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Autore: DhakiraHijikatasouji    17/04/2021    0 recensioni
Siamo in tempo di guerra, anno 1916. Nessuno però sa che sotto un bunker una donna sta partorendo e un bambino alla luce sta dando. Questo cucciolo però non sa che dovrà crescere affrontando un’orribile infanzia da orfano dove scoprirà la sua vera natura che in tutto il racconto non riuscirà a negare a sé stesso. Soprattutto quando incontrerà l’aspirante artista Bill Kaulitz. E lì riuscirà a capire tutti i ritratti del mondo…del loro mondo.
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Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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Kapitel 14


Marleen si era svegliata di soprassalto quando aveva sentito gridare il nome del suo papà in quella maniera. Il cuore le stava battendo all'impazzata. Era scesa immediatamente dal lettino ed era corsa in cucina. Quasi non si era neanche accorta di essere tornata in quella casa che credeva di aver abbandonato per sempre, era proprio l'ultimo dei suoi pensieri. Tom era ancora a terra e Bill lo scuoteva cercando di farlo rinvenire. Si augurò di star ancora dormendo perché tutto ciò la stava spaventando da morire.

- Papà!- La bimba corse accanto a Bill con la voglia di piangere. Che cosa stava succedendo al suo papà? Perché non rispondeva!?

- Marleen, ascoltami, non devi piangere- Le aveva detto Bill, sperando che lo ascoltasse. Era impanicato quanto lei ma non dovevano lasciarsi prendere dallo sconforto adesso. Era necessario mantenere il sangue freddo in certe situazioni. - Aprimi la porta della camera- Marleen eseguì mentre Bill cercava di prendere Tom tra le sue braccia e acquistare l'equilibrio necessario per non cadere. Erano entrambi molto indeboliti dalle circostanze ma non potevano far altro che aiutarsi a vicenda come il sogno di famiglia che si impegnavano penosamente ad imitare. Sarebbero davvero riusciti a rimanere uniti nonostante tutto? Non lo sapevano nemmeno loro. La guerra stava togliendo sempre più certezze giorno dopo giorno. Adagiò Tom sul letto e provvide a levargli anche i vestiti. Non doveva stare esageratamente al caldo.

- Papà...- Marleen si avvicinò con il labbro tremulo. Ci stava provando con tutte le sue forze, ma sentiva il bisogno di piangere. Sapeva che le sue lacrime non avrebbero fatto svegliare Tom, ma forse avrebbero dato pace al suo piccolo cuore. Bill non voleva vederla in quel modo, però comprendeva che per una bimba di soli due anni era difficile capire che doveva essere forte in quell'istante. Pensò che se avessero tirato un'altra bomba per loro sarebbe stata la fine, quindi il fatto che Tom avesse la febbre sarebbe dovuto essere il male minore...vero? Bill credette davvero di essere un pessimo genitore, perché tutto quello che fece fu accarezzare la testa della bimba, come se quel tocco sarebbe stato sufficiente a non farla cedere, e si era successivamente diretto a prendere del ghiaccio per vedere di abbassare la febbre di Tom. Intanto Marleen era rimasta lì e gli stava toccando la faccia con le manine raffreddate dal timore. - Papà- Sussurrava. - 'vegliati peffavore- E come se le sue parole fossero state magia, Tom riaprì gli occhi ritrovando quelli enormi della sua piccola Marleen che lo osservavano un po' intimoriti.

- Amore...- Emise con voce molto debole cercando di accarezzarle il visino rotondo, ma si sentiva tutto intorpidito e gli sembrava di avere più mani invece che una sola. La vista era notevolmente alterata.

- Pecché 'tai male?- Chiese, pur sapendo che la ragione non avrebbe contribuito a renderla tranquilla.

- Non è niente...è solo una febbre...- Marleen non ci credeva a quelle parole. Anche prima le aveva detto che non era niente, solo un giramento di testa, e invece era svenuto facendola spaventare a morte. Aveva tanta paura, però non lo disse, perché non desiderava che il suo papà avesse anche questo pensiero di lei spaventata. Doveva fare come aveva detto papà Bill, doveva non piangere e sperare che sarebbe andato tutto bene in qualche modo.

- Tom!- Appena Bill lo vide sveglio, mollò da una parte tutto quello che aveva preso e si era inginocchiato accanto a lui.

- Bill...- Il moro gli prese il viso tra le mani.

- Lo sai, ti riempirei di schiaffi fino a sdoppiarti adesso...- E fu lui invece a scoppiare in lacrime appoggiando al fronte sul petto del ragazzo, che adesso si sentiva in colpa. Aveva fatto soffrire Bill in tutti i modi possibili e lui era sempre lì per amarlo, per prendersi cura di quel fiore che andrebbe bagnato tutti i giorni...anche se il loro stava lentamente morendo. Tom si sentiva come se stesse per morire. A malapena riusciva a parlare e il respiro...percepiva come se ci fosse qualcosa che glielo rendeva una difficile impresa. Era sicuro che era colpa dei Winkler, era sicuro che erano stati loro...che in quel succo di mirtilli c'era qualcosa. Fu in grado di alzare la mano e di condurla ai capelli sempre morbidi di Bill accarezzandoglieli con dolcezza.

- Ti amo- Sussurrò dal suo cuore che si stava ammalando di una sostanza che non conosceva neanche lui. Forse era veleno...forse...forse sarebbe morto sul serio. Voleva quindi che in quel momento Bill sapesse che lo amava e che quello schiaffo non era stato un gesto lecito e soprattutto voluto. - Mi dispiace...per tutto...io non...non volevo farti...del male- Bill scuoteva la testa piano, non doveva parlare adesso. Era davvero molto debole.

- Tom, ti perdono qualsiasi cosa...qualsiasi- Gli poggiò una mano sulla guancia e si chinò per donargli un bacio a fior di labbra. - Ma non parlare ora e soprattutto non parlare in questo modo...- E delle lacrime tornarono a bagnare il suo viso. Sentiva come se gli stesse dicendo addio. No, non era così che doveva andare a finire. Marleen era ancora piccola, necessitava di entrambi per crescere, e Bill necessitava di Tom per vivere. Si era sempre detto che non sarebbe appartenuto a nessuno, ma Bill non apparteneva a Tom...lui gli aveva fatto conoscere la libertà e l'amore...e Bill apparteneva all'amore che Tom gli donava.
La bimba salì sul materasso e si stese con la testa sulla spalla di suo padre cercando di abbracciarlo con le sue piccole braccia sperando che questo lo guarisse almeno un pochetto. - Io e Marleen ci prenderemo cura di te, d'accordo?-

- Bill, voglio che mi prometti una cosa- Aveva freddo...e una sensazione indefinita, molto vicina alla paura più nera.

- Cosa?-

- Se...se ci dovesse essere un altro...bombardamento...non esitare a prendere Marleen e scappare...non voglio...essere un peso...perché è questo quello che sono...io e le mie decisioni idiote...io e la mia testardaggine...-

- Non dire queste cose, diamine!- Bill si era alzato di scatto, nuovamente arrabbiato, ma anche scoraggiato. Non poteva dirgli così, come se non credesse in un minimo di speranza. Afferrò il ghiaccio messo in un panno e glielo appoggiò sulla fronte.

- Bill, devi considerare...questa possibilità-

- La considererò nel momento che accadrà, ora voglio credere che tu starai bene e che prima o poi questo inferno avrà fine- Tom non pronunciò altre parole. Aveva ragione. Il pessimismo era l'ultima cosa che serviva, per quanto in quel periodo pessimismo e realismo fossero quasi sinonimi.

La mattina seguente...

Marleen aveva dormito con Tom tutta la notte, mentre Bill non aveva chiuso per niente occhio. Naturalmente aveva passato il tempo nella piccola soffitta a dipingere. Tuttavia quella mattina, quando Bill rientrò, il timore gli era scemato via in un istante alla vista di Marleen e Tom che dormivano insieme. La piccola si era svegliata subito, appena aveva sentito un rumore.

- Shh, sono io- La rassicurò. Era diventata davvero vigile dal bombardamento. Ogni minimo rumore la metteva sull'attenti. Era orribile che neanche una bambina di due anni potesse dormire sogni tranquilli senza rimanere perennemente allerta. Tom logicamente aprì gli occhi quasi subito dopo siccome aveva sentito qualche movimento nel letto. - Buongiorno, come ti senti?-

- Penso che andrò a farmi una corsetta...intorno all'isolato, sai...- Lo prese in giro. Bill assunse un sorrisino.

- Se ti è tornata la voglia di scherzare, allora stai sicuramente meglio. Senti, io devo andare a prendere delle provviste...insomma, ci vediamo tra qualche minuto. Vuoi venire con me?- Chiese poi guardando Marleen, la quale si protese e dette un bacetto sulla guancia del padre. - Vuoi rimanere qui con lui, vero?- Bill aveva già capito cosa quegli occhi stessero a significare. Marleen era terribilmente affettuosa quando si trattava di Tom. Come volevasi dimostrare, la bimba annuì. - Allora prendo qualcosa per colazione, faccio quanto prima- Si chinò e lasciò un bacio sulle labbra di Tom, che assunse un sorriso stanco. - E tu fai la brava, d'accordo?- Marleen fece un cenno d'assenso con la testa e Bill le sorrise capendo che non c'era neanche bisogno di raccomandazioni con una bimba come lei. Fortunatamente il mercato non era lontano e ci avrebbe realmente messo poco. Non osava immaginare che cosa sarebbe successo in quei pochi minuti, però erano senza alimenti e uno di loro doveva uscire per forza di cose.

- Vai pure...lei è un'ottima infermiera- Lo rassicurò Tom accogliendo Marleen tra le sue braccia. Lei sentiva che tra le braccia calde di suo padre stava pian piano riprendendo il sonno mancato. Bill intanto era già andato via e Tom era rimasto ad osservare il visino roseo di sua figlia che si era lentamente addormentata. Era un angelo, il suo piccolo angelo. Però...lui aveva ucciso sua madre facendola nascere...solo per non diventare pazzo. Aveva sulla coscienza, ogni giorno, il pensiero di Saphira e il modo in cui era morta. Avrebbe tanto voluto tornare indietro nel tempo ed evitare tutto quello, evitare quella notte dove avevano fatto sesso, evitare quel giorno dove gli aveva detto di essere incinta. No che non desiderasse la presenza di Marleen, la amava come nessun altro...ma era morta una vita per la nascita di un'altra, e a causa sua. Era merito suo se Marleen adesso gli dormiva accanto, e colpa sua se Saphira li osservava da lassù. Si avvicinò e baciò le piccole labbra di Marleen accarezzandole la guanciotta arrossata. Doveva scusarsi anche con lei perché le aveva portato via la madre...e con Bill perché si era innamorato di una persona come lui. Diceva di amarli ma era stato solo capace di ferirli e adesso si trovava nel letto con la febbre durante una delle peggiori guerre mai viste. Sì, meritava proprio che quel malore se lo portasse via. Si voltò verso la porta e riuscì a scorgere la boccetta di succo di mirtillo sul tavolo. In quell'istante un'idea malata mascherata da buona gli balenò per la mente.
Bill avrebbe capito.

***

Il moro rientrò a casa giusto un'oretta più tardi perché c'era una fila abbastanza chiassosa per il pane. Era veramente complicato anche solo girare per le strade, sembrava una guerra tutti contro tutti, nonostante fossero gli ebrei il problema. Bill non capiva perché avercela con quella gente. Per quanto ne sapeva, non avevano mai fatto niente di male ed erano persone acculturate, illustri, forse più di loro tedeschi. Erano solamente da ammirare. Ma l'uomo era portato a distruggere, soprattutto se il motivo era invidia, mescolato a pazzia e bramosia di potere. Appoggiò la borsa con le provviste sul tavolo e notò che la bottiglietta di succo ai mirtilli era priva del tappo e un po' di sostanza macchiava il legno. In un primo momento aveva pensato che Marleen aveva cercato di berlo e aveva combinato un disastro, così si armò di pazienza e pulì accuratamente la macchia promettendo di non arrabbiarsi con lei. Sistemò la spesa nelle dispense e poi si diresse in camera loro per vedere se Tom stava ancora dormendo e soprattutto se aveva voglia di mangiare qualcosa, più precisamente la colazione che aveva comprato. Si avvicinò al letto con passi lenti perché lo vedeva immobile e dedusse che si era nuovamente addormentato. Non voleva che gli prendesse un colpo come a Marleen quella mattina. Ma il colpo venne a lui quando si accorse che dalle sue labbra colava un liquido rossastro.

- Tom!!!- Si chinò prendendogli il viso tra le mani e dedusse che quello non era sangue...ma succo di mirtillo. Il panico iniziale scemò via, ma non del tutto. Cosa stava succedendo? Marleen si era logicamente svegliata e si era alzata perché doveva andare in bagno. Bill non l'aveva fermata e non le aveva chiesto nulla, dedusse solo che se lei era a letto non poteva aver bevuto il succo e che quindi era stato Tom...e capì che c'era qualcosa in quel liquido che non lo convinceva per niente. - Tom...- Non sapeva se essere furioso o sconfortato. Non comprendeva le sue intenzioni, perché avesse bevuto quell'affare. Stava scherzando!? Voleva farlo spaventare. - Tom, svegliati, non è per niente divertente!- Ma il ragazzo, per la seconda volta, non dava segni di reazione. Il panico tornò repentino quando comprese che in quella boccetta altro non c'era che del veleno. I Winkler avevano avvelenato Tom, ma perché lui ne aveva bevuto dell'altro? Voleva per caso ammazzarsi!? Il pensiero lo bloccò definitivamente.
Lui...si era ucciso.
Non c'era più niente da fare. Gli sentì il polso ed era completamente assente...forse appena percettibile o era perché le sue mani tremavano. Sembrava così freddo. - TOM!- Lo prese tra le braccia sperando che riaprisse gli occhi come l'ultima volta. - TI PREGO, TI PREGO TOM!- Lo scuoteva ma senza ottenere alcun tipo di risultato. Le lacrime avevano ripreso a scendere senza che lui potesse fermarle. Tom...era morto. Il suo amore, la persona che gli aveva detto che le avrebbero superate tutte rimanendo insieme, la persona che voleva una famiglia con lui! Si era tolto la vita! Si era suicidato a vent'anni!

- Papà...- La vocina di Marleen lo riportò alla realtà e la vide che teneva la bottiglietta di succo tra le mani. Sussultò e con uno scatto fulmineo, balzò verso la bambina e le schiaffeggiò la mano appropriandosi dell'oggetto.

- NON TOCCARE MAI PIÙ' QUELLA ROBA!- Gridò fuori di sé. La bimba aveva sobbalzato. Mai papà Bill si era azzardato ad urlarle contro, soprattutto in quel modo disumano. Non immaginava che lo aveva fatto perché quello altro non era che veleno e lei sarebbe potuta morire subito, senza neanche passare da sintomi come febbre e chissà cos'altro. Scoppiò infatti a piangere credendo di essere stata sgridata senza una ragione. In quell'istante Bill comprese di non essere adatto. Lui non poteva crescere Marleen senza Tom, perché non aveva un legame di sangue con quella creatura. Lo aveva detto fin dall'inizio che lui non voleva figli e quel viso arrossato gli stava confermando che aveva pensato giusto. - Vieni qui- La prese in braccio senza che lei si ribellasse e uscirono immediatamente di casa. Sapeva che cosa doveva fare, per quanto questo pensiero lo stava distruggendo. Non voleva che Marleen sapesse che suo padre era morto, non desiderava neanche che lo vedesse o che lo intuisse. L'unico modo era...lasciarla andare.
Suonò il campanello e aspettò che gli venissero ad aprire.

- Bill, che ci fai qui?- Fu questa l'accoglienza di Gustav, che logicamente sapeva il pericolo che correvano lui e Tom, e non voleva che si esponessero se non era indispensabile.

- Ti prego, fammi entrare- La sua voce era rotta dal pianto e il biondo non esitò ad accogliere lui e la bambina nella sua casa. Mise giù Marleen, che aveva visto le figlie di Gustav giocare con le bambole e voleva partecipare anche lei a quel siparietto.

- Che è successo?- Chiese preoccupato il biondo.

- Gustav, ho bisogno di un tuo favore enorme...ti prego-

- Bill...- Era esitante perché non sapeva che cosa gli avrebbe chiesto e in quel tempo non era sicuro di poter fare favori così grossi. - Dimmi-

- Hai una famiglia perfetta...una moglie meravigliosa...due bambine adorabili...e siete stati sempre molto gentili con me, Tom e Marleen...- Il biondo aveva un brutto presentimento. Gli stava per caso chiedendo di...?

- No, Bill. Non posso...non posso proprio- Si affrettò a rispondere. - Siamo in tempo di guerra e per noi è già difficile andare avanti...-

- Noi non abbiamo più un soldo...e neanche la forza...di andare avanti...- Gustav vedeva quanto Bill era sciupato e distrutto, e sentiva con che tono stava dicendo quelle parole. Era resa, una cosa che Gustav aveva sempre temuto in una persona come lui.

- Bill...-

- Ti prego, è l'ultimo favore che ti chiedo- Sancì con occhi fermi. Il biondo sospirò e dopo qualche secondo annuì. Se tenere Marleen poteva essere un modo per aiutarli, allora lo avrebbe fatto. Immaginava che in qualche modo sarebbero fuggiti per non soccombere a tutto questo.

- Ma come intendi farlo?- Bill voltò lo sguardo verso Marleen che sorrideva con due bambole in mano che stava facendo interagire con quelle delle sue amiche. Sarebbero state delle sorelle perfette per lei, pensò.

- Hai un sonnifero?- Chiese con una lacrima a rigargli la guancia e la voce spezzata, senza staccare gli occhi dalla figlia. Gustav annuì e andò a prenderlo, logicamente una quantità molto ridotta, sufficiente per far addormentare Marleen. Bill sperava che funzionasse, anche perché la bambina aveva dormito molto e non sapeva se il sonnifero avrebbe fatto adeguatamente il suo dovere. Gustav fece in modo di preparare loro una colazione un po' ritardata e nella tazza di latte di Marleen vi mise qualche goccia di sonnifero. La bimba logicamente non sospettava nulla e bevve tutta la tazza sotto gli occhi indefiniti di Bill. Stava facendo una cosa orribile...ma era giusto per Marleen. Non poteva crescere con una persona come lui. Tom non c'era più e le sue forze le stava concentrando tutte per quel gesto estremo.
Dopo pochi minuti, la bimba iniziò a sbadigliare.

- Papà...- Lo chiamò. Bill si avvicinò subito capendo che il momento era giunto.

- Dimmi, amore-

- Ho sonno...andiamo a casa?- Chiese con vocina un po' trascinata. Bill la prese in braccio prima che cadesse, siccome non si stava reggendo neanche più in piedi.

- Sì...ora andiamo a casa- Pronunciò lasciando scendere due lacrime. Marleen dopo pochi secondi era caduta completamente addormentata.

- Bill...non sei obbligato a farlo- Tentò di riportarlo alla ragione, ma le occhiaie rosse sotto gli occhi di Bill parlavano per lui.

- No, non farmici ripensare- Si asciugò le lacrime e gliela passò a Gustav. - Ti prego, abbi cura di lei- Si chinò e le posò un bacio sulla fronte, prima di scappare via. Appena fuori si lasciò andare ad un grido disperato e cadde in ginocchio. Era la cosa più orribile che avesse mai dovuto fare. Abbandonare sua figlia. Aveva appena abbandonato la sua bambina. Da come singhiozzava non riusciva neanche a riprendere fiato. Immaginava lei che si risvegliava e non lo trovava, Gustav che le doveva spiegare tutto. Gli aveva lasciato veramente una grande questione da risolvere e una vita da crescere. Si ricompose, ringraziando il cielo che la strada era praticamente deserta. Tornò a casa con le gambe che avanzavano come se fossero state fatte di piombo. Il mondo attorno a lui era completamente sparito, adesso c'erano solo Tom e lui...solo Tom e lui.
Una volta arrivato, Bill bevve quel poco di succo che rimaneva nella bottiglietta di vetro e si pose nel letto con Tom ancora incosciente, accarezzandogli una guancia fredda. Sapeva di star commettendo una pazzia ma tutto ciò non aveva più senso. Non poteva più vivere. Aveva lasciato Marleen perché non voleva che vedesse anche lui sul letto di morte. Si sporse su Tom leccando quel poco di succo che gli era rimasto sulle labbra e, anche se ci sarebbero voluti dei giorni, lui doveva e voleva morire. E finalmente sarebbero stati solamente lui e Tom...lui e Tom.
Chiuse gli occhi.

***

Gustav uscì da quella stanza piena di urla. Marleen si era appena svegliata e logicamente aveva chiesto di Bill. Quando lui e Linda erano riusciti a dirle che lei sarebbe rimasta da loro per del tempo che non sapevano quanto sarebbe stato, la bambina logicamente aveva cominciato a piangere e urlare dicendo di voler tornare a casa e gridava "papà" come se essi potessero sentirla e venire a riprendersela. Per Gustav era stato davvero straziante, perciò aveva lasciato Linda ad occuparsene dopo un po'. In fondo lei era una donna e Marleen in quel momento aveva bisogno di una figura femminile che sostituisse quella materna di Bill e di Saphira. Linda era la più adatta, decisamente. Gustav però, mentre si dirigeva al piano di sotto, non riusciva a capacitarsi di alcuni eventi appena accaduti. Bill era piuttosto strano quando era venuto, aveva l'aspetto di una persona che voleva farla finita, non che voleva tentare il gesto estremo della fuga. Ricordò anche le sue ultime parole, ovvero "questo è l'ultimo favore che ti chiedo" e fu quello a farlo trasalire. Doveva assolutamente fare qualcosa. Se Bill aveva intenzione di ammazzarsi era necessario chiamare una persona che non era delle autorità, qualcuno che li conosceva e che avrebbe potuto comunque assisterli meglio di lui. Gli venne immediatamente in mente chi poteva essere quella persona. Fece il suo numero e aspettò che rispondesse.

Pronto?-

- Pronto, Georg. Sono Gustav-

Oh, Gustav, qual è il motivo della tua chiamata?- Lui e Georg si conoscevano da un pezzo in quanto egli abitava a Schwerin ma poi si era trasferito a Berlino per continuare a lavorare. Adesso che sapeva che era di nuovo in circolazione, doveva assolutamente approfittarne.

- Mi serve che tu vada a questo indirizzo, va bene?- Il castano sentì il suo tono molto impanicato, ma rimase calmo e lo ascoltò. Gustav gli espose la situazione, che delle persone avrebbero potuto commettere suicidio e quindi di aspettarsi di tutto non appena sarebbe arrivato sul posto. Georg non si tirò indietro e accettò di andarci, nonostante tutti i pericoli che avrebbe potuto incontrare uscendo. Si armò di valigetta e raggiunse il palazzo dove abitavano Bill e Tom. Sinceramente aveva avuto dei sospetti su una loro possibile relazione. Era strano che due uomini coetanei convivessero, sinceramente. Quando bussò, esattamente come si aspettava, nessuno gli venne ad aprire e fu costretto ad utilizzare le maniere forti.

- Bill! Tom! APRITE!- Ma sembrava che nessuno si muovesse lì dentro, non udì né voci né passi. Prese quindi la maniglia e la forzò fino a romperla e sfondò la porta. Entrò e gli si presentò lo scenario di una casa super modesta, deserta e silenziosa. La prima cosa che fece fu dare un occhiata in giro per vedere dove potessero essere. Quando giunse alla camera da letto si gelò sul posto. Erano entrambi stesi sul letto, l'uno accanto all'altro, privi di sensi. Bill stava sudando copiosamente, colto dalla febbre, mentre Tom pareva non dare proprio alcun segno di vita a primo sguardo. - Bill!- Lo chiamò e il ragazzo riuscì solamente ad osservarlo con la coda dell'occhio.

- Dottor...Listing...-

- Che cosa è successo?-

- Io...abbiamo bevuto...del veleno...- Riuscì a dire. Georg non sapeva che genere di sostanza avessero ingerito ma non per questo si sarebbe tirato indietro. Avrebbe fatto tutto il possibile pur di guarirli. Era il suo mestiere, la sua vocazione e ciò che aveva sempre voluto: salvare la vita alle persone.

- Posso aiutarvi-

- No...Georg...-

- Bill, suicidarsi è da incoscienti! Avete una bambina tu e Tom, lei non può crescere senza i suoi due padri, perciò adesso taci e fammi lavorare!- L'etichetta era andata a farsi benedire da un po', soprattutto dopo quelle parole. Lui non comprendeva il voler morire fino a questo punto. D'accordo, c'erano tanti problemi, ma avevano l'amore che li univa, come potevano mandare all'aria tutto come se niente fosse? Georg rimase lì per giorni interi, logicamente purificò prima Bill, che era la persona meno a rischio. Tom invece temeva che non sarebbe riuscito a salvarlo. Aveva fatto loro delle iniezioni quotidiane e all'ennesima, Bill era già in grado di stare a sedere e qualche volta di alzarsi anche in piedi senza nessun sostegno.

- Perché lo hai fatto?- Chiese mentre Georg stava pigiando lo stantuffo per far defluire la medicina nel braccio del moro.

- Perché secondo me non è finita qui, Bill. Ho compreso cosa c'è tra te e Tom, e siamo sulla stessa barca noi tre in questo istante. Io perché ebreo, voi perché omosessuali. Ci stanno punendo ingiustamente e credo che non dobbiamo darla vinta a gente come loro- Bill non contestò. Sinceramente non gli era mai stato simpatico quell'uomo, ma se poteva curare Tom, sarebbe arrivato perfino a baciargli i piedi dalla felicità. Poggiò una mano sulla spalla nuda del ragazzo disteso accanto a lui, che ancora aveva gli occhi chiusi e sembrava dormire.

- Io lo amo...ma nonostante lo abbia perdonato per tutti i suoi sbagli lui ha voluto abbandonare me e Marleen-

- Tu lo hai perdonato, Bill...ma lui? E' stato capace di perdonare sé stesso?- La risposta era più che evidente. Tom non stava riuscendo a perdonarsi per i propri errori, credeva ancora di meritare la morte come punizione. La stava cercando perché credeva che senza di lui, la gente che amava sarebbe stata bene. Bill lasciò cadere due lacrime silenziose che Georg provvide ad asciugargli. - Si riprenderà-

- Ho abbandonato nostra figlia...-

- Sì, Gustav mi ha detto anche questo. Ci conosciamo anche noi da tempo e mi ha detto lui di passare di qui per controllare la situazione siccome era molto preoccupato per voi- Bill non contestò. Era davvero così importante che loro non se ne andassero? Era veramente ciò che contava di più? Perché le persone non erano capaci di far andare le cose come era giusto che andassero? Forse...perché non era giusto così. Georg fece l'ennesima iniezione anche a Tom. - Ecco, questa dovrebbe essere l'ultima...adesso dovrebbe cominciare a migliorare- A quelle parole Bill riuscì a ritrovare quel piccolo sorriso nascosto nel suo cuore e Georg lo ricambiò.

- Non so come ringraziarti-

- Non devi farlo, Bill. Comunque se pensi che ci sia ancora bisogno del mio aiuto resto-

- Ti ringrazio ma non credo che sia necessario, mi occuperò io della persona che amo- Georg annuì e augurò loro di guarire presto così da poter riabbracciare Marleen. Quello era l'obiettivo di entrambi. Quando Georg se ne fu andato con le dovute raccomandazioni, Bill pensò bene di cominciare a rassettare la casa, pulirla un po' e prepararsi qualcosa da mangiare. Dopo questo, andò a cambiare il panno bagnato sulla fronte di Tom, ma nel momento che glielo tolse e stette per andare verso il secchio con l'acqua, una mano afferrò il suo polso e si voltò. Tom era lì che lo osservava con occhi smarriti.

- Bill...- Il moro cercò di non far esplodere il proprio cuore e cadde a sedere sul materasso.

- Tom...-

- Perché sono ancora qui...?- Bill si sporse e lo abbracciò stretto. Non era la prima volta che aveva dovuto rispondere a quella domanda, ma era difficile trovare una motivazione diversa dalla verità.

- Sei qui perché non è il momento di abbandonarmi, Tom. Non adesso...non ora che ho bisogno di te più che mai- Gli lasciò un leggero bacio sul naso e poi scese sulle sue labbra. - Adesso pensa a riprenderti...e non scusarti...perché se ci tieni tanto a vedere Dio, giuro che te lo faccio vedere io questa volta...è chiaro?- Il suo era un rimprovero serio, ma il tono lacrimoso e debole lo rendeva tanto una preghiera.

- Non mi scuserò...non servirebbe a niente...ma dimmi dov'è Marleen- Bill in quell'istante non ebbe il cuore di dirgli che l'aveva abbandonata, così fece trasparire un sorriso decidendo di raccontare una mezza verità.

- Non volevo che stesse qui e ti vedesse stare male, così l'ho fatta tenere a Gustav per questi giorni-

- Giorni!? Da quanto tempo è che sto così?-

- Beh...anche io ho perso un po' la cognizione del tempo...ma suppongo siano giorni-

- E tu come stai? Stai bene?- Chiese apprensivo, come se si fosse appena fatto del male.

- Sì...sono solo un po' stanco- Rispose Bill cercando di rassicurarlo. Tom allora lo prese per il polso e lo tirò giù fino a farlo stendere nel letto accanto a lui. - No, non farmi sdraiare...- Si lamentò.

- Troppo tardi- Bill trovò la forza di ridacchiare.

- Va a finire che mi addormento...e tu hai bisogno di me...- Il suo tono di voce era già trascinato.

- Ho bisogno di te che stai totalmente bene. Necessiti di riposo tanto quanto me- Bill dopo qualche secondo si era già addormentato. Forse era il sollievo che tutto stesse andando bene in qualche modo. Tom era vivo, Marleen era al sicuro, quindi lui ora poteva permettersi di dormire un po'. Tom invece rimase ad osservare, illuminato dalla luce di un cielo bianco che entrava dalla loro piccola finestrella. Sembrava che non mangiasse da giorni, aveva il viso più scarno del solito e un po' di occhiaie, ma per Tom era bellissimo. E se tutte le volte qualcuno aveva desiderato riportarlo indietro dalla morte, forse un motivo c'era. Avrebbe potuto tentare e ritentare, ma se non era il momento di andarsene, qualcosa o qualcuno glielo avrebbe impedito. Tanto valeva arrendersi e aspettare quel momento. Per ora era sufficiente attenderlo mentre guardava il viso di Bill che dormiva finalmente tranquillo.

***

- Ecco fatto, sei perfetta così- Linda aveva appena finito di legarle il nastro sui capelli corvini. Erano passate solamente due settimane e mezzo da quando Bill aveva tentato di abbandonarla, ma quando il moro aveva annunciato che sarebbero venuti a riprendersela, pure Linda era scoppiata di gioia. Marleen ancora le notti piangeva e non si era abituata a stare da loro, nonostante in alcuni momenti avesse ritrovato un po' di gioia con le proprie "sorelle". Anche la donna credeva che Marleen dovesse stare con i suoi due papà, non perché le creava fastidio averla intorno, figuriamoci, ma perché, come Georg, pensava che Bill e Tom non dovevano arrendersi di fronte a questo, per quanto tutto ciò sembrasse invincibile. Dovevano perlomeno tentare di rimanere in piedi grazie all'amore che condividevano l'uno per l'altro. Marleen non sapeva che quel giorno sarebbero giunti entrambi i suoi papà per riportarla a casa con loro e perciò aveva chiesto spesso a Linda perché la stesse vestendo in quel modo. Aveva un abitino molto semplice ma davvero carino, con qualche pizzo e merletto. Anche Gustav logicamente era a conoscenza del lieto evento e non vedeva l'ora che la piccola Marleen potesse riabbracciare i suoi genitori. Tutti erano in trepidante attesa di quando sarebbero giunti a prenderla e circa un'ora dopo suonarono al campanello. Marleen sobbalzò. Aveva paura che pure Gustav e Linda l'avrebbero abbandonata perché erano in troppi in quella casa e lei non era neanche la loro figlia. Non riusciva più a pensare positivo dopo tutti i traumi che aveva subito e gli eventi che la travolgevano senza che avesse il potere di controllarli, come una piccola conchiglia mossa dalla potente corrente del mare. Anche adesso il suo cuore batteva davvero forte, si sentiva come soffocare. Afferrò la mano di Linda, che abbassò lo sguardo con un bel sorriso sul volto. Non capiva che cosa significasse, fino a che...

- Marleen!- Sentì una voce che, per quanto tempo non la udisse, non l'avrebbe mai potuta dimenticare. Era Tom. Era il suo papà. Le giunsero immediatamente le lacrime agli occhi e prese a correre in direzione dell'ingresso, il quale sembrava così lontano e irraggiungibile.

- Papà!-

- Marleen!- Sentiva la sua voce ma ancora non riusciva a vederlo. Svoltò l'angolo e il suo piccolo cuore si arrestò. Tom era lì, con il suo aspetto trasandato, vestito di abiti poveri e mal ridotti. Ma era lì e l'attendeva a braccia aperte. Appena i loro occhi si incrociarono Marleen scoppiò in un pianto disperato e corse nella sua direzione. Fu un enorme sollievo quando si accorse che quelle braccia non erano l'ennesimo sogno incompiuto e la stavano stringendo veramente. - Marleen...- Anche Tom stava piangendo di gioia a poterla finalmente avere tra le sue braccia. - Quanto sei...sembri più grande...vestita così- Riuscì a dire tentando di asciugarsi le lacrime. La sua bambina era bellissima e i suoi capelli parevano cresciuti tantissimo in quelle due settimane e mezzo. Bill logicamente aveva successivamente provveduto a raccontargli la verità, ovvero che aveva lasciato Marleen a Gustav perché aveva intenzione di seguirlo nell'aldilà. Tom non si era infuriato, era rimasto in silenzio e aveva abbassato lo sguardo per poi concludere che anche quella mossa disperata di Bill era stata solamente colpa sua. In qualche modo lui non era destinato a morire per mano propria, non era scritto così in quel libro del destino che Bill si ostinava a dire che esisteva, e Tom non aveva mai smesso di crederci, ora più che mai. Marleen aveva bisogno di lui, Bill aveva bisogno di lui, e se loro due avevano bisogno di lui, voleva dire che possedeva un valore, in qualche modo inestimabile.

- Dove è papà Bill?- Doveva ammetterlo. Era stata molto arrabbiata con lui perché l'aveva lasciata senza permettere neanche che li salutasse. Ma andando avanti in quei giorni si era accorta che le mancava il suo dolce profumo, la sua pelle morbida e calda che la rassicurava sempre e i momenti di quando dipingevano e ridevano insieme. Le mancava anche quando la metteva a letto, che la copriva sempre con attenzione e si raccomandava che non prendesse freddo. In quei giorni aveva capito come era perdere una madre...ed era stato orribile.

- Lui...sta arrivando- E il suo tono si era leggermente incupito.

- Tom, che è successo?- Si avvicinò Gustav, preoccupato da quell'espressione irrequieta.

- Abbiamo incontrato dei soldati che marciavano sulla città mentre stavamo venendo qui e Bill è stato costretto a prendere un'altra strada...ma dovrebbe essere qui tra poco- Prese in braccio Marleen che lo fissava con un timore che gli cresceva nel petto. Aveva paura per papà Bill. Odiava quegli uomini in uniforme, avevano uno sguardo così cattivo e a volte li aveva visti che picchiavano gente per strada. Non voleva che picchiassero anche Bill. - Intanto andiamo in salotto, mh?- Propose con un sorriso tranquillo per non far andare nel panico nessuno, men che meno sua figlia. Era tutto sotto controllo, o almeno era quello che sperava.

- Come pensate di tornare a casa vostra? In questi giorni i controlli sono diventati più rigidi, vanno a cercare chiunque sia diverso da loro, lo prendono e lo conducono in questi campi di concentramento...un posto orribile. Tu e Bill siete fortemente in pericolo- E lo era anche Marleen. Di certo non avrebbero esitato a portare anche lei in quei campi e a farla sterminare dalle docce velenose. E sia Tom che Bill non erano a conoscenza di questi marchingegni, ma solo il pensiero che Marleen sarebbe stata nuovamente lontana da loro era atroce da sopportare.

- Ci abbiamo già pensato a questo, ma abbiamo bisogno nuovamente del vostro aiuto- Gli scomodava chiedere sempre favori a Gustav, ma erano davvero gli unici amici sui quali potevano contare veramente. - Vi sto chiedendo un po' di denaro...giusto la somma che ci manca per prendere due biglietti e cambiare nazione- Il biondo guardò la moglie, la quale sospirò. Capiva che stavano pensando la medesima cosa.

- Tom...noi saremmo lieti di potervi aiutare, anche se siamo quasi sul lastrico...ma...non è davvero sicuro mettere piede fuori...forse potreste...venire deportati-

- E' per quel forse che vogliamo tentare, Gus. Rimanere significherebbe una certezza che sia io che Bill ci rifiutiamo di accettare. Appena tutto questo sarà finito, vi prometto qui e ora che vi restituiremo il denaro, e con gli interessi, ma per adesso...vi prego- Non seppe in che altro modo concludere. Non c'erano spiegazioni necessarie o giustificazioni valide. Erano in una situazione di estrema difficoltà e loro volevano vivere insieme con la bambina. Alla fine non facevano del male a nessuno.

- Va bene...vai alla cassaforte con Linda e prendi tutto ciò che vi necessita...noi in qualche modo ce la caveremo- Assunse un sorriso calmo. Non voleva che Tom si sentisse troppo in colpa per questo, voleva realmente aiutare lui e Bill con tutto ciò che aveva a disposizione. Il ragazzo scattò in piedi quasi euforico e ringraziò sia Gustav che Linda con un caloroso abbraccio. La donna poi gli disse di seguirla per arrivare alla cassaforte. Marleen quindi rimase con Gustav, il quale le sorrise domandandole: - Sei contenta?- E lei sballottava i piedini avanti e indietro, come un cane che scodinzola la coda.

- Sì!- E pensò davvero che la felicità di quella bambina era un tesoro da tenere ben custodito. Lei non meritava l'odio che aleggiava in quell'aria malsana, lei doveva ricevere solo amore.

Improvvisamente i loro sguardi si fecero confusi, quando udirono un rumore di sommossa provenire dall'esterno, come se ci fosse una rivolta. Voci altamente concitate. Gustav si alzò per andare alla finestra e pure Marleen lo seguì, incuriosita da tutto ciò. Tuttavia non arrivava alla finestra e fece appena in tempo ad aggrapparsi al davanzale per mettersi in punta di piedi, che Gustav sbiancò.

- Oh no...- Sussurrò sconvolto.

- Cosa?- Domandò Marleen, che riusciva a distinguere solo un gruppetto ridotto di persone che urlava. Si tirò più su con tutta la forza che aveva e aguzzò la vista. Tra tutti quei volti distinse quello di Bill. Che cosa ci faceva il suo papà in mezzo a così tanta gente? Non si era accorto che la casa di Gustav era questa? Perché continuava a camminare? Notò anche che lui non stava gridando, affatto. Solo successivamente si rese conto che aveva un'arma puntata alla schiena e sobbalzò.

- Merda...merda, merda!!!- Vide Gustav prendersi la testa tra le mani e imprecare. Che cosa voleva dire tutto quello!? Perché nessuno andava ad aiutare Bill!? Il biondo invece si stava chiedendo che cosa avrebbe detto a Tom. Bill era lì fuori e i soldati lo avevano preso con chissà quale accusa! Marleen credeva di potersi rendere utile. In fondo aveva quasi tre anni, doveva smetterla di agire come se fosse ancora neonata. Se il suo papà era in pericolo, lei lo avrebbe salvato. Tom in quell'istante tornò con una busta che conteneva logicamente delle banconote, completamente ignaro di tutto ciò. Gustav decise che doveva dirglielo. - Tom- E a vedere la faccia sconvolta del biondo, sia Tom che Linda si preoccuparono.

- Che è successo?-

- Papà Bill!- Si manifestò Marleen.

- Cosa!?- Chiese Tom, sempre più allarmato.

- Lo hanno preso, Tom...qui fuori...- Gli occhi di Tom si ridussero ad un punto e con una zampata spinse via Gustav per guardare dalla finestra. Bill era inginocchiato al centro della strada e una folla gli stava sputando e buttando oggetti addosso, mentre i soldati si godevano lo spettacolo prima di portarlo via. Marleen nel mentre aveva aperto la porta. Se nessuno aveva in mente di fare qualcosa, lo avrebbe fatto lei. Si buttò in mezzo alla folla, con l'intenzione di raggiungere Bill. Non le importava se quei brutti ceffi l'avrebbero pestata a sangue. Voleva avere modo di scusarsi con Bill per la rabbia che aveva provato nei suoi confronti in quei giorni.

- MARLEEN!- Sentì suo padre urlargli dietro, ma lei non poteva retrocedere. Certo, venne spinta un paio di volte, siccome le persone facevano di tutto pur di non farla passare, ma lei era forte. Anche se le lacrime avevano cominciato a scendere sul suo viso, lei doveva farcela, doveva essere forte! Con un ultimo grido riuscì a sorpassare gli ultimi due corpi che le sbarravano la strada e corse verso Bill. Il moro, appena la vide, sgranò gli occhi e scosse la testa, come per dirle di non avvicinarsi, ma lei era cieca a qualsiasi avviso e si gettò comunque tra le sue braccia.

- Papà! 'Cusa, papà...peddonami...-

- Marleen...che ci fai qui?- Sussurrò ormai prossimo alle lacrime, ma si contenne, prendendo un grosso respiro. Cominciò a guardarsi intorno, nella speranza e nel timore di vedere anche Tom. Come previsto, il ragazzo riuscì a spingere via tutte le persone e a farsi largo tra la folla che gridava a Bill di essere un abominio, un mostro della natura...e altre parole molto pesanti. In quell'istante i due ragazzi si guardarono, ognuno negli occhi morti dell'altro. Occhi che avevano perso tutta la speranza.

- Di chi è questa bambina!?- Chiese un soldato. - La conosci!?- L'uomo prese Bill per i capelli, tirandolo su in piedi. - Eh, femminuccia!?-

- No...- Rispose con la voce colta da dolore. Tom si sentiva terribilmente impotente.

- Allora perché ti sta abbracciando!? MI VUOI FORSE PRENDERE IN GIRO!?- Stette per tirare fuori la pistola, ormai deciso a farla finita, quando una voce lo fermò.

- Marleen!- Tom si era gettato al centro della piazza recuperando la bambina, che stava gridando il suo dolore e nascose il viso nell'incavo del suo collo. - Sono il padre di questa bambina...e le posso assicurare...che né io né lei...conosciamo questa persona- Riuscì a mantenere lo sguardo fermo, nonostante il suo tono fu un po' tremolante. Puntò gli occhi su Bill, il quale gli fece capire che aveva fatto la cosa giusta. Lui e Marleen dovevano rimanere insieme.

- E la madre?- Chiese il soldato.

- Deceduta...tre anni fa-

- E come mai permetti a tua figlia di venire qui e abbracciare questa sporca feccia!?- Diede un cazzotto a Bill spedendolo al suolo. Successivamente si avvicinò e gli caricò calci sullo stomaco. - VEDI PICCOLA COME SI TRATTANO LE MERDE!? QUESTO DOVRESTI INSEGNARE A TUA FIGLIA!- Bill aveva iniziato a sputare saliva e il suo sguardo rimase indefinito mentre tentava di riprendere fiato, dopo ben quattro colpi. Tom tentò di ammorbidire il pugno che si era lentamente formato a vedere quella scena, aveva appoggiato quella mano sulla testa di Marleen intimandole di rimanere giù e non guardare. - TIRATELO SU!- Due soldati si avvicinarono e presero Bill per le braccia rimettendolo in posizione eretta. - E adesso vattene a casa! ANDATEVENE VIA TUTTI! LA RAZZA ARIANA VI RINGRAZIA!- Razza ariana? Che diamine era la razza ariana? Bill alzò debolmente lo sguardo su Tom e tentò di sorridere, anche se possedeva un enorme livido sul volto.

- Ti amo...- Sussurrò così tanto, che fortunatamente fu inudibile...ma Tom comprese dal labiale. Non riuscì a dire "anch'io", perché in quel momento ciò che gli stava dimostrando non era amore. Non sapeva neanche lui che cosa era diventato tutto quello. Quindi deglutì cercando di spingere indietro le lacrime e sussurrò:

- Mi dispiace- Le ultime parole che si dissero, prima che Bill venisse sbattuto dentro un camion militare. Questo abbandonò quella strada, la quale divenne improvvisamente silenziosa...solo il pianto disperato di Marleen riecheggiava. Tom cadde in ginocchio e Gustav si precipitò fuori per sostenerlo.

- Tom...- Il ragazzo gli artigliò la camicia e seppellì il viso nel suo petto liberando il grido più forte che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Mai...mai aveva provato un dolore così lancinante...era il dolore di una persona delusa da sé stessa perché non era riuscita a fare niente...e sapeva che il motivo era che lui era niente.
Marleen adesso occupava metà della sua mente...l'altra metà venne presto posseduta da un serpente infido che aveva giocato con la sua sanità mentale per tutti questi anni e che alla fine l'aveva avuta vinta.

La pazzia.

   
 
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