Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: memi    28/08/2009    12 recensioni
Labbra.
Rose stentava a crederci, eppure stava accadendo davvero e quelle erano sul serio le labbra di Scorpius. Ma qualcosa non quadrava. Insomma, le labbra erano quelle di Malfoy, okay, ma il problema non era tanto questo quanto la percezione che in quel momento non si trovassero esattamente dove di dovere.
Sulle sue, ad essere precisi.
Il che, tecnicamente, poteva anche essere definito come un bacio: o no?
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The photograph

 

Image Hosted by ImageShack.us

 

I ~ The beginning

 

 

Non è mai esistito ingegno senza un poco di pazzia.

[Lucio Anneo Seneca]

 

 

Ovviamente Rose aveva sempre saputo, da che aveva abbastanza memoria per ricordare, che nonostante il radicale cambiamento post-guerra operato dall’intera famiglia, fidarsi dei Malfoy non era mai auspicabile.

D’altra parte in qualità di figlia maggiore di un famoso Auror e membro effettivo di un clan prolifico quale i Weasley, il concetto per cui fraternizzare con un nemico sarebbe stata un’idea decisamente più gradita

rispetto al farlo con un cadetto della suddetta casata era ben impiantato nell’etica posta subito al di sopra di ogni suo passo.

 

Per queste ragioni e per un’altra serie non meno importanti che prevedeva, tra l’altro, il motivo per cui ormai da qualche anno aveva associato la parola bastardo ad un Malfoy in particolare, in sedici anni e mezzo o quasi di rispettabile carriera scolastica nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts Rose Weasley aveva badato bene a tenersi quanto più lontana possibile da un certo ossigenato.

 

Sarebbe stato ottimale se il suo piano di girargli a largo avesse tenuto almeno fino alla fine del settimo anno, momento in cui avrebbe potuto tirare un definitivo sospiro di sollievo giacché non sarebbe stata costretta a sopravvivere sotto il suo stesso tetto e, invero, aveva ben sperato di essere ad un passo dalla vittoria nell’udire per l’ultima volta l’allegra canzone del Cappello Parlante. Tanto più che, con una certa eccitazione, aveva osato voltarsi verso il suo cugino preferito, Al, per esporgli in tono concitato la sua aspettativa di trascorrere un anno abbastanza tranquillo, M.A.G.O. esclusi. Come a dire che in una scala da uno a dieci, il suo livello di sicurezza circa la possibilità di ignorare Scorpius Hyperion Malfoy rasentava l’undici, o giù di lì.

 

Il problema fondamentale, come succede spesso in casi del genere, era che Rose aveva fatto i conti senza l’oste. Quale oste? Malfoy, naturalmente.

Indipendentemente dal bizzarro modo in cui lui riusciva a sopraggiungere sempre nei momenti in cui lei ci faceva una figura grama e dal fatto che avesse per una qualche ragione deciso che torturarla sarebbe stato il suo passatempo preferito per quegli anni scolastici, il Malfoy in questione si era impuntato sulla realizzazione di un oscuro piano partorito durante qualche fine settimana.

 

Il che sarebbe stato persino accettabile, se solo non avesse coinvolto in prima persona proprio lei: Rose. Il tutto senza avere la decenza di farglielo sapere, ovvio. Almeno fino al misfatto vero e proprio, quando tutta una vita trascorsa all’ombra di una morale superiore collassava su se stessa con la stessa facilità con cui un tornado riesce ad estirpare le fondamenta di una casa.

Momento che, purtroppo per lei, aveva visto una reale concretizzazione non molto tempo dopo la sua progettazione, in una fresca mattina di inizio novembre.

 

Rose stava come al solito tentando di raggiungere l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure barcamenandosi tra una pila di tomi dall’aria minacciosa e il suo ruolo di Caposcuola, incarico ottenuto per la diligenza e la responsabilità dimostrata in qualità di Prefetto di Grifondoro.

Proprio mentre ricordava ad alcuni studenti di Corvonero che indossare una divisa non necessariamente implicava anche il doverla personalizzare con spille su spille e stemmi di vario genere oltre i quali i colori della Casa rischiavano addirittura l’eclisse, si era vista avvicinare da un manipolo straordinariamente misero di Serpeverde che avrebbe con ogni probabilità ignorato se una mano non avesse afferrato crudele il suo braccio.

 

Prima ancora di capacitarsene, Rose si era ritrovata rinchiusa in un’aula che, per la fretta di rimproverare i Corvonero in questione, non aveva neppure notato; il tutto con la consapevolezza che i suoi libri, i quali non avevano retto alla presa repentina, giacevano spiegazzati sul fondo del corridoio alla mercé di chiunque avesse avuto desiderio di farli suoi.

Ciò nonostante, ritrovandosi dinanzi due occhi incredibilmente ingrigiti, la ragazza aveva la certezza che la sorte dei suoi libri fosse l’ultima delle preoccupazioni.

Perché trovarsi a stretto contatto con un Malfoy in generale e con Scorpius in particolare, non era di gran lunga una cosa positiva.

Soprattutto per chi, come lei, portava il nome di famiglia dei Weasley.

 

“Si può sapere che diavolo ti prende?” Tuonò, del tutto inviperita per il modo ardimentoso con cui il bastardo l’aveva non solo distolta dai propri doveri, ma sin anche trascinato in un’aula pressoché desertica ad eccezion fatta per loro due e senza la benché minima richiesta da parte sua.

Se quello stronzo credeva che poteva trattarla come voleva e utilizzarla quasi fosse stata una pezza da piedi, allor-

 

Labbra.

Rose stentava a crederci, eppure stava accadendo davvero e quelle erano sul serio le labbra di Scorpius. Ma qualcosa non quadrava. Insomma, le labbra erano quelle di Malfoy, okay, ma il problema non era tanto questo quanto la percezione che in quel momento non si trovassero esattamente dove di dovere.

Sulle sue, ad essere precisi.

Il che, tecnicamente, poteva anche essere definito come un bacio: o no?

 

Istintivamente e prima ancora di rendersene conto appieno, Rose stava già rispolverando tra le conoscenze di una vita e alla voce bacio le sembrò di ricordare che indicava un atto in cui le labbra di due persone si univano in un segno di amore o, perlomeno, di affetto.

Siccome Scorpius e lei non si amavano – disgustoso anche solo a pensarlo – né tanto meno provavano qualcosa di simile all’affetto l’un l’altro, teoricamente quella cosa che stava succedendo tra loro non poteva realizzarsi di certo con la parola bacio.

Ma pur accettando i dettagli e le sottigliezze del caso, rimaneva comunque il problema fondamentale: le labbra di Scorpius erano sulle sue e, ad aggiungersi al danno, anche la beffa della sua lingua nella propria bocca.

 

-Per mille stregonerie!-

Ricordandosi di avere ancora un corpo che rispondesse agli ordini e agli stimoli del cervello e recuperata una discreta forza negli avambracci, Rose gli poggiò le mani sul torace straordinariamente scolpito e con una spinta decisa allontanò da sé e dalle sue labbra quella specie di bellimbusto da quattro soldi o poco più.

“Ma sei impazzito?” Gli abbaiò contro, infervorata da una rabbia che andava in crescendo di secondo in secondo e che raggiunse l’apice quando i suoi occhi marroni saettarono sullo sguardo odiosamente sibillino del ragazzo.

 

Doveva avere le guance e le orecchie di un rosso acceso, lo sapeva e lo sentiva, ma cosa ben peggiore era la visione di apparente tranquillità impressa nel viso perfetto di lui. Come ad ammettere che non ci trovava assolutamente nulla di male in ciò che era successo, o che lei credeva fosse accaduto giacché quello sguardo la faceva sentire un tantino stonata e rimbambita a dirla tutta. Se solo non avesse avuto ancora il sapore glaciale delle sue labbra addosso, Rose avrebbe finito col pensare di essere impazzita lei ad immaginare certe cose – a dirla proprio tutta – impossibili.

Chi mai avrebbe creduto che Scorpius Malfoy aveva appena baciato, o qualsiasi cosa fosse, Rose Weasley?

Stentava a crederci lei per prima, figurarsi.

 

Che motivo poteva poi spiegare un simile gesto?

Ripercorrendo i precedenti sei anni, non c’era nessun avvenimento o fatto in grado di spiegare un simile e radicale cambiamento. Più che altro Scorpius le era sembrato interessato a lei come un Unicorno poteva esserlo per uno Schiopodo Sparacoda. E di sicuro la cosa non era cambiata in quei primi mesi di scuola, viste le continue frecciatine e prese per i fondelli a cui il ragazzo ciclicamente – giornalmente sarebbe più esatto – la sottoponeva.

Perciò che lui provasse qualcosa per lei era da escludere con la stessa sicurezza per cui lo zio Harry non era innamorato della mamma.

 

Eppure una ragione di un tale comportamento doveva pur esserci perché sì, Scorpius Malfoy aveva diecimila difetti, ma tra questi proprio non compariva l’istintività.

Col passare degli anni ed avendoci a che fare in qualità di avversario congenito, Rose aveva imparato fin troppo presto che qualunque azione del Serpeverde era il risultato di una precisa ed elaborata programmazione che mai una volta, neppure per sbaglio, aveva trovato poi falle nella concretizzazione.

 

Si stava giusto scervellando in simili ed infruttuose elucubrazioni mentali, quando la risata fredda ed incolore del ragazzo si dipanò per l’aula vuota riscuotendola da ogni pensiero.

“Weasley, Weasley, Weasley.” La canzonò con voce melliflua da stemma di famiglia, il viso contratto in un’espressione volutamente ironica e saccente insieme. “Il ragazzo più carino della scuola ti bacia e tu non riesci a fare a meno di pensare che sia impazzito? Hai così poca autostima di te?”

“Più che altro ho poca fiducia di te, Malfoy.” Rispose inacidita lei, scocciata dal modo in cui le parole di lui riuscissero sempre a farla sentire punta sul vivo.

 

Probabilmente qualche altra ragazza al suo posto, purché non rispondente al nome Weasley o Potter – o no? –, sarebbe stata raggiante ed orgogliosa di essere baciata, o quello che era, da Scorpius.

Perché come con la sua boria aveva avuto modo di farle notare, il ragazzo era davvero uno dei più belli – carino era un eufemismo bello e buono – dell’intera Hogwarts.

Capelli di un biondo spento così lisci e perfetti da fare invidia a chiunque; occhi di un incredibile ghiaccio screziato di grigio perla; fisico scultoreo; labbra carnose; zigomi altezzosi ed eleganti;… Se è vero che la perfezione non esiste nella realtà, Scorpius Hyperion Malfoy era comunque la persona che più ci si avvicinava. Ma era anche il più stronzo, bastardo, cinico, arrogante ed idiota che lei avesse mai avuto lo spiacere di conoscere.

 

“L’ho sempre detto che non sei stupida, Weasley.” Concesse lui, particolarmente arrendevole nonostante il sorriso di scherno ben impiantato sulle labbra, e la cosa come ovvio le puzzò parecchio.

Ma Rose non ebbe modo o tempo di chiedersene la ragione perché questa si profilò dinanzi al suo naso nella stessa vivacità di un fulmine a ciel sereno e nella forma banale di una fotografia.

“Straordinario come un’invenzione Babbana talmente insulsa possa produrre così tanti benefici, non trovi?”

Scorpius stava ormai ghignando apertamente la sua superiorità, ma lei non lo stava nemmeno più a sentire presa com’era ad osservare quello che doveva essere uno scherzo di dubbio gusto.

 

Essendo per metà di provenienza Babbana, Rose sapeva perfettamente che quel quadrato statico era il risultato di una macchina fotografica istantanea non magica, tuttavia ciò non le impedì di trattenere il respiro terrificata nell’intercettare l’immagine catturata.

Capelli castani, quasi mattone ed espressione da pesce lesso: quella era senza ombra di dubbio lei.

E quello che le stava di fronte, a zero millimetri di distanza e con le labbra incollate, in maniera talmente passionale da risultare scioccante, sulle sue era sicuramente lui.

Perciò se quella era lei, e lui era Scorpius …

 

“Razza di maniaco, ci hai fotografati!” Urlò quasi, scandalizzata e del tutto incapace di distogliere gli occhi dall’immagine che le si allargava dinanzi con prepotenza.

“Sei sveglia, ragazzina.” Sorrise beffardo Scorpius, ritirando la foto per adagiarla sul fondo delle tasche di retro, mentre con un incantesimo non verbale faceva scomparire l’oggetto Babbano che lei neppure aveva notato fino a poco prima.

Al solo pensarci le veniva la voglia di prendersi a sberle: come aveva fatto a non accorgersi che era una trappola? E, soprattutto, come diavolo aveva potuto non vedere la macchina fotografica accanto a lei? Quel bastardo aveva tolto persino il flash, a ben pensarci; aveva programmato tutto!

 

Pian piano lo shock iniziale andava scemando per lasciare il posto ad una rabbia cieca, incontrollata.

“Dammela immediatamente Malfoy, o giuro che-”

“Cosa? Mi togli dei punti?” Alzò un sopracciglio lui, l’aria sicura di chi ha la situazione perfettamente in pugno. “Prego, fa pure se ti rende contenta.”

“Dammela ho detto!” Ripeté con voce di una tonalità sempre più alta, ormai prossima all’isterismo.

 

Era in ritardo a lezione, i libri chissà che diavolo di fine avevano fatto e quel bastardo aveva appena immortalato il bacio peggiore della sua vita.

Non che ne avesse poi dati molti di baci, per inciso, e infondo Scorpius non è che baciasse poi tanto male, ma non era quello il punto adesso.

Lui aveva una foto del tutto fallace in tasca e, motivo o non motivo, lei non poteva assolutamente permettergli di tenersela.

Morgana, non voleva neppure immaginare cosa sarebbe successo se fosse caduta in mani sbagliate …

 

“Ti ho detto di darmela, Malfoy.” Ripeté scandendo stavolta bene le parole ed estraendo la bacchetta dalla tasca per puntargliela dritta in quel suo viso da serpe.

Ma Scorpius non era mai stato un tipo che si lasciava intimorire da poco, o che si faceva mettere i piedi in testa, e Rose ormai iniziava a trovare piuttosto irritante quel sorrisetto borioso stampatogli addosso.

“Hai intenzione di cruciarmi o vuoi solo trasfigurarmi, Weasley? E poi spiegami una cosa, tanto per sapere: come conti di fare con il tuo ruolo di Caposcuola? O pensi che il vecchio Doge riuscirà a chiudere un occhio per una volta?” Chiese, rivolto più a se stesso come a voler intavolare una specie di soliloquio personale basato sul fluire coerente dei propri pensieri.

Chiaramente Rose era a conoscenza del fatto che anche quello, purtroppo, rientrava nei suoi schemi preventivati e che non poteva negarne l’evidenza per quanto la tentazione bruciasse infuocata sulla sua pelle.

 

Perciò per quanto le costasse, si vide costretta a metter via la bacchetta ma non la determinazione.

Si sarebbe riappropriata di quella foto, costava quel che costava.

“Smettila di giocare e ridammi quella diavolo di foto!” Lo attaccò, di nuovo avvinta dal turbine irresistibile dell’ira.

Ridarti? Implicherebbe che ti sia appartenuta, prima, e questo se mi consenti non è esatto. Non mi sembra di averla mai vista nelle tue mani, Weasley.” Ragionò caustico Scorpius, palesemente divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione.

 

Rose dovette contare fino a dieci per non schiantarlo.

“Basta con questi giochetti e dimmi quello che vuoi in cambio.” Cambiò quindi tattica, mentre ormai la lezione di Pozioni e i libri in corridoio divenivano un ricordo confuso.

All’affermazione l’espressione sul viso di lui cambiò in modo radicale per divenire talmente seria da incutere soggezione, persino in lei per quanto non lo desse a vedere.

“Adesso sì che inizi a ragionare.” Osservò, prima di sedersi sulla cattedra alle sue spalle, poggiare il mento sul palmo della mano aperta e tamburellare con le lunghe dita sulle stesse labbra che appena poco prima poggiavano silenziose su quelle di lei.

 

Se non l’avesse già odiato abbastanza, avrebbe iniziato a farlo in quel momento per il solo modo in cui i suoi occhi la stavano fissando.

Rose si sentiva in imbarazzo ed impotente come in poche rare occasione le era capitato, con una viscerale sensazione d’umiliazione a salire di sguardo in sguardo.

“Vediamo: potrei chiederti di girare nuda per scuola o-”

“Non azzardarti neppure!” S’infiammò lei, paonazza al solo pensiero.

 

Scorpius ghignò. “… Oppure potrei pensare di farti svolgere i miei compiti per tutto l’anno.”

In una frazione di secondo, Rose valutò la possibilità come la migliore che le potesse capitare e per questo pregò nella sua realizzazione, ma era troppo intelligente per sperarci anche.

“No, sarebbe troppo poco, non credi?” La provocò ancora lui, nascondendo alla perfezione il gusto dolce della vittoria dietro le pupille impenetrabili. “Però in effetti una cosa ci sarebbe che potresti fare per me, diciamo. Una cosa da cui magari potremo trarre giovamento entrambe, Rosie.”

Lei fremette nel sentire il suo nomignolo preferito sputato dalle labbra di lui, ma quando le si avvicinò e le poggiò una mano sotto al mento non fece piega.

 

Non gli avrebbe dato anche la soddisfazione di piangere, no di certo.

“Ecco, stavo pensando che sarebbe carino avere un giocattolo mio, non sei d’accordo con me? Sai, per alleviare la noia di queste giornate.” La pizzicò, soffiandole aria calda in faccia mentre con la mano andava a cercare e ad inanellare una ciocca di capelli ribelli, ricordandole e sottolineando così la sua estrema vicinanza – per la seconda volta in quel giorno – a lei.

Rose avvertì in modo piuttosto indistinto un brivido scuoterle il corpo, ma decise che era rabbia, soltanto rabbia e lo accantonò, perché dopotutto non valeva la pena buttare al vento tanti sacrifici per un bastardo del genere.

 

“Tu potresti distrarmi, Weasley, sono certo che sei brava a farlo.”

Rose avvampò al pensiero di dover divertire quella serpe e decise che rispettare la propria integrità morale andava ben oltre uno scandalo familiare, ragion per cui era ben decisa a mettere in chiaro la propria posizione in merito.

“Non ho alcuna intenzione di venire a letto con te, Malfoy, se è questo che mi stai chiedendo. Il solo pensiero mi fa vomitare, figurati se potrei mai farlo.” Ribatté quindi, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto talmente eloquente che lui non riuscì a non sorriderne.

 

“Piccola Rosie, come sei ingenua. Credi davvero che io voglia fare sesso con te?” Domandò emulando un’espressione scioccata in modo così sublime da apparire quasi veritiera.

Quasi.

“Non per sminuire le tue doti, ma non sei certamente il mio tipo e comunque non me lo perdonerei mai se ponessi meno alla tua illibatezza.” Chiarì con una punta di cattiveria Scorpius, facendola talmente arrossire da non distinguersi più dal colore della sua Casa.

 

Per un istante Rose fu tentata di confutare quella provocazione e di gridargli che non poteva saperlo se era illibata o meno, ma poi ci ripensò. Dargli spago era l’ultima cosa che voleva e quel discorso si profilava un tantino troppo spinato per i suoi standard. Perché sì, ad amor del vero, Scorpius aveva visto giusto circa la sua pseudo esperienza sessuale.

“Bene, perché nemmeno tu lo sei i- il mio t- tipo!” Replicò oltraggiata lei, cercando di riassumere un certo autocontrollo per quanto la voce all’improvviso balbuziente le permettesse.

Lui fece una smorfia in risposta, ma non commentò la cosa che evidentemente faceva parlare da sé anche solo quella forma d’imbarazzo verbale. Piuttosto le voltò le spalle e, mani impiantate nelle tasche davanti, sembrò misurare l’intero perimetro della finestra che gli stava di fronte. Di fronte al che Rose non poté non tentare il tutto per tutto e, vincendo la solita pudicizia, si azzardò ad allungare una mano verso il basso ventre per cercare di recuperare l’oggetto a disputa della questione.

 

“Beccata!” La mano di Scorpius fu comunque più veloce della sua e, che era ancora girato di spalle, l’aveva già bloccata stringendole il polso a pochi millimetri di distanza dal pantalone nero della divisa.

Rose arrossì seduta stante, senza un motivo logico di fondo, mentre il ragazzo si voltava lentamente a mostrarle un’aria sinceramente stupita.

“Non mi sarei mai aspettato una simile bassezza dal nostro eccellente Caposcuola, devo ammetterlo.”

“Da te invece me la sarei aspettata benissimo.”

 

Risposta sempre pronta e tagliente: l’aveva ereditata dalla madre.

Scorpius ghignò, di nuovo, prima di avvicinare con forza il polso di lei al suo viso fino a farle male.

“Ahi!”

“Da questo momento in poi sei sotto il mio volere, Weasley, che ti piaccia o meno.” Le soffiò contro, duro e glaciale come un iceberg nell’oceano. “Perciò vedi di comportarti bene a meno che tu non voglia far venire un infarto al tuo caro paparino.”

 

Scorpius sorrise, malvagio, e Rose dovette ingoiare amaro per mandar giù l’umiliazione.

Umiliazione che aumentava a dismisura se si prendeva in considerazione anche il battito impazzito del suo cuore, in aumento per ogni millimetro che separava il suo volto da quello spietato di lui.

Avrebbe dovuto provare rancore e non batticuore; era assurdo, completamente!

“Bene, vedo con piacere che ci siamo intesi.” La lasciò all’improvviso andare Malfoy, un passo indietro per ritrovare il giaciglio sicuro delle tasche prima di fissarla, fare una smorfia d’intesa e uscire a passo lento ma deciso dall’aula, lasciandola volutamente indietro con la propria mortificazione.

 

E mentre la maschera iniziava a scricchiolare rivelando occhi troppo lucidi per i soliti standard, il corpo tremava e le mani si stringevano convulsamente a pugno; Rose pensò che lo odiava.

Oh sì, lo odiava.

Con tutto il cuore, per giunta.

Ma si sarebbe ripresa la sua dignità ad ogni costo e senza la necessità di far impazzire suo padre nel vedere una foto che, di vero, non aveva un bel niente: artificiale, sì, come l’espressione ieratica impiantata sul viso di Scorpius Malfoy.

 

 

~

 

 

Albus non era mai stato particolarmente portato per Pozioni, ma aveva deciso lo stesso di portare avanti il corso quando sua cugina aveva dato voce in capitolo esponendo il proprio desiderio di poterlo frequentare assieme visti i netti rifiuti ricevuti per altri insegnamenti.

Tuttavia il discorso tendeva ad essere un attimo rivalutato se la suddetta cugina pensava bene di non presentarsi a lezione e senza avere il buongusto di farglielo sapere.

 

A due ore dall’inizio, Al cominciava a sentirsi un tantino cotto, a dire il vero.

E arrabbiato; stavolta Rose avrebbe dovuto trovare un’ottima scusa per giustificare l’assenza e non gli importava nemmeno se non era mai accaduto prima, che di solito era lui l’assenteista e ritardatario, perché era sinceramente troppo annoiato per riuscire a ragionare in modo razionale.

 

Che poi ancora non riusciva a spiegarsi come cavolo avesse fatto a perderla di vista. Insomma, l’attimo prima gli era di fianco semi-sommersa da una montagna di libri e lì a rimbrottarlo per la mancanza totale di puntualità. L’istante dopo, era con un paio di Corvonero a svolgere il proprio dovere di Caposcuola, però da lì all’eclisse completa sembrava esserci una sorta di buco nero.

D’accordo, si era voltato un attimo distratto dalla voce di Sean, il suo compagno di stanza, ma come era possibile che in quel minuscolo lasso di tempo Rose fosse riuscita a scomparire?

Beh, smaterializzazione non poteva essere, giacché era impossibile riuscire a farlo nel campo protetto di Hogwarts.

 

Al si stava ancora lambiccando il cervello in cerca di una qualche arcana spiegazione plausibile quando il professor Lumacorno li avvisò della fine della lezione e del prossimo appuntamento.

-Era ora! Un altro secondo e giuro che sarei morto! Si può sapere che diavolo di fine ha fatto Rosie?-

Alzò gli occhi al cielo, particolarmente nervoso, e mentre raccattava le proprie cose si avvide bene dal posare la sua bacchetta quanto più lontano possibile dalla presa della sua mano, onde evitare pericoli imminenti all’indirizzo della cugina.

 

Anche perché suo zio Ron non gliel’avrebbe fatta passare liscia se le avesse torto anche solo un capello.

La mamma sgridava spesso al fratello di essere un tantino iperprotettivo con Rose, ma poi sopraggiungeva il padre a dare man forte allo zio in difficoltà, viste e considerate le paturnie che lo affliggevano quando si parlava di Lily.

Albus sospettava che fosse tutta una questione di nascere donna, perché non gli risultava che facessero tante cerimonie con lui, James o Hugo.

 

A proposito di Hugo: chissà se aveva già finito la lezione di Storia della Magia, aveva giusto un paio di cose che doveva ancora rendergli, tipo la penna auto-scrivente di produzione Tiri Vispi Weasley, e magari poteva approfittarne per correre a riprendersela adesso che non c’era Rose a fargli la paternale.

Trovandola un’ottima idea, Al decise che se proprio doveva camminare tanto valeva mettersi alla calcagna del ragazzo. Perciò infilando la borsa a tracolla e incurante dell’esistenza di una cerniera di chiusura, uscì dall’aula salutando alternativamente ora dei Grifondoro ora dei Tassorosso con cui aveva condiviso la lezione e tranquillizzando i compagni di dormitorio che li avrebbe raggiunti in Sala Comune non appena avesse recuperato una cosa. Il tutto con il pensiero costante di Rose nella testa.

 

Aveva appena girato l’angolo solitario quando una mano gli artigliò la spalla e fu solo per un miracolo che s’impedì di urlare, evitando in tal modo una figura non proprio da grifone ecco.

“Al!”

“Rose! Diavolo, volevi farmi venire un infarto?” La aggredì, una mano sul cuore, prima di ricordare della bidonata che quella gli aveva tirato e guardarla truce. “Perché non eri a lezione? Si può sapere che fine hai fatto?”

 

A quanto pareva la cugina aveva deciso che poteva benissimo ritornare alla sua vita sociale dopo la parentesi assenteista di Pozioni e che, per farlo, era necessario far venire un infarto al povero Albus Severus Potter del caso. Il che sarebbe stato divertente, se non fosse stato lui quel Potter. Magari ci avrebbe riso su, ma non adesso con il cuore in gola e la voglia di maledirla ancora in circolazione.

“Scusa, scusa Al, non volevo spaventarti.” Accennò un sorriso dispiaciuto Rose, sincera, e come gli succedeva sempre nell’incrociare gli occhi castagna della ragazza, il cuore di Albus si sciolse seduta stante.

Sospirò; era sempre stato impossibile avercela con lei per più di un paio di minuti.

“Okay, ma devi dirmi cosa hai fatto se aspiri al mio perdono!”

 

Albus sorrise, tuttavia la reazione di Rose fu piuttosto diversa da quella che si aspettava.

La ragazza difatti dapprima impallidì mortalmente, poi avvampò mentre le pupille si dilatavano spaventate.

“I- Io … N- Non è così i- importante, e- ero … Beh, m- mi sono fatta p- prendere dalla parlantina e …”

Era una sua impressione, o stava sudando? Comunque già il fatto che balbettasse era preoccupante, considerato che aveva fatto quella domanda soltanto per il gusto di sentirle raccontare qualche avventura da Caposcuola capace di risollevargli la giornata. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave per averla ridotta così, a quel punto.

 

“Ehi Rosie, va tutto bene?” Le domandò quindi, premuroso, fermandosi dinanzi a lei per guardarla nel profondo degli occhi.

Rose lo fissò per qualche istante in apnea, incerta su cosa dirgli o su cosa fare. L’unica cosa di cui era sicura, era che non poteva nella maniera più assoluta dirgli la verità. Al solo pensiero si sentiva mancare e comunque non era necessario sbandierare la sua spinosa situazione ai quattro venti, ben sapendo che avrebbe potuto uscirne perfettamente da sola.

E poi Albus si sarebbe arrabbiato, e la foto era davvero troppo realistica per non credere che …

No, no, meglio chiudere la faccenda da sola; dopotutto era solo un pallone gonfiato!

 

“S- Sì, è che il dovere … sai come vanno queste cose, e … proprio non me ne sono accorta!”

“Il tuo ruolo da Caposcuola, già.” Annuì Albus, ancora piuttosto pensieroso.

Perché non gliel’aveva detto subito se era quello il problema? Non lo sapeva, ma non gli quadrava. Non del tutto almeno.

“Sì, è per quello!” S’illuminò all’istante Rose, raggiante di aver trovato quella – seppur misera – scappatoia.

 

Ignorando il fatto di sentirsi un verme in piena regola a mentire tanto spudoratamente e decidendo di amputare la cosa ancora una volta a quel damerino di Scorpius, la ragazza afferrò Albus per un braccio e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi gli fece cenno di seguirla.

“Se non sbaglio abbiamo un compito di Trasfigurazione da finire!” Lo redarguì, cambiando radicalmente umore e sperando che il cugino si convincesse a lasciar perdere l’accaduto.

Lui la guardò a lungo, esitante, prima di sospirare, scompigliarsi ancor di più i capelli e sorriderle di rimando, mentre dava l’arrivederci alla sua penna auto-scrivente.

“Speravo te ne fossi dimenticata.”

 

 

~

 

 

“Scorpius!”

Sentendosi chiamare, il diretto interessato si fermò e, girando appena il capo, non riuscì a trattenere un ghigno nell’acciuffare una scia verde-argento dirigersi trafelata nella sua direzione seguita a breve distanza da un’altra decisamente più calma e rilassata.

Palesemente li conosceva bene entrambe e per motivi contigui: il figlio rispettivamente di sua zia e del migliore amico di suo padre.

 

“Dannato cugino, sono ore che ti chiamo!” Lo investì con la solita esuberanza il primo, ereditata dal ramo Greengrass della famiglia. “Si può sapere a che diavolo stai pensando?”

“Non sono affari tuoi questi, cugino.” Fu la laconica risposta di Scorpius mentre un sorriso sghembo si affacciava sulle labbra carminio.

L’avere una foto tanto compromettente al sicuro nel retro dei suoi pantaloni che riusciva a piegarle una certa so-tutto ai suoi piedi, gli dava un incredibile senso di potere e di compiacimento, in grado persino di fargli avere il buonumore.

“Era così per chiedere, non prendertela!” Alzò su le mani in segno di difesa l’altro, ritirando di conseguenza la stretta attorno alle spalle del cugino.

 

“Ottavius sa essere sempre così petulante.” Osservò apparentemente in disparte l’altro ragazzo, quello dall’aria più taciturna e tenebrosa.

Lo spilungone, come osava definirlo di quanto in quanto Ottavius, accennando neanche troppo velatamente all’altezza da capogiro del moro che, per qualche centimetro, riusciva finanche a superare il già alto Scorpius.

Ovviamente aveva preso dal padre, anche lui alto, magro e bruno, oltre ad averne ereditato il nome in seconda: Theodore Nott. Edmund Theodore Nott.

“Meglio petulante che musone come te, Ed!” Lo apostrofò l’altro, intanto che ridava una sistemata alla divisa sgualcita, prima di posizionare gli occhi acquamarina sulla persona distinta del cugino.

 

Rispetto a Scorpius, Ottavius era quello che maggiormente rientrava negli standard fisici dei Greengrass. Stesso viso curvilineo, stesso colore degli occhi e stessa forma di follia intrinseca per cui la madre, specialmente, sapeva sempre farsi riconoscere. L’unica cosa che non rientrava nei canoni materni e che l’associava senza ombra di dubbio al padre, erano i capelli. Castani e spettinati come solo quelli di Terence Higgs avevano saputo esserlo ai tempi in cui militava nei Serpeverde e, sovente, riuscivano ancora ad apparire.

Ottavius era il più bassino dei tre, per quanto il suo metro e ottantacinque potesse esserlo. Ma competere col metro e novantuno di Edmund, o ottantasette di Scorpius, era un bel punto a suo svantaggio. Un enorme punto, in effetti.

 

“Dove stavi andando?” Cambiò discorso il giovane Nott, guardando con aria interessata il figlio del più vecchio amico di suo padre.

Si conoscevano dalla nascita e, in un certo senso, potevano definirsi una sorta di migliori amici nonostante i caratteri diametralmente opposti: sardonico e cinico l’uno, schivo e tagliente l’altro.

“In biblioteca.” Ghignò impercettibilmente Scorpius, il pensiero che terminava con la certezza di chi vi avrebbe trovato dentro.

“A fare che?” Domandò spiazzato Ottavius; non era una novità che il cugino era tanto intelligente quanto restio allo svolgimento dei propri compiti.

 

“Devo vedere una cosa. Venite con me o no?” Si spazientì Scorpius, un'altra dote non propriamente riconducibile ai pregi.

Edmund e Ottavius si scambiarono un’occhiata veloce, prima di muoversi quasi in contemporanea per seguire i passi strascicati del biondo.

Da sempre Scorpius era considerato il leader per eccellenza, caratteristica implicita dell’essere un Malfoy. Non che i due si lamentassero di questo, anzi: conoscendo il ragazzo, era facile decretarlo come il capo, la mente del gruppo. Perché sostanzialmente le idee migliori, i piani strategici e i gesti più furbi erano quasi sempre il parto della mente riflessiva, attenta e concentrata di Scorpius.

In un certo qual modo, sapeva sempre come farsi rispettare e come travolgere, con la propria tenacia, chi lo circondava.

 

Giunti dinanzi alla biblioteca, Scorpius portò le mani davanti e con fermezza spalancò teatrale l’enorme portone in legno, per farsi strada tra i pochi sguardi stupiti che si accalcarono sull’entrata.

Come da aspettativa, c’erano pochissime persone raccolte nella stanza, ma il ragazzo era certo che avrebbe individuato la sua vittima anche tra milioni.

Capelli nocciola, occhi da cerbiatta e broncio da ragazzina rigida: Rose. Una dei pochi Weasley a non aver ereditato quella matassa di ridicoli capelli rossi. Beh, a parte Albus ovvio, in piedi davanti ad un minaccioso scaffale di libri dismessi.

“Vengo subito.” Si accomiatò, senza neppure concedere agli altri due il tempo di replicare: tipico per lui.

 

Rose era concentrata nella lettura di un tomo da cui sembrava prendere spunto per scribacchiare una qualche ricerca sul foglio da pergamena, quando avvertì con un balzo di paura un’ombra proiettarsi dinanzi a lei.

Alzò il capo, spaventata, e il suo viso si tinse di un’aria truce nell’identificarne il nome.

“Che accidenti vuoi adesso?” Sbottò, scocciata.

A giudicare dal modo in cui saettavano infuocati i suoi occhi, doveva essere ancora piuttosto arrabbiata per il tiro mancino che le aveva giocato qualche ora prima.

Beh, peccato, perché lui infondo si era divertito.

 

“Tieni.” Disse con un vezzo del capo Scorpius, lanciandole da sopra il banco una pergamena tirata fuori dalla tracolla semi-aperta.

Rose abbassò il capo, scrutò il foglio e poi ritornò a fissare il ragazzo, stavolta con aria perplessa.

“Sono i miei compiti, Weasley.” Sbuffò allora lui, seccato dalla mancanza di acume mostrata dall’altra. “Per essere la più intelligente del tuo anno, sei piuttosto lenta.”

Lui ghignò beffardo ed ironico come sempre, guadagnandosi un’occhiata di fuoco ed una pergamena in pieno viso da lei.

 

“Fatteli da solo, Malfoy.” Sibilò indispettita Rose, inconsapevole del guaio in cui si stava cacciando.

Nessuno, nessuno aveva mai osato fare tanto a lui, il Principe delle Serpi.

-Avrai una bella lezione per questo Weasley.- Si ripromise il ragazzo intanto che con rabbia ben celata riposava la pergamena sul banco, in cima a quelle di lei.

“Ragazzina.” La riprese quindi con tono antartico, allargando le mani sul tavolino per chinarsi dinanzi a lei quel tanto che bastava ad avere i propri volti non lontano di più di tre centimetri. “Devo forse ricordarti del nostro accordo?”

 

Sentendolo così vicino e avvertendo di nuovo il fiato nonostante tutto caldo di lui su di sé, Rose arrossì impietosamente mentre l’immagine del loro precedente pseudo bacio si affacciava vivida ai suoi occhi.

Poteva ancora percepire la sensazione prodotta dall’incontro delle loro labbra; il naso freddo di lui che le solleticava il proprio; i capelli dorati che si intrecciavano ai suoi castani …

Ma proprio perché poteva sentire tali sensazioni ancora in modo così prepotente addosso, che voleva assolutamente scrollarsele di dosso avvertendole come strette e sconvenienti.

Suo padre avrebbe dato di matto se solo avesse saputo che lei arrossiva così al ricordo di Scorpius!

“Che dici, potrei far vedere la foto a Potter. Sono sicuro che apprezzerebbe.” La provocò ancora lui, derisorio, accennando con il capo al moro che si stava avvicinando nella loro direzione.

 

Riscuotendosi dai suoi pensieri e fingendo che non le pesasse una simile vicinanza, la ragazza mise via la pergamena di Scorpius tra le sue cose prima di guardarlo bieca.

“Sei un bastardo.” Gli sussurrò malevola, consapevole della sempre più prossimità di Albus.

Scorpius rise, in quel modo freddo e senza divertimento che gli era proprio.

“Povera piccola Rosie.” La schernì, arruffandole i capelli come avrebbe fatto un suo parente o un amico stretto.

Lei lo detestò ancora di più per questo, ma si avvide bene dal mostrare le proprie emozioni dinanzi al suo sguardo duro.

 

Anche se era la vittima di un suo capriccio, aveva ancora la sua dignità.

“Ehi, che succede?” Ad attirare le attenzioni di entrambe sopraggiunse proprio la voce di Albus, ormai giunto al capolinea.

Il ragazzo li fissava con aria basita e Rose non poté fare a meno di arrossire, abbassando con vergogna il capo.

“Niente di che, Potter.” Rispose infine Scorpius per entrambe, rimettendosi in posizione eretta e guardandolo con sguardo pensieroso da sopra il pugno chiuso della mano. “Piuttosto non sapevo che avessi deciso di diventare il primo della classe. Devo forse iniziare a preoccuparmi? Marinerai il Quidditch o cosa?”

 

Alla domanda Albus rise, divertito.

“Niente del genere Malfoy, sta tranquillo. Sono più che pronto a batterti ancora.”

“Tutto da vedere.” Fece una smorfia Scorpius, che per chi lo conosceva bene poteva anche significare che stava sorridendo. “Allora ci si vede in giro, Grifondoro.”

Il moro rise, mentre l’altro gli lasciava distrattamente una pacca sulla spalla intanto che si allontanava, il tutto sotto l’espressione corrucciata di Rose.

“A presto, Serpeverde.”

 

 

 

 

 

N/A

Eccomi ritornata nel fandom di Harry Potter con un’altra fanfiction sulla nuova generazione. La verità è che mi sono talmente innamorata di questi personaggi, che non riesco tutt’ora a staccarmene! Per quanto riguarda questa storia, stupirà sapere che ho iniziato a scrivere questa storia esattamente il 17 settembre 2007, cioè parecchio tempo fa. Ho aspettato un po’ per la pubblicazione perché volevo portarmi avanti con i capitoli, di modo da non lasciarla incompleta –mi sarebbe dispiaciuto un sacco non finirla- e mi sono ritrovata a scrivere la parola fine prima di accorgermene.

Perciò posso dirvi che saranno venti capitoli totali, non uno di più non uno di meno.

L’aggiornamento sarà settimanale, all’incirca attorno al venerdì. Ma non si sa mai che decida di aggiornare anche prima! ^.-

Mi piacerebbe enormemente, davvero davvero tanto, sapere cosa ne pensate. Tanto tanto! *-*

Oh, sì, prima che me ne dimentichi, vi lascio il link con le immagini dei vari personaggi. Ho dovuto scartabellare un bel po’ su internet, ma credo che questi si avvicinino di molto all’idea che ho in mente io per la nuova generazione. Perciò ecco i personaggi di The photograph.

Vi aspetto al prossimo capitolo, allora! Fatemi sapere, mi raccomando, ci tengo tanto, tantissimo a questa fanfiction!

Baci.

memi

 

  
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: memi