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Autore: Enchalott    19/04/2021    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Carissimi, penultimo capitolo della storia. Confesso di essere emozionata e un po' malinconica al pensiero che dopo questa ci saranno solo più due pubblicazioni di "Anthos". Ma ho iniziato un nuovo racconto original, che spero terrà compagnia sia a me sia a voi con altrettanta passione. Grazie ancora.

Come deve essere
 
«Non rispondermi adesso» continuò Narsas «Non voglio che ti senta incalzata. Sono consapevole che tuo cuore e la tua anima appartengano al dio della Distruzione. Non reggo il confronto e non oserò intentarlo. Non sono suo rivale. Sono tornato dal confine ultimo per pronunciare queste esatte parole, senza pretese di sorta. Ti amo, Adara. Non negarmi la possibilità di provarlo, è questo ciò che chiedo.»
Sollevò gli occhi scuri, coraggiosi, inchiodandoli nei suoi. Lei avvertì il calore affluire alle guance alla dichiarazione diretta.
«Non devi dimostrare nulla, Narsas. Ogni frammento di te lo ha trasmesso.»
L’arciere si mosse. Un taglio di luce gli piovve tra i capelli bruni e sulla pelle ambrata.
Il pendente scarlatto, unico accessorio che indossava, brillò al lobo sinistro. Sorrise rassicurato.
«Vorrei che conoscessi di me quanto ho celato. L’indole passionale, ardente, domata con ogni mezzo e… mentre porterai quel segno bianco, forse proverai per me un sentimento diverso dall’amicizia. In questa vita immeritata desidero conquistare il tuo amore con onestà. Se non avverrà, accetterò l’idea di essere un arrogante.»
La principessa lo contemplò trasognata. Se avesse avuto una titubanza residua sulla sua identità, quelle parole l’avrebbero dissipata. Solo lui era in grado di pronunciare termini tanto grandi e profondi in modo così umile.
«Anch’io desidero farti incontrare una parte di me. Di essa ho avuto contezza tardi, ma ciò non la sminuisce. Quella che è innamorata di te, Narsas. Non posso spiegarlo. Ma se si è verificato il prodigio che ti ha concesso di lasciare il dominio del sommo Reshkigal, allo stesso modo a me spetta amare insieme un dio e un mortale.»
L’arciere portò una mano al petto, dove il cuore palpitava impazzito.
«Lui non ci perdonerà. Non ci perdonerà mai.»
«Sì. Irkalla non ci perdonerà se l’amore verrà dissipato.»
Il guerriero le prese il viso tra le mani, socchiudendo le palpebre sulle iridi brucianti.
Si guardarono con intensità, per rendere reale la certezza di essere insieme.
Un vociare concitato all’esterno interruppe l’atmosfera romantica.
«Cosa sta succedendo?»
«Narsas… »
«Lo so. Tutti mi credono morto e, vedendomi qui, penseranno a un sortilegio oscuro. Ma prima o poi dovrò mostrarmi e affrontare le reazioni altrui.»
«Non è il problema principale. Non vorrai andare fuori così?!»
Il guerriero del deserto avvampò, ricordandosi di non avere nulla addosso.
 
I Guardiani del Mare scrutavano esterrefatti il cielo del primo mattino, nel quale il sole clemente dell’alba dardeggiava gemellato con il plenilunio. Varsya uscì dalla tenda, richiamato dalle esclamazioni della sua gente.
«Dèi grandiosi!»
«È il segno del principio, bailye» confermò una delle veggenti «Nessuna creatura mortale vi ha mai assistito dalla creazione del mondo.»
Tutte le tribù di anydri abbandonarono i ricoveri per puntare gli sguardi in quell’unico punto. Un prodigio che fino a quel momento era stato considerato una leggenda: per gli Aethalas risultava sintomo della benevolenza dei Superiori. Confermava il ruolo che era stato loro assegnato e garantiva che sarebbe giunto un guardiano, a garanzia dell’armonia del cosmo.
Un movimento di tessuti sventolanti deviò l’attenzione di Varsya. Allibì.
Stretta al fianco di Anshar, Phylana si ravviò la chioma scompigliata e si schermò per contemplare l’incredibile fenomeno astronomico, inconsapevole della presenza del padre. Quando se ne avvide, arrossì come una bambina e non reagì come una donna libera che aveva scelto il compagno. Al contrario il bailye dei Rhevia sostenne lo sguardo del più anziano e gli sorrise, dimostrando di avere in considerazione la sua preoccupazione genitoriale, ma di essere un uomo consapevole delle proprie decisioni. Per lui nell’amore vero non era rilevabile alcuna vergogna.
Varsya emise il fiato e si avvicinò.
«Grazie» pronunciò rivolto ad Anshar «Non solo perché la tua predilezione mi onora, ma perché da troppo tempo non vedevo mia figlia così felice.»
Phylana si unì con commossa enfasi all’abbraccio. Ma a un tratto si irrigidì, dalle sue labbra sfuggì un’esclamazione roca. Sgranò gli occhi, impallidendo, e prese a tremare. Il portavoce Aethalas seguì la direzione del suo sguardo e fu colto dalla medesima, brutale reazione. Anshar si girò, preoccupandosi di riflesso.
«Narsas… Narsas…»
Anshar osservò il giovane uomo che affiancava la regina di Iomhar sotto il patio della tenda. Era alto e attraente, i capelli bruni circondavano il volto virile, le iridi erano scure, il portamento nobile. Indossava abiti nordici, nessun ornamento elestoryano sul petto nudo, che si intravedeva attraverso la camicia slacciata. Neppure il sigillo di successore. C’era un’indiscutibile somiglianza tra lui e Phylana. Non poteva trattarsi di un eikatoptri collettivo o di un fantasma: le sue orme impresse sulla rena erano ulteriore conferma alla sua esistenza. Rivolse un ringraziamento agli Immortali. Se il cielo stava indicando un miracolo, esso si era concretizzato in quei termini: il guardiano era giunto tra loro.
Phylana si precipitò, correndo a piedi nudi sulla sabbia tiepida, accompagnata dalle voci esterrefatte dei Guardiani, che andavano ripetendo il nome del guerriero come in un mantra. Si gettò tra le sue braccia tese.
«Narsas!»
L’arciere la accolse in una stretta assurdamente concreta e la sollevò senza sforzo, come quando era piccola, asciugandole le lacrime con il lembo della manica.
«Sei vivo! Sei qui! Dei misericordiosi!»
«Lo assicuro» sorrise lui.
«La tua voce! Oh, sacre dune di anydri, quanto mi è mancata!»
«Ho avuto nostalgia di te, sorellina. Sei cresciuta. Sei stata forte, hai sostenuto nostro padre al posto mio. Sono orgoglioso di te, Phylana.»
Si interruppe, sovrastato dalla commozione, quando vide che, a passi incerti, Varsya li aveva raggiunti e li stava guardando con occhi lucidi di pianto. Una lacrima ruppe gli argini e scese sul viso di Narsas, che si inchinò davanti al portavoce della sua tribù in un atto di estremo rispetto.
«Ho mantenuto la parola, padre.»
Il bailye lo attirò a sé, stringendolo con trasporto.
«Lascia che ti tocchi, che ti guardi! Sei un dono degli dei, figlio mio!»
«Di uno soltanto.»
Varsya annuì serrando le mani sulle sue spalle robuste. Poi si sfilò la fascia rossa e oro dalla fronte e la pose sul capo del suo primogenito.
Gli Aethalas eruppero in un’acclamazione di giubilo.
 
«Cos’hanno da gracidare a un tale volume!?» bofonchiò Rei, abbottonandosi la casacca «Non sono stati sufficienti i festeggiamenti di ieri?»
Dionissa sorrise misteriosa, scortandolo fuori dalla tenda reale.
«Ma che diavolo! Per l’intero pantheon divino!»
«Rei!» lo riprese la sacerdotessa all’esternazione poco ortodossa.
«Il sole e la luna insieme e… quello è Narsas!?»
«Adesso sei tu che stai gridando.»
«Mi rimangio tutto! Possono schiamazzare finché vogliono! Posto che reggo magistralmente il vino, vorresti mettermi a parte del perché vedo cose che non dovrebbero esserci?»
Dionissa rise, schermandosi la bocca con la mano per mantenere un po’ di contegno, atto pressoché impossibile quando si trovava in compagnia del marito. Si allacciò al suo corpo atletico e gli sussurrò all’orecchio la spiegazione richiesta.
«Ma… ma per tutte le oasi!» sbottò ancora Rei, sbarrando gli occhi grigi.
«Solo tu sei in grado di svegliarmi a imprecazioni!»
Dare Yoon scostò il drappo del padiglione, stiracchiandosi assonnato. Poi si profuse in un inchino formale, avvedendosi della presenza della principessa.
«Là» tranciò Aska Rei, sollevando l’indice senza commenti.
Il soldato rimase a bocca aperta, pietrificato.
«Non ti lagni più, eh?» lo punzecchiò il generale.
Il capitano non rispose. Seguì lo scambio tra Narsas e la sua famiglia come ipnotizzato. Attese in disparte, finché non riuscì a vincere il riserbo.
«Mi rifili i tuoi grattacapi e poi ricompari come se nulla fosse, Aethalas» lo apostrofò ruvido «Come pensi di giustificarti?»
«Non ho scusanti» sorrise l’arciere.
Si abbracciarono in modo informale, come amici di vecchia data.
«Almeno forniscimi un indizio sull’insperato prodigio, prima che metta mano alla spada per verificare che tu non sia l’ultimo daimar rimasto.»
«L’amore è il prodigio. L’unico indizio. Non saprei riportare altro.»
«Mi basta» annuì l’ufficiale, accennando con il capo alla principessa «È l’unica medicina di cui lei ha bisogno. Ora che il miglior guaritore è qui, sarà come deve essere, soprattutto se tale medico fornirà la sua diagnosi.»
Il guerriero del deserto avvampò, ma non abbassò lo sguardo.
«Tutti ne hanno bisogno, Dare Yoon. Non è così? E poi, a quanto rammento, neppure tu vai forte con i discorsi.»
«Punto» borbottò l’altro, allargando le braccia «Posso imparare. Anzi, potrei addirittura apprendere il tiro con l’arco… però dei vostri intrugli non se ne parla!»
L’Aethalas scosse la testa divertito, osservandolo mentre rigirava tra le dita il sigillo che gli aveva affidato.
«Ne hai pieno diritto. Sei la mia famiglia, capitano.»
Dare Yoon strinse il ciondolo nel pugno, imbarazzato dall’affettuosa dichiarazione.
«Così non corro il rischio che tu travisi lo scopo delle lezioni e pensi che ti stia proponendo di sposarmi.»
Narsas rise e i suoi occhi, un tempo malinconici, luccicarono di felicità.
«Sono già impegnato.»
Dare Yoon sogghignò, allettato dalla notizia.
«Non oso domandarti come sia l’aldilà. Rischierei di sperare di finire nel tuo stesso posto quando mi toccherà.»
«Non ricordo nulla. Solo una legge mi è rimasta impressa.»
«Quale?»
«L’amore trova sempre una via. È auspicabile prestarvi fede.»
«Tu l’hai realizzato, Narsas. Non hai nulla di cui pentirti.»
«Sei un uomo generoso, Dare Yoon» restituì il ragazzo, fissandolo come se potesse leggergli nell’animo «Nemmeno tu avrai rimpianti, credimi. Sarà come deve essere.»
 
I mesi erano trascorsi con una tranquillità che nessuno ricordava da tempo. Il tramonto di quella sera occupava la volta celeste con l’impeto di un incendio, ma i colori accesi possedevano un brillare dolce, accogliente, familiare. Le dune erano un mare vibrante d’ocra e amaranto, pronte a cedere alla soavità della notte.
Lo sposo attendeva accanto al braciere, vestito di un prezioso abito di seta avorio, che rifletteva la luce purpurea. Nei suoi occhi scuri guizzavano le fiamme corniola del calar del sole, sulle sue labbra piene aleggiava un sorriso trepidante. Il mantello chiaro si sollevava al soffio della brezza, lambendo la sabbia con un fruscio lieve. Tra le ciocche brune, agganciato all’orecchio, spiccava un pendente rubino, che restituiva al deserto un’identica sfumatura, come se facesse parte di quella terra in ogni sua fibra e ne fosse il fiore più prezioso. La fascia rossa e oro che gli circondava la fronte scendeva morbida sulla spalla sinistra. Non portava né arco né faretra, solo il pugnale ricurvo, infilato nella sciarpa ricamata che gli stringeva la vita, e ai suoi polsi scintillavano due bracciali di rame.  
Quando la sposa comparve al fondo del sentiero tracciato dal chiarore delle torce, Narsas si illuminò.
 
Adara avanzò piano verso la sommità del dosso, stretta in un abito carminio tempestato di cristalli, che rifrangevano il contorcersi del fuoco, rendendola simile a un’apparizione. Il lungo strascico del velo disegnava ricami elaborati accanto alle orme che i piedi nudi marcavano sulla sabbia al suo incedere. I campanelli alle sue caviglie scandivano argentini il ritmo dei suoi passi. I capelli castani, intrecciati in folte volute, scendevano lungo la schiena e sulle spalle lucidi come seta.
Posò lo sguardo sul giovane che l’aspettava accanto al falò che avrebbero acceso, per rischiarare la prima delle tante notti che avrebbero trascorso insieme. Il cuore palpitò. Avevano scelto di celebrare le nozze nel deserto con un rito semplice, che non tenesse conto dei rispettivi titoli, poiché nelle vicende che avevano vissuto erano stati un uomo e una donna. Non serviva altro.
Solo la tua benedizione, Irkalla…
 
Narsas sollevò gli occhi, rapito dall’immagine di colei che gli andava incontro: una visione di bellezza e audacia che splendeva soltanto per lui.
Il vento soffiò intenso, facendo ondeggiare le fiamme e le stoffe colorate.
Rei e Dare Yoon, accanto al braciere in qualità di testimoni, si guardarono perplessi: nessuno osò dire che, tra i granuli di rena in volo, aveva scorto un brillare di fiocchi di neve.
 
La sposa indossava un meraviglioso abito bianco, il coltello gemmato pendeva sul suo seno, come una minaccia, una promessa.
 
Narsas le prese la mano con gentilezza e la accolse, sfiorandole la fronte con un bacio, soffermandosi sul leggero rossore delle sue guance.
 
Lei era pallida, la sua mano tremava, ma il suo sguardo era decisione e coraggio, non certo rinuncia, non paura.
 
Pronunciò la formula con la quale giurava di appartenerle per sempre e ascoltò la risposta di lei con il cuore che batteva potente alle parole di amore, fedeltà, eternità.
 
Il cuore… il cuore che lei aveva richiesto con impudenza agli dei aveva battuto rintocchi terribilmente veri, incontrollabili, probanti.
 
Strinse la fiaccola sacra, intrecciando le mani alle sue, e con quel gesto antico come anydri le loro vite divennero una, nel divampare incandescente della nuova luce, che avevano attizzato davanti agli Immortali e alle genti del Sud.
 
Le candele si erano spente, il buio era calato, ma la luce gli era rimasta dentro, lo aveva messo alla sbarra, imputato sotto l’incombere del cielo inclemente del Nord.
 
Narsas intese la chiusura del rituale pronunciata da Dionissa, che li rendeva marito e moglie e le acclamazioni augurali di prosperità e lunga vita dei convenuti, che si preparavano a festeggiare il lieto evento.
 
Silenzio e terrore, ciò che era stato creato nel gelo, che avrebbe avuto vita breve, che si sarebbe dissolto nel bruciare vittorioso di un amore profondo, non ancora ammesso ma indubbio.
 
Strinse tra le braccia la sua sposa. Il sole scese dietro l’orizzonte, dipingendo il mondo di indaco e dolcezza. La sollevò in una mossa ardita, insolita.
 
La sollevò. Era sua… era suo…
 
«Ti amo» mormorò, camminando lungo la linea quasi estinta delle torce, allontanandosi dalla sua tribù, dalla famiglia reale, dal resto dell’universo.
Adara si aggrappò al suo collo, affondò il viso tra le sue chiome e si lasciò condurre alla tenda nuziale che lui aveva piantato in un luogo remoto.
Narsas la depositò sui tappeti verdi e azzurri cosparsi di petali. Spense tre delle quattro fiammelle della lampada che rischiarava l’ambiente, poi si slacciò la fascia rossa e oro, posandola sul vassoio decorato.
«Varsya ti vorrebbe come nuovo bailye degli Aethalas.»
«Mio padre sa che il mio posto è a Iomhar, accanto a te. Anshar è un portavoce capace e stimato, ama mia sorella, a lei si è promesso. Gli ho passato la successione, le nostre tribù diverranno simbolo di unità tra i popoli del deserto.»
La ragazza seguì il mantello di lui scivolare al suolo.
«Non ti dispiace lasciare Elestorya?»
Il guerriero si spogliò della casacca serica e rimase con la camicia smanicata di lino leggero: la sua schiena, nella trasparenza del tessuto, era provocante e integra. Le sedette accanto sul talamo, accarezzandola con le iridi ardenti come braci.
«Casa è dove sei tu, non altrove.»
Adara sgranò gli occhi e indugiò nei suoi: ossidiana, orgogliosa, carica di passione.
Narsas si piegò per baciarla, interrompendone la reminiscenza, e il tocco delle sue labbra sensuali la fece tremare. Il contatto si approfondì come mai era accaduto, le loro lingue si incontrarono, le dita di lui sganciarono una delle spille che sorreggevano l’abito da sposa. Un lembo di stoffa si abbassò, ma il vestito le rimase incollato addosso. Lei trattenne il fiato.
«Hai timore di me?» domandò il ragazzo.
Aveva aspettato come promesso, tra loro non era accaduto nulla di fisico.
«Oh no, è solo che è così…»
«Strano?»
Adara annuì, imbarazzata dalla propria sciocca ritrosia, ma suo marito sorrise.
«Chiudi gli occhi.»
Narsas si spostò alle sue spalle per toglierla dall’impaccio. Le sfilò il velo, le scostò i capelli, la bocca si posò alla base del suo collo, sfiorandola. Il suo tocco si fece più deciso, strappandole un sospiro. La sua mano raggiunse un’altra chiusura e la staccò, con un risultato analogo al precedente. Stava andando piano, senza forzature.
«Hanno impiegato un’ora a prepararmi» balbettò a titolo di giustificazione «Le donne che mi hanno assistita sostenevano che… l’abito tradizionale delle tribù di anydri è destinato ad accrescere il desiderio dello sposo.»
«Funziona» le sussurrò lui all’orecchio.
Le baciò la spalla, scendendo verso la schiena imprigionata nella seta.
«Intendi riutilizzarlo?» mormorò ironico.
«Cosa?»
«Il vestito.»
«No… certo che no!»
Narsas recuperò il pugnale e lo estrasse, impugnando la stoffa preziosa nel punto in cui le piegature si intrecciavano maliziose.
«Bene. Perché non sono più in grado di attendere.»
Fece scorrere la lama e l’abito si squarciò a metà, scoprendo la pelle nuda della giovane donna, che sussultò colta da un déjà-vu.
«Puoi usare lo stesso sistema, sebbene ciò che indosso sia semplice da sciogliere.»
Adara gli prese il viso tra le mani. L’arciere aveva il respiro accelerato, stava compiendo un evidente sforzo per trattenersi, per seguire il suo ritmo. Aveva rivelato che quella parte intima di lui era passionale, impulsiva e la profondità magnetica del suo sguardo ne era l’espressione più pura. Il coltello finì a terra ignorato.
« Ti amo, Narsas. Nemmeno io posso aspettare. »
Il guerriero la liberò dai brandelli di tessuto e Adara lo spogliò con altrettanta fretta. I loro corpi si intrecciarono, spinti dalla voglia reciproca, le mani si cercarono, le labbra si inseguirono sulle membra accaldate e vibranti di eros. Si avvinghiarono gemendo in un climax che anelava un’unica conclusione, troppo a lungo sognata.
Lui sapeva come toccarla, nel fare l’amore con lei non mostrava la timidezza e il ritegno insiti nel suo carattere. Le passò il braccio dietro ai fianchi e la tenne sollevata, in un movimento che lei non aveva mai sperimentato e che mirava a evitare la sabbia del deserto. In ogni gesto era sangue infuocato di anydri, passione pura. L’intensità del contatto aumentò il piacere a dismisura. Adara si inarcò sotto di lui sensuale e avvertì che anche Narsas era sul punto di esplodere. Si abbandonò alla sua stretta virile, seguì i suoi movimenti, lasciò che lui spegnesse gli ansiti incontrollati sulla sua bocca. Lo cinse, finché i respiri fuori controllo non si regolarizzarono.
Rimasero abbracciati, stremati e appagati, sfiorandosi l’epidermide madida di sudore, stesi sul talamo della loro prima notte, finché il sonno non li avvolse e tutto, sotto il plenilunio, non fu come doveva essere.
 
Aska Rei tirò la cortina d’organza, attenuando la luminosità proveniente dall’esterno. Si infilò tra le lenzuola e si puntellò sul gomito, osservando con furberia la moglie, avvolta in veli verde chiaro.
«Cosa ti balena per la mente?» domandò lei più certa che interrogativa.
«Niente in particolare. È che non mi aspettavo di vedere Narsas tanto emozionato. L’ho sempre considerato abile a padroneggiare le emozioni.»
«Oggi non ne aveva motivo.»
«Lo so, ma… ecco, una parte di me lo ha ritenuto insolito. Tu che ne pensi?»
Dionissa si voltò su un fianco e lo sguardo di lui si spostò sulle sue forme voluttuose. Lo attirò a sé con gentilezza, perdendosi nei suoi occhi d’acciaio. Celebrare il matrimonio di sua sorella e dell’affascinante arciere era stata una delle gioie più grandi della sua vita. Come lo era l’uomo che divideva con lei l’esistenza.
«Era molto emozionato» confermò «Lo erano entrambi
   
 
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