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Autore: __Lily    13/04/2021    1 recensioni
«Come potresti essere un mostro? Chi te lo ha detto?»
Mi strinsi nelle spalle.

Quella volta stavo giocando con Asuka non lontana da casa e lei era andata a riprendere la palla che era rotolata lontana, degli uomini ci videro e uno di loro disse «sono le figlie di quel demone, altri due piccoli mostri.»

Non ricordo il loro volto ma le loro parole non le ho mai dimenticate.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kagome, Naraku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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NOVE.





Alla fine mi feci forza e tornai alle lezioni, qualche sera prima il Sensei e Hisui erano venuti a cena da noi, in realtà Hisui non doveva esserci ma aveva insistito così tanto che alla fine gli era stato dato il permesso.
Indossavo il kimono che Asuka aveva scelto per me quel pomeriggio e grazie alle erbe che mia zia mi aveva dato nei giorni precedenti mi sentivo molto meglio e la testa non mi faceva più male.
«Kohaku!» disse mia madre sorridendogli, «e abbiamo anche Hisui, venite.»
«Avrei dovuto avvisarti ma è successo all’ultimo e-»
«Non preoccuparti, in questa casa siete sempre i benvenuti. Asuka, Setsuna venite!»
Asuka corse subito dalla mamma e mio padre la seguì io rimasi ferma dove ero, volevo tanto rivederli ma avevo anche paura che mi giudicassero.
Asuka salutò Hisui abbracciandolo ma lei abbracciava sempre tutti e fu felice di conoscere finalmente il mio Sensei, in realtà lo avevamo conosciuto quando eravamo neonate ma non lo ricordavamo.
«Siete davvero cresciute» disse lui posando una mano sulla testa di Asuka.
«Setsuna vieni.»
Mi feci coraggio e alla seconda chiamata da parte di mia madre andai anche io a salutarli ma tenni lo sguardo basso, l’ultima cosa che volevo era vedere compassione o rabbia nei loro volti.
«Stai meglio?» mi chiese Hisui e nella sua voce sentii preoccupazione.
«Sì.»
«Bene perché ti aspettiamo alle prossime lezioni» aggiunse il maestro e finalmente alzai la testa e lo guardai, aveva un sorriso gentile sul volto anche se alcune cicatrici sembravano stonare un po’ in quel complesso.
«Sensei vuoi davvero che io torni? Anche dopo quello che è successo con Mitsuo?»
Lui si abbassò e mi guardò con serietà ma senza cancellare quell’aria gentile che lo aveva avvolto poco prima.
«Sì vorrei che tu prendessi ancora parte alle mie lezioni, Setsuna il passato è passato da ora in poi ti aiuterò a tenere sotto controllo la tua forza, insieme troveremo un modo.»
«E poi noi siamo una squadra.»
«Tutti i bambini vogliono fare squadra con te» gli ricordai io.
«Sì ma io non ho scelto nessuno di loro però.»
«Avanti andiamo a mangiare o si fredderà tutto. Asuka mostra a Kohaku il suo posto» disse la mamma e Asuka sorridendo prese per mano il Sensei e lo fece sedere accanto a mio padre.
«Credevo che momenti così non ci sarebbero stati più» disse lui con aria malinconica, aveva sempre un po’ di malinconia e non capivo perché.
«Ce ne saranno molti altri vedrai» rispose mia madre sorridendogli.
«Cosa hai fatto in questi anni?» domandò mio padre e lui non era solito interessarsi alla vita di altri, ma era evidente che Kohaku aveva un posto speciale nel suo cuore per quanto fingesse di non avere un cuore.
«Ho aiutato gli altri signor Sesshomaru, ho dedicato la mia vita a proteggere gli altri come ha fatto mio padre e anche Sango. Ho ancora molta strada da fare ma non sono più il ragazzino spaventato che avete aiutato tanti anni fa.»
«Non ho mai visto paura in te ma solo determinazione Kohaku.»
«Sono felice che mi ricordi così ma all’epoca era tutto molto diverso.»
Asuka lo osservava curiosa, ero certa che avesse mille domande da fargli e quando iniziava era come una valanga la mia sorellina, inarrestabile.
«Posso chiamarti anche io Sensei?»
«Ma certo. Asuka tu non vuoi unirti al nostro gruppo?»
«No, a me non piace combattere Sensei ma Setsuna è brava ed è forte.»
«Cosa ti piace fare?» domandò curioso lui.
«Mi piace aiutare zia Kagome quando va a curare i malati.»
Lui le sorrise e il volto di mia sorella si illuminò.
«Credo proprio che diventerà una sacerdotessa» disse mia madre guardando con dolcezza mia sorella.
«Kagome sarà un’ottima maestra per te» disse il Sensei.
«Zia Kagome è la migliore sacerdotessa che esista.»
«Un tempo c’era un’altra giovane donna che era un grande sacerdotessa sai? Forse hai sentito il suo nome.»
«Una sacerdotessa più brava di zia Kagome?» chiese Hisui che era rimasto silenzioso fino a poco fa ma che nel frattempo non aveva quasi mai smesso di guardarmi.
«Sì Hisui, il suo nome era Kikyo.»
«Kikyo? Come nostra cugina» disse Asuka puntando lo sguardo sui nostri genitori.
«Sì tesoro ma è una lunga storia, quando sarete più grandi ve la racconterò.»
«Scusatemi ho parlato troppo.»
«Non devi scusarti Kohaku, la venerabile Kikyo ti ha salvato è giusto ricordarla» disse mia madre posando una mano su quella del mio Sensei.
«Sapete anche chi è una donna molto coraggiosa? Vostra madre, anche lei ha combattuto contro i demoni in passato.»
Quella volta fui io a rimanere sorpresa, non avevo idea che mia madre così gentile e buona un tempo avesse impugnato le armi e combattuto contro i demoni.
«E’ vero?» chiesi.
«Sì ma non ero poi così forte e brava, inoltre è stato molto tempo fa.»
Finalmente c’era qualcosa in comune tra noi oltre all’aspetto fisico, credevo che a mia madre non piacesse combattere proprio come ad Asuka ma se in passato lo aveva fatto…
«E hai ucciso molti demoni?»
«No Setsuna, non molti.»
La serata passò tranquilla, i grandi rimasero a parlare mentre noi giocammo un po’ nell’aria fresca della sera di quasi inizio autunno sotto lo sguardo vigile di Jaken.
Con il tempo come avevo sperato Kasumi entrò nel nostro piccolo gruppo che di tanto in tanto comprendeva anche le sorelle di Hisui e Hisui, questo le attirò brutte critiche ma a lei non sembrò importarle e la madre che inizialmente era contraria sembrò cambiare parere piano piano proprio come Kasumi era entrata nel mio mondo.
Mio padre aveva iniziato ad aiutarle anche se segretamente, non amava che altri sapessero e a loro non sarebbe piaciuto ricevere soldi così ma quei soldi era ciò che gli consentiva di vivere decentemente e di avere del cibo ogni giorno.
Era Zia Kagome a portare quei soldi a Kasumi e sua madre, ovviamente diceva che tutto il villaggio aveva contribuito anche se non era affatto vero, fui veramente fiera di lui.
Le lezioni proseguirono senza problemi, io e Mitsuo ci evitavamo e raramente il Sensei ci faceva lottare insieme per evitare che la cosa si ripetesse, nonostante questo mio padre ogni giorno, a volte accompagnato da Asuka altre volte no, mi accompagnava dallo zio di Hisui, sapevo che temeva che gli abitanti del villaggio mi ferissero, non era per se stesso che aveva paura ma per noi.



Un anno trascorse in fretta, io e Asuka compimmo otto anni e assieme al nostro compleanno un altro evento allietò la nostra casa, qualche mese dopo il compimento dei nostri otto anni nacque Hijime.
Io e Asuka eravamo così felici di avere un fratellino, mi piaceva l’idea di essere la maggiore infondo Asuka era più grande di me anche se di pochi minuti, nonostante fossi io quella che la proteggeva sempre.
I nostri genitori ci mandarono a casa della venerabile Kaede finché Hijime non fu nato, non si trattò di molto tempo e anche se avevamo protestato erano stati irremovibili su questo.
«Come credi che sarà?» mi chiese Asuka mentre eravamo sdraiate nel nostro futon e la vecchia sacerdotessa dormiva poco distante da noi.
«Non lo so, ma voglio conoscerlo.»
«Anche io. La mamma dice che sarà un maschio.»
«Sì» risposi fissando il soffitto di quella casa che non era la mia.
Era così strano dormire lì ma ancora non comprendevo bene le ragioni che li avevano spinti a mandarci via quella volta.
Zia Kagome venne a prenderci il pomeriggio successivo, eravamo così euforiche ma anche preoccupate perché nessuno ci aveva detto nulla, in parte avevo paura che fosse accaduto qualcosa alla mamma.
«Zia Kagome!» urlai quando la vidi arrivare, mi alzai di corsa e saltai giù dal piccolo gradino della casa della vecchia sacerdotessa.
«Zia Kagome! Come sta la mamma?» urlai avvicinandomi a lei.
«Sta bene non preoccuparti.»
Asuka ci raggiunse poco dopo smettendo subito di aiutare la vecchia Kaede e correndo anche lei verso la zia.
«E’ nato? E’ un maschio? La mamma sta bene?»
«Riprendi fiato Asuka» disse zia Kagome ridendo, «La risposta è sì a tutte le tue domande. Volete venire a conoscere vostro fratello?»
«Sì!» gridammo in coro.
«Kaede le riaccompagno a casa.»
«Rin sta bene?»
«Sì sta bene si è svegliata poco fa. Salutate Kaede.»
Asuka andò da lei e la abbracciò io invece mi limitai a salutarla con la mano, ormai Kaede sapeva che non era nel mio carattere abbracciare spesso le persone e sapeva invece che Asuka era molto più espansiva e aperta di me.
«Come sono i suoi capelli?»
«Siamo quasi arrivate, tra poco lo vedrai Asuka.»
Fuori dalla nostra abitazione vidi nostro padre, gli occhi di mia sorella si illuminarono come due stelle e gli corse incontro incapace di contenere la sua gioia, io rimasi indietro tenendo il passo di mia zia.
Lei mi osservò per un po’ senza dire nulla ma poi alla fine quando stavamo per arrivare mi parlò.
«Diventare una sorella maggiore può spaventare un po’.»
«Tu hai un fratello zia?»
Per un istante si fermò e il suo sguardo si perse in ricordi passati e un velo di malinconia calò sul suo sguardo sempre allegro.
«Sì, il suo nome è Sota.»
«Sota. Non lo abbiamo mai conosciuto però.»
«No Setsuna, vedi Sota non vive in questo tempo lui abita in un posto molto lontano.»
«Ti manca?» chiesi e provai a immaginare come sarebbe stato non poter rivedere più Asuka ma fu impossibile, il dolore mi travolse come un fiume in piena e fui costretta a smettere di pensarci, mi faceva troppo male.
«Molto, penso spesso a Sota, a mia madre e al nonno però ho scelto di vivere qui e poi ho un’altra famiglia che mi vuole bene.»
«Io non so se ci riuscirei, non riesco a pensare di non poter più vedere Asuka.»
La zia mi sorrise e mi fece una carezza.
«Il legame che tu e Asuka avete è diverso è molto più forte di quello che ho io con Sota, quando tu stai male so che Asuka lo percepisce. Non devi avere paura, l'arrivo di un fratello non ti porterà via nulla Setsuna ma al contrario ti arricchirà molto.»
«Credi che mio padre continuerà ad allenarmi ancora?»
Infondo temevo che l'arrivo di Hijime mi avrebbe tolto il tempo che passavamo insieme o che di punto in bianco avrebbe smesso di allenarmi.
«Lo farà non temere.»
Ormai eravamo arrivati e non mi restava altro se non entrare in casa, Asuka era già seduta vicino alla mamma con Hijime in braccio che sorrideva felice.
Lo osservai dall’ingresso, era così piccolo e i suoi capelli erano chiari come quelli di mia sorella e di mio padre, il mio desiderio di proteggerlo aumentò ancora di più.
«Setsuna?»
Alzai la testa e vidi mio padre accanto a me, smisi di guardare e corsi dalla mamma, per prima cosa la abbracciai in fondo avevo avuto paura che non stesse bene e per quanto mi sforzassi di essere forte ero pur sempre ancora una bambina.
«Mamma!»
«Setsuna.»
Mi diede un bacio e poi Asuka mi guardò, Hijime era tranquillo la sua piccola bocca sorrideva e così sorrisi anche io, volevo davvero prenderlo in braccio ma avevo paura, paura di ferirlo o di farlo cadere così ritrassi la mano.
«Prendilo» mi disse Asuka «è così tranquillo.»
Scossi la testa senza rispondere, papà si sedette accanto a me e come sempre non servirono parole.
«Non aver paura.»
Era più facile a dirsi che a farsi, le mani mi tremavano.
«E se cade? Non posso.»
«Sono qui e anche Asuka e tua madre.»
Lo guardai poi posai lo sguardo sulla mamma che mi sorrideva, era forse un po’ stanca ma stava bene e sorrideva non mi importava di altro.
«Daglielo tesoro.»
Asuka annuì poi delicatamente mi porse Hijime, lo presi con le mani che ancora mi tremavano un po’ ma il suo sguardo sereno e fiducioso alla fine mi calmò, gli feci una carezza e guardai i suoi occhi che erano così simili ai miei e gli sorrisi felice.
Zia Kagome aveva ragione, il suo arrivo mi avrebbe decisamente arricchita e resa migliore di ciò che ero stata fino ad allora.

 


I giorni successivi furono colmi di visite di amici e parenti, io e Asuka spesso uscivamo a giocare non perché non volessimo stare lì ma dopo un po’ era diventato noioso.
Anche quel pomeriggio mentre la mamma stava allattando Hijime noi giocavamo fuori, Jaken non ci lasciava quasi mai e noi ci divertivamo a fargli degli scherzi e poi ci buttavamo sull’erba ridendo delle nostre marachelle.
«Oh ci sono dei fiori! Setsuna aspetta qui vado a prenderli per la mamma!»
«Asuka!»
Ma lei corse così veloce che in breve tempo scomparve, rimasi sdraiata sull’erba fresca a osservare le nuvole mosse dal vento da una parte all’altra, attesi e attesi ma Asuka non tornava e anche Jaken iniziava a diventare impaziente.
Annusai l’aria e sentii un odore nuovo ma che in parte mi era familiare, non capivo chi lo stesse emanando ma era di certo la ragione per cui Asuka ancora non era tornata.
«Jaken vado a vedere dov’è Asuka.»
«Portala subito qui! Non oso immaginare cosa accadrebbe altrimenti.»
Nonostante gli anni che avevano trascorso insieme Jaken temeva ancora mio padre, lo venerava come un Dio e al tempo stesso lo temeva come si teme un Dio.
Annuii e corsi nella direzione da cui proveniva l’odore.
Asuka era poco distante ma non era sola.
I fiori che aveva raccolto erano stretti nella sua mano mentre osservava il nuovo visitatore.
Mi fermai prima di raggiungerla, chi era quella donna? Anzi no, chi era quel demone?
«Asuka» la chiamai io timidamente.
«Stesuna! Vieni!»
Osservai con diffidenza la nuova arrivata, dentro di me sentivo di non dovermi avvicinare, sapevo che non dovevo farlo ma Asuka era lì e sembrava stare bene.
«Setsuna, sei davvero cresciuta» disse la donna demone.
I suoi capelli erano come quelli di mio padre, i suoi occhi però non erano così calorosi ma più duri, più freddi e più cupi in parte.
Però la coda… la coda era come quella di mio padre e il suo odore era come il suo.
«Chi sei?» domandai avvicinandomi ancora un po’.
«Non temere non vi farò del male, vieni.»
Stavo per raggiungerla quando sentii la mano di mio padre sulla spalla, la sua presa era decisa e mi aveva fermata prima che potessi raggiungerla.
«Asuka vieni qui» disse lui con un tono freddo ma deciso.
Lei guardò il demone con la coda come quella di nostro padre e poi nostro padre e corse subito da noi.
Lui ci superò mettendosi d’avanti come a volerci proteggere.
«Che cosa fai qui? Non sei la benvenuta.»
«Sesshomaru anche dopo tutto questo tempo non sei stato in grado di perdonare tua madre?»






 

Eccoci, allora spero primo che stiate bene e secondo vorrei chiedere gentilmente a chi legge se per favore mi lascia un feedback mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. 
Vi lascio con un piccolo estratto!



 

«Hijin-Kessou!» urlai furiosa, quella era la prima volta che provavo quella mossa, fino ad allora non mi ero mai ferita così non avevo potuto ancora sperimentare.
Uno dei miei artigli insanguinati lo colpì a una delle zampe e il lupo cadde a terra sull’erba.
Asuka si era ripresa e la mamma stava venendo verso di me.
«Alzati!»
Ma il lupo si limitò a uggiolare, il sangue cadeva copioso dal mio braccio come se fosse stato inchiostro su una pergamena, quando il lupo fece per rialzarsi affondai nuovamente la mano nel mio sangue pronta a colpirlo ancora ma un fischio lo fermò e la mamma mi raggiunse.
«Setsuna!»
«Sto bene» risposi, ma la verità è che non stavo bene, sentivo la mia testa quasi fluttuare come le nuvole nel cielo.
«Cosa è accaduto?» chiese il capo della tribù Yoro.

  
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