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Autore: inzaghina    15/04/2021    4 recensioni
La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti.
Lucas e Sophie lo hanno imparato una sera d'ottobre, quando le loro esistenze sono state sconvolte da un terribile incidente.
Accettare di essere sopravvissuti e venire a patto con le persone che hanno perso non sarà semplice, si tratterà piuttosto di un lungo processo, che lascerà delle cicatrici - che si rimargineranno solo con l'aiuto dei loro amici e delle loro famiglie.
[Il prologo di questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Brooklyn Tales'
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I temi del capitolo sono il prompt: 7. Horror Sophie Sanders (10) e 5. Hurt/Comfort Riley Gutierrez (5) e Sophie Sanders (10); ho unito le due tematiche per esplorare i demoni con cui Sophie, ma anche Lucas, si deve confrontare dopo il risveglio.
 
 
 
Capitolo 3 — Ostacoli (in)sormontabili
 
 
Rosso.
Sangue ovunque.
Liquido appiccicoso che imbratta le sue dita.
E poi, all’improvviso, un bianco accecante e ingannevole.
Non si tratta della luce che ti conduce alla salvezza e ti avvolge benevola.
Ma del candore senza vita degli occhi di Maddy, che spiccano innaturali sulla maschera vermiglia che ha trasfigurato il suo viso.
 
Vorrebbe chiedere aiuto, Sophie, ma la voce non pare voler collaborare e la figura di Maddy incombe su di lei, le sue labbra sono distanti pochi centimetri e riescono a farle percepire un lezzo di morte che ha il potere di pietrificarla. Le tremano i polsi, quando le mani scheletriche della sua migliore amica sfiorano i suoi capelli, tastando il taglio che i vetri infranti le hanno provocato, per poi scendere lungo il collo e posarsi sulle spalle nude. Sono gelide le dita di Maddy, non c’è più un alito di vita le scorre tra le vene, eppure sono gli occhi spettrali che la fissano a far accelerare il battito incerto del suo cuore. Le iridi cerulee di Maddy sono prive del loro solito calore e terrorizzano Sophie come mai nulla prima — portandola a comprendere che quello che sta vivendo è ben più di un banale incubo.
“Scappa,” la sollecita Maddy.
Sophie vorrebbe seguire il consiglio dell’amica, ma la cintura la blocca contro il sedile e la portiera dell’auto rovesciata è accartocciata, rendendone impossibile l’apertura.
“Scappa,” ripete Maddy.
“Non posso lasciarti,” ribatte flebilmente Sophie, percependo le lacrime scorrerle lungo le guance.
“È troppo tardi per me,” dichiara l’altra in un sussurro.
Sophie scuote la testa con veemenza. “No che non lo è,” insiste, cercando di afferrare la mano di Maddy e scoprendo che la ragazza è svanita, ritornando al posto accanto a lei sul sedile posteriore.
Sophie si volta repentinamente, trovandosi faccia a faccia con la figura di Maddy e soffocando a malapena un grido. Il corpo di Maddy è piegato in una posizione innaturale, come se si trattasse di una marionetta lanciata in un angolo senza tanti riguardi dal suo proprietario, tra il collo e il busto si è creato un angolo a novanta gradi chiaramente incompatibile con la vita.
L’unico colore che Sophie scorge è il rosso.
Lo stesso rosso che Maddy non ha mai sopportato.
Lo stesso rosso di cui Sophie vorrebbe cancellare ogni traccia.
Lo stesso rosso che finirà con il tormentarla per il resto della sua vita.
Maddy spalanca improvvisamente gli occhi, tornando a scrutare Sophie e allungando un dito ossuto verso di lei.
“Vattene da qui,” mormora a fatica.
“Non posso lasciarti, Maddy.”
“Invece devi, non puoi più fare niente per me.”
Sophie tenta invano di stringere le dita di Maddy tra le proprie, ma l’amica lascia cadere il braccio limitandosi a fissarla con l’espressione vacua che l’aveva sconvolta poco prima.
“Sarai sempre la mia migliore amica, Soph,” mormora Maddy, piegando le labbra screpolate in un sorriso mesto.
“E tu la mia,” la rassicura Sophie.
“Promettimi che non ti chiuderai in te stessa.”
“Shh, non è il momento di parlare di queste cose,” tenta di placarla Sophie, fissando il sangue sgorgare a fiotti dalla ferita alla testa di Maddy.
“Invece lo è, perché ti conosco…”
Le lacrime tornano a scorrere lungo le guance di Sophie, mentre scuote la testa.
“Promettimi che non lascerai che questa serata possa decretare le scelte che farai nel tuo futuro, che andrai avanti e che continuerai a vivere la tua vita come l’avventura che l'hai sempre considerata essere.”
“Come puoi chiedermi questo?” s’indigna Sophie.
“Lo faccio perché ti voglio bene…”
“Se fosse così non mi staresti abbandonando,” replica Sophie, inarcando le sopracciglia.
“Vorrei tanto non essere costretta a farlo,” mormora Maddy, mentre il sangue le dipinge i contorni delle labbra dando vita a un’immagine grottesca che Sophie vorrebbe tanto riuscire a cancellare dal proprio subconscio.
“Non voglio lasciarti,” ripete per l’ennesima volta.
“Devi farlo,” dichiara Maddy, lasciando cadere la testa diventata improvvisamente pesante.
“No Maddy, di prego…” implora Sophie, consapevole che non servirà a nulla.
 
Il silenzio che in cui precipita al risveglio è più inquietante delle immagini che si tratteggiano davanti ai suoi occhi non appena prova a serrare le palpebre. Osserva distrattamente il monitor che riporta i battiti del suo cuore e nota che i picchi si susseguono l’un l’altro; riesce ancora a percepire su di sè lo sguardo disperato di Maddy mentre la supplica di andarsene.
“Non avrei dovuto lasciarti, Maddy,” sussurra alla stanza vuota.
Sa di non aver avuto alcuna scelta: i medici le hanno riferito che sia Maddy che Oliver sono morti sul colpo a seguito dell’incidente, eppure questo non è servito a lenire nemmeno in parte il senso di colpa con cui sta combattendo ormai da tre giorni. Le immagini orribili che la perseguitano ogni notte sono l’espressione inconscia del tormento che prova, delle domande senza risposta che dovrà affrontare e del dolore per la perdita che non vuole permettersi di provare.
Gli occhi senza vita di Maddy la perseguitano anche mentre è sveglia e Sophie pensa che sia giusto così, perché è solo colpa sua se lei e Ollie sono morti. Se lei fosse rimasta a casa, vista la rottura con Steven, probabilmente loro due si sarebbero fermati più a lungo alla festa; magari si sarebbero salvati se solo lei avesse scelto di tornare in macchina con suo fratello; oppure ancora se fosse stato Lucas a offrirsi di guidare…
Le possibilità sono infinite — esattamente come l’ineluttabilità dei suoi sentimenti.
 
*
 
Quando spalanca nuovamente gli occhi è sorpresa di constatare che è ormai pieno giorno, mentre non è stupita di vedere sua madre seduta sulla sedia posta a fianco al letto con un libro tra le mani.
“Hai dormito molto, stamattina…”
“Stanotte non sono riuscita a riposare,” ribatte in tono neutro.
“Ti hanno tenuta sveglia i dolori?”
Sophie scuote la testa, accettando il bicchiere d’acqua che sua madre le porge.
“Ho sognato Maddy…” confessa in un sussurro spezzato.
La mano di Abigail si stringe attorno al braccio della figlia. “È assolutamente normale che pensi a lei, tesoro, siete cresciute insieme, avete legato sin dal primissimo giorno di asilo ed eravate unite come e più di due sorelle.”
“Non riesco a credere che lei e Ollie non ci siano più…”
“So quanto è difficile per te, così come per Lucas, e vorrei poterti rassicurare sul fatto che diventerà più facile, ma sappiamo entrambe che non è così… o meglio, pian piano ti abituerai alla sua assenza, ma sentirai sempre la sua mancanza al tuo fianco,” dichiara sua madre, senza tentare di indorare la pillola.
“Grazie di non aver tentato di sminuire tutto quanto, mamma.”
“Non lo farei mai, anche io e tuo padre stiamo soffrendo per la morte di Maddy e Ollie.”
“Lo so,” annuisce Sophie, tormentandosi il labbro inferiore.
“Ti chiedo solo di parlarne con qualcuno, quando ne sentirai il bisogno, non mi arrogo il diritto di essere la prescelta, ma ti prego di non tenerti tutto dentro… va bene?!
Sophie annuisce nuovamente. “Ti prometto che lo farò,” mormora, ripensando alla promessa che Maddy le aveva pregato di farle nell’incubo della notte che si è lasciata alle spalle.
“Ora che ne dici di fare colazione?” propone sua madre.
Sophie non ha molta fame, ma è consapevole che non guarirà se non ci metterà tutto il suo impegno, quindi schiaccia il pulsante per sollevare la testiera del letto e sorride lievemente quando Abigail le porge un contenitore con dei pancake fatti in casa e una bottiglia di sciroppo d’acero.
“Sei sicura che il mio medico sia d’accordo? Solitamente qui mi propinano del tè annacquato e dei biscotti un po’ stantii…”
“Sarà il nostro segreto,” la rassicura la madre, strizzandole complice l’occhio e porgendole anche un succo d’arancia.
 
*
 
Passano altri tre giorni, intervallati da altrettante notti insonni, prima che Sophie abbia la forza di ammettere che, forse, parlare con qualcuno di ciò con cui sta combattendo ogni notte sarebbe davvero una buona idea; che condividere ciò che la spinge a rimpiangere di essersi risvegliata dall’oblio in cui era precipitata a seguito dell’incidente potrebbe essere cruciale. È venerdì pomeriggio e Riley le ha anticipato che passerà a trovarla, senza Mike che è bloccato a scuola a recuperare una delle verifiche perse nei giorni in cui l’ha vegliata in ospedale. Ha convinto sua madre a prendersi una pausa e a passare dall’università dove insegna per svagarsi un po’, visto che negli ultimi tredici giorni è stata al suo capezzale praticamente in ogni ora del giorno.
La migliore amica di suo fratello fa capolino dalla porta, esibendo il sacchetto della loro gelateria preferita e trascinando uno zaino pieno all’inverosimile — come sempre, quando decide di dedicarsi a qualche progetto scolastico.
“Ti ho preso pistacchio, cookies and cream, caramello, una valanga di panna montata e una cascata di granella di nocciole,” esordisce, prendendo posto accanto al suo letto.
“Mia madre ti ha per caso detto che mi trova deperita?” ribatte incuriosita.
“Nah, ho solo pensato che avrei desiderato ardentemente del buon gelato dopo quasi due settimane barricata in un posto come questo e immaginavo che fosse lo stesso anche per te…” spiega Riley, facendo spallucce, “mi sbaglio forse?”
Sophie scuote la testa e l’amica le allunga la coppetta incartata con attenzione, oltre a un cucchiaino e una manciata di tovaglioli.
“Non ti chiederò come ti senti, perché trovo che sia una domanda assolutamente idiota da fare in un momento simile, ma ci tenevo a dirti che ci sono, in caso tu voglia parlare…” aggiunge Riley dopo una pausa in cui entrambe hanno scoperchiato la propria coppetta.
“Sicura che mia madre non ti abbia detto nulla?” insiste Sophie, assaporando la panna montata costellata di granella.
“Potrebbe aver accennato al fatto che tu abbia problemi a dormire, ma ti avrei detto la stessa cosa anche se non avessi saputo questo dettaglio,” la rassicura l’altra, spingendosi una ciocca ribelle dietro all’orecchio destro.
“Non riesco a smettere di pensare a Maddy, al suo corpo immobile coperto di sangue, all’espressione vacua nei suoi occhi… al fatto che è una fottuta ingiustizia che sia morta a sedici anni, quando aveva tutta la vita davanti a sé!” confessa, come un fiume in piena, senza quasi prendere fiato tra una parola e l’altra. “Nei miei incubi Maddy parla, ma non è la Maddy che ricordiamo noi, è una sua versione spaventosa, grondante di sangue, che mi implora di andarmene e non chiudermi in me stessa, qualunque cosa voglia intendere… il punto è che non voglio essere in via di ripresa in un mondo senza Maddy, e senza Ollie, non vedo perché io e Lucas dobbiamo esserci salvati quando loro invece hanno perso la vita. E, sì, lo so bene che la vita non è giusta e che non sempre ha senso, ma perché è successo proprio a loro? A noi?” conclude, sentendo gli occhi inumidirsi e la voce incrinarsi.
“Vorrei tanto avere la risposta giusta, sai bene quanto odi non averla, ma questo è uno di quei casi in cui purtroppo ci dobbiamo arrendere all’evidenza che non ci sia un perché, per quanto assurdo e doloroso sia.”
“E se io non riuscissi a trovare la forza di affrontare questa realtà? Se Maddy continuasse a tormentare i miei sogni? Ho letto da qualche parte che non si può vivere senza dormire e ormai sono sei giorni che passo le notti praticamente in bianco…”
Riley decide di posare il gelato sul comodino, stringendo la mano di Sophie nella propria. “Ti ho mai rivelato il motivo per cui sono figlia unica?” le domanda dopo qualche secondo.
“No,” risponde Sophie, appoggiando anche il proprio gelato accanto a quello dell’amica.
“Poco prima che ci trasferissimo a Brooklyn chiesi a mia madre per quale motivo tutti i miei cugini avessero numerosi fratelli e io invece no, così lei mi rivelò che durante il mio parto prematuro fu colpita da una fortissima emorragia che costrinse i medici a intervenire d’urgenza per salvarmi e che causò danni irreversibili alle sue ovaie, rendendola sterile.”
“Oddio ma è terribile!” bisbiglia Sophie, stringendo la mano di Riley.
“Ovviamente utilizzò parole più semplici di queste, ma non ti nascondo che per alcune settimane sono stata tormentata dal destino che si prospettava dinanzi a me, nel mio ruolo di figlia unica. È anche per questo che mi sono sempre impegnata tantissimo a scuola e ho iniziato le elementari un anno prima, è sempre per questo che frequento classi avanzate e mi preparo a frequentare un college dell’Ivy League: spero di poter essere la figlia migliore che i miei genitori possano desiderare, visto che non hanno avuto la possibilità di averne altri. E, ovviamente, è per le medesime ragioni che non ho mai provato droghe, o marinato la scuola per fumare sigarette nascosta sotto alle tribune dello stadio di football, è per questo che mi impegno al massimo nella pallavolo e faccio l’educatrice al centro estivo. Non me lo hanno imposto i miei genitori, questo ci tengo a chiarirlo, ma mi sembrava importante comportarmi in questo modo…”
“Sei la studentessa migliore del tuo anno, sono certa che i tuoi siano estremamente orgogliosi di te, ma lo sarebbero stati anche in caso non lo fossi stata,” dichiara Sophie.
“È proprio questo il punto!”
“In che senso?”
“Non possiamo sapere perché l’incidente sia accaduto proprio a voi, probabilmente solo perché eravate nel posto sbagliato al momento sbagliato; allo stesso modo ignoriamo il motivo per cui tu e Lucas vi siete salvati — invece di Maddy e Ollie. Però è andata così e tu puoi solo accettare quanto è accaduto e fare del tuo meglio per accettare la seconda occasione che ti è stata donata. Maddy ti voleva un bene dell’anima e avrebbe desiderato le stesse cose che ti sto dicendo io…” dichiara Riley, scrutandola con le iridi nocciola velate dalla preoccupazione.
“È quello che mi dice anche nei sogni: mi continua a supplicare di andare avanti con la mia vita, ma…”
“Ma cosa, Soph?”
“E se così facendo mi dimenticassi di lei?”
Riley scuote la testa risolutamente. “Questo non potrebbe mai accadere, Maddy sarà sempre parte di te, non scordartelo mai.”
Sophie sospira, prima di annuire con lentezza. “Grazie di avermi raccontato la tua storia,” sussurra poi, sporgendosi per abbracciarla.
“Sai bene che ci sarò sempre per te, sei la sorellina del mio migliore amico,” ribatte, stringendola forte. “Ora che ne dici di finire il gelato prima che si sciolga?”
“Mi sembra un’ottima idea!”
 
*
 
Quella sera Sophie chiude gli occhi leggermente intimorita, ma ansiosa di affrontare i propri demoni. Passano pochi attimi prima che l’immagine di Maddy si stagli davanti a lei, eppure non somiglia per niente alla Maddy dei sogni precedenti. Indossa il vestito acquamarina del ballo, un sorriso sincero le increspa le labbra ed è radiosa nella luce che l’avvolge.
“Sapevo che alla fine mi avresti dato ascolto, Soph.”
“Avevo paura di scordarmi di te, scegliendo di andare avanti,” le confessa avvicinandosi.
“So bene che non potrai mai dimenticarmi,” la rassicura Maddy.
“Tornerai a trovarmi in sogno?”
“Veglierò su di te per il resto della tua vita e farò anche il tifo perché tu riesca a esaudire tutti i tuoi desideri.”
“Ti voglio bene, Maddy.”
“E io ne voglio a te, Soph.”
L’amica svanisce davanti ai suoi occhi, lasciando spazio al lago in cui le due ragazze hanno passato le ultime estati in ritiro con la squadra di nuoto e cullando Sophie per il resto di una notte finalmente tranquilla.

Probabilmente i suoi incubi non sono spariti per sempre, ma adesso crede di sapere come affrontarli, così come spera di essere in grado di scrivere il proprio futuro vivendo ogni attimo al massimo per rendere omaggio alla vita di Maddy — e a quella di Ollie.


 
 
Note dell’autrice:
Non so bene se essere soddisfatta riguardo alla parte più horror del capitolo, che temo non sia davvero all’altezza della situazione, ma si tratta pur sempre del mio primo tentativo e spero di non essermela cavata troppo male. Ho pensato di sfruttare questo lato più “paranormale” per spronare Sophie ad affrontare la situazione e iniziare ad accettare la morte di Maddy.
Per quanto riguarda l’hurt-comfort invece, ho deciso di introdurre un elemento del passato di Riley che non avevo mai svelato prima e che ha spinto la ragazza a essere come è. Ho scelto di farle condividere questo segreto per poter aiutare Sophie a venire a patti con il suo ruolo di sopravvissuta, un ruolo che non aveva scelto per se stessa e che arriverà anche a rimpiangere nei momenti più difficili.
Spero che la storia continui a essere credibile e a piacervi.

 
 
 
   
 
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