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Autore: heliodor    12/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Colazione
 
Ros sedeva al tavolo, il foglio ancora piegato in quattro davanti a lui e la matita tenuta tra l’indice e il medio. “Quanti anni ha Doryon?” le stava chiedendo.
Valya, in piedi di fronte a lui, lo guardava con le braccia incrociate sul petto. “Non lo so. Tredici? Quattordici, forse.”
Ros tracciò qualcosa sul foglio.
“È importante?”
“Secondo Jangar alcune informazioni sulla persona da curare possono essere importanti. L’età è una di queste informazioni. Sai quanto pesa, quanto è alto?”
“Pesa quanto me, più o meno. Ed è un po’ più alto, ma non di molto.” Ora che ci pensava, non aveva mai visto Doryon in piedi. Quando lo aveva incontrato da vicino, era rimasto seduto o disteso sul letto. Tranne una volta, quando lo aveva intravisto sulle scale ma era troppo lontano per valutare quanto fosse alto.
Ros si limitò ad annuire e tracciò dei simboli sul foglio. “Sai se mangia molto pane o molta carne o se preferisce la frutta? E se sì, quale? Noci, pesche, mele?”
“Non lo so” disse Valya infastidita da quell’interrogatorio. “Non lo servo io. Dovresti chiedere a una delle ancelle di Olethe.”
“Buona idea, lo farò di sicuro. Che tu ricordi è stato sempre male così o è la prima volta?”
“Non ricordo di averlo mai visto a letto senza muoversi o aprire gli occhi. Aveva giorni in cui stava male e altri in cui stava meglio.”
“Male in che senso?”
“Che non si alzava da letto e parlava con difficoltà.”
“Sentiva dolore?”
Valya scavò nella memoria. “Aveva male allo stomaco. Non riusciva a mangiare.”
“Potrebbe essere qualcosa che ha mangiato. Dopo aver digiunato stava meglio?”
“Di solito dopo tre o quattro giorni sembrava passargli. Almeno così dice Olethe.”
“Tu lo hai visto?”
“Quando stava male non poteva vedere nessuno, a parte Olethe e poche ancelle. E la governatrice, ovviamente.”
“Capisco.” Ros tracciò altri segni sul foglio. “E quando invece stava meglio? Poteva ricevere visite? Stava in piedi?”
“A volte vado a trovarlo. Siamo amici, in un certo senso.”
Ros la guardò perplesso.
“Doryon è una brava persona. Non merita di soffrire così.”
“Jangar e gli altri guaritori sono qui per questo. Mettere fine alle sue sofferenze.”
“Detto così sembra una cosa brutta” disse Valya cupa.
“Sono certo che Jangar e gli altri faranno di tutto per farlo stare meglio. Tu sei stata bene, no?”
Valya scosse la testa. “Ti ho chiesto di non parlare di quella faccenda. Non qui.”
“Hai ragione. Chiedo scusa. Ma siamo soli e nessuno ci sente e io ho ricucito quella ferita. Jangar dice che dobbiamo seguire le persone che abbiamo curato anche dopo.”
“Jangar sembra una brava persona” disse Valya cercando di cambiare discorso.
“Lo è, anche se a volte può comportarsi in modo strano.”
“Com’è che sei diventato suo apprendista? A Cambolt non ti ho ma visto curare nessuno.”
Ros fece un mezzo sorriso. “È una lunga storia. E anche strana.”
“Abbiamo tempo” rispose lei.
Qualsiasi cosa pur di tenerti qui senza andare in giro dicendo che avevo una ferita il giorno dell’attacco a Ferrador, si disse.
“Quando ero ancora a Cambolt ho ricevuto una lettera” disse Ros. “Da parte di un erudito di nome Varnado che mi diceva di venire qui a Ferrador. Io sono partito con la speranza di diventare suo allievo all’accademia, ma poi ho scoperto che si trattava di uno scherzo e Varnado era un mulo.”
“Un mulo?”
Ros annuì serio. “Un mulo. Un povero animale che gli eruditi usano per trasportare le loro cose in giro per la città.”
“Perché qualcuno dovrebbe farti uno scherzo simile?”
Lui si strinse nelle spalle. “Non lo so, ma vorrei tanto scoprirlo, un giorno.”
“E non sei tornato a Cambolt?”
“Mio padre sembrava felice di vedermi partire e i miei fratelli non mi vorrebbero certo indietro, così decisi di restare, ma non sapevo dove andare. Namalir, l’erudito che mi aveva accolto all’accademia, scrisse per me una lettera di presentazione a Jangar affinché mi prendesse come suo allievo. Ed eccomi qui.”
“E Jangar e Namalir sono amici?”
“Non ne ho idea. Penso di no, visto che Jangar non ne parla mai molto bene.” Abbassò la voce. “Dice che gli eruditi cercano sempre di strappare il prezzo più basso possibile quando comprano le sue pozioni e pagano in ritardo.”
“Non l’avrei mai detto.”
Ros sorrise. “Nemmeno io. Non hai idea di quante cose ho scoperto in queste ultime due Lune. E tu invece? Hai detto che sei ospite qui a palazzo insieme a tuo padre.”
“Sì” disse Valya incerta. Non voleva rivelare troppe cose di sé a un Chernin, ma non vedeva nulla di male a dirgli cose che avrebbe potuto scoprire da solo chiedendo in giro. “Lui lavora alla forgia. Stanno forgiando spade e scudi per l’armata di Ferrador.”
“La guerra” fece Ros annuendo. “Non si parla d’altro in città, specie dopo l’attacco.” Scosse la testa. “Jangar dice che è solo uno spreco di vite e risorse.”
“Jangar dice questo?”
“Secondo lui, dovrebbero sedersi tutti a un tavolo e discutere fino a trovare un accordo che soddisfi ogni parte.”
“E tu sei d’accordo?”
“Non mi sembra che siano disposti a discutere. E ora dopo l’attacco lo saranno ancora di meno.”
“Non si può discutere con i rinnegati” disse Valya. “Hai visto cosa hanno fatto, no? Sono morte centinaia di persone innocenti.”
“Jangar dice che in guerra muoiono sempre degli innocenti da entrambe le parti.”
Valya sentì crescere la rabbia dentro di sé. “I rinnegati non sono innocenti. Sono” esitò cercando la parola giusta. “Rinnegati.”
“In ogni caso” fece Ros sospirando. “Se l’armata partirà, noi resteremo al sicuro in città aspettando che tutto si sistemi.”
“Jangar aveva intenzione di partire?”
“La governatrice ha promesso una lauta paga a tutti i guaritori che si uniranno all’esercito in marcia.”
“Il tuo maestro è un vigliacco.”
Ros fece spallucce. “Prima dicevi che Doryon ha dolori allo stomaco, vero?”
Valya annuì, sollevata di poter parlare d’altro.
“Può darsi che abbia mangiato qualcosa che gli ha fatto male. A volte capita. Sai cosa mangia di solito?”
“Potresti chiedere a una delle ancelle che gli servono i pasti.”
Il viso di Ros si illuminò. “Buona idea” disse alzandosi. “Tu vivi a palazzo quindi forse ne conosci qualcuna. Potresti farmi parlare con loro?”
“Potrei” disse Valya incerta. “A patto che tu non dica niente su quella questione.”
“Ti ho dato la mia parola” fece lui toccandosi il petto.
“Pensi che possa aiutare davvero Doryon?”
“Potrebbe, anche se non so quanto.”
 
Carlytte la guardò perplessa. “Che cosa ha mangiato il signorino stamattina? Uova e latte, come sempre. E un pezzo di pane tagliato a fette sottili e scottate sul fuoco. È così che gli piace.”
Ros scrisse qualcosa sulla pergamena beccandosi un’occhiata dubbiosa da parte dell’ancella.
“È un tuo amico?” le domandò Carlytte.
Valya esitò.
“Sì” fece Ros.
“Un conoscente” disse lei. “Solo un conoscente. È l’allievo di Jangar, uno dei guaritori fatti venire a palazzo per curare Doryon. Dargli una mano potrebbe essere utile.”
“Capisco” disse la donna. “Se è così vi aiuterò di sicuro. Il signorino è una persona adorabile, forse la migliore che viva in questo palazzo. Non ordina mai e chiede sempre con cortesia e non si merita tutto quello che sta passando.” Scosse la testa. “Spero che l’Unico lo aiuti o lo sollevi dalle sofferenze, povero ragazzo.”
“C’era qualcuno insieme a Doryon quando stamattina ha fatto colazione?” domandò Ros.
“C’era anche la governatrice” rispose Carlytte.
“E lei ha mangiato le stesse cose?”
“Sì, che io ricordi.”
“Ricordi se le altre volte che è stato male ha mangiato latte, uova o pane?”
“Non lo so” disse la donna. “Non sono sempre io a servirgli i pasti. A volte ci pensa Izora o Briena. Siamo in quindici a occuparci del palazzo.”
Ros annuì e tracciò una riga sul foglio. “Qualcun altro è stato male dopo aver mangiato le stesse cose di Doryon?”
“Sinceramente non lo ricordo. Ma è importante tutto questo?” chiese rivolgendosi a Valya.
Lei si strinse nelle spalle.
“È per escludere che sia stato il cibo guasto” spiegò Ros. “Mezza Luna fa si è presentato un uomo alla bottega che diceva di aver mangiato carne di tre giorni prima e aveva dei dolori di pancia lancinanti. Jangar gli ha fatto bere una mistura di erba scarlatta e olio di noci ed è stato bene.” Fece una pausa. “Ma non credo sia questo il problema. Potrei vedere gli avanzi della colazione di Doryon?”
“Prego?” fece Carlytte incredula.
“Credo voglia vedere quello che è avanzato” disse Valya imbarazzata.
“L’avevo capito” fece la donna stizzita. “Ma non ne vedo il motivo.”
“So che è una strana richiesta ma potrei, se è possibile?”
Carlytte sospirò. “Per tua fortuna non li abbiamo ancora dati ai cani.”
“Allora vorrei vederli.”
La donna li guidò nel retro delle cucine, dove dovettero districarsi tra banconi pieni di frutta e ortaggi che venivano tagliati dagli inservienti. Altri alimentavano i fuochi dei forni. Un uomo stava tirando fuori da uno di essi un vassoio pieno di forme di pane. L’odore era delizioso dovette ammettere Valya.
Carlytte li portò fino a un angolo isolato da tutto il resto e indicò una sacca piena a metà. “Buttiamo tutto lì dentro, di solito.”
Ros si chinò sopra il sacco. “È qui dentro? C’è molto più di quanto mi aspettassi di trovare.”
“Sono gli avanzi della mattina” spiegò Carlytte. “Dovresti vedere quelli del pranzo. Ci riempiamo tre sacchi interi.”
“Devo esaminarli.”
“Fai pure.”
Ros afferrò il sacco e lo rovesciò a terra spargendone il contenuto sul pavimento.
Carlytte sussultò. “Che cosa fai? Ti farò pulire tutto, dopo.”
“Chiedo scusa” fece Ros chinato sui resti della colazione. Con le mani stava frugando tra ciò che rimaneva di un osso di pollo e la buccia di una mela.
Carlytte scosse la testa. “Se mi volete, mi trovate nell’altra sala. Devo sfamare più di cento persone senza contare i guaritori e i loro apprendisti.”
Valya attese che si fosse allontanata prima di dire: “Che cosa fai? Sei impazzito per caso?”
Ros la guardò perplesso.
“Carlytte ora ne parlerà con tutti a palazzo. Era proprio necessario mettersi a frugare tra i rifiuti?”
“Jangar dice che si possono scoprire cose interessanti sulle persone solo guardando quello che buttano via.” Prese il torsolo di una mela tra l’indice e il pollice e lo gettò via. “Frutta fresca. Non se ne trova molta ultimamente.” Prese una fetta di pane mangiata a metà. “Ci siamo” disse. “Questo sembra interessante.”
“È una fetta di pane.”
Lui annuì. “Ed era la colazione di Doryon.”
“Come fai a dirlo?”
Ros la girò di lato. “Vedi? È un po’ bruciata, come piace a lui. Vedo se trovo altro.”
Valya attese nell’angolo che Ros terminasse l’ispezione. Quando ebbe finito, un valletto li raggiunse.
“Carlytte dice che devo dare una pulita” disse il ragazzo. Reggeva in mano la scopa ma non sembrava molto entusiasta di quel lavoro.
“Ho finito” disse Ros alzandosi. Aveva infilato la fetta di pane e altri avanzi trovati in una delle borse legate in vita facendo attenzione a non mischiarli.
“Buon per te” disse il valletto. “Io ho appena iniziato. Dopo aver finito qui mi toccherà pulire il vomito del signorino.”
Il viso di Ros si illuminò. “Doryon ha rigettato la colazione?” chiese.
Il valletto annuì.
“Ma è meraviglioso” esclamò Ros. “Perché nessuno me l’ha detto? È ancora tutto lì o è stato pulito?”
Il valletto lo guardò perplesso. “È ancora lì, credo. O non mi avrebbero detto di pulire. L’avrei fatto prima ma eravamo impegnati con quella faccenda dei guaritori.”
“Andiamo da Carlytte” disse Ros. “Voglio esaminare la colazione che Doryon ha rigettato.”
Valya lo seguì a testa china. “Tu non dicevi sul serio, vero?” gli domandò a voce bassa.
“Riguardo a cosa?”
“La colazione di Doryon. Non vuoi davvero esaminare il suo…”
“Il suo vomito?”
Valya annuì.
“Potrebbe essere importante.”
 
Carlytte li squadrò perplessa. “È la richiesta più strana che abbia mai sentito” disse. “È sempre per il bene del signorino, spero.”
Ros annuì con vigore. “Non ci metterò molto. Ne prenderò solo un pezzo. Un pezzo piccolo.”
Valya arrossì mentre Carlytte scrollava le spalle.
“Se lo dici tu. È da questa parte.”
Li guidò fino a un punto della sala dove c’era una macchia scura sul pavimento.
“È tutto tuo” disse la donna prima di allontanarsi.
Ros si inginocchiò vicino alla macchia e la osservò da vicino.
Valya cercò di non pensare a quello che stava facendo. “Jangar ti ha insegnato anche a capire le persone da quello che hanno vomitato?”
“No” rispose Ros. “Questa è una mia idea.” Prese un coltellino dalla tasca e incise la macchia in un punto. Ripose il coltellino e dalla tasca tirò fuori un fazzoletto col quale afferrò il pezzo appena tagliato e ve lo avvolse.
Almeno non lo ha toccato con le mani, pensò Valya con sollievo.
Ros mise il fazzoletto arrotolato in una delle borse legate in vita e la chiuse con cura. “Credo di aver finito” disse raddrizzandosi.
Mentre uscivano dalla sala e si dirigevano verso le scale che portavano al livello superiore, udirono le grida provenire da sopra le loro teste.
 
  
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