“Sebastìan,
Ginevra…dove siete? Quando
la finirete di giocare a nascondino ogni volta che bisogna fare i
compiti?” – è
una voce maschile a richiamare all’appello due bambini,
precisamente gemelli,
con tono rassegnato ad un comportamento ormai solito.
“Allora,
Bogotà? Li hai trovati?”
– lo raggiunge una donna dai capelli castani e corti.
“No,
Tokyo. Approfittano della
mia bontà, perché con Nairobi non fanno mai
così” – si lamenta il saldatore,
constatando la realtà dei fatti.
“Perché
tua moglie sa come
gestirli. Era o non era la tua boss? Come vedi sa comandare anche i
vostri
figli” – ridacchia Selene, dando una tenera pacca
sulla spalla all’amico.
“Nessuno
resiste con lei. E’
impossibile” – commenta lui, arrossendo. Poi
riprende – “Però non vorrei subire
io stesso la ramanzina di Nairobi quando rientrerà a casa,
dobbiamo trovare un
modo per rimetterli in riga. Hai suggerimenti?”
“Mmm,
non saprei!” – riflette la
Oliveira, camminando avanti e indietro
nella stanza dei gemelli, scrutandone ogni angolo.
“Papà”
– sopraggiunge una terza
persona che ha con sé uno dei due bambini.
“Alba,
sei degna figlia di tua
madre” – si complimenta Tokyo, notando che la
primogenita della coppia ha
scoperto il nascondiglio di uno dei suoi due fratellini.
“Sebastìan,
adesso voglio sapere
dove si trova tua sorella. Avanti, dimmelo! O mi arrabbio sul serio,
stavolta” –
Bogotà mostra un lato molto severo, seppure poco credibile
agli occhi dei figli
presenti, che conoscono il loro paparino amorevole.
“Non
lo so, papi” – il bambino è,
in realtà, molto scosso. Mantiene lo sguardo basso, mentre
alcune lacrime gli
rigano il volto.
“Ehi,
ma cosa ti prende? Stai
tremando come una foglia!” – la zia Tokyo si
preoccupa e istintivamente
abbraccia il nipotino.
“Se
non mi dici dove è Ginevra entro
tre secondi…” – Bogotà sta
perdendo la pazienza. Neppure le lacrime del figlio gli
appaiono credibili e, se vuole ottenere gli stessi risultati di
Nairobi, deve cominciare
a comportarsi da duro.
“Papà,
io non lo so. Te lo giuro….l’ho
vista salire su una macchina e poi…è
sparita” – racconta il piccino,
strofinandosi gli occhi inumiditi dal pianto.
“Che
cosa? – esclama, scioccato,
il saldatore, incrociando subito lo sguardo pietrificato della compagna
di
Banda.
Senza
proferire altre parole,
Bogotà lascia la stanza, correndo spedito verso il giardino.
Dietro
di sé c’è Alba, che lo
segue terrorizzata.
“Gin!
Ginny dove sei?” – urla l’uomo,
setacciando ogni angolo del quartiere.
Il
vicinato lo guarda alla
finestra e chiede spiegazioni, ma basta poco per intuire che la piccola
è sparita
nel nulla.
Senza
vergogna alcuna, suona ad
ogni campanello delle ville vicino la sua, domandando e ricevndo aiuto
da parte
di qualcuno.
Il
trambusto che si crea è
inevitabile, seppure il professore a suo tempo fu chiaro con i
Dalì: “Non dovete farvi
notare, può bastare un
piccolo movimento sbagliato per provocare un casino tale da smuovere
nuovamente
le ricerche su di noi.”
Però
in un momento così tragico,
a Bogotà importa poco di ciò che può
accadergli in prima persona.
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E’
ora di cena e a tavola è
seduto solo Sebastìan, con il suo piatto di pasta.
Cerca
di non pensare a quanto
accaduto eppure quello che ha visto lo opprime.
E’
difficile dimenticare come, da
una stupidata organizzata con sua sorella gemella, per evitare i
compiti scolastici,
si sia poi trovato di fronte a qualcosa di tragico.
Da
quel momento in poi, la sua
voce non emette più suoni e il silenzio diventa il suo
migliore amico.
Nel
frattempo, Tokyo contatta e
informa i vari membri della squadra, tentando di rintracciare Sergio
Marquina,
trasferitosi, a differenza di molti del gruppo, in Tailandia.
“Come
faccio a mantenere la calma,
Denver! E’ impossibile. E per di più Nairobi a
breve tornerà a casa e non sa
ancora nulla!”
Il
panico che viene vissuto dagli
adulti, prende inconsapevolmente anche i minori. Alba,infatti,
è seduta sul
divano a fissare il vuoto mentre vede la stabilità e la
serenità, che i suoi
genitori non le hanno fatto mai mancare, frantumarsi. I suoi soli
undici anni
sono pochi per permetterle di controllare le emozioni che le riempiono
la testa.
La
tv è accesa e trasmette il
notiziario. Le peggiori notizie vengono comunicate dal giornalista e
Alba sente
che da lì a poche ore, tra le news di cronaca,
comparirà anche quella di sua
sorella.
Un
rumore proveniente dalla
cucina fa sobbalzare sia la undicenne che la Oliveira. La donna chiude
immediatamente la telefonata e raggiunge Sebastìan.
Il
piccolo ha gettato il piatto a
terra, sparpagliando sul pavimento i resti del cibo mai toccato. Lui
è seduto
sulla sedia con lo sguardo terrorizzato, le mani tremanti, e gli occhi
arrossati.
“Piccolino,
va tutto bene!” – lo prende
in braccio Tokyo, stringendolo forte a sé.
La
maggiore dei tre figli di
Bogotà, seppure a fatica, ripulisce come meglio
può, seppure la rabbia che cova
nel cuore la spingerebbe volentieri a distruggere tutti i piatti della
credenza,
uno dopo l’altro.
“Ho
finito, zia! Ho pulito la
cucina” – comunica a Selene, qualche minuto dopo.
“Brava
tesoro, vieni qui” – le risponde
la Oliveira, seduta sul divano con Sebastìan addormentato
tra le sue braccia.
“Andrà
tutto bene, Ginevra
tornerà a casa. te lo giuro” – cerca di
rassicurarla, seppure fatica lei stessa
a credere alle parole dette.
“Non
sappiamo neppure dove sia”
“Dimentichi
che abbiamo rapinato
la Zecca, poi la Banca. Siamo qui per raccontarlo. Abbiamo fatto
qualcosa di
impossibile… e una volta che il Professore saprà
cosa accaduto, si mobiliterà.
Scopriremo cosa accaduto e agiremo di conseguenza!”
Proprio
di fronte a tali
affermazioni, così forti e convincenti, Alba si lascia
andare ad un pianto
liberatorio, trattenuto per ore.
Ed
è in quel preciso istante che
Agata Jimenez torna a casa, in tutta tranquillità, convinta
di poter godere
della serata con i suoi tre figli e il marito.
Ignora
che la felicità che con
forza aveva guadagnato, sta per dirle di nuovo addio.