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Autore: hapworth    12/04/2021    0 recensioni
Qualcun altro lo avrebbe reputato noioso, ma Izuku si divertiva ad ascoltarlo, specie quando gli raccontava come si fosse appassionato improvvisamente a qualcosa che, altri, neppure avrebbero notato. Aveva sempre così tanto da dire, che Izuku trovava raramente spazio per inserirsi, ma gli piaceva comunque, perché poi Shouto lo guardava con i suoi occhi brillanti ed era come se sorridesse, anche se non lo faceva come gli altri.
[Shouto/Izuku]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La fine si avvicina inesorabile, ma ecco un capitolo fondamentale e... niente, non vi dico altro.
Buona lettura!

hapworth

And everywhere I'd look, you're eyes I'd find
Capitolo 7 - Oltre la nostra linea di separazione

L'abitudine aveva insegnato a Shouto che c'era sempre un modo giusto di fare una cosa. Era sistematico e banale come concetto, ma d'altra parte lui non aveva mai considerato nulla con quella accezione – non davvero. C'erano una miriade di cose che non capiva e che gli altri avrebbero reputato banali. Certo, ogni giorno ne imparava di nuove, cercava di migliorarsi di capire meglio. Ciò, però, non negava il fatto che quelle cose esistessero.
Non aveva mai reputato il proprio rapporto con Izuku in qualche modo anomalo; non lo aveva fatto perché per lui, Izuku, era importante ed era normale che sentisse affetto e qualcosa di molto forte quando lo vedeva o faceva qualcosa. Non era il centro del suo universo, ma era comunque un tassello fondamentale della sua vita – lo era sempre stato.
Izuku era una presenza fissa, qualcuno di insostituibile nella sua scala degli affetti e dell'importanza. Con il tempo aveva scalato ogni classifica mentale di Shouto, soppiantando chiunque altro con molta facilità.
«Crede sia amore?» aveva chiesto al suo dottore, quello che una volta ogni due settimane vedeva per parlare di ciò che era successo nella sua vita; lo aveva cambiato quando aveva cominciato le superiori e, contrariamente alla dottoressa che vedeva prima, lui si soffermava molto sulle sue sensazioni, sul suo sentire più che sul suo agire. Lo incoraggiava a scrivere liste, ad appuntarsi ciò che lo interessava in modo da sentirsi sicuro e fare spesso “classifiche” su qualsiasi cosa.
Era bello, perché in quel modo programmava le sue giornate e i suoi impegni senza provare l'ansia che cominciava a essere un problema da qualche tempo; riusciva ad arginarsi.
«Non lo so, Shouto. Tu credi che lo sia?» lo faceva spesso, di rigirargli la domanda in modo che potesse pensarci in modo più serio. Non sapeva niente di amore, ma sapeva cosa voleva da Izuku. Lo capiva ogni volta che si guardavano, ogni volta che l'altro rideva, ogni volta che le loro mani si sfioravano anche solo per sbaglio. «Sì.» ammise; ma dentro c'era già nato il pensiero che le cose non sarebbero più state come prima dopo.
L'ansia era stata da sempre fedele compagna di Shouto: non muoveva un passo, senza pensare alle implicazioni che quel singolo passo potesse significare per la sua vita e per il mondo esterno; era tutto estremamente calcolato, o quantomeno pensato. Crescendo, stava imparando che segnarsi i punti fondamentali della giornata, dove dovesse andare, il percorso da seguire, lo aiutavano a contenere quell'insostenibile ansia e disagio che provava durante ogni istante.
Allo stesso tempo, stare in mezzo a persone aperte e disponibili come i suoi compagni delle superiori, lo stava aiutando in modo molto concreto su come agire in gruppo, cosa che fino a qualche anno prima era stata per lui inconcepibile.
Izuku era chiaramente fiero di lui, gli diceva spesso che uscire dal bozzolo non era un male e che isolarsi non aveva senso, non con la sezione A. E Shouto lo aveva preso in parola durante tutti e tre gli anni delle superiori.

Arrivati alla soglia del diploma, Midoriya aveva stretto ancora di più il suo rapporto con Shouto – e non solo con lui – amicizie che, sua madre diceva, sarebbero presumibilmente sopravvissute più o meno a lungo, a seconda di quanta attenzione, una volta usciti dalle scuole, vi avrebbe dedicato.
Certo, l'eccezione sarebbe sicuramente stata la sua amicizia con Shouto, poiché il loro legame andava avanti da molto più tempo, a prescindere da scuola e situazioni, ma d'altra parte Izuku si cominciava a rendere pienamente conto di una cosa che, in precedenza, non era stata di grande importanza, ossia l'intensità di quel legame.
Era cresciuto con lui, gli si era piantato nel petto ed era germogliato in modo del tutto naturale, con la piena consapevolezza di se stesso e dei propri desideri. Quello stesso desiderio che, dentro, infuriava nel pieno della sua forza.Voleva che Shouto lo vedesse in modo diverso.
Izuku era da sempre una persona paziente, lo era stato da bambino e quella sua caratteristica non si era mai persa, ma sviluppata piuttosto con il passare degli anni; essere amico di Shouto Todoroki lo aveva solo aiutato verso quell'inevitabile sviluppo di quella sua dote. Per tale motivo, malgrado fosse a pieno consapevole dei propri sentimenti profondi verso l'amico, pazientava, conscio che non avrebbe mai potuto imporre nulla all'altro ricavandone un bene.
La sua paura di non essere ricambiato, con l'andare del tempo, si era in qualche modo riassorbita: Shouto era sempre molto sincero, specialmente con le parole, ma – almeno con lui – anche con i gesti. Se per un certo periodo la loro stretta vicinanza aveva impensierito Izuku circa la possibilità che fosse perché erano maggiormente legati, questa era andata scemando quando Shouto aveva cominciato a cercare con insistenza attimi in cui fossero solo loro due. Malgrado la sua espressività, il suo sguardo e il suo tono non dessero alcun indizio su quello che sentiva, Midoriya sapeva, intravedeva oltre quella superficie poiché ne conosceva ogni sfumatura.
Shouto era agitato, sentiva la bocca dello stomaco stringersi ogni volta che era insieme a Izuku. Ansia e paura, che si mescolavano insieme dandogli la giusta – o ingiusta – connotazione di ciò che quello che voleva aveva un peso non indifferente. Combatteva con quei mostri da tutta la vita, da ancora prima di conoscerne il nome – e le cause -, ma non era ancora in grado di sconfiggerli. Poteva tenerli a bada, imbrigliarli con l'inganno e con pensieri positivi come gli avevano insegnato... Tuttavia nei momenti meno opportuni quelli tornavano prepotentemente a distruggere tutto.
«Izuku...» doveva risultare sicuro di sé, ma probabilmente Izuku gli leggeva tutto in faccia, anche se era l'unico che non avrebbe dovuto capire. L'altro gli sorrise, in attesa.
Lo aveva chiamato quando si era reso conto che per quel pomeriggio le attività del club di Midoriya erano state sospese a causa pioggia e, dato che lui era sempre riuscito a far parte di quelli che tornano a casa, era chiaro che avesse voluto approfittarne.
«Hai deciso per l'università?» non era quello che voleva chiedergli, ma andava bene lo stesso. Era un'altra delle cose che voleva sapere, che gli servivano. Non voleva allontanarsi da lui e, allo stesso tempo, doveva ancora fare chiarezza in se stesso.
«Oh, sì! Entrerò all'Università di Tokyo, il loro dipartimento di Legge è fantastico.» spiegò. In seno, Izuku aveva sviluppato il desiderio di entrare nel mondo della giustizia – il che, in effetti, per Shouto non era stata una sorpresa; l'unico motivo di ansia era stata la sua mancata decisione su quale complesso frequentare e, sebbene la scelta di Tokyo fosse scontata, Todoroki non aveva mai voluto darla per tale.
«Io anche.»
«Sono contento che hai deciso di frequentare l'Università.» la sua famiglia non voleva; suo padre era stato piuttosto chiaro su quel punto e sua madre non era per nulla d'accordo che lasciasse casa visto che sembrava non essere in grado di prendersi cura di se stesso. Ma Shouto voleva, lo voleva disperatamente. Anche il suo dottore gli aveva detto che se lo desiderava poteva e doveva, perché lo avrebbe reso libero, specie se fosse andato a vivere da solo in un'altra città.
«Izuku, io...» come fare? E se non fosse stato più lo stesso tra loro dopo? E se Izuku non avesse provato lo stesso, se avesse finito per odiarlo? Aveva letto un sacco sull'argomento, sulle relazioni omosessuali e sul fatto che non fossero così comuni o moralmente accettate da tutti – il che gli aveva dato sempre da pensare, visto che non voleva ferire Midoriya o tradire la sua fiducia, men che meno danneggiare il loro rapporto.
«Mi piaci.» per un istante si chiese se lo avesse detto senza rendersene conto, prima ancora di visualizzare nella mente ciò che voleva dire. Fu con ritardo, che si accorse di non essere stato lui a parlare. Izuku era di fronte a lui, l'espressione strana, una che non gli aveva mai visto: occhi stretti, gote arrossate e i pugni chiusi. Distolse lo sguardo, sentendo l'improvviso disagio della situazione prima ancora di registrare sul serio le implicazioni.
«Shouto...?» la voce di Izuku gli giunse fin troppo ovattata, mentre era concentrato sulla cosa giusta da dire, su come dirla, sullo sguardo da fare, sul modo in cui era più giusto muoversi e porsi. Come fare? Come... «Shouto! Guardami!»
Il tono di Midoriya era strano, più alto, più autoritario – per un attimo lo associò a quello di suo padre, quando non riusciva a fare qualcosa, quando faceva qualcosa di sbagliato, quando il suo modo di essere non era quello giusto e-
Poi però Izuku lo toccò, stringendogli le spalle per scuoterlo. Shouto sollevò lo sguardo, specchiandosi in quegli enormi occhi verdi. Lo fissavano intensamente, così tanto da sentirne il pieno disagio fin nel profondo e non capiva. Cosa provava? Cosa sentiva? Izuku non lo aveva mai guardato in quel modo.
«Parla, Shouto!» fu un rimprovero, o almeno la mente di Todoroki lo registrò come tale, mentre si scuoteva e si allontanava di un passo dall'amico.
Ferito. Ecco cosa gli lesse per un istante negli occhi; l'aveva già vista quell'espressione.
«Io... non voglio.» Izuku non capì a cosa l'altro potesse riferirsi, mentre si abbracciava da solo e lo guardava, distogliendo lo sguardo, un segno di ovvio disagio.
Midoriya era ferito, perché una parte di sé aveva sperato. Sì, sperato in modo egoistico che Shouto sentisse le sue stesse cose, che non fosse solo una sua visione egoistica, che non lo stesse equivocando. Eppure... doveva essere così.
Abbassò lo sguardo, vinto e abbattuto. Credeva che volesse dirgli la stessa cosa, aveva creduto che fosse quello il motivo per cui lo continuava a seguire quando era da solo, proprio come quando erano piccoli... ma evidentemente era solo un istinto infantile, del legame che condividevano, come l'imprinting per un cucciolo che seguiva la prima persona che gli donava gentilezza.
Strinse gli occhi, cercando di trattenere tutto l'astio e l'acido che aveva dentro. Non doveva piangere, né sentirsi così triste: Shouto era importante per lui, non avrebbe fatto una scenata rovinando il loro rapporto, danneggiando inevitabilmente tutte le certezze dell'altro. Poteva essere ipocrita, ma ci teneva a Todoroki e non voleva che un suo problema gli creasse disagio.
«Non voglio che le cose cambino.» disse ancora Shouto, dando l'ennesima coltellata nel suo petto. Sì, lo sapeva. Sapeva che era sincero, eppure proprio per quello, faceva ancora più male.
Cercò di raddrizzarsi, di rendere asciutti i suoi occhi senza passarsi le mani sugli stessi – gesto che Shouto avrebbe probabilmente associato proprio al pianto -, invece cercò il proprio sorriso, la propria facciata innocente, l'Izuku che Shouto amava avere accanto, quello di cui aveva bisogno.
«Lo so.» ammise. Il tono gli uscì più tormentato e basso di quanto avrebbe voluto, ma confidava nel fatto che Shouto non ne capisse le implicazioni sotto.
Tacquero entrambi per interminabili istanti, almeno finché Shouto non si fece coraggio.
«Però io voglio stare con te per sempre.» fu una dichiarazione molto elementare, se si pensava al vasto lessico che Shouto Todoroki aveva sempre dato prova di possedere fin da quando era bambino. Eppure, quelle parole, parvero rianimare Izuku che sollevò lo sguardo su di lui in modo diretto. La sorpresa dipinta nei suoi occhi verdi e nella sua espressione appena arrossata.
«Essere omosessuali non è facile e non possiamo neppure sposarci, a meno di non andare in Canada, negli Stati Uniti d'America o in alcuni paesi europei. Non possiamo neppure preservare la specie, ma potremmo sempre adottare, se mai volessimo un bambino – se tu vuoi. Però credo che la cosa principale sia prima dirlo ai nostri genitori e poi andare a vivere insieme. Faremo la stessa Università e se tutto va bene tu lavorerai in Tribunale a Tokyo e io potrei lavorare come traduttore a casa, i nostri orari non sarebbero gli stessi, ma-»
Il dito gli premette sulle labbra ancora prima che potesse rendersene conto; Izuku era a meno di un passo da lui, il suo indice sulle sue labbra e gli occhi brillanti. Sorrideva, un bel sorriso radioso, seppure imbarazzato e Shouto avvertì quella stretta al petto, la sensazione di pace e pienezza che lo coglieva in alcuni momenti particolari delle sue giornate. Era la felicità che faceva, ancora una volta, la sua comparsa nella sua vita.
«Corri troppo, lo sai?»
«Me lo dicono spesso.» recitò Shouto, memore della sua passata ossessione per le battute e i modi di dire: sembrava proprio il momento giusto e la risatina che uscì a Izuku nell'udirlo, gli diede ancora una volta la riprova che era un'intuizione esatta, così sorrise timidamente anche lui.
Era bello, essere felici.


Continua...
   
 
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