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Autore: Helen_Book    18/04/2021    1 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Corri e non fermarti.

Era quello il pensiero constante di Eileen da più di dieci minuti. La paura di essere aggredita un’altra volta da quel pazzo ubriaco le serviva da carburante.
Aveva spento la piccola fiaccola e aveva iniziato a correre. Un passo dopo l’altro, si era affidata al suo istinto. Non aveva avuto altra scelta e alla fine, aveva deciso di muoversi utilizzando il proprio fiuto.

Non era amplificato come quello degli altri lupi, ma meglio di niente.

D’un tratto l’odore di Mala le riempì le narici. Seguì quella scia, fino a trovarsi in una piccola radura, dove l’erba era più bassa.
Due sagome scure erano stese per terra, davano l’idea di essere strette l’una all’altra.

Era saggio avvicinarsi? E se l’avessero attaccata?

Se si tratta di Mala, non c’è alcun pericolo. Pensò, soffocando le sue solite paure.

Quella ragazza si era conquistata la sua fiducia più di una volta.

Senza fare rumore, lentamente, si avvicinò ai due corpi e riconobbe l’acconciatura dell’amica e subito dopo le treccine di Ziki.

Giusto, come aveva fatto a non pensarci prima?

Entrambi stesi sul fianco, uno di fronte all’altra.

Mala in posizione fetale, aveva il viso a qualche centimetro di distanza dalla pancia di Ziki, mentre il busto del ragazzo era ricurvo verso la testa di lei, quasi a volerla proteggere.

Una posizione alquanto scomoda, notò Eileen, con una punta di tenerezza.

Sebbene il modo in cui si trovavano facesse dedurre che fossero due innamorati, non le sfuggì il fatto che i due corpi non si toccavano.

Il dolore al dito le ricordò che doveva affrettarsi, aveva una destinazione da raggiungere.

Si rimise in viaggio, azionando l’olfatto.

Il dito le pulsava maledettamente e le faceva perdere la concentrazione. In più, la stanchezza non la aiutava. Iniziava sentire gli effetti collaterali dell’adrenalina.

Per fortuna, in una manciata di minuti, riuscì ad orientarsi. Non era molto lontana dall’asilo.

Scorse l’edificio e subito ricominciò a correre. Si appoggiò al muro perimetrale dell’abitazione, prima che le gambe cedessero.
Con il fiatone, appoggiò la testa al muro.

Respira, ce l’hai fatta. Ora devi solo entrare e sarai salva.

Prima che riuscisse a ritrovare le forze, un rumore attirò la sua attenzione. Qualcuno era appena entrato. Una donna probabilmente. Ne percepiva l’odore.
Si asciugò il sudore dalla fronte e si mise alla ricerca di una finestra.

Cosa ci fa una donna a quest’ora in un asilo?  

Un certo malessere le strinse lo stomaco e diversi scenari poco piacevoli le comparvero in mente.

In punta di piedi, si affacciò ad una piccola finestrella, mettendo a fuoco l’ambiente.

Roman era seduto per terra, con un bimbo di qualche anno tra le braccia. Dal viso, si notava che si era appena svegliato.

Quell’espressione le fece tenerezza, facendole dimenticare per qualche secondo la donna che entrò subito dopo nella sua visuale.  

Mentre strofinava gli occhi con la mano libera, Roman si rivolse a lei, riferendole qualcosa. Parole che non riuscì a cogliere.
 
Frustrata, continuò a guardare quella scena da dietro le quinte, nonostante l’unica cosa che volesse fare era entrare e rivendicare il suo territorio.

E quel pensiero da dove veniva fuori?

Si stupì di se stessa. Decise di accantonare la questione e pensare piuttosto ad una soluzione.

Osservò la donna. Era alta, i capelli neri e lunghi le arrivavano fino al bacino. Sebbene il viso rientrasse nella norma, il corpo snello, ma allo stesso tempo formoso, la rendeva una donna attraente. I vestiti che indossava non erano i soliti del branco. Erano neri, ma apparivano più aderenti. Mettevano ancora più in evidenza la sua forma a clessidra.

Quella donna è a caccia. 

La rabbia e la gelosia le montarono dentro. Non si era mai sentita così prima d’ora. Non era in grado di ragionare, il suo unico desiderio era entrare nell’edificio e mettere in chiaro la sua posizione.

Poteva farlo, giusto?

Un barlume di insicurezza le mise la pulce nell’orecchio.

Era la sua compagna, giusto? Se era così, perché quella donna si trovava lì con lui?

Nessuno sa che sei la sua compagna.

Un pugno in pancia le avrebbe fatto meno male.

Continuò a guardare all’interno e quello che vide non le piacque per niente. La donna prese il bambino che Roman aveva tra le braccia e lo cullò, sorridendo al ragazzo. E lui ricambiò.

Questo è troppo.

Lasciò la finestra e senza pensarci due volte si precipitò verso la porta.

Una mano la afferrò per il maglione, facendole perdere l’equilibrio. Lo sguardo truce di Genny la fece sentire colpevole.

Cosa diavolo stava facendo? E cosa diavolo ci faceva lì?

Senza alcuna spiegazione, la trascinò dietro un cespuglio.

Cosa diavolo stai facendo? Le chiese Genny partendo in picchiata. Non amava i convenevoli quella ragazza, non c’era alcun dubbio.

Mi stavo chiedendo io la stessa cosa, le rispose, senza farsi intimorire dal suo atteggiamento.

Credo che la mia domanda sia più urgente, dato che la cazzata la stavi facendo tu. Almeno potresti ringraziarmi.

Eileen fu presa di contropiede e per un momento non disse nulla.

Significava che sapeva di lei e Roman? Non erano stati così bravi a nasconderlo e non erano passate neanche 36 ore, rise amaramente dentro di sé.
Smettetela di trattarmi come una stupida.

Genny parlò al plurale, includendo suo fratello. La furia di poco prima fu sostituita dalla tristezza. La cosa sembrava ferirla profondamente.

Non so cosa dire. Perché mi hai fermata? Le chiese Eileen, desiderosa di entrare nell’edificio. Chissà cosa stava succedendo mentre lei stava lì nascosta.

Il solo pensiero le procurò un capogiro, seguita dalla nausea.

Se fossi entrata, sono sicura che avresti fatto una scenata degna di questo nome e sarebbe saltata la vostra copertura.

Non poteva assolutamente negarlo. Non era così brava a recitare.

Ti rendi conto che le tue azioni hanno delle ripercussioni anche su mio fratello?

Questo le fece parecchio male. Avrebbe sentito meno dolore se le avesse schiacciato il dito ferito.  

Pensi che non lo sappia?

Non le piaceva la piega che stava prendendo quella conversazione. L’unica persona con cui voleva discutere era dentro quel maledetto asilo.

Penso che tu te ne sia dimenticata. La schernì, zittendola di nuovo.

Ora tu rimani qui e io faccio andare via quella donna, così avrai la possibilità di parlare con Arthur. 

Non le piacque quella soluzione, tuttavia, non disse nulla. Era troppo occupata a tenere a bada l’orgoglio ferito e la gelosia.

Impaziente attese e quei dieci minuti le sembrarono interminabili.

Non riusciva a sentire molto. Dal cespuglio, scorse la donna uscire dall’edificio.

Scocciata, stringeva il bambino al petto. Si guardò indietro un paio di volte, ma alla fine si addentrò nel bosco.  

Eileen sentì una sensazione di sollievo propagarsi per tutto il corpo.

Cosa le succedeva?

Non aveva mai sperimentato quelle emozioni prima d’ora, erano più intense e invasive di quanto si aspettasse.

La testa di Genny spuntò da dietro la porta e con la mano la incitò ad entrare. Non se lo fece ripetere due volte.

A passo veloce, si fece largo nella stanza. Trovò un Roman indaffarato mentre cambiava i vestiti di un bambino, come se nulla fosse. Non appena la vide, le sorrise: “Finalmente sei arrivata, stavo per uscire a cercarti.”

Eileen non ricambiò il sorriso.

La stanchezza, il nervosismo e la tensione davano vita ad un cocktail esplosivo, non si sentiva più padrona di se stessa.

Genny probabilmente percepì quelle vibrazioni negative, decidendo così di defilarsi, senza salutare.

Roman non disse nulla, per niente sorpreso da quella reazione.

Rimboccò le coperte al bambino e con naturalezza si riaggiustò la coda ormai sfatta.

I muscoli delle braccia tesi attirarono la sua attenzione, facendole venire l’acquolina in bocca. Lo sguardo risalì fino alle mani che si muovevano con destrezza, compiendo un’azione di routine.

Quelle mani.

Dall’alto, gli occhi scesero verso il basso, notando un lembo di pelle scoperto dell’addome, con precisione lo stesso punto che nella radura aveva sfiorato con la mano.

Sapeva benissimo quanto fosse morbida e calda la sua pelle. Non era una di quelle sensazioni che si dimenticavano facilmente.

Mio Dio, Eileen, concentrati.

Chiuse gli occhi per un secondo, nella speranza di riacquistare lucidità.

Intanto, Roman non perse tempo e si mosse nella sua direzione, senza staccarle gli occhi di dosso.

Se lo ritrovò davanti, senza neanche accorgersene.

Si fermò ad un metro di distanza, indeciso se gli fosse concesso o meno di avvicinarsi.

Smettila di guardarmi in quel modo.

Lo accusò, senza aggiungere altro. Aveva difficoltà a stare ferma, per questo incrociò le braccia, mantenendo salda la sua posizione.

“Cosa è successo al tuo dito?” le chiese, ignorando totalmente la sua affermazione.

Incrociare le braccia non era stata una buona idea. Non aveva fatto altro che evidenziare la piccola fasciatura al dito. Se si poteva definire tale.

Il sangue l’aveva impregnata completamente, era necessario cambiarla.

In quel momento, però, c’erano altri problemi da affrontare. Dopotutto, non percepiva alcun dolore: il corpo era concentrato su qualcos’altro.

Su qualcun altro.

Non è importante in questo momento, dobbiamo parlare di altro.  Segnò, mettendolo al corrente di una parte dei suoi pensieri.

“Non è importante? Ma se vedo il sangue attraverso la benda” alzò la voce, ricordandosi solo dopo che i bambini stavano dormendo.

Respirò profondamente, cercando di controllare la rabbia.

Lui si stava arrabbiando con lei? Com’era possibile che i ruoli si fossero invertiti? Era lei quella incazzata!

“Dammi la possibilità di vederlo” la pregò con tono gentile. Ecco di nuovo che cercava di patteggiare.

Presa dalla collera, nascose le mani dietro la schiena e scosse violentemente la testa. Se lui non avesse voluto ascoltarla, lo avrebbe costretto a farlo.

Si stava comportando da bambina, ma era più forte di lei.

“Non essere testarda, fammi controllare la ferita, potrebbe infettarsi” sapeva benissimo che aveva ragione, era un medico. Si vedeva che stava cercando di comunicare con la sua parte razionale.

Senza sapere che lei stessa non riusciva a trovarla. Era un concentrato di emozioni.

Roman annullò le distanze, appoggiò i palmi al muro, intrappolandola.

Eileen sapeva di non essere bassa, eppure in quella posizione, si sentiva così piccola. Circa venti centimetri di altezza li separavano e ora li percepiva tutti.

Fu costretta a sollevare il mento e per nulla intimorita, lo sfidò, continuando a guardarlo dritto negli occhi.

Sebbene i corpi non si toccassero, riusciva a percepire il suo calore. Non era un buon segno per la sua salute mentale. 

Con le mani dietro la schiena, le era impossibile comunicare. Se ci avesse provato, Roman ne avrebbe approfittato. Senza le braccia come scudo, si sentiva totalmente alla sua mercé.

Gli occhi color miele la scrutavano, in attesa della sua prossima mossa. Immobili, respiravano a malapena.

Non mollare.

Pensò infondendosi coraggio.

Fu Roman il primo a cedere. Inaspettatamente abbassò la testa, poggiando la fronte sulla sua spalla. Purtroppo per Eileen, non si limitò a quello.

Pian piano, si rifugiò nell’incavo del suo collo, accarezzandole pigramente con il naso quel punto lì. Eileen inspirò di scatto. Aveva beccato un suo punto debole.

Maledizione.

Il respiro caldo le solleticava la pelle, facendole perdere la testa. Le labbra di Roman erano pericolosamente vicine al suo collo. Poggiandole, avrebbe percepito con facilità il sangue pulsarle nelle vene.

Il cuore impazzito minacciava di esploderle da un momento all’altro. Le ci volle uno sforzo immane per non intrecciare le mani tra i capelli setosi.

“Ti prego, non escludermi” le soffiò sul collo, percependo le parole a malapena. Era troppo presa dal non andare in iperventilazione.

Doveva fare qualcosa o avrebbe dimenticato perfino il suo nome.

Con tutta la forza fisica e d’animo che riuscì a racimolare, appoggiò i palmi delle mani sulle sue spalle e lo allontanò da sé. Subito ne sentì la mancanza, ma decise di soffocare quella sensazione.

Sorpreso Roman, la guardò, teso come una corda di violino.

Rossa in volto, Eileen decise di non guardarlo. Aveva paura di mostrare la propria vulnerabilità.

Senza convinzione, gli porse la mano ferita, arrendendosi alle sue preghiere.

Roman non se lo fece ripetere due volte.

La trascinò vicino ad un letto vuoto e come una trottola si mosse da una parte all’altra della stanza, alla ricerca dell’occorrente.

Una volta trovato, entrambi si sedettero sul materasso e, in silenzio, iniziò a srotolarle la benda ormai insanguinata.

Non era così che me l’ero immaginata la serata.

Scoprì che la delusione aveva un sapore molto più amaro della gelosia. Le faceva venir voglia di rifugiarsi in un angolino e piangersi addosso.

“Come te la sei procurata?” le chiese lui, mantenendo un tono di voce basso, mentre osservava la ferita rossa e pulsante.

Eileen scrollò le spalle, senza aggiungere altro.

Sia perché era difficile comunicare con una sola mano, ma soprattutto perché era ancora arrabbiata con lui.

Roman sembrò percepirlo: “Va bene, facciamo così. Ora parlo io e tu dovrai solo ascoltarmi, okay?”

Ironicamente non aveva altra scelta. Alzò lo sguardo su di lui, in attesa.

Le spalmò un piccolo unguento sulla ferita. Eileen non riconobbe l’odore, ma nel loro branco utilizzavano qualcosa di molto simile.

“La donna che hai visto uscire dall’asilo è la mamma del bambino che avevo in braccio. Penso non ti sarà sfuggito nulla mentre ci osservavi dalla finestra” osservò, continuando a medicare la ferita.

L’imbarazzo le colorò le guance, aveva voglia di sprofondare.

Come diavolo faceva a sapere che li stava osservando? 

“Immagino ti starai chiedendo come faccio saperlo. Due lupi che iniziano ad instaurare un legame come compagni, sentono, percepiscono la vicinanza o la lontananza dell’altro. È come se avessero puntato un riflettore addosso e ogni giorno che passa, l’intensità di questa connessione aumenta” le spiegò, soffiando subito dopo sul suo dito.

Un brivido le attraversò la colonna vertebrale.

Quel legame era decisamente intenso.

Con delicatezza, le avvolse la garza intorno al dito. Aveva ormai perso il conto delle volte in cui si era preso cura del suo corpo. Era lei il medico, non lui.
La frustrazione continuava ad incendiarle le vene. Stava sviando l’argomento principale. Voleva sapere che tipo di relazione c’era tra lui e quella donna. Era sicura che le stesse nascondendo qualcosa.

“Ecco fatto” disse, soddisfatto della fasciatura. Tuttavia, non ricevette nessuno sguardo di approvazione. Eileen ritirò la mano e lo ringraziò, senza entusiasmo.

I suoi occhi divennero tristi, mettendo in risalto le occhiaie. Solo allora si rese conto di quanto il suo aspetto apparisse deperito. Si vedeva che non dormiva, né mangiava da tempo.

Quando è stata l’ultima volta che hai mangiato?

Avrebbero parlato non appena fosse stata sicura che non sarebbe svenuto tra le sue braccia.

“Non so, non ho molto tempo per trasformarmi. Mi sono arrangiato” le riferì “Ma con te qua, mi ricaricherò in pochi minuti, vedrai.”

Sorrise, tentando di rassicurarla.

Eileen lo guardò poco convinta. Si alzò e iniziò a girovagare nella stanza, alla ricerca di cibo. Lui non poteva saperlo, ma lei era abituata a cucinare. Doveva farlo per sopravvivere.    

Gli altri lupi avevano la possibilità di cacciare le proprie prede, lei invece, sin da piccola, aveva appreso l’arte culinaria. Non si riteneva una grande esperta, ma a differenza degli altri, aveva anni di pratica alle spalle.

Trovò alcune verdure e del pollo, decise di preparare una zuppa. Mentre si muoveva alla ricerca degli utensili, Roman la raggiunse alle spalle.

Aveva ragione, ogni cellula del suo corpo riusciva a captare precisamente la sua posizione, i suoi movimenti.

Era consapevole della sua esistenza. 

Di proposito le sfiorò il braccio, tirando fuori dal cassetto un coltello.

Lo fulminò con lo sguardo.

“Ti do una mano, non vorrei che ti ferissi qualche altro dito” scherzò “Non che mi dispiaccia medicartelo” aggiunse, facendole l’occhiolino.

Sebbene fosse stanco ed affamato, non aveva perso il buonumore.

Quello di Eileen fu un tacito consenso e così subito si mise al lavoro.

In silenzio, si muovevano da una parte all’altra, scontrandosi di tanto in tanto. Aveva il vago presentimento che Roman cercasse qualsiasi occasione per toccarla. Non ebbe nulla in contrario.

Tuttavia, non riusciva a togliersi dalla testa la scena di lui che sorrideva a quella donna.

Non pensava di essere una persona possessiva, eppure si stava ricredendo anche su quel fronte. Si rese conto che la lontananza dal suo branco, la stava cambiando. Ancora indecisa se in meglio o in peggio.

Avrebbe voluto godersi maggiormente quel piccolo momento di intimità, un frammento di quotidianità ritrovato.

Tuttavia, stava imparando a fidarsi del suo istinto e qualcosa le diceva che Roman non era stato completamente sincero con lei.

Perché nasconderle la verità?

Per fortuna, aveva cucinato così tante volte che ogni movimento avveniva in automatico, dandole la possibilità di perdersi nei suoi pensieri.

Dopo circa venti minuti, la zuppa era pronta. La versò in una piccola ciotola. Aveva un aspetto delizioso, era fiera di se stessa.

Sperò che il sapore fosse all’altezza.

Si voltò e vide Roman seduto su una sedia, con la testa appoggiata al muro. Non riusciva a capire se si fosse addormentato o avesse semplicemente chiuso gli occhi.

È distrutto, rimanderemo la nostra conversazione a domani.

Prese la ciotola fumante, il cucchiaio e si avvicinò lentamente a lui.

Non appena fu ad un metro di distanza, spalancò gli occhi, lo sguardo perso nel vuoto.

Eileen sventolò la mano, attirando l’attenzione su di sé. In un attimo, il calore ritornò ad illuminare gli occhi color miele.

“Che buon profumino” affermò ancora mezzo addormentato, mentre prendeva la ciotola tra le mani.

Spero sia commestibile.

Rispose lei con modestia. Era la prima volta che cucinava qualcosa per lui e voleva che fosse perfetto.  
 
Vederlo mangiare con gusto ciò che gli aveva preparato la riempì di gioia.

“Hai talento, è buonissima. Non sapevo sapessi cucinare così bene” disse, bevendo gli ultimi sorsi della zuppa.

Grazie, ho fatto pratica. Segnò, senza aggiungere altro.

Eileen sapeva che prima o poi avrebbe dovuto metterlo al corrente del suo grande segreto. Il loro rapporto non sarebbe mai stato vero e autentico, in caso contrario.

Eppure, stava vivendo un sogno ad occhi aperti. Aveva paura che la verità lo avrebbe trasformato in incubo.

Non era ancora pronta. Aveva bisogno di tempo per capire come e quando dirglielo. Il tempismo era tutto, in questi casi.

E se lui avesse smesso di amarla?

Al solo pensiero, le si mozzò il respiro. Per esigenza, si sedette sul letto vuoto.

“Ti fa male il dito?” le chiese Roman preoccupato.

Riusciva a captare qualsiasi cambiamento. Era impossibile che riuscisse a custodire quel segreto ancora per molto.

No, sto bene. Ho dimenticato di dirti che Ziki e Genny sono entrambi al corrente di…ciò che sta succedendo tra noi.

Non sapeva come definirlo, dopotutto non si conoscevano da molto. Rapporto? Relazione? Legame?

“C’era da immaginarselo, sono persone sveglie” rise tra sé “Sono sicuro che non apriranno bocca, ma Genny cercherà di convincermi a riferirlo a nostro padre” aggiunse, mentre si stropicciava gli occhi con le dita.

La raggiunse sul letto, lasciando poco spazio tra loro. Iniziava ad abituarsi alla sua vicinanza. Troppo.

“Domani andrò a parlargli. Sto valutando l’idea di metterlo al corrente che ho trovato la mia compagna.” La naturalezza con cui lo disse, le scaldò il cuore.

Nella sua vita, non aveva mai ricevuto parole così piene d’amore. Voleva imprimerle nella mente e riascoltarle continuamente.

“Perché è questo ciò che siamo, compagni” il tono dolce e sensuale, le accarezzò il corpo, da capo a piedi, fugando qualsiasi dubbio sul loro legame.

Ne sei sicuro? È questo che siamo?

I suoi occhi verdi incontrarono i suoi color miele, in cerca di conferme.

È questo ciò che siamo. Segnò lui, muovendo lentamente le mani.

Eileen non aspettò altro. Trasportata dalle sue emozioni, annullò completamente le distanze. Le sue labbra trovarono subito quelle morbide e calde di Roman che ricambiò subito, inclinando il viso verso di lei.

Le sue mani si spostarono sulle spalle muscolose, senza proseguire. Aveva preso l’iniziativa, ma non sapeva nulla di come muoversi, fin dove poteva spingersi.

Come sempre, Roman riuscì a leggerle nella mente, percependo la sua incertezza. I palmi callosi guidarono le sue mani su per il collo, fino alle guance ricoperte dalla barba di qualche giorno.

“Qualsiasi cosa tu faccia, mi farà impazzire. Lasciati guidare dall’istinto” le sussurrò all’orecchio, staccandosi momentaneamente dalle sue labbra.

E così fece.



Buonasera a tutti!

Ultimamente sto scrivendo capitoli chilometrici, spero non vi dispiaccia, in caso contrario, ridurrò la lunghezza. Fatemi sapere!
Come avrete notato, le cose stanno iniziando a scaldarsi ;) , eppure ci sono ancora parecchi interrogativi. 

Alla prossima domenica!

Helen

  
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