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Autore: Annabeth16    12/04/2021    0 recensioni
Percy trova una ragazza misteriosa dal forte profumo dell'oceano e gli occhi color del mare, perfino più belli dei suoi.
La sua è una storia complicata e piena di misteri, ma la verità potrebbe fare la differenza in un mondo in cui i mostri, anche quelli più antichi, si stanno risvegliando uno ad uno.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Percy/Annabeth, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.Partenza – PERCY
«Ehi, tutto bene?!», chiesi apprensivo quando vidi Alice che usciva con espressione terrorizzata. Quanto la capivo…
Lei mi guardò un po’ storto.
«Credo… di sì», mi rispose un po’ incerta.
«Andiamo da Chirone. Magari riuscirai a dirci la profezia», le dissi gentilmente prendendola per un braccio. Dubitavo della sua stabilità.
Raggiungemmo la sala ricreativa dove ci aspettava Chirone. Ci venne incontro apprensivo.
«Non è in stato di shock però è scossa», spiegai.
«Non sono scossa! Sto benissimo!», mi rimbeccò lei.
«Vuoi dirci cosa ti ha detto l’oracolo?», le chiese Chirone.
Lei rimase incerta per un attimo poi annuì.
«Per le strade camminerete e verso l’ignoto andrete. La terra si sta  risvegliando e scatenerete la su ira», cominciò. Qui ebbe un sussulto e si fermò: evidentemente il verso che veniva dopo non le piaceva molto. Invece riprese:
«All’ultimo fiato la verità fuori verrà», concluse.
«Tutto qui?», domandò Chirone. Alice annuì. C’era qualcosa che non tornava, qualcosa che mi era già capitato ma non riuscivo a ricordare cosa.
«D’accordo, allora siete pronti per partire», concluse il centauro.
 
Eravamo sulla macchina che ci avrebbe portato a New York. Alla guida c’era come sempre Argo, il nostro capo della sicurezza dai cento occhi. Ero seduto nel posto centrale tra Annabeth e Alice. Ripensavo ancora alla profezia di Alice e mi chiedevo cosa c’era che non andasse.
«Percy, tutto bene?», mi chiese Annabeth. Improvvisamente scattò una scintilla nel mio cervello iperattivo. Anche Annabeth una volta mi aveva nascosto l’ultimo verso della profezia e io l’avevo capito perché le profezie finiscono sempre in rima baciata!
«Sì, si», le risposi frettolosamente. «Alice? Come finisce la tua profezia?», chiesi a bruciapelo.
Lei mi guardò impaurita. «Che?»
«La tua profezia. Non è completa. Come finisce?», ripetei.
Lei prese a tormentarsi le mani e divenne rossa. Poi sospirò.
«E d’accordo. L’ultima decisione in mano sarà, alla figlia dell’oceano che sceglier dovrà», rivelò.
«Non mi piace questa missione», mormorò Annabeth. Quanto la capivo…
«Ma chi è la figlia dell’oceano?», domandai.
«Mmm… e se fosse una figlia di Oceano? Il titano fratello di Crono?», propose Annabeth.
«Impossibile», dissi. «È stato gettato nel Tartaro», ricordai.
«Ma Crono si è già liberato in passato», insistette lei.
«Non ci sarà un secondo Luke», dichiarai. «E comunque mi sembra impossibile».
Annabeth non replicò ma lanciò un’occhiata ad Alice.
«Ma se non è Oceano, cosa intende la profezia per “figlia dell’oceano”?»
«Non lo so, Annabeth. Ma i significati delle profezie sono molteplici, lo sai».
E con questo la nostra conversazione si chiuse.
 
Scendemmo dall’auto e ringraziammo Argo.
«Bene, credo che dovremmo raggiungere Talia a Manhattan, il prima possibile», annunciai.
«Questa cosa non mi piace, sbrighiamoci!», rincarò Annabeth.
«Dobbiamo andare al porto, a piedi non arriveremo mai a Manhattan in tempo», disse Alice.
«Hai ragione. Hai problemi di mare, Alice?», chiesi. Lo dissi per galanteria, ma conoscevo già la risposta. Infatti lei mi guardò come se fossi matto.
«Certo che no! Io adoro il mare»
«Allora al porto!», esclamò Annabeth, e cominciò a correre.
Noi la seguimmo.
«Credo che sia meglio passare per posti più isolati, dobbiamo stare un po’ fuori città», dissi.
Ci spostammo in modo da non dare nell’occhio.
«Ehm… scusate?», s’inserì Alice.
«Sì?»
«Chirone ci ha detto che dovremmo abbattere qualche mostro», ci ricordò.
«Ha ragione», dichiarai. Annabeth annuì.
Ma non avemmo il tempo di continuare la nostra conversazione perché sentimmo un sibilo lontano.
«Intendevi qualcosa come questi mostri?», urlò Annabeth.
«Iniziamo bene la missione…», commentai io.
Sentimmo i sibili sempre più vicino. Ma ora si era aggiunto anche un altro suono. Non sapevo di cosa si trattasse ma nulla di buono, ne ero certo.
«Sono un bel po’!», dissi.
«Combattiamo?», chiese Annabeth in direzione di Alice.
Lei stringeva con forza l’elsa blu del suo pugnale talmente tanto da avere le nocche bianche. Sudava freddo, lo si vedeva da un chilometro di distanza.
«D’accordo», disse infine.
«Ehi, sei una guerriera straordinaria, davvero», le dissi per infonderle coraggio. Non che fosse una bugia, ovvio.
E con un grido ci gettammo verso l’orda di mostri che stava per arrivare.
Ci nascondemmo dietro ad un cespuglio e restammo quatti nell’attesa di vedere in faccia il nostro nemico. Pochi minuti dopo vedemmo arrivare un gruppetto di otto dracene e quattro empuse. In totale dodici nemici contro tre. Fantastico.
«E adesso che facciamo?», mi sussurrò Annabeth.
«Aspettiamo di coglierle di sorpresa», risposi.
Ci zittimmo all’istante perché cominciammo a sentire delle voci. Era una dracena che stava parlando.
«Sssì, le abbiamo sssistemate, la nosstra ssignora ssarà contenta»
«E la ragazza? È pericolosa», le chiese un’empusa.
«A quella penserà la ssorella della nosstra padrona», le rispose la dracena.
«Chi, Teti?»
«Shhh… Non pronunciare il ssuo nome!», l’ammonì l’altra.
L’empusa si fermò a fiutare l’aria: aveva avvertito il nostro odore.
«C’è puzza di mare », commentò.
«Ssta zitta! Il mare è a pochi chilometri da qui, è ovvio che ssenti il ssuo odore», la rimbeccò la dracena.
Non avevamo più tempo. Presto si sarebbero accorti della nostra presenza.
«Ora», sussurrai.
Ci gettammo sui mostri e sguainai Vortice. Ero immortale (a parte il mio tallone d’Achille) perciò non temevo di morire. Uccisi quattro dracene con quattro colpi di spada ben assestati e mi guardai intorno. Alice era circondata dalle empuse che tiravano fuori i denti pronte ad azzannarla. Se la stava cavando piuttosto bene, non aveva nemmeno una ferita. Ma le empuse non erano nemici da poco, perciò corsi in suo aiuto. Trafissi un’empusa alle spalle e si sgretolò sotto i miei occhi. Poi mi misi al fianco di Alice. Ora eravamo tre contro due. Mi concessi uno sguardo veloce ad Annabeth. Aveva già ucciso tre dracene, ma l’ultima sembrava più abile e non mollava. Però Annabeth non dava segni di cedimento e combatteva senza fermarsi.
Non mi accorsi che un’empusa si era avventata su di me e mi aveva colpito in pieno petto. Sfortunatamente, quello non era il mio punto mortale. Il contraccolpo fu di una potenza tale da gettare a terra l’empusa e stordirla ed io approfittai per distruggerla. Ora avevamo un’empusa a testa e Annabeth continuava a combattere contro quella che sembrava la nuova regina delle dracene.
Alice sembrava in difficoltà, ma teneva testa alla sua empusa in modo spettacolare. Io feci una finta ma l’empusa non ci cascò e mi colpì nel fianco. Devo dire che per me quel duello non stava andando benissimo. Per fortuna che ero immortale, altrimenti sarei già morto da un pezzo. Ma d’altronde ero impegnato a controllare che Annabeth e Alice non avessero bisogno del mio aiuto. Ripresi il controllo di me stesso e uccisi l’empusa. Stavo per decidere chi delle due dovessi aiutare quando Annabeth e Alice trafissero il loro nemico all’unisono. Annabeth si voltò verso di me soddisfatta e mi sorrise con il volto imperlato di sudore. Alice invece crollò a terra e svenne. Fu allora che notai un segno sulla mano. L’empusa l’aveva morsa.
   
 
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