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Autore: Watashiwa    15/04/2021    0 recensioni
[Bugs Bunny & Taz: In viaggio nel tempo]
Raccolta di situazioni imprevedibili con protagonisti Bugs Bunny e Taz che durante il loro viaggio nel tempo imparano diversi potenziamenti per poter terminare quanto prima la loro improvvisa avventura.
Ma considerando i caratteri opposti dei due viaggiatori, non andrà sempre tutto tranquillamente e pacatamente...
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bugs Bunny, Taz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se Bugs avesse saputo in anticipo quanto inospitale e tetra fosse la Transilvania, probabilmente avrebbe fatto il possibile per trattenersi nei calorosi lidi arabi ancora per diversi giorni.
Guardava attonito il suo compagno e non riusciva realmente a capire cosa lo rendesse tranquillo e vagamente curioso di avventurarsi in ogni angolo ignoto, con il suo sguardo elettrizzato e pronto a stupirsi ad ogni scoperta, indifferentemente amica o nemica.
Così abituato a luoghi solari, affollati e accoglienti come Pismo Beach o la sfuggente Albuquerque, il coniglio non riusciva a sopportare il freddo di quella terra e l'impressione che il sole durasse davvero poco in favore di notti lunghe, angoscianti e senza stelle, da sempre uno spiraglio nel buio più pesto e sconosciuto.
Era come se il centro di quel mondo fosse sotto incantesimo di qualche fattucchiere che voleva l'oscurità per ragioni personali, macabre, o semplicemente fare un dispetto sovrumano a chiunque vivesse nei dintorni, vista l'importanza che il sole ha per gli esseri umani e non.
Qualunque fosse la direzione in cui lui e Taz erano costretti a muoversi, l'idea prendeva una forma sempre più reale e terrificante: rapide verdognole che erano dimora di mostruosità oscene, zoo antiquati lasciati allo sbando più completo, valli colpite dalle carestie più atroci e incurabili.
Persino le imponenti e usurate strutture di mattoni in terra cruda sembravano non voler abbellire quella terra oscura, come se si innalzassero al cielo spontaneamente per prendere le distanze dalla pochezza che si era venuta a creare nel corso del tempo.
Raccoglieva qualche ingranaggio qua e là, ma quasi quasi lasciava che Taz facesse la maggior parte del lavoro: lo vedeva arrampicarsi sulle mura più ripide, roteare per svariati minuti senza sosta e spazzare gli incomodi via dalla paura, esultare dalla gioia quando riusciva a trovare i tesori dal valore più grande, che sapevano avrebbero dato alla macchina della nonna modo di funzionare più regolarmente.
Avrebbe giurato di averlo visto spiccare il volo masticando delle classiche gomme americane, ma era così distratto e al contempo volenteroso di terminare quell'interminabile viaggio che la cosa non gli sembrò per niente assurda e degna di avere una spiegazione.

Quando venne il momento di entrare nel castello che si sospettava appartenesse a qualche spirito malefico pronto a scatenare la sua ira più funesta, Bugs fece un profondo respiro e varcò la soglia fingendo nonchalance e curiosità con quel suo fare esperto e sbarazzino.
L'interno rispecchiava in parte l'austerità esterna, ma era indubbio il fatto che il proprietario volesse colmare zone vuote dell'edificio con arazzi di seta finissima, tappeti di pellicce sconosciute ai due avventurieri e teschi usati come candele ai bordi di scale ripide e piuttosto polverose.
A Bugs venne in mente un set cinematografico di classe nel quale ebbe occasione di recitare, con la sola differenza che i dettagli gotici e medievali della struttura erano cinque volte più sconvolgenti e usurati, probabilmente per qualche assedio o lotta interna.
In sostanza, aveva tutta l'aria di essere l'abitazione di qualche conte assetato di sangue e distruzione.
Mentre cercava di familiarizzare con il luogo per combattere l'ansia che dissimulava, Taz era già sparito alla velocità della luce, senza emettere alcun suono o versaccio, come suo solito.
«Gneh amico, non è il momento di giocare. Prima finiamo e meglio è...» fece il roditore grattandosi la testa, sperando dentro di sé che il suo compagno fosse quasi in vena di scherzi per distendere la tensione che si poteva respirare nell'atmosfera.
Aspettò diversi minuti in attesa di un segnale, ma del diavolo della Tasmania non vi era alcuna traccia.
Con un groppo in gola, Bugs Bunny decise che era il caso di proseguire e dimostrare il suo valore di giramondo tuttofare: dopotutto era già capitato che avesse viaggiato attraverso ere temporali, giusto?
Per la prima volta davvero dal principio dell'avventura, il coniglio si rese conto quanto Taz fosse davvero importante come compagno ed era genuinamente preoccupato per lui... non troppo perché non era nel suo stile, ma che lo fosse era palese.
Visitò le numerose stanze del castello quasi tutte uguali tra di loro, svolgendo il suo compito con ogni possibile mezzo nel silenzio più tombale e inquietante possibile, sgranocchiando l'ultima carota che gli rimaneva ed era l'unico vero rumore a riecheggiare tra le pareti.
Ad un certo punto le camere con gigantesche librerie e armature arrugginite terminarono e l'eroe si ritrovò di fronte a una scala più ripida e che sembrava porta più in alto del solito; Bugs capì che il momento di incontrare l'origine di tutti i loro impicci era sempre più vicino, in modo parecchio pericoloso e sorprendente.
Salì ogni gradino con cura e con passo felpato, parecchio attento che non avesse spiacevoli imprevisti o attacchi alle spalle, mettendo in tasca qualche congegno che trovava impigliato in ragnatele sporgenti o anche nei bordi di quella scala così stretta e apparentemente interminabile.
Improvvisamente, mentre gli mancavano da salire una quindicina di gradini, sentì al di sotto di lui dei passi rumorosi.
Erano passi di qualcosa – forse qualcuno – che saliva velocemente le scale senza accennare a fermarsi, con una foga così irruenta che squarciava il silenzio di prima e preoccupò per davvero Bugs: era arrivato il momento di sfidare il temibile proprietario di quella dimora?
Il suo cuore accelerò all'istante mentre sentiva la distanza tra lui e quella fiera si assottigliava...
Cinquanta passi, venti, dieci, cinque, uno...
Zero.
...


Lo scontro tanto temuto non avvenne.
Non appena Bugs fece contatto visivo con la cosa che lo superò e che arrivò in cima della torre respirando affannosamente, riacquisì un poco di sicurezza che aveva perduto dall'ingresso in quelle terre e la raggiunse con fare più energico a testa alta, come se nulla fosse successo e fosse la cosa più naturale del mondo.
«Ehi, sarà meglio che tu faccia un po' di aerobica in futuro!» fece il coniglio con fare un po' sfottitore e saccente al quale Taz non faceva più effetto come un tempo, mentre cercava di riprendere fiato per dire qualcosa.
C'era una porta di metallo chiusa di fronte con un suntuoso tappeto rosso e non fece caso ai segnali che il suo alleato cercava di fare per attirare la sua attenzione, ora più che mai in quel momento.
«Gneh, la porta è chiusa. Chissà se anche il conte sanguinolento nasconde le chiavi come tutti noi».
La trovò con una facilità imbarazzante sotto lo zerbino, l'afferrò e provò a girarla nella serratura...
Ma non lo fece.
L'ombra minacciosa dal quale era spaventato Taz e della quale Bugs non si era minimamente accorto fino a quel momento l'aprì al suo posto con fare garbato e sinistro, guadagnando l'attenzione dell'intrepido roditore che sbiancò ulteriormente, ancora più di quanto non l'avesse fatto all'inizio.
Certo, quel nuovo colorito non poteva competere con la persona che gli aveva aperto la porta, ma la sua pelle era diventata di una sfumatura molto simile.
Era terrificante in tutto il suo insieme, sorprendentemente spettrale e alieno nella sua essenza più astrusa e tenebrosa.
Le proporzioni del suo viso erano completamente anormali per un semplice essere umano, le sclere di un giallo paglierino che proteggevano uno sguardo poco amichevole e desideroso di supremazia, un naso e una bocca estremamente larghi, conferendogli l'aspetto di una fiera pronta a sferrare un colpo fatale sulla sua povera vittima.
Portava un cappello a cilindro che ricordava i circensi che Bugs andava a vedere in Nevada; gli abiti, larghi e funerei, coprivano totalmente il suo corpo in carne e non possedevano alcun dettaglio particolare, se non per la sfumatura d'ebano in netto contrasto con il bianco cadavere della sua carnagione.
«Ma prego, benvenuti in mio castello. Fate come se questa è casa vostra» esordì lo spirito con tono imperioso, come se quello appena detto non fosse esattamente un invito cortese.
Il leporide era paralizzato per la prima volta da quando aveva varcato la soglia dell'era azteca.
Tutte le sensazioni di sgomento, estraneità e codardia che aveva cercato di reprimere per diverse occasioni ora lo inchiodavano come un cucciolo smarrito in cerca di affetto e comprensione, che desiderava solamente stare al sicuro nella sua tana e non uscire più fino a quando non avrebbe sentito sicurezza nell'affrontare il mondo esterno.
Il conte svolazzò sopra la sua testa sogghignando malignamente, dirigendosi verso una larga piastra in marmo che stava al centro di quella stanza che non era poi così differente dalle altre trovate in precedenza, con l'eccezione di vetrate placcate con l'effige del conte, per manifestare la sua magnificenza e supremazia in tutto il territorio.
Notando che l'intruso non si muoveva di un centimetro e teneva gli occhi sbarrati, il grosso fantasma sollevò con estrema facilità il coperchio trattenendolo con molta foga, con l'intenzione di volerlo colpire e farlo fuori.
«Nessun intruso entra in mio castello senza passare guai. Adesso io te schiacc-»
Bugs Bunny sentì un improvviso colpo proveniente alla testa e cadde a terra, tramortito e non ebbe la forza di vedere cosa sarebbe accaduto subito dopo.
Prima di perdere i sensi per un po' di tempo, tutto quello che ricordò furono dei versi decisi, una delle urla più acute mai sentite in vita sua e qualche cosa frantumarsi nel giro di pochi istanti...

Al suo risveglio, Bugs vide il diavoletto della Tasmania davanti a sé, con un'espressione piuttosto compiaciuta in volto.
«Ehi amico, ma sei tu? Ma... sto sognando? Cos'è successo?»
Ma quello non era affatto un'illusione e nemmeno un sogno.
Taz era riuscito a sconfiggere lo spirito del conte sanguinario riprendendosi dal grande spavento iniziale, saltando sulla testa di Bugs e, sfruttando l'incredibile elasticità delle sue zampe, piombare sopra la piastra e colpire la testa ripetutamente, tramortendolo e facendolo scappare dalla paura da un paio di vetrate del castello.
Il marsupiale cercò anche di spiegargli – per quanto le sue capacità di linguaggio fossero limitate – che la ragione per cui era sparito all'ingresso era perché aveva messo piede su una mattonella traballante che l'aveva trascinato in un sotterraneo del castello, dove si era dovuto fronteggiare al buio con risate sataniche e sciami di pipistrelli che non esitavano nell'attaccarlo e che nemmeno la giravolta riusciva a spazzarli in modo definitivo.
Gli indicò anche che la tanta agognata gemma del tempo, il fulcro di quell'avventura così mozzafiato e piena di intrighi, si trovava all'interno della lamina.
«Basta dannati pipistrelli. La nonna sarà contenta se torniamo a casa» farfugliò Taz guardando il coniglio con complicità, consapevole che era stato un ottimo compagno.
D'altro canto, Bugs Bunny aveva rivalutato volentieri il suo alleato ed era orgoglioso di lui per essersi applicato, averlo imparato a conoscere per quel poco e aver dimostrato quanto il coraggio e il lavoro di squadra avessero fatto la differenza.
Titti e la Nonna si erano prodigati per loro, così come guide turistiche, pescatori, ballerine di baladi e geni elementali, ma nessuno era stato così fedele e paziente come lui.
«Ben detto, Tazzy!» esclamò facendo un occhiolino gioviale e rilassato, saltando insieme dentro la lastra per afferrare alla gemma e spiccare il volo verso Granwich in un batter d'occhio.
Sfrecciarono tra le nuvole bianche mentre il cielo si schiariva e vedevano la casa della nonna sempre più vicina, esultando e gridando come se fossero su un ottovolante.
Atterrarono in poco tempo tra le braccia della nonna, sicura e speranzosa del fatto che i suoi angeli le avessero fatto questo favore che veniva dal cuore.
Tutti gli eroi erano tornati festanti, sani e salvi, come il tempo lo sarebbe stato da allora e per sempre.


 
[1902 parole]
 

CONSIDERAZIONI FINALI
Onestamente stavo iniziando a pensare che non sarei mai riuscito a terminare questa raccolta a cui ero molto affezionato... e sono felice di aver avuto torto e aver ritrovato ispirazione a inizio mese per completarla, tra mille impegni e altrettanti pensieri.
Credetemi se vi dico che avevo la bozza con un paio di righe da almeno 10 mesi!
La data di pubblicazione non è stata un caso onestamente e sono davvero soddisfatto di portare online questo capitolo finale il 15 Aprile, data della mia iscrizione su EFP: per essere più precisi, era il 15 Aprile 2011, esattamente dieci anni fa.
...Quante cose che sono successe, devo dire, non saprei nemmeno da dove cominciare e non penso che sia il luogo più adatto per scendere in riflessioni approfondite e sentimentalismi.
Dico solo che sono grato per ogni autore, lettore o persona incontrata, prima conosciuta meglio, poi allontanatasi dalla mia vita (la mia gratitudine immensa a chi è rimasto), ma soprattutto per le esperienze che mi hanno portato ogni singolo lavoro che ho pubblicato (ovviamente in due lustri alcune cose sono state cancellate) e che mi hanno fatto esporre e capire cosa significasse crescere e vedere evolvere obiettivi, idee e cose un po' creative che mai avrei immaginato di sviluppare.
In un certo senso ho passato diverse fasi: ho cominciato con le diverse prose disastrose su anime e manga che seguivo di più allora, poi sono passato a scrivere dediche, poi le mie adorate poesie (forse quelle che mi hanno permesso di fare tanti esperimenti e onestamente continuo a scrivere anche oggi, solo che non pubblico e infine i tributi all'infanzia o a qualcosa che mi è arrivato al cuore con una facilità disarmante.
Lo dico e lo ripeto: per me l'infanzia è stata il periodo più bello della mia vita in maniera complessiva.
Nonostante non avessi troppo carattere, c'è da dire che mi sentivo vivo e felice con poco, non badavo a certe cose e stare nel mio mondo era una cosa quasi giustificata e un modo di crescere al tempo stesso, ma forse semplicemente è perché ho scoperto troppe cose che sono ancora con me e significano qualcosa.
Non è mia intenzione voler fare la vittima o dire che vorrei ritornare a quei momenti, onestamente ci sono cose che preferisco e non vorrei mai cambiare per regredire, sono davvero intenzionato a vivere ogni tappa del percorso di vita; forse è semplicemente una riflessione personale sulla realizzazione e sui concetti di leggerezza e felicità, tutto qui.
Mentre scrivo queste brevi righe sto ascoltando la colonna sonora di questo gioco delizioso e ammetto di avere un po' i brividi per la nostalgia e per aver concluso un capitolo significativo della mia vita su Internet, dove volevo solo scoprire me stesso ed essere in linea con l'username che sarà sempre una parte di me.
Già, questo è stato il mio ultimo lavoro come autore e sebbene non abbandonerò mai la piattaforma (qualche volta recensirò qualcosa senza dubbio), avevo la necessità di celebrare il mio decimo compleanno in grande stile e concludere con uno scoppiettante e colorato fuoco d'artificio, il mio.
Spero che questa raccolta possa avervi fatto trasparire l'amore che ho per i Looney Tunes, il mondo dei giochi in generale e per la mia ispirazione messa in banco per ricordare e sigillare una parte della mia vita.
Ma cosa più importante, spero che possa essere stata un minimo significativa e divertente come lo è stata per me dal principio fino ad oggi, dove si è arrivati alla fine di tutto.
Grazie di cuore, a tutti.

 
watashiwa

 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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