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Autore: _Zaelit_    19/04/2021    1 recensioni
È trascorso qualche mese dal termine della lotta per la libertà dei guerrieri originati dal Progetto Jenova e Progetto Yoshua.
Sephiroth è partito in cerca della sua redenzione, mentre Rainiel vive con Zack ed Aerith nel Settore 5. Un altro nemico, però, intende portare avanti la guerra che loro credevano terminata. Quando un vecchio amico porterà discordia nelle vite dei due ex-SOLDIER, quando un angelo dalle piume nere tornerà a cercare il dono della dea, Rainiel e Sephiroth, e tutti i loro compagni, dovranno ancora una volta confrontarsi con un male più pericoloso del precedente e che, come se non bastasse, sembra conoscerli molto bene.
Libertà, amore, pace: tutto rischia di essere spazzato via ancor prima di poter essere ottenuto... e il Dono degli Dèi è più vicino a loro di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Sephiroth, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
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PROLOGO
 
Un fascio di luce verde, fredda e brillante nella sua misteriosa crudeltà, balenò all'interno del laboratorio. Un riflesso proveniente dall'interno di una capsula speciale, su cui occhi severi, pacati o perplessi cercavano dettagli e risposte ai dubbi che li rendevano più opachi.
Quelli sottili, allungati e graziosi della giovane donna che sostava su una pedana rialzata erano certamente i più attenti. Indossava un lungo camice bianco i cui lembi le sfioravano le caviglie, e un paio di occhiali sottili e neri che minacciavano di scivolarle dal naso. I capelli neri, tagliati da poco, erano raccolti in uno chignon ordinato sulla nuca, uno che sarebbe stato degno d'una ballerina se solo quel corpo non fosse stato così rigido, composto, in guardia.
«Procediamo alla fase finale.» ordinò con voce neutra, come stesse chiedendo un semplice favore a un amico di lunga data.
Quando un uomo slanciato mosse la testa bionda per annuire e si mosse come gli era stato comandato, sulla bocca della scienziata si formò un sogghigno compiaciuto.
L'uomo, un SOLDIER che portava già la fascia onoraria e di riconoscibilità che lo presentava a chiunque lo incontrasse come un membro di prima classe della prestigiosa divisione, raggiunse la capsula. Persino lui titubò prima di pigiare l'ultimo pulsante necessario a completare quella pericolosa manovra.
Un'altra donna, più alta della prima, dalla pelle morbida e scura e un taglio di capelli mascolino, si morse le labbra e si rivolse alla prima. Al contrario del maschio, indossava abiti più eleganti, neri come la notte, con sotto una camicia bianca coperta da una cravatta corvina.
«Jadin, fermiamoci. È troppo rischioso. Lui...»
La sua implorazione non trovò fine. Alla scienziata bastò sollevare una mano per interromperla e credere di poter proseguire il discorso sovrastando la sua voce con la propria.
«Un anno, Vaneja.» le ricordò, senza perdere il cupo sorrisetto che, a primo impatto, sarebbe sembrato tanto tenero e innocente. «Questo esperimento va avanti da un anno. Hai idea degli sforzi fatti anche solo per poterlo iniziare?»
«Sì, ma...»
«Abbiamo qui la manifestazione vivente delle teorie del professore. Anche se Hojo è morto, la sua scienza continua a vivere. E questo è l'unico modo che abbiamo... per vendicarlo.»
Ritrovato il coraggio, il SOLDIER premette leggermente il bottone grigio e la porta di vetro della cella si aprì. Il fluido verdastro si riversò a terra, gli sporcò le scarpe, inondò come un piccolo tsunami tutto il piano inferiore del laboratorio.
Tra quelle piccole onde verdi e gelide cadde in ginocchio un uomo. Completamente nudo e in preda ai brividi, sembrò svegliarsi appena in tempo da quel sonno indotto da evitare di colpire il pavimento anche con il bel viso giovane e astuto. Si resse invece sulle mani, fallendo a trovare le forze necessarie per rialzarsi e finendo poi sui gomiti. Si strinse un palmo sulla gola, ebbe un violento conato e il medesimo liquido di preservazione sgorgò dalle sue labbra, insieme a delle chiazze di saliva e qualche forte colpo di tosse.
Jadin sembrò felice di vederlo così debole. Dopotutto, chi non lo sarebbe stato? Era una donna intelligente e sapeva benissimo che, se fosse stato solo un briciolo più sveglio e forte di quanto non fosse adesso, quel suo soggetto sarebbe stato in grado di strangolarla a mani nude senza nemmeno affaticarsi.
Ammiccò in direzione del biondo, indicandogli la mossa successiva.
«Narcisse.» lo richiamò, spostando il mento verso l'uomo lasciato cadere fuori dalla capsula rigenerativa.
Il SOLDIER replicò abbassandosi e facendosi passare sulle spalle un braccio del soggetto, che sembrò borbottare un'imprecazione sottovoce.
Dopodiché, la scienziata guardò anche Vaneja, la quale prese a domandarsi per quale motivo anche lei era stata convocata lì, trattandosi di una Turk e non di un'assistente di laboratorio, e rispondendosi automaticamente, solo l'attimo successivo, che Jadin l'aveva probabilmente convocata per mostrarle tutto ciò. Come se fosse una prova di fiducia. Sapeva che quello sguardo conteneva un'intrinseca richiesta, perciò avanzò e, non senza qualche scrupolo, si chinò per aiutare Narcisse a sorreggere il soggetto.
Poco dopo, i due iniziarono a muoversi in avanti.
L'uomo che stavano aiutando, sporco ancora di quel fluido viscido e brillante dalle dita dei piedi ai capelli fulvi che gli sfioravano il mento, non riuscì a reggersi sui propri muscoli e precipitò di nuovo, venendo preso al volo grazie ai riflessi dei due.
Passo dopo passo, fu portato al cospetto di Jadin, che ammirava soddisfatta il suo lavoro.
«Ben svegliato.» pronunciò melliflua la donna, guardandolo dall'alto.
L'uomo era abbastanza sveglio da sentirla. Sentendosi provocare, anzi, sentendo che si stava prendendo gioco di lui, sorprese i due guerrieri addestrati che lo tenevano fermo con uno strattone e provò a gettarsi su di lei. Capì che, se si trovava lì, la colpa doveva essere sua o di un suo superiore, anche se al momento non ricordava i dettagli di come si fosse cacciato in quella situazione.
Narcisse fu rapido abbastanza da girare quello stesso braccio che teneva sollevato fino a fare tremare le ossa del gomito.
Il prigioniero - pensò di esserlo, dato che non era lì per sua volontà - mostrò i denti e si fermò, sibilando.
Jadin respirò a fondo. Si aspettava una reazione da parte sua. Lo conosceva abbastanza da ricordare quanto testardo e indomabile potesse dimostrarsi. In realtà, tutti lo sapevano. Solo che lo avevano dimenticato. Lo credevano disperso, o morto, avevano pianto la sua scomparsa molto tempo prima.
«Infinito è il mistero del Dono della Dea...» recitò accuratamente e a memoria la scienziata, muovendo qualche passo verso di lui, lungo una serie di scalini in grata metallica che tintinnò al suo passaggio.  «Così noi lo cerchiamo, elevandolo al cielo
Vaneja e Narcisse parvero confusi udendo quelle curiose parole apparentemente bisognose di un'adeguata parafrasi.
Tuttavia, sul volto dell'uomo nuovamente inginocchiato apparve un amaro sorriso, troppo debole per assomigliare a uno dei suoi, quei presuntuosi e astuti ghigni che amava usare per sbeffeggiare i nemici. Quanto... quanto tempo era passato?
«Credi che ti basterà recitare il primo atto di Loveless a memoria,» prese a domandare alzando pian piano la testa, «per convincermi a non uccidervi tutti e tre, dopo avermi fatto questo?»
Un bagliore più potente della luce pulsante del fluido di mantenimento si aprì nella stanza. Due pozze bluastre, fredde, spietate. Allo stesso tempo, calme come quella rabbia invisibile, ma che ruggiva nel suo petto per convincerlo a liberarla, a darle sfogo. Voleva il loro sangue. Lo reclamava.
Jadin si fermò sulla scala, sebbene non fosse ancora arrivata davanti a lui.
La presa di Narcisse e Vaneja si strinse, lasciò segni rossi sulla candida pelle dell'uomo dal viso affilato, che ricordava vagamente quello di una volpe ingannatrice.
Ma la scienziata non perse il sorriso, ora tuttavia forzato.
«La mia non è stata una scelta casuale. Ritengo che ascoltare quello che ho da dirti potrebbe interessare persino te.» mormorò, allargando appena le braccia.
Gli stanchi occhi blu del prigioniero la squadrarono dalla testa ai piedi, con l'intento di irritarla o convincerla ad avvicinarsi. Così avrebbe combattuto con i denti, o a calci. Era sicuro che sarebbe riuscito a ucciderli tutti e tre in pochi secondi, anche senza usare le braccia. Forse era vero... un tempo. Ora, doveva ammetterlo, si sentiva tremendamente debole. Ciò non significava che le avrebbe dato alcuna soddisfazione.
«Ciò che ritengo io, invece, è che dovrei darvi esattamente dieci secondi per lasciarmi andare... e portarmi la mia uniforme.» sfidò quindi. Quel liquido era gelido, per cui aveva la pelle d'oca e non gli sarebbe dispiaciuto vestirsi. Ogni centimetro del suo corpo allenato era scosso dai brividi.
Jadin iniziava a perdere la pazienza, ma si limitò a socchiudere gli occhi e riprendere a camminare verso di lui. Scalino dopo scalino.
«Forse siamo partiti con il piede sbagliato. Lascia che t'illustri meglio la situazione attuale...»
, gongolò internamente il soggetto dai capelli rossicci che gli coprivano la fronte, Avvicinati. Sarò anche ridotto a uno straccio, ma questo non mi impedirà di strapparti quel sorrisetto dalla faccia.
«Sei stato portato qui mesi fa su ordine del professor Hojo, che immagino ti sia familiare. Ricordi cosa ti accadde dopo esserti ferito durante un allenamento?» gli domandò lei, senza smettere di avanzare.
Van e Narcisse esitarono, indurirono la loro stretta su di lui, che non sentiva più circolare il sangue nelle braccia. In realtà, non sentiva proprio niente se non un freddo pungente e una sensazione di confusione mentale, dovuta probabilmente al lungo sonno cui era stato obbligato.
Eppure, ricordava cosa era accaduto. Era passato più di un anno dal giorno in cui aveva sfidato un amico nel simulatore dedito agli allenamenti dei seconda classe, un'idea nata dal forte desiderio di dimostrare a quell'amico che arroganza e popolarità non sono gli ingredienti per la creazione di un eroe. Eppure era rimasto ferito e, da quel momento, le sue condizioni erano andare peggiorando, fino a farlo diventare l'ombra di se stesso. Stava morendo.
«Deterioramento fisico.» Jadin diede un nome al suo problema, «Dovuto alle cellule del tuo corpo. Mi guardi come se fossi la tua carceriera, ma in realtà io e il professore ti abbiamo salvato la vita, arrestando quel processo.»
Altri passi verso di lui. La scalinata terminò, la donna stava per raggiungerlo.
L'uomo tentò di restare immobile, di non agitarsi. Se avesse lasciato distrarre i due che lo tenevano fermo, forse sarebbe riuscito a coglierli di sorpresa e liberarsi.
«Cosa dovrei fare, dunque? Ringraziarti per avermi ridotto a un vegetale per mesi?» tossì divertito, dandole corda.
«Esattamente. Poiché, se non l'avessi fatto, tu saresti morto. E sai qual è la parte migliore, in tutto ciò?» domandò, fermandosi proprio davanti a lui.
Il soggetto strinse i denti. Voleva ucciderla, farle pagare per quello che gli stava accadendo, perché si sentiva così debole, e...
«Il fatto che io possa indurre di nuovo quel processo nel tuo corpo per controllo remoto. Posso renderlo più veloce, più aggressivo, più doloroso. Posso ucciderti quando e come voglio.»
Jadin si abbassò fino a sfiorare la sua mandibola con le dita. Afferrò il suo mento sottile e appuntito, lo sollevò per osservare meglio quei profondi occhi chiari e sorridergli, l'espressione di chi sapeva di avere il coltello dalla parte del manico.
«Se deciderai di non collaborare, s'intende.»
L'uomo rabbrividì. Stavolta non fu per il freddo. Ricordava cosa aveva provato quando quel deterioramento l'aveva colpito, quando era giunto a uno stato avanzato, quando si sentiva a un passo dalla fine e debole, fragile... e sapeva di non voler morire. Soprattutto, non in quel modo.
Avrebbe voluto mordere quella mano piccola e delicata, anche se un gesto di così poca classe non era esattamente nel suo stile.
«Non che io abbia ampia scelta.» si difese solo con il suo pungente sarcasmo.
Lei gli lasciò una carezza sullo zigomo, come un premio dato a un cane che esegue bene un comando.
«Vedo che hai compreso. Allora, mi ascolterai?» proseguì.
Lui provò invano a sollevare le spalle, dopodiché si scrollò di dosso quella mano affusolata e indicò con la testa i due guerrieri a entrambi i lati.
«Non vado da nessuna parte.» continuò ad affidarsi all'ironia.
Lei scosse la mano, come se volesse pulirla.
«Molto bravo, iniziamo ad intenderci.»
Si abbassò di nuovo per raggiungere la sua altezza, scoccando un'occhiata a Vaneja, cui tremavano le gambe. Fu come una silenziosa ammonizione. Narcisse, se non altro, aveva meno dubbi.
«Lascia che te lo spieghi nel modo più diretto e comprensibile: il professor Hojo è morto. È stato ucciso da due persone che tu conosci molto bene.»
Gli balenarono in mente i visi dei suoi vecchi amici. Uno di loro parlava di sogni e onore, l'altro desiderava la pace, ma la morte danzava sulla sua lama e segnava il suo passaggio. Quello scienziato di cui la donna stava parlando non era il suo creatore, ma aveva dato vita a un mostro che tutti chiamavano eroe. Ad ogni modo, non gli dispiaceva affatto che fosse stato fatto fuori. Gli sembrò solo strano sapere che i suoi amici si erano riuniti.
«È inutile domandare se ti ricordi di Sephiroth, ma...» Jadin si portò le mani ai fianchi, alzandosi e guardandolo senza neppure piegare il viso, una sensazione che lui detestò. «... sicuramente non ti aspettavi di sentirti dire che la tua allieva lo ha aiutato nell'impresa, e che è diventata terribilmente potente, una volta venuta a conoscenza della verità sulla sua nascita, della sua creazione in laboratorio.»
Prima o poi Sephiroth avrebbe fatto fuori quel vecchio folle, certo, ma perché mai avrebbe dovuto avere bisogno di aiuto? Chi era questa persona di cui stava parlando?
«Allieva? Io non ho allievi.» scandì con finta calma.
«Oh, ne avevi una, anni fa. Prima che decidessi di disertare. Il suo nome è Rainiel Chanstor.»
Un lampo di ricordi si abbatté su di lui, una sequenza di immagini rapide e confuse ma che, nella sua mente, assunsero un nitido significato. Lunghi capelli rossastri, occhi del colore del mare o del cielo, determinazione e ambizione che non conoscevano fine, due spade corte come arma contro un mondo che desiderava salvare.
«Sì... ti ricordi di lei.» Jadin sorrise, capendo cosa stesse accadendo dalla sua sola espressione.
Narcisse assottigliò lo sguardo, ripensando a quella giovane ragazza. Era stato lui a darle la notizia, quando Hojo convinse il Presidente a nominarla SOLDIER di prima classe. Naturalmente, a quel tempo era già a conoscenza del piano del professore e della sua assistente, Jadin.
Vaneja, d'altro canto, era stata la sua migliore amica, prima che si ritrovasse di su fronti opposti. Rainiel aveva disertato, si era unita a Sephiroth, aveva ucciso il direttore del dipartimento scientifico... e non poteva essere perdonata. Anche se sapere che v'era una taglia sulla sua testa le metteva una profonda agitazione e le faceva sentire lo stomaco in subbuglio.
«Ciò che dovrai fare per me sarà semplice: trova Sephiroth e Rainiel e portali da me.» comandò, senza battere ciglio.
Lui storse le labbra in una smorfia.
«Perché ti interessano così tanto?»
«Perché hanno intralciato una ricerca che va avanti da decenni. Voglio che tornino da me, così potrò continuare quello che il professore non è riuscito a portare a termine: studiarli, sottoporli a nuovi controlli ed esperimenti. Non hai idea di cosa potrebbe nascere da quei due individui. I miei informatori, però, hanno perso le lore tracce mesi fa. Tutto ciò che sanno è che si sono separati, e questo rende l'incarico più difficile. Tuttavia... recentemente alcuni presunti avvistamenti potrebbero rivelarsi determinanti.»
L'uomo serrò i denti, lasciando calare la testa inanimata, sorretta solo dal collo che, anche se muscoloso, restava sottile.
L'idea di dare la caccia a Sephiroth non gli era nuova, lui era l'unico a poter fermare quel processo di degradazione, tempo prima, e dunque si era messo sulle sue tracce per convincerlo ad aiutarlo. Un aiuto che gli aveva negato. Questo avrebbe reso le cose più semplici.
Quanto a Rainiel... quella testarda ragazzina gli ricordava molto entrambi i suoi amici, ma non credeva che potesse arrivare a tanto. Non sapeva che anche lei fosse frutto di un esperimento. Dunque... non sapeva cosa aspettarsi da lei. Questo lo esaltò, l'idea di mettersi alla prova contro di lei lo sedusse. Sarebbe stato... divertente, forse.
E comunque non aveva scelta.
«Lo farò.» cedette allora, senza guardarla negli occhi.
Giurò a se stesso che avrebbe colto la prima opportunità per liberarsi e farla pentire di averlo reso il suo schiavo.
Lei lo immaginò, ma non se ne curò affatto. Al contrario, gli passò una mano fra i capelli. Di nuovo, come se fosse un animale da addestrare.
«Molto bravo... Genesis.» pronunciò il suo nome mentre luci verdi e acquose vorticano nelle sue iridi troppo simili a quelle del professore, «La tua lealtà ci sarà molto utile in questo gioco tra fazioni.»
Un gesto soltanto: Genesis fu lasciato cadere a terra e, poco dopo, sentì una cappa avvolgerlo. Represse l'istinto di premersela su tutto il corpo, di lasciar battere i denti fra loro, e si limitò a coprirsi come poteva senza perdere la propria dignità.
Quando sollevò il viso, si arrese consapevolmente a quello che, da ora in avanti, sarebbe stato il suo futuro.
«La superficie dell'acqua s'increspa... L'anima vagante non conosce riposo.»
Mentre completava quel secondo atto rimasto sospeso, ricordandolo perfettamente grazie alle migliaia di riletture e ricerche, non poté fare a meno di rivedersi in quelle righe malinconiche e misteriose.
Avrebbe dovuto attendere ancora molto, molto a lungo... prima di poter finalmente riposare.

 

- Angolo Autrice -
Salve a tutti! Eccomi tornata dopo qualche mesetto con il sequel alla fanfic "Project Rainiel". In questa nuova storia, come avrete notato, torneremo a seguire le vicende di Rainiel e Sephiroth, e vedremo personaggi vecchi e nuovi, alcuni dei quali cambieranno ruolo rispetto a come li ricordavamo. Primo fra tutti, sicuramente, è Genesis, che si ritrova a dover seguire il volere del dipartimento scientifico. Questo significa che dovrà vedersela con l'ex-Generale di SOLDIER e la sua cara allieva... come andrà a finire? Spero che vorrete continuare a leggere e, perché no, anche lasciare un commento con le vostre impressioni. Sentitevi liberi di esprimervi e io farò il possibile per migliorarmi e, spero, offrirvi una bella storia. Per ora, comunque, mi limito ad augurarvi una buona gionata o buona notte, ricordatevi che potete seguire i miei aggiornamenti su Tumblr, dove mi trovate con il nickname Zaelit. Un saluto a tutti ^^
   
 
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