con la facilità data dalla pratica, e poi scivolò nell’edificio sfruttando una finestra aperta al piano superiore. Mentre si faceva strada nel palazzo, gli giunsero all’orecchio i rumori di un combattimento, e sentì Sailor Moon piangere per la paura.
Quando la raggiunse, la guerriera era circondata da studenti maledetti. Incapace di combatterli o far loro del male, era arretrata fino a essere accerchiata.

Uno Youma a cui lei poteva facilmente tenere testa, ma non poteva ferire degli innocenti. Una rosa gli apparve tra le mani e lui la gettò addosso alla cartomante, sospirando di sollievo quando vide i ragazzi fermarsi. Lanciò alla giovane eroina alcuni incoraggiamenti e si girò, consapevole che lei fosse in grado di gestire il resto. Rimase comunque vicino, in caso avesse ancora bisogno di aiuto.
Jadeite uscì fuori da un angolo con un altro Youma al seguito. Aveva orecchie da gatto, grigie, e una lunga coda grigia. Non riuscì a schivare il lampo verde che iniziò a scorrergli intorno. Lanciò un ruggito appena tutto in lui iniziò a dolere, ma tutto ciò che venne fuori fu un piccolo “meow”.
Pochi attimi dopo si ritrovò sollevato dal pavimento. I suoi baffi iniziarono a fremere, la sua coda a sferzare l’aria intorno, le zampe gli facevano male. Il suo corpo gli sembrava strano, ma era perfettamente consapevole di essere stato trasformato in un gatto. Far funzionare quel suo nuovo corpo, comunque, era un problema.
Lo Youma e Jadeite erano appena scomparsi quando un piccolo gatto nero gridò a Sailor Moon che lo seguiva, prima di saltare via dietro di loro. Realizzare che la guerriera della Luna era ancora lì diede a Tuxedo Kamen speranza. Saltò e si avviò a tentoni verso di lei, che stava ancora celebrando un lavoro ben fatto. Si girò subito e lo tirò su.
“Ce l’abbiamo fatta!” disse mentre lasciava la Casa della Fortuna.

Mamoru guardò su alla bella Moon Senshi. Era calda e dolce, e gli ricordò qualcuno, anche se non riusciva a capire chi. Di nuovo provò a chiederle aiuto, ma ne venne fuori solo un altro “meow”.
“Va tutto bene Luna, non vedo nessuno,” disse Sailor Moon. Quella sì che era una bella coincidenza. Quanti gatti di nome Luna aveva incontrato in un solo giorno. “Oh” continuò poi, “questo mi sembra un buon posto. Non vedo nessuno.” Mamoru vide come lei si guardava attentamente intorno mentre entrava nel vicolo. Una luce gli fece chiudere gli occhi per un secondo.
Dopo aver strizzato gli occhi un paio di volte si girò nuovamente a guardarla. E rimase shockato. Sailor Moon era Usagi Tsukino. La ragazza di cui era innamorato e che voleva tenere lontano dai guai.
Sentì il mondo diventare nero. Questo era troppo. I suoi occhi si chiusero e si accasciò tra le sue braccia.
 

Quando i suoi occhi si aprirono di nuovo, si ritrovò su un letto con Usagi che lo guardava, carezzandogli la testa e sussurrandogli paroline gentili.
“Va tutto bene. Sei al sicuro.”
Luna era in piedi alla fine del letto, gli occhi fissi su di lui.
“Sei sicura che sia lui Luna?” chiese e la gatta annuì. Lui stava a guardare, cercando di ricordare cosa fosse accaduto.
"Meow?" chiese, provando a chiedere aiuto.
“Come mai non parla?” chiese Usagi alla sua amica.
“Non lo so. Probabilmente perché è un vero gatto, sai che io non lo sono. Vengo da un altro pianeta, ne abbiamo già parlato.”
“Scusa Luna, sono solo preoccupata. Sembrava non riuscisse nemmeno a camminare bene, prima.”
“Essere trasformato in un gatto fa questo a una persona, suppongo” rifletté il gatto. Tuxedo Kamen la fissò, sperando che potesse capirlo.
“Meow?” chiese, speranzoso.
“Mi spiace, non riusciamo a capirti. Va tutto bene comunque. Luna ha visto cos’è successo, e io sto andando a cercare lo Youma.”
Lui scosse la testa in un ‘no’. Non poteva andare a cercarlo da sola. Aveva bisogno che lui le guardasse le spalle. Cosa avrebbe fatto se ci fosse stato un secondo Youma, o se fosse stata una trappola?

“E ora, Tuxedo Kamen. Io so che è il tuo lavoro proteggermi, ma a volte finisco gli Youma prima che tu possa arrivare. A volte anche i salvatori hanno bisogno di aiuto.” Usagi sorrise. “Hai bisogno di qualcosa? Devi usare il bagno? Luna non ha una lettiera o cose simili. Onestamente credo non ci si avvicinerebbe nemmeno con un palo di 5 metri, quindi… devo portarti fuori. E immagino che non hai intenzione di mangiare cibo per gatti.”
Lui scosse la testa.
“La domanda è, dovremmo portarlo con noi,” disse invece Luna con voce ferma. “Ha ragione quando dice che spesso hai bisogno di aiuto. Non puoi sapere se c’è un altro Youma.”

Tuxedo Kamen annuì vigorosamente, e fece per sedersi sulle zampe posteriori, con quelle anteriori a tenerlo dritto. Diede un colpetto alla mano di Usagi e lei prese ad accarezzare il pelo sulla sua testa.
“Allora sai dov’è andato?” chiese Usagi.
“In un negozio per animali. Immagino ci sia almeno un altro Youma lì” le disse Luna.
“Bene, allora suppongo sia meglio un attacco furtivo. Nemmeno il tempo di un discorsetto di apertura” Usagi aggrottò la fronte. “Come mai me ne esco sempre con quelle parole? Non è che sia intenzionale.”
“Non lo so. Concentrati nel non dire nulla allora.” Luna saltò giù dal letto e scomparve per un paio di minuti. Quando fece ritorno, spinse la maniglia della porta e lui sentì il click della serratura poco dopo.
“Bene, dormono tutti. Possiamo andare.”

Usagi annuì e lo sollevò, dirigendosi verso la finestra. Si arrampicò su un piccolo balcone, e dopo essere saltata a terra corse giù per la strada, con Luna al seguito, molto più velocemente di quanto lui avrebbe mai immaginato.
Fecero un bel pezzo di strada prima che Usagi si fermasse in un vicolo. A metà strada c’era un secondo vicolo che terminava con un muro. Entrò e lo posò a terra.
“Voltati.” Ordinò Luna.
Tuxedo Kamen guardò la gatta e fece come gli era stato detto. “Potere del cristallo di luna, vieni a me!” sentì la voce calma ma ferma dietro di lui. Per alcuni lunghi secondi il vicolo fu illuminato dalla luce della sua trasformazione, poi Luna annuì permettendogli di guardare.
Sailor Moon era lì, sciolse la posa finale della fine della sua trasformazione e raggiunse il gatto per sollevarlo di nuovo. Lui vide Luna saltare e realizzò che non era sulla spalla della Senshi. Lei vi si arrampicò abbastanza facilmente. Nel momento in cui desiderò fare lo stesso, si rese conto di essere ben felice di essere pressato contro il morbido petto della ragazza, e sapeva benissimo che non c’era modo di arrampicarsi senza usare gli artigli.

Sailor Moon saltò e in un attimo stavano correndo sui tetti. Il negozio di animali verso cui erano diretti era silenzioso, tranne che per la risata aspra che riconobbe essere quella di Jadeite. La piccola eroina bionda si insinuò da una finestra e lo poggiò a terra. Luna saltò giù e lo raggiunse silenziosamente.
“Bene” sussurrò Luna. “Dovrebbero essere nel retro. Seconda porta. Dovresti essere in grado di attivare la tiara anche a bassa voce. Non lo so.”
Usagi provò a fare come la gatta aveva suggerito, poi tenne l’arma tra le mani e si avvicinò alla porta.

“Punta allo Youma con le orecchie da gatto e la coda grigie,” disse la gatta, “così Tuxedo Kamen dovrebbe riuscire a tornare normale e sarebbe in grado di aiutarti in caso di trappole o simili.”
Sailor Moon annuì. Lui e luna rimasero vicini ai suoi stivali non appena lei imboccò la porta. La aprì con un movimento veloce, poi il suo braccio si mosse così veloce che lui riuscì con difficoltà a vedere il momento in cui la tiara si trasformò in un disco. Non ci fu nemmeno uno stridio e lo Youma morì.
Tuxedo Kamen sentì di nuovo montare il dolore, e giacque sul pavimento per alcuni istanti. Quando fu di nuovo in grado di muoversi, Sailor Moon stava combattendo con un altro Youma, quest’altro blu e squamato, con artigli affilati e una lunga coda sottile. Aveva i capelli scuri, ma quella era l’unica somiglianza con una persona.

Sailor Moon venne gettata contro un muro di gabbie, con strani animali all’interno che sembravano l’incrocio tra un coniglio e un criceto. Lo Youma si stava buttando su di lei, ma Tuxedo Kamen era tornato in sé e gettò una rosa velocemente, fermando lo Youma nelle sue trappole mentre queste volavano via e circondavano il rettiliano. La cosa si dibatté, ma Sailor Moon si era già tirata su.
Tuxedo Kameno sentì il sussurro del suo attacco, e poi un’arma brillante colpì il collo dello Youma, lasciando solo un mucchietto di polvere. Jadeite non si vedeva in giro. Luna se ne stava sulla cima di una delle gabbie, e strillò non appena apparve una strana luce, prima che tutte le creature scomparissero come se non fossero mai esistite.

“Whoa,” disse Sailor Moon con un sorriso. “Ce l’abbiamo fatta. Penso sia un record Luna, tre Youma in una notte.”
“Stai migliorando tantissimo Us… cioè, Sailor Moon. Andiamo via di qui, ora.”
Sailor Moon tornò indietro e Luna e Tuxedo Kamen la seguirono per la stessa finestra da cui erano entrati. Raggiunsero il vicolo dopo poco, e lei tornò ad essere di nuovo Usagi in un lampo di luce.

Tuxedo Kamen rilasciò anche lui la sua trasformazione, tornando a essere Mamoru.

“Usagi,” le sussurrò. E poi, senza pensarci due volte, sfiorò le sue labbra con un bacio gentile. “Grazie.”
“Di-di niente” balbettò lei, arrossendo lievemente.
“Mi devo scusare con te” disse lui, e tirò fuori tutto. La sua paura di essere ferito, la sua paura, ancor più grande, che lei venisse ferita per colpa di chi era lui, il suo amore crescente per lei, e la sua ammirazione per lei, sia come Sailor Moon, sia come Usagi. Il modo in cui lui si sentiva chiamare quando lei si trasformava, e come avesse capito di tenere a entrambe le parti di lei, quasi quanto teneva alla sua Principessa della Luna.

“Principessa della Luna?” chiese Luna con eccitazione.

Mamoru annuì. “La sogno ogni notte. Mi chiede sempre di trovare il Cristallo d’Argento. Ne ha bisogno per svegliarsi.”
“Com’è? Com’è fatta?” chiese Luna. Lui notò che Usagi non aveva aperto bocca, e lo guardava con una strana espressione in viso, ma rispose alla domanda di Luna.
“È in ombra. Sta in piedi in alto su un balcone, e non le vedo il volto. Vedo solo i suoi lunghi capelli biondi. Sono raccolti in due odang-oh!” Guardò Usagi, che era tornata nell’ombra, e si gettò in ginocchio a terra un attimo dopo. “Oh Kami!” sussurrò.
Luna spostò lo sguardo da lui a Usagi più volte, prima di capire. Spalancò gli occhi e poi prese a guardare Usagi, sola con lui.

Ci fu un lievissimo sussurro da parte della biondina. “Endymion?” chiese.

Flash di ricordi iniziarono a colpirlo. Momenti passati in un grande roseto sulla terra, o su un balcone sulla luna. Poi chiese “Serenity?”
E lei anche cadde sulle ginocchia.

Luna era ancora silenziosa, mentre tutti e tre si guardavano l’un l’altro. Dopo quella che sembrò un’eternità finalmente parlò. “Ho trasformato la Principessa in una Guerriera. E il principe della Terra… oh la Centrale mi ucciderà!”
Usagi sorrise “Non lo permetterò.”
“Io nemmeno” annuì Mamoru.

Poi si alzò, e andò incontro alla ragazza che amava, aiutandola ad alzarsi prima di prenderla tra le braccia per un altro bacio gentile. “La mia Usako” le sussurrò.
“Il mio Mamo-chan” rispose lei.
Le accompagnò a casa, e la salutò. Adesso sapeva che quella notte i suoi sogni sarebbero stati diversi. Quelli di lei anche. Adesso conoscevano il loro passato. Era tempo di imparare il loro presente, e camminare insieme verso il futuro.
 


Note della traduttrice.
Lo so, sono un po’ in ritardo. Non ci sono scuse che tengano.
Però voglio un po’ spiegare.
La situazione, per via del COVID, è diventata insostenibile. Non so quanti di voi siano nella mia stessa situazione, ma non metto piede in università dal 4 marzo 2020. Più di un anno. Sono all’ultimo anno, manca poco alla mia laurea. Rendermi conto che non metterò più piede in università mi ha devastata.
So che ci sono sicuramente questioni più importanti, e che il voler fare lezione in un’aula universitaria, o studiare nella biblioteca di facoltà può sembrare un capriccio, però è anche vero che oggi come non mai la parvenza di una normalità è insieme un’utopia e una cosa a cui guardare speranzosi.
Detto ciò.
Mi scuso per il ritardo immane (circa sei mesi), ma ho passato il mio tempo chiusa nella mia cameretta, alternando gli “ommioddiogliesami”, gli “ommioddiolatesi”, gli “ommioddioiltirocinio” e gli “ommioddiocheschifoquestavita”.
Nel frattempo ho anche fatto scorpacciata di anime, giusto per non perdere le care, vecchie, abitudini.
Spero di far arrivare presto il prossimo episodio. Davvero, prometto che mi impegnerò.
Tanti saluti,
Calypso_
   
 
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