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Autore: heliodor    17/04/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Nel buio
 
“Lo hai sentito anche tu?” sussurrò Ros.
Valya grugnì in risposta. “Non sono sorda. Sembrava vicino. Ci sono lupi in questa foresta?”
“No lo so.”
“Credevo sapessi tutto, tu. Quel libro che hai letto non lo dice?”
“Parlava di piante, non di lupi” disse Ros seccato.
Qualcosa frusciò nel fogliame alla loro sinistra. Valya portò la mano alla spada e la snudò. Subito sentì il potere aumentare, i muscoli farsi tesi e pronti a scattare. Persino la radura, che fino a quel momento era stata immersa nel buio, sembrò illuminarsi. Se guardava verso Ros, poteva vedere un alone abbagliante circondargli il corpo.
“Stai brillando” disse perplessa.
Ros le rivolse un’occhiata perplessa. “Anche la tua spada brilla.”
Valya sollevò l’arma e notò che le rune incise sulla superficie emettevano un leggero bagliore che le faceva risaltare nel buio. E ce n’erano molte più di quelle che aveva visto fino a quel momento, come se avessero atteso il buio per poter risplendere.
Un fruscio alla sua destra la riportò a quello che stava accadendo lì e in quel momento. Con la coda dell’occhio notò una figura accucciata mostrarsi per un istante e tornare subito nel denso fogliame, agitandolo.
“O si muove molto in fretta o sono più di uno” sussurrò Ros.
La sua voce le giungeva ovattata e deformata, come se stese parlando con la bocca piena d’acqua e lentamente.
“Devono essere lupi” disse Valya. “Tieniti pronto a combattere.”
Ros gorgogliò. “Non ho armi con me.”
“E in quei sacchetti?”
“Pozioni, unguenti. E un coltellino per tagliare la corteccia.”
“È un’arma, no?”
Ros le mostrò il coltello. L’impugnatura era grande quanto il suo palmo e la lama più corta di un terzo, forse la metà. Ed era spuntato.
Valya sospirò affranta. “Resta dietro di me. Cerchiamo di uscire dalla radura e trovare un punto dove difenderci.”
“Un momento” disse Ros bloccandosi. “Cerchiamo di ragionare prima. Sono soltanto lupi in fondo.”
“Solo? Mangiano le persone.”
“Ma la stagione è stata mite e il bosco è pieno di prede. Perché dovrebbero attaccare noi?”
“Perché sono lupi” rispose Valya.
“Non attaccano sempre le persone” ribatté Ros. “Anzi la maggior parte delle volte scappano via spaventati.”
“Questi non stanno scappando.”
“Dico solo che forse non ci attaccheranno.” La sua voce sembrò esitare. “A meno che non siano rabbiosi. Una volta ho letto che i lupi ammalati possono in certi casi…”
“Basta” disse Valya afferrandogli la spalla.
Si mossero a passi brevi ma decisi percorrendo a ritroso la strada che avevano fatto. Valya si guardava attorno aspettandosi di vedersi balzare addosso un lupo da un momento all’altro, ma non avvenne. Raggiunsero il limite della radura senza che i lupi li seguissero.
E se ci provassero li colpirei con la spada, si disse.
La spada.
Quasi sbandò a quel pensiero.
Perché stiamo scappando? Si chiese.
“Forse hai ragione tu” disse fermandosi. “Se andiamo via non troveremo mai l’albero dei corvi.”
“Ma ci sono i lupi” protestò Ros. “Potrebbero attaccarci. L’hai detto tu poco fa.”
“Che ci provino” dichiarò Valya stringendo la spada. “Ho combattuto contro avversari peggiori.”
Ma sempre uno alla volta, si disse.
“Torniamo verso il centro e dimmi se vedi altre coppette comuni.”
“D’accordo” disse Ros con tono rassegnato. “Ma se i lupi ci attaccano?”
“Tu buttati a terra. A loro penserò io.”
Tornarono al centro dello spiazzo e poi da lì Ros indicò un punto in mezzo agli alberi. “Sembra che lì i funghi siano abbondanti.”
Valya avanzò decisa verso il punto indicato, lo sguardo che andava da un punto all’altro della boscaglia che da quel punto era un muro di oscurità che ci stagliava contro un cielo poco più luminoso.
E in quel buio colse un movimento che la fece trasalire e contrarre i muscoli delle spalle e delle gambe pronta a scattare.
“Che succede?” le domandò Ros preoccupato.
“Mi sembra di aver visto qualcosa muoversi” disse. “Da quella parte.” Indicò uno spazio tra due alberi alla loro destra.
“È dove i fughi crescono più abbondanti.”
“Allora avanziamo” disse desia.
“Valya” iniziò a dire Ros.
“Zitto e lascia fare a me” rispose con tono perentorio. In quel momento non voleva ascoltare la sua voce. Non voleva ascoltare la voce di nessuno, nemmeno dei suoi pensieri che le dicevano di essere prudente e di non correre un rischio inutile.
In quel momento voleva solo scoprire chi o cosa li stesse spiando dalla boscaglia, inseguirlo, bloccarlo e infine colpirlo con la spada finché non fosse stato più in grado di muoversi.
Finché non ci fosse stato più un solo pezzo in grado di farlo.
Il pensiero di fare a pezzi qualcosa o qualcuno la colse di sorpresa, come se un attimo prima stesse facendo un sogno bellissimo e un attimo dopo l’avessero svegliata scuotendola.
L’ho pensato davvero? Si chiese.
Le foglie tremarono e della boscaglia emerse una figura circondata da un alone luminoso. Un attimo dopo qualcosa di grande quanto un sasso o una mela si staccò da essa, eseguì una breve parabola e atterrò a cinque o sei passi da loro.
Valya stava per dire qualcosa quando un piccolo sole scaturì dall’oggetto nell’erba e la accecò. Fu costretta a distogliere lo sguardo per non essere abbagliata.
Dietro di lei Ros emise un’esclamazione e lo udì scivolare all’indietro.
Fiamme color verde brillante guizzarono dal punto in cui erano esplose. Valya vide altri oggetti volare e cadere a qualche passo da loro e a ogni impatto un nuovo bagliore esplodeva.
Indietreggiò di qualche passo temendo di essere lambita dalle fiamme e inciampò in Ros che era caduto ai suoi piedi.
Rotolò su sé stesse e si rialzò, la spada di traverso per difendersi da un attacco.
“Ti hanno colpita?” chiese Ros nel buio.
“No” disse Valya guardandosi attorno. Socchiudendo gli occhi il bagliore delle fiamme verdi calava, consentendole di vedere meglio.
“Quelle fiamme” fece Ros. Lo vide accucciarsi nell’erba, le maniche cercavano qualcosa vicino alla cintura.
“È uno stregone” disse Valya. “O una strega. Probabilmente rinnegato. Ci sta attaccando.”
Quel pensiero la fece trasalire. Ora voleva solo trovare la persona che li stava attaccando senza motivo e costringerla a smettere.
Dalla boscaglia giunsero altri fruscii ma non altri incantesimi.
“Sono strane” disse Ros con tono perplesso.
“Certo che sono strane” disse Valya. Aveva già lottato contro il fuoco di uno stregone e non voleva ripetere l’esperienza. Quella volta avrebbe attaccato per prima.
Con la coda dell’occhio notò un movimento nella boscaglia. Le gambe scattarono d’istinto e la spinsero in quella direzione.
“Aspetta” sentì gridare Ros alle sue spalle, ma la sua voce le giunse debole e ovattata, coperta dal ronzio del sangue che le martellava nelle tempie e il cuore che le batteva forte nel petto.
Con un balzo superò le fiamme senza curarsi del loro morso e si gettò nella boscaglia facendo affidamento solo sul suo istinto.
Un bagliore esplose alla sua destra e lei chinò la testa d’istinto temendo di venire colpita, ma non sentì l’impatto né il calore della fiamma.
Con un secondo balzo di lato evitò un secondo attacco e individuò una sagoma luminosa che si ritraeva dietro il tronco di un albero.
“Eccoti” ringhiò tra i denti prima di gettarsi verso quel punto, la spada alzata sopra le spalle. Calò un fendente con tutta la forza che poteva colpendo l’albero. La lama penetrò nella corteccia passando il tronco da parte e parte e quando riemerse trascinò con sé un grosso petto di legno e detriti.
Nel buio Valya menò altri fendenti alla cieca, tagliando l’aria o trafiggendo tronchi.
“Dove sei?” gridò. “Fatti vedere.”
Un’ombra scivolò di lato e lei si voltò di scatto, pronta a colpire. Nello stessimo momento un lampo brillò vicino ai suoi piedi e si sentì spingere nella direzione opposta. La pressione sull’addome le tirò fuori tutto il fiato che aveva e quando atterrò sulla schiena sentì le foglie grattarle via un po’ di pelle dove era scoperta.
“Valya” sentì gridare, ma quella voce era lontana e appena udibile. Tutto ciò che sentiva era il pulsare del sangue nelle tempie e il calore ai muscoli che la spingeva a rialzarsi e attaccare ancora, ancora e ancora.
Un sibilo le ferì i timpani mentre una nebbia densa e grigia le oscurò la vista. Appena aspirò una boccata di quel fumo sentì i polmoni bruciarle e gli occhi le si riempirono di lacrime.
Tossì fino a piegarsi in due, respirando a bocca aperta alla ricerca d’aria. Ma più ne inalava, più i polmoni le bruciavano.
Si inginocchiò e la spada le scivolò nell’erba. Due mani l’afferrarono per le ascelle e lei si sentì trascinare sull’erba che frusciava sotto i suoi piedi.
“Aspetta” sentì dire tra uno scoppio di tosse e l’altro. La vista offuscata dalle lacrime le restituì la visione di un’ombra sfocata che si muoveva accanto a lei prima di sparire per poi ricomparire.
I polmoni cominciarono a bruciarle di meno e la vista si chiarì. Qualcun si chinò vicino a lei e riconobbe il viso di Ros.
“Respira. Tra poco ti passerà.”
“Cosa?” cercò di dire.
“Non sforzarti. Respira con calma.” Guardò alla sua destra. “Anche tu.”
A chi sta parlando? Si chiese.
Poi notò che non aveva più la spada.
“La spada” disse con voce roca. “Dov’è? L’hai presa tu?”
Ros scosse la testa. “Devi averla persa.”
Valya si alzò di scatto e guardò verso la macchia di alberi alle sue spalle. “Devo ritrovarla.” Barcollò verso gli alberi.
Ros cercò di prenderla per le spalle. “Aspetta. Sei ancora debole. La riprenderai dopo.”
“No” rispose lei dandogli uno strattone per liberarsi.
Trovò il punto dove era crollata a terra e si mise a cercare nell’erba, al buio. Stava per perdere le speranze quando la punta del piede toccò qualcosa di solido. Si chinò e frugò nell’erba fino a incontrare l’elsa della spada. La tirò su e la strinse al petto come una madre che avesse ritrovato il figlio che temeva di avere smarrito.
Rassicurata da quella sensazione tornò sui suoi passi fino a trovare Ros in piedi accanto a una figura piegata in due e squassata dalla tosse.
Valya strinse la spada tra le mani. “Allontanati” disse a Ros.
“Aspetta. Deve ancora riprendersi.”
“È un rinnegato.”
“Non credo” rispose il ragazzo. “Guarda. Indossa una specie di pelliccia.”
Nel buio non aveva notato che l’abito del rinnegato era fatto di pelli cucite tra loro. Non aveva mai visto una cosa del genere ma aveva sentito parlare dei selvaggi che vivevano nel lontano meridione. Uomini e donne che vestivano con pellicce e vivevano nelle grotte o in capanne. Ogni tanto qualche mercante passava dalle parti della forgia e raccontava di averne scorto qualcuno mentre seguiva le vie meridionali.
Valya si avvicinò con cautela. “Ci ha attaccati” disse diffidente.
Ros si chinò vicino alla figura. “Stai meglio? Riesci a parlare?”
La figura annuì e girò la testa verso Valya. Anche nell’oscurità poteva riconoscere i particolari del viso, pieno di grinze e dalla pelle cadente. I capelli erano bianchi e arruffati. Gli occhi, chiari e grandi, erano arrossati.
Il tizio tossì un paio di volte. “Voi” disse a fatica. “Voi non sembrate cacciatori.”
Valya scambiò un’occhiata con Ros, poi disse: “Veniamo da Ferrador. Come ti chiami?”
“Brunolf” rispose l’uomo con voce roca. “Perché mi avete attaccato?”
“Tu hai attaccato noi” disse Valya.
“Tu hai estratto la spada per prima” ribatté l’uomo. “Così ho creduto che volessi attaccarmi.”
“Tu ci spiavi dall’erba alta. Ti abbiamo sentito.”
“Vi stavo osservando perché eravate nel mio territorio. Ho anche ululato per spaventarvi ma non siete andati via” aggiunse con espressione delusa.
“Ci hai lanciato contro degli incantesimi. Sei uno stregone? Un rinnegato?” chiese Valya. Catturarne uno non era nei suoi piani, ma di sicuro non poteva far finta di non averlo incontrato.
“Io non uso incantesimi” disse Brunolf. “Quello era fuoco di smeraldo.”
Valya si accigliò.
“È una pozione di mia invenzione” spiegò Brunolf. “La creo mescolando polvere di tuono, zolfo, fungo vermiglio e altri ingredienti che non starò qui a dirvi perché è un segreto” disse agitando le mani nell’aria.
“Sei un guaritore?” gli chiese Ros.
Brunolf scrollò le spalle. “Sono un po’ tutto, ma per lo più mi piace creare pozioni. Alcune le invento io. Quindi voi non siete cacciatori? Perché allora siete venuti qui in piena notte?”
Ros guardò Valya. “Te lo spiegheremo se ci aiuterai.”

 
  
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