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Autore: DanzaNelFuoco    19/04/2021    0 recensioni
Draco Malfoy/Sirius Black
p0rnfest #14, A Sirius sono sempre piaciute le cose belle
--- Sirius potrebbe tornare a casa adesso e fingere di non essere mai andato ad Hogsmeade – e sicuramente qualcuno dell’Ordine potrebbe fingere di credere che sia la verità, o forse crederci davvero, sempre che Sirius non incontri il dannato Moody – anzi dovrebbe tornare dritto dritto a casa, ora, non restare lì, in quel bar malfamato, a cercare una scopata tra sconosciuti, e sicuramente non puntare gli occhi su - e tentare di abbordare - Draco Malfoy.
Ma Sirius non ha mai fatto la cosa ragionevole e logica in trentacinque anni di vita, come dimostra il fatto che ne abbia passati dodici in prigione, e non ha proprio senso cominciare ora.

- BEST SLASH AWARD - BEST OVERALL FIC AWARD -
Genere: Angst, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Sirius Black
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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p0rnfest #14, Draco Malfoy/Sirius Black, A Sirius sono sempre piaciute le cose belle. 
+ 
OISON FATALE (BABY PINK): Così giovane, così dannatamente consapevole dell’effetto che fa. 
+ COW-T #11 (w2, m2): Presagio triste

Warnings: angst a palate e leggero dub-con da polisucco 

Note: questa è la versione censurata per rispettare le regole del sito. La versione integrale la potete trovare qui


Gongolo per questi award come una disgraziata! 
 



 

- Destiny does not send us heralds -



Sirius non dovrebbe essere lì. C’è una guerra in corso, per quanto nascosta e tenuta fuori dai giornali e sprecare la sua dose di Polisucco in un locale del genere solo perché l’incontro per raccogliere informazioni che doveva avere non era andato a buon fine era l’idea più idiota che potesse venirgli. Certo, per prima cosa avrebbe voluto incontrare Harry, ed era già ad Hosgmeade quando un anonimo gufo marrone gli aveva consegnato la risposta del suo figlioccio: non sarebbe potuto venire perché era in punizione con quel dannato rospo della Umbridge. 

Così Sirius si era detto che dalla via che c’era avrebbe potuto approfittarne, anche se sarebbe dovuto rimanere a Londra per l’incontro, – un missione secondaria che era riuscito ad accaparrarsi dopo molte promesse e rassicurazioni probabilmente perché faceva pena a tutti, chiuso a impazzire tra quelle quattro mura, inutile, mentre il resto dei suoi amici e compagni combatteva all’esterno. Ma già che aveva già infranto il severo piano d’azione di Malocchio andando ad Hogsmeade per incontrare Harry… 

Per cui, sì, Sirius non dovrebbe essere lì, ma c’è pure un’altra persona che non dovrebbe essere lì e Sirius si dice che l’idea balzana e orribile che gli viene in mente è solo colpa degli ormoni – sarà pure un adulto, ma sono secoli che non scopa – e del fatto di essere semi-impazzito in una prigione, perché non può essere una buona idea cercare di carpire informazioni a Draco Malfoy, anche se la sua famiglia vive con il dannato Tu-Sai-Chi in salotto. No, non è un fottuto segno del destino, tutt’al più un cattivo presagio, nonostante sia lui la personificazione del Gramo. 

Però, si dice, se tornasse con qualcosa di utile forse non gli revocherebbero definitivamente il permesso di uscire. Sirius mente a sé stesso sapendo di mentire, perché cosa mai può venire a sapere da un ragazzino. No, la verità è che a Sirius Black sono sempre piaciute le cose belle e Draco Malfoy, per Merlino, rientra nella categoria abbondantemente. Forse è il retaggio culturale delle sua famiglia, i canoni di bellezza che Walburga gli aveva trivellato nel cervello, quello che lui doveva cercare in una donna – lui, a cui le donne non piacevano affatto, l’ennesimo difetto in un primogenito imperfetto che sua madre si pentiva costantemente di aver messo al mondo. 

Sirius si ripete che è una pessima idea, che Draco Malfoy sarà pure bello – altezzoso, freddo e candido e delicato come porcellana fine, anche se non altrettanto frangibile – ma è pur sempre un Malfoy, e per di più questo Malfoy ha l’età di Harry.

Come se non si sentisse viscido abbastanza. 

Sirius potrebbe tornare a casa adesso e fingere di non essere mai andato ad Hogsmeade – e sicuramente qualcuno dell’Ordine potrebbe fingere di credere che sia la verità, o forse crederci davvero, sempre che Sirius non incontri il dannato Moody – anzi dovrebbe tornare dritto dritto a casa, ora, non restare lì, in quel bar malfamato, a cercare una scopata tra sconosciuti, e sicuramente non puntare gli occhi su e tentare di abbordare Draco Malfoy

Ma Sirius non ha mai fatto la cosa ragionevole e logica in trentacinque anni di vita, come dimostra il fatto che ne abbia passati dodici in prigione, e non ha proprio senso cominciare ora. 

Così Sirius si avvicina al bancone, anche se è Draco Malfoy, anche se è dall’altra parte della trincea in questa guerra segreta – o forse proprio per questo – e anche se è così giovane – perché questo non è i Tre Manici di Scopa, questo non è il tipo di bar di Hogsmeade in cui si capita per caso, e per essere riuscito a entrare a quindici anni bisogna avere una certa capacità persuasiva e una buona dose di determinazione a volerlo fare. 

“Non sei un po’ troppo giovane per stare qui?” chiede appoggiandosi al bancone con nonchalance. 

Sirius non indossa la sua faccia, ovviamente, – era su tutti i giornali non meno di due anni prima, ci tiene a rimanere a piede libero – ma questo non elimina il brivido che gli attraversa la schiena quando Malfoy solleva gli occhi da un drink che non dovrebbe star bevendo e lo osserva. Sirius – o il babbano la cui faccia sta indossando – deve aver passato il test perché Malfoy piega le labbra in un ghigno. “Non preferiresti offrirmi un drink, invece che fare domande stupide?”

Così giovane, così dannatamente consapevole dell’effetto che fa, Sirius dovrebbe odiarlo, ma a Sirius sono sempre piaciute le cose belle. 

“Cosa bevi?” 

“Un altro di questo.” 

“Firewhisky?” 

“Se mi chiedi di nuovo se sono troppo giovane te lo rovescio addosso, così puoi stare sicuro che non finisca nel mio giovane e flessibile corpo,” Malfoy prende un sorso dal drink che ha già in mano, stando attento a far guizzare la lingua sul bordo del bicchiere per evitare che una goccia rotoli giù dalla parte sbagliata del vetro, e adesso Sirius non può fare a meno di pensare a cosa altro ci vorrebbe fare finire in quel corpo – giovane e flessibile! oh, gli verrà un infarto, è passato troppo tempo dall’ultima volta, motivo per cui il suo cervello ci mette qualche secondo più del dovuto a trovare una risposta. 

“Se è solo per vedere cosa c’è sotto la mia maglietta non c’è bisogno di sprecare dell’alcool.” 

“Ah sì?” Il ghigno di Malfoy si apre in un sorriso complice e malizioso “In un posto un po’ più privato, magari,” e a Sirius sembra quasi di aver venduto l’anima al diavolo senza nemmeno essersene accorto. Non stanno più solo flirtando, – e non era quello che voleva? 

“C’è – c’è una stanza sul retro,” le parole gli incespicano in bocca, ha la gola secca e non può credere di essersi davvero cacciato in una stronzata del genere. 

Certo, sì, lo sto facendo solo per raccogliere informazioni, andiamo, come se fosse credibile, non riesce nemmeno a giustificarlo a sé stesso a questo punto, come se si aspettasse davvero che Draco Malfoy sia a conoscenza dei piani più segreti di Tu-Sai-Chi, quelli che neanche Snape, la spia, riesce a carpire. Un segno del destino, come no. 

Malfoy, inconsapevole del suo conflitto interiore, scende dallo sgabello con un salto aggraziato “Fai strada.” 

Sirius si muove verso il fondo del locale, recupera una delle chiavi appese alla parete, sempre nello stesso posto nonostante siano passati così tanti anni dall’ultima volta che è passato in quei corridoi, e apre la porta corrispondente. 

È poco più di uno stanzino, c’è a malapena lo spazio per un letto spoglio, un comodino, una sedia, ma di solito basta e avanza per la tipologia di clienti che ci passa. 

Sirius sventola la bacchetta, un rapido incantesimo di pulizia, perché se l’etichetta di questi posti non è cambiata bisogna pulire dopo aver finito, ma ciò non significa che tutti lo facciano. 

Malfoy si allenta la cravatta serpeverde e la sfila, andando a sedersi sul materasso, mettendosi comodo. “Non so come ti chiami.” 

“Non hai bisogno di saperlo. E poi vuoi davvero che io ti chieda il nome? Con la domanda sull’età non è andata bene.” 

Draco sorvola, fa un gesto con la mano come se potesse spazzare via l’idea. “Oh, niente spacconate sul fatto che dovrei sapere cosa urlare?” 

Sirius ridacchia, perché dannazione, sì, dodici anni fa una stronzata del genere l’avrebbe proprio detta. “Usa l’immaginazione.” 

“Potrei chiamarti Algernon,” dice e apre le gambe ancora fasciate dai pantaloni in un invito a raggiungerlo.  

La parte del cervello di Sirius che ancora sta cercando di convincerlo che questa non sia affatto una buona idea, e che anzi dovrebbe andarsene all’istante, rinuncia in maniera plateale davanti all’immagine. Nessun quindicenne dovrebbe essere tanto seducente.

Sirius gli si avvicina, infila la mano oltre il colletto della camicia a malapena sbottonato per sfiorare la pelle candida. “Non mi sembra comodo da urlare.”

Draco scivola in avanti, chiude le gambe attorno alla sua vita, stringendoselo più vicino, “Che ne dici di Barnaby?” 

“Ugh.” 

Sirius chiude gli occhi un instante, smette di fissare le labbra rosee e socchiuse, appena lucide di saliva e Firewhiskey, i suoi occhi chiari dalle pupille dilatate che lo osservano da sotto ciglia talmente pallide da sembrare bianche. 

“Ci sono! Hai la faccia da Eugene.” 

“La tua immaginazione fa schifo.” 

“Non è per la mia immaginazione che mi hai portato in questa stanza,” Draco stringe la presa delle gambe attorno alla sua vita, come a ricordargli cosa dovrebbero fare e anche che quel bugigattolo, per quanto poco costi, è comunque a ore. 

“No, è vero.” 

E neanche per raccogliere informazioni, dannazione, Sirius non è mai stato capace di mentire a sé stesso troppo a lungo. Fanculo, sì, è qui solo per scoparlo. 

Fa scorrere la mano lungo la linea delicata della sua gola fino alla nuca, afferra i suoi capelli per costringerlo a reclinare la testa e lo bacia, duro e prepotente contro le sue labbra aperte, come se non volesse concedergli il lusso di riconoscere quanto appaia delicato. 

Quando si stacca da lui, rimane un fragile filo di saliva ad unirli, prima che Draco si lecchi le labbra ancora più rosse e tumide. Ha gli occhi sbarrati, i capelli arruffati e un rossore ad imporporargli le guance che lo rendono più umano e, per quando a Sirius non potesse nemmeno sembrare possibile, più appetitoso. 

Draco si lecca le labbra e poi infila le mani sotto le sue vesti da mago, slacciando e sbottonando tutto quello che incontra lungo il suo cammino fino a raggiungere la pelle del suo petto. 

Sirius osserva incantato quelle dita lunghe e affusolate che si muovono con grazia, senza mai incespicare in un bottone incastrato, senza mai dover strattonare un nastro annodato. 

Draco si ferma soltanto quando a Sirius non rimangono che i pantaloni e inclina la testa, un sopracciglio sollevato come a dire ‘pensi di farmi fare tutti il lavoro?” 

Sirius lo bacia di nuovo, e ne approfitta per fargli scivolare la veste nera giù dalle spalle, strattona via il maglioncino e si separa da lui solo per farlo passare oltre la testa. 

Adesso Draco è ancora più arruffato, e più perde compostezza più Sirius vuole fargliene perdere ancora. 

Fa scorrere un dito lungo l’allacciatura della camicia del ragazzo e questa si apre facendo saltare soltanto un bottone, un trucchetto di magia di intenzione, senza bacchetta e formula, che aveva imparato tanti anni prima per fare bella figura e che forse dovrebbe riperfezionare un po’, ma che porta a casa il risultato sperato. 

“Questo me lo devi insegnare,” dice Draco, sorpreso. 

“Non abbiamo tutto questo tempo.” Sirius scosta i lembi della camicia per far scorrere la mano sul suo petto glabro e candido. “Cosa vuoi fare?” 

“Giocare a Gobbiglie. A te che sembra?” Draco sbuffa, ma Sirius non lo asseconda, “Il lubrificante dovrebbe essere nel cassetto.” 

“Vuoi davvero usare una boccetta di dubbia provenienza che chissà da chi è stata usata prima di te?” Sirius alza gli occhi al cielo e Draco arrossisce. “Non è la tua prima volta qui, vero?” 

“Perché,” più che una domanda è una sfida, “sarebbe un problema?”

Dio, sì, non può davvero star pensando di sverginare un ragazzino, un po’ troppo imparentato con lui anche per gli standard del mondo magico, per di più con la faccia di un altro addosso. 

“Dio, no,” dice invece, baciandolo di nuovo, perché la bussola morale di Sirius è parecchio andata. “Ma c’è un altro trucchetto che devi imparare e non ho tempo di insegnarti.” 

Si allontana per cercare la bacchetta nella tasca della veste abbandonata – oh, la lavata di capo che gli darebbe Malocchio con la sua vigilanza costante! E senza nemmeno considerare che è nella stessa stanza con un nemico – e questa volta l’incantesimo deve pronunciarlo ad alta voce.

“Oh,” Draco si lascia scappare un gemito sorpreso.

Sirius ripete l’incantesimo e per buona misura ne aggiunge anche uno protettivo. 

“È abbastanza?” 

“Perché non vieni a controllare?” Draco chiede, la sua maschera di arroganza e sicumera di nuovo in posizione. 

Sirius appoggia la bacchetta sul comodino – pazienza la vigilanza costante, a questo punto è l’ultimo dei suoi problemi – e gli si avvicina, infilandosi tra le sue gambe ancora aperte. 

* * * 


Rimangono abbracciati sul letto, la mano di Draco che lieve disegna figure astratte sulla schiena di Sirius, una carezza troppo intima per due persone che non conoscono nemmeno il nome dell’altro, ma è ciò di cui hanno bisogno entrambi – contatto, calore umano, e per un istante non sembra nemmeno squallido dover ricorre ad una scopata con uno sconosciuto per ottenerli. 

“Dovremmo andare,” dice, nascondendo il viso contro il petto del ragazzo, senza accennare a muoversi. 

“Già,” l’altro risponde, ma le sue dita continuano ad accarezzarlo e non tenta nemmeno di spostarlo. 

Per quanto possono restare in quella stanza, fingendo di essere le uniche persone vive nell’universo? 

Non abbastanza a lungo. Sirius sente la pelle formicolare, le ossa frusciare, i suoi organi interni fremere mentre il suo corpo si ribella alla forma che la pozione gli ha fatto assumere, tentando di tornare come prima. 

Sirius si alza in piedi, cercando di non sembrare troppo in ansia, di non attirare l’attenzione e dice, “Vorrei restare, ma ho un impegno,” quando Draco si puntella su un gomito per osservarlo. 

Sirius non si allaccia nemmeno i pantaloni prima di raccattare la veste dal pavimento, affrettandosi a rovistarne le tasche fino a che le sue dita non si chiudono attorno alla fiaschetta metallica e finalmente riesce a tirarla fuori. 

Manda giù un sorso, sopprimendo una smorfia di disgusto al sapore orrendo e maledicendo sé stesso e la sua imprudenza per essere arrivato così vicino allo scadere dell’ora, per aver rischiato di essere scoperto, e arrestato – o forse catturato, visto chi è che si è portato a letto, ma in entrambi i casi interrogato e torturato, Auror o Mangiamorte non fanno questa grande differenza al momento. 

Sirius rimette la fiaschetta nella giacca e poi si volta, solo per ritrovarsi faccia a faccia con Draco. 

Il ragazzo lo guarda con un’espressione indecifrabile ed è allora che Sirius si rende conto che: Draco Malfoy ha la bacchetta in mano. E la sua è ancora sul comodino. 

Dannazione a Malocchio e al fatto che abbia sempre ragione. 

“Dovresti reintegrare liquidi anche tu,” Sirius sorride, ma è teso e la voce gli esce leggermente strozzata. 

“Ho un po’ di esperienza con gente che beve da fiaschette personali e non è bella,” il ragazzo dice e la sua voce ha una nota affilata e tagliente, pericolosa, al suo interno. 

Sirius ha una vaga reminiscenza di Harry che gli racconta del finto Malocchio e di un furetto bianco e si dà dell’idiota. 

“Beh, penso sia un racconto per un’altra volta…” Sirius cerca di prendere tempo, fare il disinvolto, come se non ci fosse davvero niente di strano e fosse tutto nella testa del ragazzo. 

“È Polisucco.” 

Non è una domanda e Sirius potrebbe mentire, certo, ma la sua bacchetta è dall’altra parte della stanza e il suo bluff potrebbe essere smascherato talmente in fretta da una semplice annusata al contenuto della fiaschetta che non ne vale nemmeno la pena. 

“Sì.” 

“Perché?” 

“Perché qualcuno nasconde la propria identità in un luogo simile? Lo stai chiedendo davvero.” 

“Non prendermi in giro,” Malfoy alza il mento in segno di sfida e la bacchetta ha un fremito di rabbia nella sua mano. E poi, quasi rassegnato “Tu invece lo sai chi sono io.” 

“Solo un ragazzino.” 

“Ti ho detto di non prendermi in giro.” 

“Pallido, biondo, Serpeverde. Devo davvero dirlo?” 

Draco si muove rapido verso di lui, e Sirius non fa in tempo a fare un passo indietro che quello gli afferra l’avambraccio sinistro e stringe. 

È talmente inaspettato – decisamente non il tipo di aggressione che si aspettava – che Sirius non cerca nemmeno di liberarsi, è Draco che lo lascia andare quando si rende conto che la stretta non gli sta facendo male, che non c’è un Marchio Nero nascosto. 

“La Polisucco dovrebbe eliminarlo,” dice Sirius, quando finalmente si rende conto di cosa stesse controllando, ma Draco si limita a ridere, una risata amara che non dovrebbe stare sulle labbra di un ragazzino.

“La Polisucco non è abbastanza forte per eliminare quel tipo di Magia Nera, va coperto con un glamour,” dice e scuote la testa, quasi quella interazione fosse abbastanza per confermargli che dall’altra parte non c’è uno dei suoi, non c’è qualcuno venuto a testare la sua fedeltà in un modo contorto e senza senso.

È sciocco, perché non tutti i seguaci di Tu-Sai-Chi indossano un Marchio, non tutti sono abbastanza degni, e Draco dovrebbe saperlo visto che non ne ha uno nemmeno lui – non ancora, almeno -, non dovrebbe abbassare la guardia così. 

Sirius apre la bocca, per dire cosa non lo sa nemmeno lui, qualsiasi cosa che assomigli a un ‘non devi per forza unirti a Tu-Sai-Chi’, ma Draco abbassa la bacchetta. 

“Vattene.”

Vattene? Sirius si sarebbe aspettato proteste e minacce, di essere tenuto in punta di bacchetta fino allo scadere dell’ora così che Malfoy potesse vedere chi diamine si era portato a letto. Non un ‘vattene’. 

“Come scusa?” 

“Mi hai sentito,” il ragazzo ripete, e la sua mano stringe convulsamente la bacchetta, “Non voglio sapere chi sei.” 

“Ma…”

“Pensavo ti facesse piacere,” Draco sorride, amaro e cattivo e meschino, “dopotutto ti sei dato molto da fare per nascondere la tua identità, Algernon.” 

“Non è -” il mio nome. 

“Non mi interessa. Potresti essere persino Harry Potter in persona per quello che mi riguarda. Non lo voglio sapere.” 

Draco si volta – gli dà la schiena, come se avesse deciso che non è più un pericolo, ah, Sirius Black il pluriomicida evaso, se solo qualcuno potesse vederli ora, – e raccoglie i suoi vestiti dal pavimento. Sirius lo osserva rivestirsi, in silenzio, e Draco non lo degna più nemmeno di uno sguardo, come se fosse già davvero uscito dalla stanza, il fremito delle dita che allacciano la camicia l’unico segno che tradisce un’emozione. È solo quando tenta di allacciarsi la cravatta per la terza volta e il nodo continua ad ingarbugliarsi che Sirius si decide a muoversi. Infila la veste sulle spalle e lo raggiunge, fermandogli le mani. 

“Lasciami.” 

“Ti aiuto.” 

“Non ne ho bisogno.” 

“Io direi di sì.” 

Draco lo guarda con espressione dura e Sirius si sente in dovere di aggiungere, “Non c’è niente di male ad avere bisogno di aiuto ogni tanto.” 

“Non un Serpeverde, quindi,” e dovrebbe uscirgli un po’ più tagliente, ma lo sconosciuto lo sta aiutando ad allacciarsi la cravatta come se avesse cinque anni, invece che prenderlo in giro per essersi fatto fregare e scopare da uno sotto Polisucco e Draco potrebbe essere ancora un po’ annebbiato dagli orgasmi che ha appena avuto. 

“No, decisamente non un Serpeverde,” quello ridacchia e fa un passo indietro lasciandolo a stringersi la cravatta da solo. 

“Potrei rivederti da qualche parte senza sapere di averlo fatto?” 

“Dubito fortemente che io e te frequentiamo gli stessi ambienti.” 

“Bene.” 

E Sirius deve essersi completamente fritto il cervello perché non riesce a fermare una fitta di delusione al fatto di non sentirne affatto nel tono dell’altro – anche se è un Serpeverde e li addestrano nella culla a non mostrare emozioni, e sì, Sirius si dice che la scusa di Azkaban ad avergli scombussolato il cervello può reggere solo fino ad un certo punto. 

“Se mai avessi bisogno di aiuto di nuovo -”  

“Grazie per la cravatta,” Draco non lo lascia nemmeno finire di parlare, “è stato un piacere,” e lascia la stanza senza guardarsi indietro, perché se lo facesse forse chiederebbe a questo sconosciuto di aiutarlo e salvarlo, o almeno fargli dimenticare il mondo per un’altra ora, e Draco non se lo può permettere. 

Sirius manda giù le parole che gli sono rimaste incastrate in gola perché sono inutili e dirle ad una porta chiusa non servirebbe. 

Improvvisamente aver incontrato Draco Malfoy in un club malfamato non gli sembra più né un segno del destino né un cattivo auspicio. 

È soltanto un presagio triste, il preludio di quello che avverrà, di nuovo identico a sé stesso, perché questa è una guerra che è sempre stata combattuta da ragazzini – vent’anni è troppo presto per morire, da qualsiasi parte della barricata ci si trovi, e quindici anni è troppo presto anche per sceglierla, una barricata. 

E non è giusto – non è giusto che a quindici anni quella scelta sia stata tolta, a lui, a Harry, a tutti i loro amici, perché a quindici anni un ragazzino dovrebbe maledire i compiti di Trasfigurazione come la cosa più tragica che possa capitargli, non sottoporsi alla tortura mentale che è l’Occlumanzia per sfuggire al mostro che gli vive nella testa, e nemmeno cercare rifugio in una squallida scopata con uno sconosciuto di cui non sa nemmeno il nome per non pensare al mostro che gli vive in soggiorno. 

Ma niente di tutto questo è giusto. 

Non è giusto che Lily e James siano morti, non è giusto che Harry debba portare questo peso, dannazione non è nemmeno giusto che Draco Malfoy debba fare una scelta, ma è così che andranno le cose, perché non c’è assolutamente nulla che Sirius possa fare. 

Sirius finisce di rivestirsi, raccatta la propria bacchetta dal comodino e se ne va anche lui. 

Si fa un po’ più schifo di quando è entrato. 

  
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