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Autore: Mayld    15/04/2021    2 recensioni
Due anime vicinissime, affini, quasi gemelle, intrappolate nei corpi di due persone all'apparenza opposte.
Due vite segnate dal dolore e dalle difficoltà; lei, 17 anni di silenziosa sofferenza e di cinismo, causati in buona parte dalla separazione dei genitori; lui, un secolo di vita che gli pesa quanto un millennio e che lo ha lentamente ma inesorabilmente condotto all'indifferenza e all'apatia.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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CAPITOLO PRIMO
 
Erano appena le sei e mezza del pomeriggio, eppure quando Bella uscì dalla porta sul retro della locanda, trascinandosi dietro con straordinaria goffaggine due grossi sacchi neri, si ritrovò immersa nelle tenebre.

Si andava verso la primavera e a quell’ora gli ultimi chiarori del crepuscolo sarebbero stati ancora visibili, se soltanto il cielo non fosse stato interamente coperto da una fitta coltre di nubi.

Bella lanciò una rapida occhiata al cielo nero e senza stelle che la sovrastava, poi chiuse gli occhi e per alcuni istanti respirò a pieni polmoni l’aria fredda e pungente che la circondava.

In quel momento non avrebbe desiderato altro che montare in macchina, tornare a casa e mettersi comoda sul divano con un buon libro e una tazza di tè; soltanto quello si sarebbe potuto definire un gran bel venerdì sera, per quanto la riguardava.

E invece, come sempre, aveva finito per incartarsi in programmi che non la allettavano minimamente.

‘Stasera esco a prendere qualcosa con gli amici’ Aveva detto a Charlie quella mattina, mentre usciva per andare a scuola. Lei stessa aveva provato un certo senso di disagio e disgusto nel pronunciare quella frase, che peraltro -a ben pensarci- era davvero una frase stupida e priva di significato.
Anche se una piccola e sempre più debole vocina nella sua testa continuava a ripeterle che era la cosa giusta da fare, e che per lei era necessario farsi coinvolgere e socializzare con i nuovi compagni di scuola, c’erano almeno una dozzina di buone ragioni per cui Bella non ne sentisse affatto il bisogno né tantomeno il desiderio.

Tanto per cominciare le decine di libri che la attendevano a casa, impilati in ogni angolo libero della sua camera, non si sarebbero certamente letti da soli; inoltre, l’idea di farsi in quattro alla locanda quattro pomeriggi a settimana per poi finire a spendere la misera paga guadagnata in patatine fritte o drink annacquati durante il weekend era per lei una pugnalata in pieno petto.

Scosse la testa come per liberarsi dei suoi stessi pensieri, riaprì gli occhi e con estrema fatica trascinò i due sacchi ricolmi di immondizia fino ad un grande bidone grigio poco distante.

Mentre raggiungeva il pick-up, parcheggiato in un piccolo spiazzo debolmente illuminato da un paio di vecchi lampioni, estrasse dalla tasca posteriore dei jeans le mance della giornata; per qualche momento si passò i pochi spiccioli tra le dita, studiandoli con una certa soddisfazione, sebbene nel profondo fosse ben consapevole del fatto che, andando avanti di questo passo, avrebbe realizzato i suoi sogni di indipendenza non prima dei quarant’anni. Ma per il momento il solo fatto d’aver trovato in 5 giorni dal suo arrivo a Forks un lavoretto part-time che non si sovrapponesse agli orari scolastici e le consentisse di mettere da parte qualcosa, anche se poco, era sufficiente a farla sentire orgogliosa ed in pace con se stessa.

In macchina aveva pronto un cambio per la serata; non che avesse intenzione di mettersi carina per qualcuno o cose simili, ma presentarsi con una maglia macchiata di caffè e crema le sembrava eccessivo. In effetti la sua totale mancanza di coordinazione non era di grande aiuto nel lavoro, tanto che fino a quel momento era probabilmente finito più caffè sul suo grembiule che non ai tavoli dei clienti.

Bella montò sul pick-up, chiuse la portiera e, chinandosi e contorcendosi per impedire a chiunque fosse passato di lì (assolutamente nessuno) di vederla in biancheria intima, si infilò una canottiera pulita, una felpa bordeaux di qualche taglia più grande del dovuto e un paio di jeans scuri.
Stretto il volante tra le mani, inspirò ed espirò a fondo prima di accendere il motore e partire alla volta del locale dove i ragazzi si erano dati appuntamento.

***

Il Misty Valley era un piccolo ma vistoso pub che si trovava proprio al limitare di Forks, quasi all’imbocco della statale 101. Da un lato confinava con le ultime case della cittadina, mentre dall’altro si affacciava su di un vasto prato di cui, a causa del buio, non si riusciva a scorgere la fine.

Nel piccolo parcheggio ghiaioso destinato ai clienti del locale erano già presenti una quindicina di macchine quando Bella arrivò; non senza provare un discreto imbarazzo, parcheggiò il suo vecchio pick-up cigolante nel primo posto libero che vide, proprio accanto ad un’automobile color grigio metallizzato tirata a lucido che sembrava valere cinque volte la casa di Charlie.  

Aveva già visto quella macchina nel parcheggio della scuola, perciò doveva appartenere ad uno dei suoi compagni; leggermente stizzita per quell’esagerata ostentazione di ricchezza, ma allo stesso tempo rincuorata dal sapere di non essere la prima arrivata (cosa che l’avrebbe messa ancor più a disagio), scivolò lungo lo stretto spazio presente tra le fiancate delle due auto e si diresse verso l’ingresso del locale.

Aprì la porta talmente piano e controvoglia, che quando fu a metà per un momento pensò seriamente di mollare la maniglia e darsela a gambe; ma ecco che di nuovo spuntò da un punto profondo e non ben identificato della sua testa quella fastidiosa vocina che la implorava di comportarsi come una normale diciassettenne e passare il venerdì sera con gli amici.

L’interno del Misty Valley era estremamente caotico, pareva quasi che mezza Forks avesse deciso di passare lì la serata. Lunghe tavolate di legno piene zeppe di boccali di birra e cestini di pane occupavano gran parte dell’area calpestabile del pub, tanto che le persone in piedi erano ammassate l’una sull’altra, e quelli che cercavano di aprirsi un varco per raggiungere il bancone dovevano letteralmente farlo con la forza.
Bella rimase impalata sull’uscio, pallida come un cencio.

‘Beh, sono arrivata fin qui, non si può dire che io non ci abbia provato…’ Pensò tra sé e sé, cercando di giustificare a se stessa la propria codardia, mentre già accennava a voltarsi per uscire.

Non ebbe il tempo di arretrare di un passo che si trovò a sbattere contro qualcuno alle sue spalle, evidentemente in attesa di entrare.

< Isabella! > Esclamò pimpante un ragazzo biondo e robusto, stringendole da dietro le spalle con le sue grosse mani e sporgendosi in avanti per vederla in faccia.

Bella sobbalzò, diventando ancor più pallida di quanto già non fosse.

< E..ehilà > Balbettò, premendosi una mano sul petto per lo spavento.

Era Mike Newton, uno dei primi ragazzi che Bella aveva conosciuto nella nuova scuola, nonché quello che l’aveva espressamente invitata alla serata.
Ogni suo piano di fuga andò in fumo all’istante; era spacciata.

< Sai, non prenderla male ma per qualche motivo sentivo che non saresti venuta > Ridacchiò il ragazzo, grattandosi la nuca con fare impacciato.

Bella chinò rapidamente il viso per nascondere l’improvviso rossore che aveva assalito le sue guance.

< Ma scherzi? > Replicò lei con una risatina nervosa < Non mi è mai passato per la testa… >.

Nonostante la pessima interpretazione, Mike parve credere alle sue parole, perché si lasciò immediatamente andare ad un largo sorriso.

< Sarà una gran serata! > Esclamò entusiasta, ed appoggiate le mani sulla schiena della ragazza iniziò a sospingerla verso il centro del locale.

Man mano che procedevano tra la folla, Bella scorgeva sempre più volti familiari; seduto a cavalcioni su una panca di legno al lato opposto del pub c’era Steve, il vecchio benzinaio mezzo cieco e mezzo sordo che abitava nella casa accanto a Charlie. Davanti a lui, sul tavolo, giacevano 5 o 6 boccali di birra vuoti e benché non si potesse esser certi che li avesse bevuti tutti lui, il colorito quasi violaceo del suo viso ed il modo bizzarro in cui agitava in aria le braccia senza un’apparente ragione facevano ben pensare che fosse andata così.

Un gruppetto di ragazzi sulla trentina, cui Bella aveva maldestramente portato il caffè un paio d’ore prima alla locanda, ora occupava una tavolata stracolma di cibo.

La ragazza, presa com’era a guardarsi attorno, si accorse di aver raggiunto il suo gruppo di “amici” soltanto quando le mani di Mike smisero di fare pressione sulla sua schiena ed il faccino roseo di Angela le si piantò ad un palmo di naso.

< Siete arrivati! > Esclamò con voce stridula, avvolgendo Bella in un abbraccio soffocante.

Le sue guance tornarono ad arrossire; di fronte a tutto l’entusiasmo che quei semi-sconosciuti stavano manifestando nei suoi confronti, iniziava a sentirsi seriamente in colpa per tutti i brutti pensieri che aveva avuto riguardo a quella serata.

Alle spalle di Angela, seduti all’estremità di una lunga tavolata ed immersi in una fitta conversazione, c’erano altre due compagne di scuola -di cui Bella non ricordava assolutamente i nomi- ed Eric, un ragazzo moro e carino che ronzava sempre attorno ad Angela. I tre erano talmente presi dal loro discorso ed impegnati a lanciare occhiate curiose verso un punto imprecisato del locale, da non essersi nemmeno accorti dell’arrivo di Bella e Mike.

< Di che si parla? > Chiese Mike allegro, sedendosi accanto ad Eric e battendogli una mano sulla schiena.

Il ragazzo ebbe un sussulto.

< NEWTON! > Esclamò, rispondendo al saluto di Mike con una spallata amichevole. Poi, sollevato lo sguardo e riconosciuta Bella, un’espressione euforica si fece largo sul suo viso.

Aggiunse, sfoderando un sorrisetto provocatorio ed appoggiando una mano ben aperta sul tavolo, di fronte a Mike.

Le due ragazze sedute di fronte ad Eric trattennero a stento una risata.

Mike arrossì visibilmente < Piantala idiota, non adesso > sibilò a denti stretti.

< Una scommessa è una scommessa. È venuta, ho vinto io > Insistette l’altro.

Bella osservava la scena attonita. Era arrivata a Forks da meno di due settimane e già era oggetto di scommesse e pettegolezzi; un incubo.  

Provò ad azzardare una risata, nel disperato tentativo di dissimulare il profondo disagio che stava provando, ma con scarsissimi risultati.

Angela se ne accorse immediatamente e con una risatina nervosa si affrettò a cambiare argomento.

< Beh, pensate di spostarvi o volete lasciarci in piedi tutta la sera? > E nel dire ciò lanciò ad Eric un’occhiata eloquente, che a Bella non sfuggì.

Il ragazzo ritrasse di scatto la mano e, abbassato lo sguardo come un cane che sa di averne appena combinata una, scivolò sommesso verso sinistra.

Mike sembrava ancora agitato, ma non aggiunse nulla; si limitò a scivolare a sua volta lungo la panca, arrivando addosso ad Eric con un po’ troppa violenza.

Angela prese posto accanto alle ragazze, mentre Bella, imbarazzata e rigida come un tronco, si sedette a fianco di Mike.

Per alcuni istanti tutti rimasero in silenzio, fatta eccezione solo per una delle ragazze che, portatasi un fazzoletto alla bocca, cercava invano di soffocare le risate.

< Che si diceva? > Chiese Bella frettolosamente ed in maniera quasi meccanica, decisa in tutti i modi a riportare l’attenzione del gruppo su qualcosa che non riguardasse lei.

< OH, sì > Fece Eric eccitato, con una scintilla di frenesia negli occhi. Si sporse leggermente in avanti sul tavolo, come se dovesse raccontar loro un segreto, e dopo aver guardato intensamente Mike negli occhi per alcuni istanti disse a bassa voce:
< Caroline Pitts >

Mike si tirò su di colpo e batté un pugno sul tavolo.

< Non posso crederci! DIVINA > E nel dirlo si voltò verso il centro del locale, cercando di qua e di là con impazienza.

< Ma andiamo, non è niente di speciale > Borbottò seccata la ragazza riccia che fino a quel momento aveva ridacchiato sotto il fazzoletto.
< Sono d’accordo; la Hastings era meglio > Aggiunse l’altra, castana e piuttosto robusta.

< Ma siete serie?! > Ripeté Mike incredulo, interrompendo la sua affannata ricerca per guardare in cagnesco prima l’una, poi l’altra. < Caroline Pitts è il massimo, l’apice, il biglietto d’oro! Da lei in poi la qualità può solo calare >

Eric ascoltava il monologo appassionato di Mike con le braccia incrociate e l’aria compiaciuta, fiero di ciò che aveva scatenato; voleva chiaramente che l’amico portasse avanti una battaglia da lui stesso iniziata.

Angela non sembrava affatto presa dal discorso, e anzi di tanto in tanto alzava gli occhi al cielo scuotendo la testa.

Bella, più confusa che mai, cercava di capire di cosa diavolo si stesse parlando.

< Ma siete sicuri che sia Caroline Pitts? > Bisbigliò Mike, pronunciando quel nome con tono quasi ossequioso, mentre tornava a frugare il locale con lo sguardo.

< Dimmi tu se non è lei > Rispose Eric, puntando un dito verso il bancone del pub.

Bella si voltò a guardare nella direzione indicata, e dopo aver scrutato un po’ tra la folla individuò una giovane coppia seduta in fondo al bancone, in atteggiamenti piuttosto intimi. Senza alcun bisogno di spiegazioni, fu immediatamente certa che fosse proprio quella coppia l’oggetto della discussione.

Non c’era alcun dubbio.

Lei -bionda, alta e slanciata- era di una bellezza disarmante, e lui, se possibile, ancora di più. Aveva i capelli folti, di un color castano tendente al rosso, e i lineamenti del suo viso erano talmente armoniosi da sembrare innaturali.

< Incredibile, è davvero lei > Sussurrò Mike in estasi < Ma dove diavolo le conosce tutte queste modelle? E soprattutto come diamine fa a portarle a Forks? > Ora la sua voce era carica di rancore.

< Basta guardarlo, Mike > Sospirò la riccia, fissando la coppia al bancone con aria sognante < Probabilmente sono le modelle a fare la fila per uscire con lui e non viceversa >

< Ma chi sono? > Chiese Bella ingenuamente, stanca di essere l’unica a non capire di cosa si stesse parlando.

Di colpo si trovò cinque paia di occhi increduli puntati addosso.

< Non sai chi è Caroline Pitts?! > Esclamarono sconvolti i ragazzi, mentre, all’unisono, le tre ragazze dicevano < Non sai chi è Edward Cullen?! >
Bella, imbarazzata, scosse piano la testa.

< Caroline è una famosa modella della West Coast > Spiegò Angela, che sembrava l’unica al momento in grado di parlare < Mentre Edward, beh… non ti è ancora capitato di incontrarlo a scuola? >

< E’ un nostro compagno? > Chiese Bella sorpresa, scrutando di nascosto il ragazzo al bancone che ora stava ridendo di gusto, ma sempre mantenendo una compostezza impeccabile.

< Di certo non l’ha incontrato, o se ne ricorderebbe > Commentò la riccia.

A quelle parole sia Mike che Eric si irrigidirono, visibilmente seccati dalla piega che aveva preso il discorso.

< Addirittura Reb > Sbuffò Mike, raddrizzando la schiena e ostentando indifferenza < Per me è solo uno che sa vendersi bene >

< Talmente bene che ogni settimana viene qui con una modella diversa > Ribatté Rebecca sarcastica.

Bella, quasi senza rendersene conto, sbuffò contrariata.

< Insomma, un donnaiolo > Commentò con un tono di voce carico di disprezzo.

Aveva sempre avuto un rapporto estremamente conflittuale con il genere maschile; la separazione dei suoi genitori quand’era ancora una bambina l’aveva segnata profondamente, instillando in lei la convinzione che nessun sentimento potesse essere sufficientemente forte e sincero da restare intatto per tutta la vita.

Questa convinzione non aveva fatto che rafforzarsi durante gli anni della sua adolescenza, quando -vivendo a Phoenix con la madre- era stata spettatrice delle numerose relazioni sentimentali di quest’ultima, tutte puntualmente finite male.

A pensarci bene era quasi ironico come l’inesauribile romanticismo di sua madre, che aveva sempre portato quest’ultima ad una continua e quasi ossessiva ricerca del “vero amore” (così lo chiamava lei), fosse la principale causa della totale mancanza di fiducia nell’amore di Bella.

Infine, a confermare definitivamente le sue teorie, c’erano le persone come Edward Cullen. Persone di cui, purtroppo, il mondo era fin troppo pieno; persone profonde quanto pozzanghere, che non davano alcun valore alle relazioni o ai sentimenti.

Più Bella si lasciava andare a questi pensieri e più sentiva montare dentro di sé la rabbia ed il disgusto.

Si voltò dall’altra parte e per tutta la serata evitò di guardare in direzione del bancone, perché sentiva che se l’avesse fatto avrebbe potuto vomitare.
   
 
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