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Autore: heliodor    16/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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L’albero dei corvi
 
“Valya” disse Ros camminandole a fianco.
Stavano discendendo la collina sopra la quale quel tratto di mura era stato eretto. Poco più in basso si vedevano i recinti di una fattoria e una stalla.
“Quando torneremo dovremo passare di nuovo da questo cancello?”
“Sì” disse Valya.
“Tu hai promesso a Fil che gli porteremo una cassa di vino.”
“Giusto.”
“Ma noi non andiamo a prendere del vino. Quindi cosa porteremo a Fil e ai soldati di guardia?”
Valya scrollò le spalle. “Niente.”
“Ma tu hai giurato sul tuo onore.”
Mi sta rimproverando? Si chiese Valya.
“Ho giurato davanti a un sodato che stava commettendo un tradimento” disse per giustificarsi. “Quindi quel giuramento non ha alcun valore.”
“Non penso che funzioni così.”
“Tu sai come funzionano i giuramenti solenni, Ros Chernin?” gli chiese Valya con tono canzonatorio.
Lui non sembrò cogliere la provocazione o forse la ignorò. “No, ma ho visto mio padre fare molti affari in quel modo e ogni volta ha onorato il suo giuramento.”
“Stai dicendo che Myron Chernin è una persona migliore di me?”
“Sto solo dicendo che dovresti giurare con meno leggerezza, tutto qui.”
Valya si trattenne dal ridergli in faccia. Voleva chiedergli che cosa ne sapesse lui, un Chernin, di un giuramento solenne.
“Tu pensa a trovare quella corteccia” disse invece. “Di Fil e dei soldati me ne occuperò io.”
“Come? E dove troverai il vino che gli hai promesso?”
È davvero insistente, pensò Valya irritata.
“Non avrò bisogno di trovare nessuna bottiglia di vino.”
“Ma tu hai promesso.”
“E con questo? Ho promesso una cassa di vino in cambio del suo silenzio. Aveva l’ordine di non far uscire o entrare nessuno e invece si è fatto corrompere. Cosa potrà fare quando ci vedrà tornare senza quel vino? Ci denuncerà alla governatrice? Che lo faccia, che confessi di aver violato gli ordini che aveva ricevuto e finirà appeso alle mura della città.” Aveva parlato senza prendere fiato e ora il cuore le batteva all’impazzata.
Non disse a Ros che se i soldati di guardia avessero provato a fermarli quando sarebbero tornati, avrebbe potuto usare la spada per farsi strada. Non era necessario ferirli, ma poteva batterli tutti insieme, ne era certa.
Con la spada poteva fare tutto.
Poteva essere tutto quello che voleva.
Doveva solo avere l’occasione giusta per dimostrare il suo valore.
“A questo non avevo pensato” ammise Ros.
“Tu pensa solo alla corteccia, al resto mi occupo io. Ora tieni pronte le monete, ma non farle vedere o alzeranno il prezzo per i cavalli.”
La fattoria era immersa nel buio come Valya si era aspettata. Quando bussò alla porta sperò che i padroni della stalla non fossero già andati a letto.
Nella porta si aprì uno spiraglio e oltre di esso fece capolino la testa di un ragazzo. Aveva una folta zazzera di capelli neri e un filo di barba sul mento appuntito. “Che volete?” chiese con voce assonnata.
“Ci servono due cavalli” disse Valya.
“A quest’ora? La stalla è chiusa, tornate domani.”
“Ma ci servono adesso” si lamentò lei.
“Non posso farci niente.”
Fece per chiudere la porta ma il piede di Valya scattò in avanti e la bloccò. “Possiamo pagare” disse.
Il ragazzo le scoccò una lunga occhiata. “Quanto?”
“Cinque monete” disse Valya.
“Per cinque posso darvi un solo cavallo.”
“Allora ce ne darai due per sette” rispose Valya.
Il ragazzo sembrò pensarci sopra. “Otto monete o dovrete andare a piedi.”
“Accettiamo.”
Valya dovette aiutare Ros a montare e poi assicurarlo alla sella spiegandogli come infilare i piedi nelle staffe.
“L’ho visto fare decine di volte ai miei fratelli” disse stringendo le redini con aria perplessa. “Credevo di riuscirci anche io, ma è più difficile di quanto pensassi.”
“Ralf è un cavallo tranquillo” disse lo stalliere accarezzando il collo dell’animale di Ros. “Non ti disarcionerà, ma non aspettarti che vada veloce. Trattalo bene.”
Ros mostrò un sorriso forzato. “Ne avrò cura, non temere.”
Valya tirò le redini del suo cavallo. “Ora andiamo. Ti riporteremo i cavalli domani mattina prima dell’alba.”
“Fate con comodo” disse lo stalliere.
Quando si furono allontanati dalla stalla, Valya guardò in direzione della foresta. “È lì che dobbiamo andare?”
Ros annuì.
“Quando torneremo a Ferrador, ti restituirò le monete che hai speso. Non voglio avere debiti.”
Con un Chernin, pensò, ma si trattenne dal dirlo a voce alta.
“Non devi” disse Ros. “Sono felice di poter aiutare Doryon.”
“Nemmeno lo conosci.”
“Hai detto che è una brava persona, quindi si merita il nostro aiuto.”
Valya pensò a un commento sprezzante, ma non gliene venne in mente nessuno. Si sorprese ad annuire. “È vero” disse. “Merita di essere aiutato.”
Ros annuì solenne.
“La corteccia di corvo” disse per tenere la mente impegnata durante il tragitto. “Perché la chiamano così?”
“Non ne ho idea.”
“Credevo che Jangar te lo avesse insegnato.
Ros sorrise imbarazzato. “Jangar non è decisamente un buon insegnante.”
Valya si accigliò.
“Lui non parla molto del suo lavoro” proseguì Ros. “Né mi ha mai spiegato come preparare una pozione. Però mi lascia assistere quando lo fa lui.”
“E quella cosa delle colazione rigettata l’hai imparata guardando?” chiese Valya senza riuscire a nascondere una smorfia di disgusto.
Ros rise. “Scusa, non ridevo per la tua domanda. Mi hai fatto ricordare una cosa divertente.”
Valya attese che proseguisse.
“Accadde dieci giorni dopo che ero diventato suo allievo. Jangar tornò ubriaco come al solito e vomitò appena messo piede oltre l’ingresso, poi andò a dormire. La mattina dopo lo trovai che esaminava quello che aveva rigettato sul pavimento. Quando gli chiesi perché lo stesse facendo, mi rispose che non ricordava assolutamente niente della sera prima ed era sicuro che esaminando quello che aveva vomitato sarebbe riuscito a scoprirlo.”
Valya rise al pensiero del guaritore intento a cercare nel suo stesso vomito. “E c’è riuscito?”
“No, ma da quel giorno si assicura di vomitare prima di entrare in casa e mai dopo.”
Valya rise ancora. “Ora capisco perché Olethe non voleva farlo entrare nella stanza di Doryon. Aveva paura che vomitasse sul pavimento.”
Stavolta fu Ros a ridere. “È possibile. Jangar è piuttosto famoso per la sua condotta.” Quando si fu calmato, disse: “E tu? Hai imparato a usare la spada? A Cambolt ti allenavi spesso.”
“Mi alleno anche qui” rispose Valya seria. Il ricordo degli anni passati al villaggio la scosse. “Ho un maestro d’armi.”
“Chi?”
“Ferg Abbylan.”
“Il comandante della guardia cittadina? Devi essere molto abile, allora.”
“Lo sono.”
“È per questo che hai partecipato al torneo?”
Valya lo fissò stupita prima di rendersi conto che in quel modo stava confermando le sue parole. “Io non so di cosa parli” si affrettò a dire.
“Il giorno in cui sei venuta da Jangar con quella ferita indossavi un’armatura da battaglia” disse Ros.
“La stavo solo provando. È stato un caso.”
“Non è vero. Ho chiesto in giro.”
“Tu hai fatto domande su di me?” Valya sentì salire la rabbia dentro di sé.
Non dovevo fidarmi di un Chernin. Ho sbagliato e ora ne pago le conseguenze.
“No” si affrettò a dire Ros. “Ero solo curioso e quando ho sentito parlare di un misterioso guerriero che combatteva nascondendo il viso dietro un elmo a forma di leone, mi sono ricordato di quello che indossavi tu.”
“Non indossavo alcun elmo” disse Valya.
“Te lo sei tolto dopo che sei arrivata alla bottega per farti curare. Molti feriti ne hanno parlato dopo che sei andata via col tuo amico. Lo chiamavano Val il Leone o qualcosa del genere.”
Dannazione, si disse Valya. Sono stata davvero una sciocca imprudente.
“Anche se fosse vero” disse con tono deciso. “E non lo è. Anche se lo fosse, non hai prove e non puoi dimostrarlo. Accusarmi non ti servirebbe a niente se non a ricevere una punizione da parte della governatrice.”
“Io non ti sto accusando” esclamò Ros.
“Allora perché mi stai dicendo tutto questo? È per minacciarmi? Ricattarmi?”
“No” fece Ros. “Non lo farei mai. Ti ho dato la mia parola che non ne avrei parlato con nessuno e così è stato, giusto?”
“Solo perché non ne hai avuto il tempo” disse Valya. “Chi mi assicura che domani o tra una Luna non andrai a raccontarlo in giro?”
“Ho giurato” si difese lui.
Che valore hanno per voi Chernin i giuramenti? Si chiese Valya diffidente.
“Ti chiedo scusa” disse Ros.
“Per cosa?”
“Per averne parlato. Avevo promesso, ma essendo da soli pensavo che fosse sicuro. Ho sbagliato e me ne pento.”
Valya lo fissò severa. “Non ne parliamo più.”
Ros annuì.
Restarono in silenzio fino a quando gli alberi non aumentarono e la foresta iniziò a infittirsi. Nel buio a Valya sembrava tutto più imponente e i rami degli alberi sembravano protendersi verso di lei per toccarla. O afferrarle le caviglie come diceva la vecchia Deyra.
“Qual è?” chiese Valya per distogliere il pensiero da quel ricordo.
Ros si guardava attorno ruotando la testa a destra e sinistra. “Non lo vedo.”
“Ma è uno di questi, no?”
“L’albero dei corvi è raro. Ha bisogno di spazio per crescere.”
“Ma tu sai com’è fatto.”
“Ho visto un’illustrazione in un libro di Jangar.”
“Un’illustrazione. Solo quella?”
“Era molto dettagliata e spiegava dove trovare l’albero. E non è qui.”
“Dove, allora?”
“Dovremo lasciare il sentiero e procedere a piedi.”
Valya sbuffò. “Potevi dirlo prima.”
“Scusa” fece lui a bassa voce.
Lasciarono i cavalli legati a un albero. Valya si assicurò che non scappassero tornando alla stalla. Il pensiero di sprecare le monete non le piaceva. Anche se quelle monete non erano sue.
Il ricordo delle monete le fece tornare in mente di avere un debito con Ros.
Non voglio avere debiti con i Chernin, si disse.
Ros aveva fatto qualche passo oltre il sentiero, infilandosi tra due alberi che avevano intrecciato i rami tra di loro.
“Dove vai?” gli chiese Valya raggiungendolo. “È buio e rischio di perderti di vista.”
“Non ero lontano. Potevi sentire il rumore dei miei passi.”
Valya dominò l’istinto di colpirlo con un pugno.
Ora capisco perché i tuoi fratelli non ti sopportano, si disse.
“Trovato” esclamò Ros chinandosi.
Valya lo raggiunse. “Dove?”
“Qui, qui. Guarda.”
Ros stava indicando un fungo di colore grigio con striature rosse che lo tagliavano a spicchi.
“Questo è l’albero dei corvi?”
“No” fece Ros entusiasta. “È una Coppetta Comune. Un tipo di fungo.”
“Credevo che stessimo cercando un albero.”
“La Coppetta Comune cresce dove c’è poca umidità. Come l’albero dei corvi. Vuol dire che siamo vicini.”
Valya sospirò. “Questo te l’ha insegnato Jangar?”
“L’ho letto in un libro” rispose Ros raddrizzandosi. “Cerchiamone altri e troveremo anche l’albero dei corvi.”
Valya stava per dirgli di sbrigarsi e che non avevano tutta la notte quando l’ululato la fece sussultare.

 
  
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