Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Lady_Moon_    15/04/2021    0 recensioni
Tutti conosciamo la famosa storia di Elsa, prima principessa e poi regina di Arendelle. Ma se a quella storia mancasse un tassello? Se noi non avessimo visto qualcosa che la nostra cara eroina ha avuto vicino a sé durante tutte le sue avventure? Se uno spiritello allegro, dai capelli d'argento e dagli occhi turchini, le fosse sempre stato accanto? Elsa infatti non ha solo la capacità di creare neve e ghiaccio. Può anche vedere Jack Frost, lo spirito dell'inverno che ha poteri magici simili ai suoi e un cuore puro, pieno d'amore da donarle.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Il vento freddo sferzava i capelli bianchi e il mantello marrone del ragazzo. Aveva chiesto al vento di sollevarlo, ma non sapeva dove stesse andando. Sentiva ancora le labbra bruciare e nella sua mente vedeva il viso di Elsa che si avvicinava al suo. Sentì il volto infiammarsi e si portò una mano alla bocca, colmo di imbarazzo. Elsa lo aveva baciato e a lui era piaciuto tanto. Le sue labbra erano calde e morbide come il velluto. Jack avrebbe voluto baciarla di nuovo e solo al pensiero sentiva una piacevole sensazione di vuoto nello stomaco. Un oggetto duro e ruvido colpì la testa dello spirito che perse quota, cadendo sulla neve soffice. Aveva sbattuto contro il ramo di un albero che non aveva notato a causa del suo fantasticare. Scosse poderosamente la testa e leggeri fiocchi di neve scivolarono dai suoi capelli. Si ricordò del compito che Elsa gli aveva affidato. “Forse se riesco ad avere successo mi bacerà di nuovo!” Non riusciva a pensare ad altro, ma si disse che prima doveva trovare Anna e condurla a casa sana e salva. Poi avrebbe ragionato sulla ricompensa. Ordinò al vento di portarlo in alto per cercare eventuali tracce del passaggio della principessa. Vide delle orme dirette verso un burrone, sulla cui sommità si trovava una corda tagliata. Volò fino in fondo dove trovò i segni lasciati da diversi corpi caduti nella neve alta. Jack seguì la pista con facilità e raggiunse la principessa.
Anna si trovava in una radura priva di neve. I suoi capelli stavano diventando bianchi e lei sembrava essere svuotata, abbandonata tra le braccia del ragazzo biondo che aveva fatto irruzione nel palazzo di Elsa. Inerme come una bambola senza vita. La radura era piena di creature basse e tozze, simili a pietre ricoperte di muschio e funghi. Tutti gli sguardi erano concentrati su una creatura coperta da più foglie che parlava ad Anna.
- La tua vita è in pericolo. C’è del ghiaccio nel tuo cuore, messo da tua sorella. Se non verrà tolto ti congelerà completamente.
- Ma tu puoi toglierlo, vero? – Jack assisteva alla scena nascosto tra le fronde. Non era sicuro che quelle creature, sicuramente magiche, non potessero vederlo, dunque era meglio nascondersi.
- Non posso. Mi dispiace Kristoff, se fosse stata la testa sarebbe stato facile. Ma solo un atto di vero amore può sciogliere un cuore ghiacciato. – la preoccupazione serpeggia tra i visi di tutte le creature raccolte nella radura.
- Ma certo, il bacio del vero amore. – disse uno dei troll. Jack sbuffò scettico. Quelle cose succedevano solo nelle favole per bambini. Ciò che Anna aveva nel cuore era una magia potente e mortale. Un semplice bacio non avrebbe potuto guarirla. Com’era possibile che delle creature magiche non se ne rendessero conto? Nel frattempo la vita sembrava scorrere via dalla principessa. I capelli le diventavano sempre più bianchi e il volto sempre più grigio e privo di forza.
- Ma certo. Dobbiamo andare da Hans. – Anna sembrava credere a quella storiella e Jack avrebbe voluto dirle che sbagliava. Ma rimase nel suo ruolo di guardiano silenzioso. Il ragazzo, che si chiamava Kristoff, mise Anna su una renna e partì al galoppo. Jack richiamò il vento e partì al loro seguito, aiutando la renna a correre più veloce e facendo in modo che non ci fossero ostacoli sul loro cammino.
In poco tempo raggiunsero il palazzo reale dove Anna fu affidata alle cure dei domestici. In quel momento Jack decise che aveva portato a termine il suo compito. Anna era al sicuro e avrebbe trovato la cura consigliatale dai troll. Ora doveva tornare da Elsa. Un sorrisetto gli increspò le labbra. Magari la regina gli avrebbe dato la ricompensa che sentiva di meritarsi e desiderava tanto. Volò trasportato dal vento fino alla montagna più alta, a nord della città. Volteggiava leggero, facendo capriole e giravolte, colmo di felicità. Ma quando arrivò al palazzo di ghiaccio trovò la neve smossa da innumerevoli impronte e la stanza più alta, dove Elsa si rifugiava, distrutta. L’enorme lampadario che era appeso al soffitto era crollato al centro della stanza, spargendo schegge di ghiaccio in tutte le direzioni. Alcune frecce erano incastrate nelle pareti e alcune armi erano state abbandonate a terra. Jack sentì la preoccupazione assalirlo. Qualche mal intenzionato aveva trovato il nascondiglio della regina e l’aveva attaccata. Ma ora dove si trovava? L’avevano catturata? Le avevano fatto del male? Le gambe continuavano a portarlo avanti e indietro per la stanza. Cercava freneticamente qualche indizio che gli indicasse cosa fosso successo ad Elsa. Quando non riuscì più a resistere richiamò il vento e sfrecciò fuori del palazzo con l’intenzione di seguire le orme nella neve. Un gran numero di cavalli doveva essere salito sulla montagna, ma perché qualcuno avrebbe voluto attaccare la regina? Le impronte scendevano per una lunga strada e Jack avrebbe voluto essere più veloce. Impaziente ordinò al vento di sollevarsi per avere una visione generale del luogo. Giunto in alto, dove l’aria era più fredda e pungente, lo spirito notò l’enorme e minacciosa nube bianca che si stava formando su Arendelle. Partì a gran velocità verso la città, sicuro che fosse Elsa a causare quella tormenta. Il vento era sempre più forte, sentiva i capelli e i vestiti agitarsi violentemente sul suo corpo. La neve gli impediva una visuale chiara e più si avvicinava al bordo della tempesta più perdeva il controllo del vento. Finché non entrò nella bufera e sentì che il vento non lo resse più. Colpì con la schiena il suolo ghiacciato e un suono sordò riverberò nella sua cassa toracica. Si rialzò con fatica, dolorante e senza fiato. Il bianco lo circondava completamente. I suoi piedi nudi perdevano aderenza sul ghiaccio e le spinte della corrente gli impedivano di avanzare. Procedeva con difficoltà e senza sapere dove stesse andando. Vagava senza meta in quella immensa distesa bianca. Ogni tanto comparivano nella sua visuale oggetti di legno marrone, ma la neve li ingoiava subito dopo. La disperazione stringeva il cuore di Jack in una morsa letale. Non sapeva cosa fare e per la prima volta in tutta la sua vita si sentì fragile, pronto a spezzarsi come lo strato sottile di ghiaccio che ricopre i laghi in inverno.
Stava per arrendersi quando il vento e la neve cessarono di vorticare e caddero come un peso morto a terra. Finalmente riuscì a vedere Elsa. La ragazza era inginocchiata a terra, il viso immerso nelle mani e le spalle che tremavano. Il sollievo lasciò presto Jack, perché dietro alla regina si trovava un uomo con la spada alzata, pronto per essere calata sulla donna davanti a lui. Lo spiritò partì di corsa per aiutarla, ma continuava a scivolare sul ghiaccio e cadde a terra inerme. Vide però Anna, con il viso e le mani che si stavano congelando, agire come lui. Corse per frapporsi tra la sorella e la spada e la sua mano diventata di ghiaccio salvò Elsa. Il clangore della lama che si spezzava rimbombò per tutto il fiordo ghiacciato. E l’ultimo fiato caldo spirò dalle labbra della principessa.
Jack non riusciva a muoversi. Anna era morta sotto i suoi occhi. L’aveva abbandonata senza essere sicuro che fosse guarita e ora era morta. Faticava a respirare, gli girava la testa. Sentiva di aver tradito la fiducia che Elsa aveva riposto in lui e che per quello non lo avrebbe mai perdonato. Aveva di nuovo pensato solo a sé stesso e così facendo sapeva di aver perso l’unica persona a cui voleva stare vicino. Calde lacrime scivolavano sulle sue guance fredde. Per la prima volta nella sua esistenza stava piangendo per qualcuno.
Elsa sembrava completamente spezzata, abbandonata sul corpo freddo della sorella, piangeva tutta la disperazione e il dolore che aveva in corpo. Jack non voleva vederla così, avrebbe voluto risolvere la situazione. Ma non riusciva a far altro se non tenere lo sguardo fisso su quell’abbraccio. E così vide che il corpo di Anna aveva iniziato a sciogliersi, tornando alla vita. Anche il peso che gli schiacciava il petto iniziò a sciogliersi e un sorriso si mischiò alle lacrime di gioia per la salvezza della principessa. Quando anche Elsa se ne accorse gettò le braccia al collo di Anna, che ricambiò l’abbraccio calorosamente.
- Anna, volevi sacrificarti, per me? – la regina sembrava incredula per il gesto compiuto dalla sorella.
- Oh Elsa, io ti voglio bene.
- Ma certo! Un atto di vero amore scioglierà un cuore di ghiaccio! – uno strano pupazzo di neve aveva appena parlato. Jack non aveva notato prima il piccolo accompagnatore, ma dopo aver visto Elsa creare un gigante di ghiaccio enorme che fungesse da buttafuori, non si stupì. Dovette però ricredersi sull’atto di vero amore. E guardando Elsa forse riuscì a capire la potenza di quel sentimento, finora a lui sconosciuto.
- L’amore scioglierà… l’amore, ma certo! – Elsa voltò la testa e quando vide lo spirito gli sorrise dolcemente. Alzò le braccia per richiamare il ghiaccio e Jack imitò i suoi movimenti. Il sentimento che sentiva nascere dentro di sé era unico e voleva condividerlo con la persona a cui era rivolto. Non poteva controllare la neve creata da Elsa, ma poteva amplificare il suo potere grazie al suo amore. I fiocchi di neve e il ghiaccio che coprivano Arendelle iniziarono a sollevarsi e a volteggiare in alto, dove le sapienti mani della regina li ricomposero a formare un unico enorme e bellissimo cristallo che fece scomparire.
- Ce l’hai fatta, lo sapevo. – disse Anna, fiera della sorella.
- Ovvio eh? Perché questo è il giorno più bello della mia vita. E forse anche l’ultimo. – il piccolo pupazzo parlante iniziò a sciogliersi, con gran dispiacere di tutti.
- Oh Olaf no, resisti piccolo. – Elsa, intenerita, con un gesto della mano fece apparire una nuvoletta sulla testa del pupazzo che squittì di gioia.
Jack era felice e si avvicinò ad Elsa, approfittando della distrazione di Anna e Kristoff, concentrati sul quasi assassino dai capelli rossi.
- Non abbiamo ancora affrontato il discorso sulle tue capacità di dar vita a creature magiche di neve. – si rivolse alla regina con fare baldanzoso e non si aspettava una risposta. In fondo nessuno lo vedeva tranne lei e non voleva che qualcuno la scorgesse parlare da sola. Ma Elsa volse leggermente la testa verso lo spirito e gli regalò un sorriso che gli tolse il respiro.
- Grazie – sussurrò prima di allontanarsi. L’espressione impertinente lasciò il volto di Jack, che iniziò a sorridere e a guardare con occhi adoranti la sua regina.
- Tu chi sei? – una voce acuta che proveniva dal basso distolse i suoi pensieri. Ai suoi piedi si trovava Olaf che lo guardava con il naso-carota rivolto all’in sù e la testa inclinata.
- Io sono Jack Frost, lo spirito dell’inverno.
- E cosa ci fai qui se è estate? – Olaf sembrava perplesso – Oh ma certo, sei venuto a vedere Elsa giusto? Perché lei ha portato l’inverno! – l’espressione ingenua e fanciullesca di Olaf fece ridere lo spirito.
- Più o meno sì. - Elsa aveva fatto un buon lavoro con il suo pupazzo. Jack sorrise divertito, contento non solo di non aver perso una persona amata, ma anche di aver scoperto una nuova creatura magica che poteva vederlo.
Quella sera Jack aspettò Elsa al solito posto, sul davanzale esterno della finestra della sua camera. La regina aveva trascorso il resto della giornata a festeggiare con tutta la città e lo spirito aveva assistito dall’alto ai balli, agli spettacoli e ai giochi. Aveva diligentemente aspettato che calasse il buio per stare con lei. Non sapeva cosa le avrebbe detto, voleva solo stare in sua compagnia. Seduto mollemente guardava il cielo coperto di stelle, non riuscendo a smettere di sorridere. Finalmente Elsa arrivò e appena entrò nella stanza aprì le finestre per lasciare entrare il ragazzo.
- Grazie Jack. Per il sostegno e l’amicizia che mi hai dato. – lo sguardo di Elsa era dolce e amorevole, come qualsiasi cosa che la riguardava.
- È stato facile. Io ho sempre creduto in te e voglio solo poterti stare vicino. – Jack le prese le mani e si avvicinò a lei di qualche passo. La ragazza distolse lo sguardo, le sue guance si erano coperte di un leggero rossore. Lui si avvicinò ancora un po’, premendo le mani di Elsa sul suo petto.
- Credo di aver capito una cosa oggi. – disse la ragazza. Improvvisamente anche lo spirito si sentì leggermente in imbarazzo e si rese conto di quanto i loro corpi fossero vicini. Col volto in fiamme distolse lo sguardo da Elsa. Ma continuò a tenere le sue mani strette tra le proprie.
- Io non voglio più perderti Jack. Voglio stare con te. – Elsa stava sorridendo, guardando le loro mani intrecciate. Il suo sguardo gentile si alzò sul viso dello spirito, che sentì di arrossire ancora di più.
- Anche io voglio stare con te Elsa. – la sua voce uscì limpida e sicura. Sentiva che l’imbarazzo stava scivolando via. E sentiva che anche Elsa si rilassava e decise di abbracciarla. Lei appoggiò la testa bionda sulla spalla dello spirito, continuando a tenere le mani sul suo petto. Entrambi potevano sentire l’uno il battito del cuore dell’altra. E sentirono che iniziavano a battere all’unisono, sincronizzati. Rimasero abbracciati per molto tempo, sentendosi protetti e al sicuro.
Restarono svegli insieme tutta la notte. E quando le prime luci dell’alba arrivarono, le ammirarono seduti sul davanzale della finestra che aveva collegato i loro due mondi per tanti anni. Jack voltò lo sguardo verso Elsa, seduta accanto a lui. Continuava da appoggiare la testa sulla sua spalla e ad intrecciare le sue dita con quelle del ragazzo. Le lasciò un leggero bacio sui capelli e si allontanò leggermente per guardarla negli occhi.
- Io presto dovrò andarmene… - non avrebbe voluto farlo, sarebbe voluto restare lì con lei, seduto su quel davanzale ad abbracciarla per sempre. Ma sapeva che il suo posto era con l’inverno, dall’altra parte del mondo.
- Lo so. – Elsa continuava a guadare l’orizzonte. Il suo viso era sereno. – Ma so anche che tra pochi mesi tornerai. Come torna sempre l’inverno. – il dolce sorriso che gli rivolse lasciò senza fiato lo spirito. Aveva ragione. Lui sarebbe sempre dovuto andare via, ma sarebbe anche sempre tornato da lei. Per sempre. Si diedero un ultimo bacio d’addio, dolce e delicato come il loro sentimento, e si promisero di rivedersi lì all’arrivo del gelo.
 
In molti si chiesero come mai la regina Elsa di Arendelle non avesse mai preso marito durante il suo lungo regno. Principi e re di ogni dove le avevano proposto alleanze matrimoniali o avevano cercato di corteggiarla, ma lei aveva sempre negato a tutti la sua mano. Alcuni dicevano che desiderasse sposarsi per amore, come era accaduto alla principessa Anna che aveva sposato un venditore di ghiaccio. Altri dicevano che la regina non voleva condividere il suo potere con un uomo. Il suo regno era sempre più prospero grazie alle sue capacità e lei non voleva che un uomo cercasse di prendersene il merito o peggio rovinare il suo sapiente operato. Altri più maligni, solitamente pretendenti rifiutati, dicevano che la regina avesse numerosissimi amanti e che non volesse rinunciare a nessuno di essi. Gli osservatori più attenti invece avevano notato che durante i lunghi inverni del nord, quando il fiordo era coperto di neve e ghiaccio e i commerci diminuivano, la regina lasciava la sua scrivania per rifugiarsi nelle sue stanze o per fare lunghe passeggiate solitarie nel bosco. Ciò che questi osservatori non vedevano però era che Elsa non era mai sola durante quei lunghi inverni. Quando il gelo copriva quella parte del mondo l’allegro e giocoso spirito che lo portava si stabiliva sulle montagne o nei boschi di Arendelle, accolto da creature magiche che lo vedevano e lo amavano.
Quel pomeriggio Jack aspettava la sua regina appollaiato su un albero innevato. Aveva passato la mattina con i troll della foresta, giocando con i piccolini. Elsa gli aveva detto che il mattino doveva fare cose da regina e quindi si sarebbero visti al pomeriggio, sul perimetro del bosco. E come promesso, lo spirito vide la ragazza camminare verso di lui lungo il sentiero che collegava il castello e la foresta. Il passo leggero e cadenzato di Elsa, perfettamente eretta sulla schiena, colpì come sempre Jack. Arrivata sotto l’albero su cui si trovava lo spirito, Elsa sciolse la crocchia che le teneva i capelli legati stretti sulla nuca e si posizionò la lunga treccia dietro le spalle. Alzò lo sguardo e sorrise dolcemente a Jack, che si lasciò scivolare a terra sorridendo allegro.
- Allora come è andata la tua mattina da regina? – le chiese brioso.
- È andata bene. Ho dovuto parlare con i miei ministri a proposito delle nuove politiche agricole che dovremo introdurre la prossima primavera. – Elsa sapeva che la maggior parte di ciò che diceva riguardante il suo lavoro non veniva compresa dal suo compagno, ma era felice che Jack glielo domandasse comunque.
- Sembra più un argomento da discutere con i contadini che con dei nobili. – l’ingenuità del ragazzo le faceva sempre scappare un sorriso.
- Finché sono solo piani riguardano la politica, quando arriverà la primavera dovremmo discuterne anche con i coltivatori. – Jack aveva notato il luccichio negli occhi di Elsa. Sapeva che amava il suo compito e il suo paese, e sapeva che le piaceva parlarne. E a lui piaceva vedere la sua compagna felice e gioiosa.
- E tu cosa hai fatto questa mattina? – chiese la regina, curiosa di conoscere i divertimenti che lo spirito aveva vissuto.
- Sono stato con i troll nella foresta. I bambini di Arendelle sono ancora a scuola la mattina e così non posso farli giocare. Ma i piccoli troll mi hanno mostrato i loro nuovi cristalli e sono veramente belli. Li vuoi vedere?
- Certo. – l’entusiasmo di Jack la travolgeva sempre come una brezza fresca e revitalizzante. Il ragazzo la prese per mano e la condusse lungo il sentiero che si addentrava maggiormente nella foresta. Arrivarono in una valle ampia e adombrata, ricoperta da innumerevoli sassi e rocce di varie dimensioni. Lo spirito si portò un dito alle labbra, segnando alla sua compagna di fare silenzio. Scivolarono con passo felpato in mezzo ai troll addormentati e giunsero davanti a una piccola cavita nel terrene, da cui spuntavano piccoli cristalli colorati.
- Come sono belli – disse la regina ammirata. La luce soffusa della radura faceva brillare debolmente i cristalli, ma permetteva già di intravedere le venature colorate e le sfumature che ammaliavano l’osservatore. Jack teneva ancora la mano di Elsa e intrecciò le dita con le sue, assaporandone il calore e la morbidezza.
- Ma non belli come te. – Elsa alzò lo sguardo verso lo spirito e vide i suoi occhi gentili e amorevoli fissi su di lei.  Gli si avvicinò e lo baciò. In quel momento non si sentì una regina né una creatura magica, ma solo una persona amata e che amava con ogni fibra del suo corpo. Jack ricambiò il bacio con dolcezza, posando la mano libera sulla guancia della ragazza, accarezzandola. Sentendosi completo e appagato.
 
La loro relazione cresceva ogni inverno e l’arrivo della primavera non li allontanava mai completamente. Nonostante non si vedessero per mesi, Jack pensava sempre alla sua regina della neve e Elsa pensava al suo spirito del gelo. L’arrivo dell’inverno era celebrato con grandi festa ad Arendelle e la regina era colei che più di tutti gioiva del cambiamento della stagione, dell’arrivo del freddo che ghiacciava i laghi, ma scaldava il suo cuore. Jack ed Elsa rimasero insieme anche quando il tempo iniziò a mostrarsi sul viso della regina. Ella si preoccupava che lo spirito, eternamente giovane, non sopportasse più la vista del suo viso o il tocco delle sue mani e temeva che all’inizio del nuovo inverno potesse non presentarsi alla sua finestra. Ma Jack in quei segni sottili vedeva gli innumerevoli sorrisi che lei gli aveva donato, vedeva gli inverni passati insieme e la felicità che avevano condiviso. Il primo giorno di inverno, come sempre, assisteva ai festeggiamenti della popolazione e quando questi si concludevano volava verso l’unica finestra ancora aperta e dove si trovava l’unica persona che voleva vedere. Quell’inverno trovò Elsa avvolta in una spessa coperta, che dormiva sulla poltrona vicina alla finestra aperta. La pelle candida e diafana, i sottili capelli bianchi sciolti sulle spalle, la facevano sembrare un’apparizione iridescente. Lo spirito prese la regina tra le braccia e la trasportò sul letto per permetterle un riposo confortevole. Chiuse la finestra e aspettò l’alba vicino alla sua compagna.
Quell’inverno fu stranamente mite per gli abitanti di Arendelle. La neve era scesa leggera e si era sciolta velocemente, il gelo non aveva ricoperto i tetti delle case e il vento soffiava debole. Jack non era stato diligente nel suo lavoro perché la sua attenzione era completamente rivolta alla sua regina. Elsa passava la maggior parte del tempo nella sua stanza, avvolta da pesanti coperte, stesa a letto o seduta vicino al camino. Jack vedeva le sue spalle incurvate, lo sguardo opaco e stanco e sentiva il cuore contorcersi per il dolore. La sua regina sembrava ogni giorno più debole e solo a lui sembrava interessare. Nessun medico aveva una cura e inutilmente lui cercava di mandare segnali ad Anna o ai suoi figli. Si sentiva in preda ad un’angoscia che gli toglieva il respiro e gli stringeva le viscere. Stare accanto ad Elsa lo faceva sentire impotente, incapace di salvare la donna che amava.
L’inverno passò velocemente e Jack non sarebbe voluto partire. Aveva proposto ad Elsa di restare lì con lei, ma la regina non trovava giusto che lo spirito mettesse da parte la sua missione per starle accanto. “Ci vedremo il prossimo inverno” gli aveva detto accarezzandogli la guancia fredda. Jack l’aveva baciata, con le lacrime che gli annebbiavano la vista ed era partito. Ad ogni tratto che percorreva sentiva il cuore sprofondare maggiormente nel suo petto e le lacrime scorrere più copiose.
In ogni paese del mondo l’inverno fu anomalo quell’anno. A giornate tranquille e miti, quasi primaverili, si alternavano giorni in cui il vento soffiava forte e gelido come non mai. Gli animali erano disorientati dagli sbalzi della temperatura. I contadini di molti paesi avevano trovato delle povere bestie che prematuramente erano usciti dalle loro tane, ingannate a pensare fosse già primavera, e che erano morte congelate a causa del loro errore. Spesso Jack aveva ricevuto la visita di alcuni guardiani che lo ammonivano di svolgere bene il suo compito. Ma la sua testa non era mai nello stesso luogo del suo corpo. Quando passarono i nove mesi più lunghi della sua esistenza, lo spirito partì veloce, strappando ghiaccio e neve dove ce n’erano, per raggiungere Arendelle.
Cieco ai dettagli, volò subito alla solita finestra, aspettandosi di trovarla aperta come sempre. Ma non fu così. La finestra era chiusa. E la stanza immersa nel buio. Il cuore di Jack sprofondò, faticava a respirare e a tenersi dritto sulle gambe. Rimase in piedi sul davanzale esterno stringendo le mani sulla cornice, finché il silenzio non lo colpì dolorosamente. Da quanto tempo non c’erano stati rumori? “Il primo giorno d’inverno ci sono sempre musica e risate che si diffondono per tutte le strade” pensò. Con il battito del cuore accelerato lo spirito planò lungo le strade. Non si vedeva nessuno, le strade erano deserte e le imposte delle finestre tutte chiuse. Arendelle sembrava una città morta. Con maggior preoccupazione Jack scattò verso il castello. Una giovane domestica era appena uscita da una porta di servizio e il ragazzo ne approfittò per introdursi all’interno. Attraversò velocemente le cucine e le stanze di servizio ed arrivò nel salone principale. Le candele erano spente e le spesse tende chiuse. Vagò per i corridoi fino alle stanze dove vivevano Anna e Kristoff. La vecchia coppia era seduta su un piccolo divano davanti al camino, abbracciati e avvolti da una coperta. Le spalle della principessa erano scosse da singhiozzi irregolari che il marito cercava di calmare. Jack avrebbe voluto chiederle perché stava piangendo, ma aveva paura che la risposta potesse avverare i suoi più profondi timori. Riprese a girare per i corridoi finché non giunse davanti alla sala dei ritratti. Le immense porte di legno intarsiato erano aperte e dall’interno giungeva solo la debole luce della fiamma di una candela. Sarebbe voluto restare lì immobile per l’eternità piuttosto che vedere il suo incubo diventare realtà. Ma sapeva che non sarebbe stato possibile e con passo esitante entrò nell’immensa stanza. Sulle pareti e sul pavimento si formavano cupe ombre tremolanti. La luce arrivava dal fondo della stanza dove si trovava una candela quasi completamente consumata. Con le gambe che tremavano raggiunse la candela. Sentiva il battito assordante del suo cuore e le orecchie che gli ronzavano. Alzò lo sguardo verso il quadro e le lacrime iniziarono a scendere calde sulle sue guance. Un velo nelo, simbolo della morte, era steso sul quadro della regina Elsa. Il ritratto che riportava con maggior fedeltà la sua bellezza era coperto da quel velo odioso. Avrebbe voluto urlare per la disperazione e per il dolore, strappare quel pezzo di stoffa come se ne dipendesse la sua esistenza. E forse era così. Nel momento in cui aveva avuto la certezza che la donna che amava era morta, anche una parte di lui morì.
Non riusciva a sostenere quella vista e quindi scappò. Corse lontano dal palazzo, lontano dalla città. Sperava di allontanarsi dal dolore, ma quello continuava stringergli il cuore e l’anima. Quando entrò nella foresta i troll lo stavano aspettando. Sapevano come avrebbe reagito lo spirito alla notizia ed erano pronti ad aiutarlo. Lui non disse nulla e loro rispettarono il suo silenzio luttuoso. Fecero un segno al ragazzo di seguirli e si addentrarono nel bosco. Raggiunsero una piccola valle al cui centro giaceva un grande monolite. Sulla sua superficie lisca erano incise tante parole che Jack non riuscì a decifrare. Riuscì a leggere solo la prima frase. “Qui giace Elsa, la più benvoluta e capace regina di Arendelle” Cadde in ginocchio e pianse sulla tomba della sua amata per tutta la notte.
Da quell’anno l’inverno ad Arendelle non fu più accolto con feste e balli, ma con lunghe processioni e canti rivolti alle anime dei defunti.
Lo spirito del gelo si rifugiava sulle montagne, lontano da tutto, solo con il suo dolore. Scendeva solamente per depositare qualche fiore di ghiaccio davanti alla tomba dell’unica donna che lo aveva amato. E ogni volta vedeva ghirlande e candele che commemoravano la sua regina. In quei momenti lo colpiva l’amarezza che la realtà aveva portato nelle loro vite. Lui sarebbe vissuto in eterno nell’invisibilità, nascosto alla vista di tutti e destinato a restare solo. Lei sarebbe vissuta in eterno nei cuori e nella memoria delle innumerevoli persone che l’avevano conosciuta e amata, e sarebbe stata ricordata dalla storia per le sue grandi azioni.










Note dell'Autrice:
Grazie a tutti i lettori e le lettrici che hanno letto questa storia fino al finale. Spero che sia stato di vostro gradimento, anche se un po' triste. Qui c'è il link alla bellissima fanart che ha ispirato questa mia storia: https://www.pinterest.it/pin/682365781012631977/ 
Grazie per essere giunti alla fine di questa avventura, fatemi sapere cosa ne pensate e a presto.
   
 
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