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Autore: evil 65    18/04/2021    9 recensioni
Sono passati tre anni dalla sconfitta di King Ghidorah.
Ormai a capo degli Avengers, Peter Parker cerca di guidare la prossima generazione di eroi verso il futuro, mentre sempre più superumani cominciano a comparire in tutto il mondo.
A diversi anni luce di distanza, Carol Danvers riceve una trasmissione di emergenza dal pianeta Exif, proprio mentre Norman Osborn annuncia la creazione di una nuova arma il cui scopo sarebbe quello di proteggere la Terra dalle minacce aliene.
Al contempo, Wanda Maximoff e Stephen Strange si recano nei pressi della città natale di Capitan Marvel, Harpswell, dove sembra stiano accadendo diversi fenomeni paranormali…
( Sequel di Avengers - The King of Terror )
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Eccovi un nuovissimo capitolo.
Non voglio rovinarvi niente…quindi vi auguro solo una buona lettura!

 
 

Capitolo 5
 
La notte prime...

Un lampo illuminò le tombe del cimitero di New York.

Un bagliore etereo che squarciò l’oscurità della notte con la stessa intensità di un raggio di sole, a cui presto seguirono torrenziali fiumi di pioggia autunnale.
La terra macchiata dal puzzo dei cadaveri cominciò a bagnarsi e a rilasciare una fragranza di humus, carne in decomposizione e fertilizzante.
E fu qualche ora dopo quel primo lampo…che la base di una delle tombe cominciò a muoversi. Dapprima con movimenti incerti, poi con sempre maggiore foga.
Delle sagome allungate, simili a vermi, emersero dal terreno umido e si levarono verso il cielo. Non erano serpenti o millepiedi…erano dita umane…attaccate a una mano umana, e questa a un polso, il polso a…
Emerse una figura coperta di fango e di detriti.
Gli occhi erano spalancati, vitrei e scintillanti di nuova vita. Sconvolta dalla realtà circostante, si guardò intorno nella notte di tempesta.
La pioggia battente lavò via gran parte del fango dal suo volto e dai suoi arti: era un uomo.
Bagnato e sotto shock, spalancò la bocca… e ululò al cielo.
 
                                                                                                                            * * *
 
La vita, alcuni sostengono, è una serie di problemi. Non si può negare la verità di quest’affermazione…ma perchè perdercisi?
Perché non elevarsi al di sopra della verità…e fare una bella vita? Non dovremmo tutti vedere i problemi come un’opportunità che abbiamo di trovare…soluzioni?
Era questo a cui pensava Norman Osborn, mentre osservava alcuni ologrammi sospesi di fronte a lui. Partivano tutti direttamente dalla sua scrivania…e raffiguravano diverse immagini dei Vendicatori impegnati nelle azioni più disparate. Salvare civili, combattere criminali, affrontare disastri naturali e altro ancora.
In particolare, i freddi occhi del magnante sembravano particolarmente interessati ad un certo arrampica-muri. Quasi come se stessero cercando di leggergli dentro…
DRIIIIIIIN!
Il telefono sulla scrivania del miliardario cominciò a suonare.
L’uomo sospirò stancamente e accettò la chiamata subito dopo aver visto l’emittente.
<< Otto…dammi buone notizie. >>
<< Signor Osborn… >> cominciò lo scienziato dall’altra parte della linea << i test hanno dato risultati più promettenti del previsto. Le confermo che saremo pronti per la presentazione di domani. >>
A quelle parole, un sorriso predatorio andò a dipingersi sul volto del magnante.
<< Questa è una notizia meravigliosa, Otto. Sapevo di poter contare su di te >> si complimentò, per poi chiudere la chiamata.
I suoi occhi tornarono a posarsi sulle immagini di fronte a lui.
<< Tutti gli uomini sono creati uguali >> sussurrò, incurante del fatto che nessuno fosse lì per ascoltarlo << Ma voi non siete uomini. Eppure, loro vi hanno eletto ad eroi. A campioni del popolo…e vi venerano. Quindi, ditemi…quale redenzione gli offrite? >>
Sollevò una mano e la tenne sospesa sull’ologramma di Spider-Man. << Quando io vi guardo, vedo qualcosa che nessun uomo comune potrà mai essere. Vedo la fine. La fine del nostro potenziale. La fine delle nostre conquiste. La fine dei nostri sogni. >>
Chiuse la mano a pugno, gli occhi attraversati da un lampo indecifrabile.
<< Voi siete il mio incubo. Ma anche quando fisso voi, l’abisso…non ho paura. Credetemi, non ne ho. Perché qualsiasi cosa abbiate voi…io ho di più. Io ho speranza. >>

                                                                                                                          * * *
 
Mentre addentava un pezzo della sua pietanza, gli occhi di Carol vagarono nella sala da pranzo del tempio: era sorprendentemente grande, non certo quello che si era aspettata da un luogo religioso.
Ma ciò che la sorprese davvero…fu quanto fosse tranquilla. Nessuna musica, nessun chiacchiericcio... i suoi occupanti erano incredibilmente silenziosi.
In generale, questo pianeta era decisamente pacifico.
Aveva giusto fatto una panoramica della capitale poche ore prima, e non aveva visto neanche un accenno di crimini o violenza. Le persone si limitavano a chiacchierare tra loro e passeggiare senza alcuna preoccupazione del mondo, inconsapevoli di essere appena scampati ad una guerra.
Era stata una visione idilliaca…e inquietante al tempo stesso.
All’improvviso, la voce di Metphis riecheggiò affianco a lei, distogliendola da quei pensieri.
<< Il cibo è di vostro gradimenti, signorina Marvel? >>
La donna sussultò e offrì all’alieno un sorriso educato.
<< È tutto molto buono >> rispose gentilmente<< E per favore, chiamami pure Carol. Signorina Marvel è troppo formale >>
<< Come desideri…Carol. In questo caso, ti do il permesso di chiamarmi semplicemente Metphis. >>
La bionda annuì grata e fece un’altra panoramica della stanza.
<< Questo mondo sembra essere così pacifico >> osservò con tono disinvolto.
Metphis si limitò a congiungere ambe le mani di fronte a sé. << È merito della nostra fede. Laddove altre razze usano guerra e conflitti per arricchirsi, noi abbiamo scelto di abbandonare il nostro attaccamento ai beni materiali per perseguire uno scopo molto più nobile: diffondere un messaggio di pace e speranza sotto l’occhio vigile del nostro Dio. Unire l’universo in un unico gregge, senza distinzioni di razza o cultura. >>
Carol ronzò contemplativa e bevve dal suo bicchiere.
<< Lo confesso, sono un po’ sorpresa che una civiltà avanzata come la vostra si affidi ancora alla Religione >> ammise dopo qualche attimo di silenzio << Quasi tutti i pianeti che ho visitato hanno abbandonato concetti come divinità e fede da molto tempo. >>
 << Non mi sorprende. Dopotutto, sono in molti a credere che la religione, la magia e la superstizione vadano di pari passo. >>
L’alieno afferrò il suo bicchiere e ne sorseggiò il contenuto. << Tuttavia…noi Exif riteniamo che la scienza e la magia siano la medesima cosa. Agiscono solo su lunghezze d’onda diverse. >>
<< Cosa intendi? >> chiese la donna, sinceramente incuriosita.
Sul volto dell’alieno andò a disegnarsi un sorriso misterioso.
<< Vedila in questo modo: molti parlano di Dio come se fosse occulto o superstizione, perché la loro scienza non è abbastanza avanzata per comprenderlo. Ma per noi Exif, l’esistenza di Dio è una semplice conclusione matematica, ottenuta attraverso una tecnologia chiamata Calcolo di Gematron che ci ha permesso di contattare esseri di dimensioni più elevate. >>
Sollevò ambe le mani in direzione del soffitto.
<< Abbiamo cercato per anni di comunicare con questi esseri, fino a quando uno di loro non ha scelto di prendere contatto con noi e accoglierci nella sua luce >> continuò con voce solenne << I suoi insegnamenti hanno permesso alla nostra razza di comprendere la verità dell’universo e progredire verso campi che non avremmo mai immaginato. >>
Detto questo, tornò a scrutare Carol con un sorriso accomodante. << Come alcune razze si affidano alla strategia e alle tattiche, noi Exif ci siamo sempre affidati al nostro Dio per protezione. >>
<< Eppure sono quella che è venuta a salvarvi >> ribattè lei con un ghigno divertito.
Aveva inteso quella frase come uno scherzo, ma se ne pentì nel momento in cui l’espressione sul volto dell’Exif si fece improvvisamente cupa.
<< Recentemente il nostro dio è stato coinvolto in una battaglia che lo ha costretto a riposo >> sussurrò stancamente << Non siamo così ingenui da credere che sia onnipotente, ma siamo fiduciosi della sua forza e della sua saggezza. Abbiamo aspettato tre anni per il suo recupero…e penso che presto sarà pronto per riprendere la sua opera. >>
Volse alla donna un sorriso molto più affilato. << Potevamo solo attendere…che i tempi fossero maturi per il raccolto. >>
Carol fece per chiedergli a cosa si riferisse…ma si bloccò.
Sentì un’improvvisa fitta alla testa, a cui seguì un’accelerazione del suo battito cardiaco.
Dapprima pensò che fosse solo un contraccolpo dell’arma che avevano usato su di lei ore prima…ma presto venne invasa da una strana sensazione di nausea, unita ad un forte mal di stomaco.
Si portò una mano alla fronte.
<< Va tutto bene, Carol? >>
<< Sì, io… >>
La donna si bloccò nell’istante in cui i suoi occhi notarono il placido sorriso dell’Exif. Non sembrava per nulla preoccupato del suo stato di salute…anzi.
Una sensazione di spiacevole anticipazione cominciò a farsi strada dentro di lei.
Sentì un’altra fitta e si piegò in avanti, trattenendo un coniato di vomito. Poi, il suo sguardo si posò sul bicchiere di fronte a lei.
La bionda sollevò lentamente lo sguardo verso Metphis.
<< Cosa…cosa avete messo nel mio bicchiere? >> sussurrò con voce strozzata.
In tutta risposta, l’Exif si limitò a inviargli un altro dei suoi sorrisi imperscrutabili.
Carol si sentì invadere da un terribile presentimento.
Fece per alzarsi…ma non riuscì nemmeno a compiere un passo. Il suo corpo crollò pesantemente a terra, ma nessuno degli alieni presenti fece alcun tentativo di aiutarla. Semplicemente continuarono a mangiare come se non fosse successo nulla.
Solo Metphis si chinò per controllare il suo stato e le posò una mano sulla guancia.
<< Presto, Carol…tutto sarà rivelato.>>
 
                                                                                                                           * * *
 
La tangenziale che conduceva ad Harpswell fu temporaneamente illuminata da un bagliore dorato. Seguì il silenzio, come se il mondo intero si fosse improvvisamente bloccato nel tempo.
Nessun suono di uccelli, né il rumore delle foglie degli alberi che strusciavano l’una sull’altra. Assolutamente niente…zero assoluto.
Strange si guardò attorno e i suoi occhi si posarono sul cartello stradale che segnava il confine della cittadina.
<< Uhmmmm…c’è qualcosa di strano >> borbottò, attirando l’attenzione di Wanda.
<< Che cosa? >>
<< Avevo impostato il portale per aprirsi in una zona disabitata all’interno della città, invece siamo proprio al confine >> spiegò con un cipiglio.
Wanda scrollò le spalle e fece per superare il cartello. << Significa solo che stai diventando vecchio… >>
Non ebbe la possibilità di terminare la frase.
Sbattè contro qualcosa di invisibile, e subito l’aria di fronte alla coppia si illuminò di un rosso intenso. La strega venne sbalzata all’indietro e ricadde pesantemente sulla schiena, gemendo per il dolore.
Strange le si avvicinò con passo disinvolto e la scrutò dall’alto in basso. << Tutto bene? >>
<< Ugh, sì…credo? >> borbottò l’altra, mentre si rialzava a fatica.
Cominciò a tastarsi il volto, ma con suo grande sollievo non trovò niente fuori posto.
<< Ok, penso di non essermi rotta niente >> disse, per poi volgere lo sguardo verso le increspature scarlatte che ogni tanto attraversavano il vuoto dell’aria.
Strange fece lo stesso e inarcò un sopracciglio.
<< Beh…questa è nuova >> borbottò, mentre si avvicinava cautamente al fenomeno.
Allungò una mano…e le sue dita entrarono in contatto con qualcosa di solido.
Percepì una lieve scossa sui polpastrelli. Non abbastanza forte da fargli male, ma si sentì comunque attraversare da una specie di brivido.
Fu come toccare un maglione pieno di energia statica.
<< Che cos’è? >> chiese Wanda, imitando le azioni dell’insegnante << Una specie di barriera? >>
Lo Stregone Supremo strinse gli occhi e prese ad osservare attentamente quella forza invisibile.
<< Dammi un secondo >> disse, per poi sollevarsi in aria con un semplice movimento delle mani.
Continuò a salire e la donna rimase a terra, le braccia incrociate e un cipiglio annoiato.
Seguì una specie di lampo, ed ecco che la barriera tornò visibile ancora una volta. Wanda si sentì quasi attirata dal suo bagliore scarlatto, ma scelse di rimanere immobile e aspettò pazientemente il ritorno di Stange.
L’uomo atterrò di fronte a lei e scosse la testa.
<< Non è solo una barriera…è una cupola. E si estende su tutta la città >> spiegò cupamente << Ed è fatta di magia del caos. >>
Volse nuovamente lo sguardo in direzione del fenomeno. << Una molto potente… quasi quanto la tua. >>
Gli occhi di Wanda si spalancarono per la sorpresa.
Negli ultimi anni, Strange le aveva spiegato per filo e per segno l’origine dei suoi poteri.
Dopo un viaggio a ritroso nei suoi ricordi, lo Stregone era giunto alla conclusione che le abilità della ragazza non erano state semplicemente influenzate dagli esperimenti che l’Hydra aveva compiuto su di lei…ma erano il risultato di una forza che era rimasta dormiente nella donna fin da quando era bambina: poteri magici.
La Gemma della Mente si era limitata ad amplificarli, conferendo ad una giovane Wanda delle abilità mistiche che andavano ben oltre quelle di un qualunque praticante delle arti mistiche.
Il fatto che questa barriera fosse stata creata da qualcuno capace di eguagliare quel potere…beh, era a dir poco preoccupante.
<< Cosa potrebbe averla generata? >> domandò perplessa.
Strange si strinse nelle spalle.
<< Oh, molte cose. Uno stregone molto dotato…o una strega… >> aggiunse con una rapida occhiata rivolta alla sua allieva << Un demone…o qualcosa di peggio. Ma non è questo di cui dovremmo preoccuparci. >>
<< Ah, no? >> ribattè l’altra, sarcastica.
Lo sguardo sul volto dello Stregone divenne molto serio. << No, la cosa che dovremmo davvero chiederci è…per quale motivo è stata creata? >>
“In effetti è una preoccupazione valida” pensò la rossa, mentre scrutava guardinga quello strano campo di forza.
<< Qualche idea? >> chiese, e il suo insegnante scosse la testa.
<< Al momento nessuna. Per capirlo saremo costretti ad entrare nel ventre della bestia >> rispose con tono di finalità.
Wanda picchiettò la barriera con un dito. << Pensi di poter aprire un varco per vedere cosa c’è dentro? >>
<< Da solo? Ne dubito. >>
Un sorriso andò a dipingersi sul volto dell’uomo. << Ma insieme? Ci vorrà un po’, ma penso che ne saremo in grado. >>
La strega restituì il gesto ed entrambi sollevarono ambe le mani verso la barriera.
<< Pronta? >> chiese Strage.
Wanda annuì determinata.
<< Sempre >> sussurrò, il volto contratto da un’espressione concentrata.
Lo stregone prese un respiro profondo.
<< Iniziamo… >>
 
 
Nel frattempo

Nella periferia di Harpswell, Cletus Kasady sedeva tranquillamente sullo stipite di una piccola abitazione.
Ad affiancarlo…una coppia di anziani le cui espressioni non avevano nulla da invidiare a quelle dei personaggi di un film horror sul punto di essere divorati dal mostro di turno.
Il Serial Killer sollevò lo sguardo in direzione della volta celeste.
<< Dunque è così che i burattini umani passano il pomeriggio, eh? >> borbottò a se stesso << Seduti tutto il giorno a guardare il tempo che passa. Più difficile di quanto sembra però, no? E vuoi sapere il perché, Martha? >>
Si voltò verso la donna e questa piagnucolò come un cucciolo spaventato.
 << Perché sono il solo che spinge questo maledetto dondolo! >>
<< Mi…mi dispiace… >>
<< Troppo tardi. Mi è venuta sete >> ringhiò Cletus << Martha, perché non vai a prendermi un’altra limonata? >>
La donna si alzò in fretta e furia e corse rapidamente in casa. Suo marito tentò di seguirla, ma Cletus lo spinse di nuovo sul dondolo.
<< Tu no. Siedi nel tuo schifo >> sibilò il Serial Killer.
Entrambi rimasero in silenzio, mentre il supercriminale contemplava le nubi che passavano sopra l’abitazione.
All’improvviso, un bagliore rosso si palesò nei cieli della città, facendo calare una tonalità scarlatta per alcuni secondi.
Cletus strinse gli occhi.
<< Hmmmm…a quanto pare paparino sta per andare al lavoro >> commentò, le labbra arricciate in un sorriso zannuto.
Fu in quel momento che Martha tornò con un bicchiere.
<< E-ecco la limonata >> balbettò, visibilmente impaurita.
Il Serial Killer non perse tempo e buttò giù la bevanda tutta d’un fiato. Fatto questo, lanciò alla vecchietta un ghigno agghiacciante.
<< Martha, tira fuori il servizio da tè. Credo che avremo ospiti nel pomeriggio! >>
 
                                                                                                                                 * * *

Le reclute del programma Avengers si erano riunite nella sala ristoro della base.
Attualmente sedevano tutte attorno ad un tavolo circondato da poltrone in pelle nera, incuranti del televisore acceso sulla parete opposta della stanza.
I loro occhi erano completamente concentrati su Deadpool, l’unico tra loro che indossava ancora il suo costume.
<< Ok, aprite bene le orecchie, perché non la ripeterò due volte >> esordì il mercenario << Allora... c'è un messicano che arriva al confine in bicicletta con due grossi sacchi in spalla. Dice alla guardia di frontiera che i sacchi sono pieni di sabbia, ma la guardia non gli crede. La guardia trattiene il tipo, poi squarcia i sacchi…niente! Solo sabbia. Fa persino analizzare la sabbia... ma si scopre che è solo sabbia. E il sacco è un vecchio sacco come tanti. Due giorni dopo la cosa si ripete. E poi ancora, dopo altri due giorni. Ogni volta il tipo sulla bicicletta non trasporta che sabbia. Continua così per sette anni. La guardia di confine diventa matta... Ma matta sul serio. Finisce per perdere il lavoro. Un giorno rintraccia il messicano e gli fa: "Non sono più una guardia di frontiera, ma c'è una cosa che devo sapere… cos'è che contrabbandi? Perché lo so che contrabbandi qualcosa." Il tipo gli sorride e gli fa: "Biciclette, imbecille!">>
Il gruppo di reclute scoppiò a ridere, e perfino Laura si ritrovò incapace di trattenere un sorriso appena accennato. Potevano dire quello che volevano sul mercenario chiacchierone, ma sicuramente sapeva come ravvivare l’atmosfera.
<< Ok, devo ammetterlo, era abbastanza buona >> ammise Illyana, dopo essersi calmata. Fatto questo, lanciò un’occhiata laterale in direzione del fratello. << Sicuramente meglio di quelle che faceva Piotr quando eravamo nel campo. C’erano volte in cui speravo che una delle guardie mi sparasse. >>
<< Non è colpa mia se non capisci l’umorismo militare >> ribattè questi con una scrollata di spalle.
La bionda alzò gli occhi al cielo.
<< Quello non era umorismo militare, ma il deterrente perfetto per farti prendere a schiaffi da una donna >> ribattè con un ghigno, e questa volta il gruppo scoppio a ridere a spese del mutante.
Il ragazzo arrossì imbarazzato e Kurt cominciò a pattargli la spalla.
<< Non preoccuparti, Piotr, sono sicuro che con le donne avrai più fortuna di me >> disse con un sorriso rassicurante, per poi assumere un’espressione apparentemente pensierosa << Non che ci voglia molto…quindi potresti ancora morire single. >>
<< Oh, andiamo, non dire così >> si intromise Mikoto, dandogli un pugnetto amichevole sul fianco << Chi rinuncerebbe mai a queste adorabili orecchie a punta? Legolas non ha nulla su di te. >>
<< E neanche i puffi >> aggiunse Illyana, ricevendo un’occhiataccia da parte dell’electormaster.
Kurt, invece, si limitò a scrutarla con uno sguardo impassibile.
<< Ah ah, molto divertente >> borbottò con voce priva di emozioni << Ma almeno io non gioco ancora con gli amici immaginari. >>
<< Ti ho già detto che Lock non è immaginario, per chi mi hai preso? >> ribattè stizzita << È solo molto timido! >>
In risposta a quelle parole, Deadpool si portò un dito alla tempia e simulò lo scoppio di una pistola, suscitando un’altra risata ad opera di Kurt e Mikoto. Illyana strinse i denti e sembrò sul punto di attaccarlo, ma ecco che Gunha le posò una mano sulla schiena con fare rassicurante.
<< Amici miei, non dovremmo mettere in discussione le convinzioni di una nostra compagna di squadra. Ci vogliono molte budella per andare contro le convinzioni della società e battersi per ciò in cui si crede >> disse con un tono di voce stranamente solenne.
Il gruppo di reclute strabuzzò gli occhi, come se non potessero credere a ciò che avevano appena sentito. Illyiana, in particolare, cominciò a scrutare il giapponese con un luccichio curioso.
<< È sorprendentemente maturo da parte tua, Gunha >> disse con un sorriso d’apprezzamento.
Il giovane mutante incrociò ambe le braccia davanti al petto.
<< Posso essere maturo quanto chiunque altro! >> esclamò orgoglioso << Scelgo solo di non lasciare che l’oscurità di questo mondo abbia la meglio sul mio fegato. >>
Deadpool annuì lentamente. << Parole forti. Parole forti di un ragazzo molto strano. >>
<< Ha parlato il cadavere ambulante >> borbottò Mikoto, mentre lanciava al mercenario un’occhiata incerta. Sembrava improvvisamente a disagio con l’intera conversazione.
<< Scusa la domanda…>> cominciò lentamente << ma…sei davvero morto? Voglio dire, non ho mai chiesto dove hai ottenuto quei poteri, ma…>>
<< Nah... è solo cancro! Il mio corpo ne è pieno! >> esclamò l’uomo mascherato con tono scherzoso.
Il gruppo di adolescenti trasalì all’unisono, ma questi non sembrò farci caso e continuò a parlare.
<< Mi offrii volontario per il programma Arma X, sperando che potessero trovare una cura. I medici mi iniettarono il DNA superguarente di un montato canadese dalla faccia idiota. >>
Il suo sguardo vagò verso Laura, ma solo per un secondo.
La mutante non disse nulla, ma internamente sapeva a chi si stesse riferendo l’ex mercenario. Oltre a loro due, c’era solo un’altra persona che possedeva un fattore rigenerante tanto potente…qualcuno a cui la ragazza era profondamente legata. Non solo emotivamente, ma anche dal punto di vista genetico.
<<  Il problema è che anche il mio cancro sviluppò un suo fattore rigenerante…>> riprese Deapool << e da allora combatte una battaglia continua con le mie cellule sane...che mi costringe a vivere in un'infinita agonia! >>
<< Per questo ha dato i numeri e hai cominciato a parlare con te stesso?>> chiese Colosso, cercando di disinnescare l’atmosfera cupa che aveva iniziato a calare nella stanza.
Le lenti della maschera di Deadpool si spalancarono come piatti. << Cosa?! Ma io non sono pazzo! Ho solo una fervida immaginazione, tutto qui. >>
Mikoto, Illyana e Kurt lo guardarono con scetticismo e l’ex mercenario si mosse a disagio sulla sedia.
<< Dico sul serio! A volte, non sempre ovviamente, ma a volte, io... vedo come delle cose. Ho delle visioni. Immagini distorte della realtà. Oh, non è una cosa fissa. Ma il ragazzo dietro la tenda, cioè il mio editor, dice non più di due per capitolo.>>
Il resto delle reclute non rispose e cominciarono a scrutarsi l’un l’altro con espressioni stranite.
<< Dovremmo cambiare argomento >> disse all’improvviso Kurt, interrompendo la quiete di quel momento.
Mikoto annuì d’accordo. << Buona idea. Penso che, visto che ora siamo reclute ufficiali del programma Avengers…dovremmo avere dei nomi? >>
Laura rilasciò uno sbuffo sprezzante.
<< È davvero necessario? >> domandò cupamente, e Gunha le inviò un sorriso eccitato.
<< Tutti i supereroi hanno nomi che usano per tenere separata la loro identità civile da quella con cui combattono il crimine, è la tradizione! >> esclamò con tono pratico.
Mikoto annuì in segno d’apprezzamento. << Wade e Piotr hanno già il loro, no? Perché dovremmo essere da meno? Io vorrei chiamarmi Railgun. >>
<< Railgun? >> borbottò Illyana << Che razza di nome è? >>
In tutta risposta, la giapponese tirò fuori dalla tasca una piccola moneta d’argento e la fece roteare sopra di sé.
<< Railgun >> cominciò, usando il tono tipico di un insegnante che si preparava a spiegare qualcosa di molto importante << Noto anche come “cannone elettromagnetico”. Una bocca da fuoco completamente elettrica che spara un proiettile conduttivo lungo una coppia di barre di metallo, usando gli stessi principi di un Motore omopolare.  Penso che mi si addica. >>
Gunha si portò una mano al mento e prese a strofinarselo con aria pensierosa.
<< Uhmmmm…potrei farmi chiamare One Punch Man! >>
<< Fallo è chiederò un ordine restrittivo per te >> ribattè Mikoto con uno sguardo impassibile.
Il mutante la scrutò perplessa. << Ehm…Viviamo nello stesso appartamento. >>
<< Un motivo in più per non tentare la sorte >> disse l’altra con un sorriso che inviò un brivido lungo la spina dorsale del ragazzo.
Ad uno spettatore esterno sarebbero quasi potuti passare per una giovane coppia, ma la natura della loro relazione era assai diversa.
Misaka Mikoto e Sogiita Gunha erano praticamente fratelli. Avevano vissuto insieme da quando avevo cinque anni, costretti a subire gli stessi malsani esperimenti dell’Hydra, sostenendosi a vicenda e superando anche le situazioni più crudeli e disperate grazie alla forza del loro spirito.
Peter non era rimasto particolarmente sorpreso quando gli avevano chiesto di condividere lo stesso appartamento.
Per quanto Mikoto sembrasse infastidita dalle azioni del ragazzo, ormai lo considerava parte della sua famiglia più di chiunque altro. Era tutto ciò che gli restava di una vita che aveva ormai dimenticato.
Gunha lo sapeva…ma non per questo avrebbe tentato la sorte dopo quell’avvertimento. L’electromaster poteva essere piuttosto spaventosa!
<< In questo caso…che ne dite di Attack Crash? >> propose lentamente << Trovo che sia un nome pieno di budella. >>
<< Non male >> commentò Piotr << Potente, ma non arrogante, e spiega bene quello che fai. >>
Mikoto annuì d’accordo e si voltò verso Kurt.
<< E tu? >> chiese con un sorriso gentile.
Il mutante dalla pelle blu cominciò a strofinarsi la testa con aria imbarazzata. << Beh, quando facevo combattimenti in Germania mi avevano dato un soprannome: l’Incredibile Nightcrawler! Per quanto preferirei dimenticare quel periodo della mia vita, trovo che sia abbastanza fico. >>
<< Per la gioia dei fan! >> esclamò Deadpool, ricevendo strane occhiate dal resto della squadra. Ignorandoli, l’ex mercenario si voltò verso Illyana.
<< E tu, Mrs vita e anima? Non vuoi unirti alla squadra dei fenomeni di baraccone? >> chiese con tono sornione.
La bionda lo fissò impassibile per quasi un minuto buono.
<< Magik >> disse all’improvviso << Sarà questo il mio nome. >>
Piotr inarcò un sopracciglio. << Magik? Tutto qui? >>
<< Magik >> confermò la ragazza, stiracchiandosi sul divano.
Deadpool si strinse nelle spalle e volse la propria attenzione nei confronti di Laura. << Manchi solo tu, raggio di sole… >>
<< Tutto questo è stupido >> lo interruppe la mutante con tono sprezzante << Perché mai dovrei volermi crearmi un nome da supereroe? Non ho intenzione di tenere separata la mia vita civile da quella di Avenger >>
<< Perché non sai mai quando potresti svegliarti un giorno e scegliere di andare al parco senza essere sommerso da ondate di fan >> si intromise una voce familiare alle spalle del gruppo.
Gli Avengers in allenamento si voltarono di scatto e videro Peter Parker entrare nella stanza.
<< Signore! >> esclamò subito Colosso, mettendosi in piedi con un balzo.
Peter simulò un saluto militare.
<< Riposo, reclute! >> disse con un tono di voce pesantemente accentato << Non sono venuto per interrompere la vostra pausa. Al contrario, sono qui per unirmi a voi! >>
Senza dare loro il tempo di controbattere, saltò sul divano e si mise proprio accanto a Laura e Illyana. Poi, afferrò alcune patatine dalla ciotola, inconsapevole del rossore sul volto della mora.
Nel mentre, l’appena nominata Magik lo scrutò con un sorriso impertinente. << Ai superiori non dovrebbe essere vietato fraternizzare con i sottoposti? >>
<< E perdermi le barzellette di Deadpool? >> ribattè l’arrampica-muri << Ogni tanto anche il mio cervello ha bisogno di svago. >>
<< Owwww, Spidey, sapevo che in fondo mi volevi bene! >> esclamò il mercenario, allargando le braccia e preparandosi a balzare sull’Avenger. Questi si limitò a sollevare la mano destra e sparò una ragnatela in faccia all’uomo.
<< Non fare il mollusco >> borbottò, mentre questi cercava di togliersi la sostanza appiccicosa.
Mikoto sospirò felice. << Era ora che qualcuno lo facesse. Avrei voluto farlo io… >>
Si fermò nell’istante in cui i suoi occhi notarono qualcosa sullo schermo della tv ancora acceso.
Gunha la seguì con lo sguardo.
<< Oh, stanno parlando di nuovo di quel tizio. Com’è che si chiama? Norman, qualcosa… >>
<< Alza il volume! >> esclamò Mikoto, con gli occhi che le brillavano.
Sorpreso, il ragazzo afferrò il telecomando e fece come richiesto.
<< Norman Osborn ha annunciato un incontro stampa che si svolgerà in contemporanea con l’inaugurazione della nuova Oscorp Tower >> disse la Reporter che stava presentando il servizio << Per chi non lo sapesse, la New Oscorp Tower fungerà da principale centro di ricerca degli impianti Oscorp. Una vera e propria guglia della scienza realizzata dopo quasi tre anni di lavori… >>
<< Sugoiiii >> sussurrò Mikoto << Un intero edificio completamente dedicato al perseguimento dell’innovazione e alla scoperta dei misteri del nostro universo. Un vero tributo alla scienza! Il Signor Osborn è davvero fantastico. >>
<< Qualcuno ha una cotta per un certo miliardario? >> chiese Illyana con tono innocente.
La giapponese strabuzzò gli occhi.
<< Cosa?! Baka! N-non ho una cotta per lui!>> ribattè indignata, mentre alcune scintille si protraevano dal suo corpo << Sono solo una fan della scienza, tutto qui! >>
<< Neeeeeeerd! >> esclamò Deadpool, e il resto della squadra scoppiò a ridere ancora una volta. Solo Peter rimase completamente in silenzio, lo sguardo fisso in direzione del televisore, e la cosa non passò certo inosservata agli occhi di Colosso.
<< Signore…c’è qualche problema? >> chiese preoccupato.
Il vigilante sembrò risvegliarsi da un sogno molto vivido.
<< Uh? Oh, non è niente, Piotr >> rispose con tono rassicurante. Poi, il suo sguardo si posò ancora una volta sul volto sorridente di Osborn, e lì vi rimase bloccato.
<< Assolutamente niente >> sussurrò.
I vari membri del team si lanciarono occhiate incerte. E
ra piuttosto insolito vedere il loro “insegnante” così serio…e quasi sempre accadeva quando qualcosa lo preoccupava profondamente.
Lui e Norman Osborn avevano per caso dei trascorsi?
Prima che qualcuno di loro potesse chiederglielo, un telefono cominciò a suonare dalla tasca del vigilante.
Questi fece loro segno di aspettare e lesse il nome della persona che lo stava chiamando.
“Phil Douson…la guardia che controlla l’entrata principale della base?”
Peter aveva dato a tutti i lavoratori del posto il suo numero, da utilizzare esclusivamente durante le emergenze. Se uno di loro aveva scelto di chiamarlo personalmente…doveva trattarsi di una questione piuttosto urgente.
L’Avenger accettò la chiamata e si portò il dispositivo all’orecchio.
<< Buongiorno, Phil. Come può aiutarti il tuo amichevole Spider-Man di quartire…>>
<< Signore...è successa una cosa all’entrata della base >> lo interruppe la guardia, con un tono di voce che mise subito l’arrampica-muri in allarme.
<< Ovvero? >> chiese con un restringimento degli occhi.
Dall’altra parte della linea, Philip sembrò esitare.
<< Io…non sono sicuro di come spiegarlo…ma deve assolutamente venire qui >> insistette con urgenza.
Peter inarcò un sopracciglio. << Io…va bene, arrivo subito. >>
Mise giù la chiamata, il volto ora contratto da un’espressione preoccupata.
<< Che succede? >> chiese Mikoto, e il vigilante le lanciò un’occhiata seria.
<< Non ne sono sicuro…ma tenetevi pronti, potremmo essere sotto attacco >> disse con tono d’avvertimento.
Le varie reclute lo scrutarono sorpresi, prima di assumere una posizione pronta al combattimento. Se qualcuno aveva davvero osato attaccare la base dei Vendicatori... poteva voler dire solo due cose: o si trattava di qualcuno particolarmente stupido…o di particolarmente forte.
Personalmente, tutti loro speravano che si trattasse della prima.
Rapidamente, il vigilante indossò la sua maschera da Spiderman e cominciò a correre verso l’entrata dell’edificio, seguito dal resto delle reclute.
Quando raggiunsero la destinazione, tuttavia, scoprirono che la zona non mostrava alcun segno di battaglia o di essere sotto assedio. Le uniche persone presenti erano una delle guardie della base…e un uomo coperto da un asciugamano, sporco di terra dalla testa ai piedi.
Peter strinse gli occhi.
<< Ma che… >> sussurrò, proprio mentre lo sconosciuto si voltava.
Le lenti di Spider-Man si spalancarono come piatti nel momento in cui l’identità di quella persona si palesò di fronte a lui.
<< Tony?! >>
 
 
 
 

 
Boom!
Ebbene sì: Tony Stark, aka Ironman…è tornato in vita. Era lui la persona che è uscita dalla tomba a inizio capitolo, e ha vagato per un bel po’ fino a raggiungere la base degli Avengers (la cosa sarà approfondita nel prossimo capitolo).
E che cosa starà facendo Carnage nella cittadina? Com’è riuscito ad ergere quella barriera, visto che non ha mai avuto poteri magici? E cosa vorranno gli Exif da Carol?
Per il prossimo aggiornamento…aspettatevi qualche ritorno.
Piccola nota a parte: “Sugoi” vuol dire “incredibile/fantastico” in giapponese, mentre “Baka” vuol dire “stupido” nella stessa lingua.
  
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