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Autore: Lamy_    21/04/2021    0 recensioni
La vita di Artemis Dumont viene stravolta quando sua madre muore, lasciandola da sola in un baratro di disperazione.
Artemis non si arrende alla perdita e si mette in cerca del famigerato Libro dei Morti, un antico manuale egizio di magia nera in grado di resuscitare i morti. Per ottenerlo intraprende un viaggio rocambolesco che dal Messico la porta a New Orleans. Si imbatterà nella famiglia degli Originali, e Klaus è disposto ad aiutarla perché in passato la madre della ragazza gli ha salvato la vita.
Procurarsi il Libro dei Morti sarà più difficile del previsto. Artemis si scontrerà con un nemico che non credeva potesse esistere. Tutta la città è in bilico, nessuna creatura sovrannaturale è al sicuro. Il grande sacrificio sta per compiersi.
Promesse, magia e amore: gli ingredienti per un incantesimo letale.
[post 5° stagione]
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. UNA CITTA’ MAGICA

“Con la sua aria molto naturale il sovrannaturale ci circonda.”
(Jules Supervielle)
 
Una settimana prima, Santa Catarina – Messico
Artemis si sarebbe addormentata su quella panchina se qualcuno non fosse arrivato. Era scesa alla stazione di Santa Catarina due ore prima e si aspettava di essere accolta, invece non c’era nessuno e lei si era seduta ad attendere. Si stava facendo buio, i treni stavano compiendo le ultime corse e la folla man mano si diradava. Erano circa le otto di sera quando un ragazzino dai capelli arruffati si avvicinò a lei.
¿Eres la bruja?
Artemis sfogliò il piccolo dizionario e lesse che ‘bruja’ significava ‘strega’. Quel ragazzino dai piedi scalzi cercava proprio lei.
Soy yo.”
Artemis raccattò lo zaino e lo seguì fuori dalla stazione. La città era animata, i locali erano aperti e la gente si affrettava a rientrare dopo una giornata di lavoro. Il ragazzino si infilò in un vicolo buio e stretto, si muoveva con la destrezza di un gatto che balza da una finestra all’altra. Artemis dovette accendere la torcia del telefono per vedere dove metteva i piedi. Camminarono per una ventina di minuti fra auto abbondante – che poi sarebbero state smontate e rivendute – e case dalle tendine di pizzo. Il ragazzino si fermò davanti una villetta di modeste dimensioni e bussò tre volte alla porta.
¿Quién es?” chiese una voce dall’interno.
Pablo y la bruja.”
La porta si aprì sbuffando una sottile coltre di polvere, e Artemis intuì che era stata sigillata da un incantesimo per impedire a qualcuno di entrare senza permesso. Una donna anziana si affacciò, i suoi piccoli occhi neri osservarono la ragazza per pochi minuti.
Adelante.”
“Dice che puoi entrare.” Tradusse Pablo, il ragazzino.
“Allora parli la mia lingua, maledetto.” Grugnì Artemis.
Un poquito.”
Artemis gli diede una leggera spallata mentre entrava in casa. Pablo chiuse la porta e un crepitio segnalò che l’incantesimo era di nuovo attivo. L’anziana signora la fece accomodare in cucina, dove aveva preparato due bicchieri con acqua e cetrioli. Servì la bevanda a tavola e Pablò trangugiò il bicchiere in un solo fiato.
 bebe.” Disse la signora.
“Devi bere, oppure lei si offende.” Spiegò Pablo.
Artemis prese il bicchiere e bevve un sorso controvoglia, non amava gli ortaggi infusi in acqua. Scolò la bevanda solo per non mancare di rispetto all’anziana signora poiché in Messico era buona educazione comportarsi come un ospite esemplare.
“Perchè mi sta fissando?” domandò la ragazza.
In effetti la padrona di casa la fissava come se volesse scavarle dentro.
“Sta leggendo el tu poder ... il tuo potere.” Disse Pablo.
“Chiedile se ha quello che cerco. Non sono qui per perdere tempo.”
L’anziana le scoccò un’occhiataccia, forse aveva capito l’atteggiamento ostile della ragazza. Pablo si avvicinò a lei per parlarle all’orecchio, e data quella confidenza era probabile fossero parenti.
Ella quiere saber si tienes lo que esta buscando.”
¿Ella tiene el dinero?” chiese la signora.
“Sì, ho il denaro. Sono pulita. Può fidarsi di me.” Si intromise Artemis, impaziente.
Pablo tradusse e la signora annuì, dopodichè si sparì in camera da letto per trafficare nel comò.
El dinero serve para ayudar a mi hermana enferma ... ehm, mia sorella malata.”
Solo allora Artemis scorse un paio di piedi che sbucavano da sotto una coperta sul divano. Era così concentrata su se stessa da non aver fatto caso alla bambina che dormiva. Era pallida e sudata, ogni tanto i suoi respiri somigliavano a dei rantoli. Ripensò a sua madre in un letto d’ospedale, il colorito spento e gli occhi che perdevano luce. Ricacciò indietro il dolore, doveva mantenere il controllo.
“Che cos’ha?”
“Zika, una enfermedad per colpa delle ... zanzare.”
Il Messico era noto per svariati virus contrattabili tramite il morso di zanzare, ogni anni erano centinaia le vittime e i morti. I vaccini costavano poichè gli sciacalli delle piccole città controllavano anche gli ospedali e i traffici di medicinali.
“Con i soldi potrete comprale le medicine. Starà bene.” Disse Artemis.
Pablo non rispose, si sedette accanto alla sorellina e le tamponò la fronte con un panno umido. Artemis tornò in sè quando la donna anziana ricomparve in cucina, ora fra le mani rugose aveva un cofanetto di legno.
Aquí esto es lo que tú quieres.”
Artemis prese in consegna il cofanetto e lo aprì con l’adrenalina che scorreva nelle vene. Si ritagliò cinque buoni minuti per assicurarsi che il contenuto fosse autentico. Dopo averne avuto la certezza, richiuse il coperchio e infilò tutto nello zaino.
El dinero.” Disse con buffo accento spagnolo.
Mise sul tavolo una busta bianca piena di contanti, per l’esattezza erano diecimila pesos messicani che aveva scambiato in banca appena era arrivata a Santa Catarina. La signora contò i soldi due volte prima di infilarsi la busta nella tasca del grembiule.
Ahora puedes irte.”
“Puoi andartene.” Disse Pablo.
Artemis si mise lo zaino in spalla e uscì senza troppe cerimonie. Sperava di tornare a casa il prima possibile. Più tempo trascorreva in Messico, più alta era la probabilità di essere arrestata. Era arrivata illegamente, attraversando il confine su un furgone che trasporatava cereali e frumento da Philadelphia a Santiago, da qui aveva preso un treno che l’aveva portata a Santa Catarina. Quel passaggio le era costato cinquemila dollari che, se aggiunti ai diecimila appena consegnati alla signora, la lasciava praticamente al verde.
“Buona fortuna per tua sorella.”
Pablo la stava accompagnando alla stazione, i suoi piedi irrequieti adesso seguivano i passi lenti della ragazza.
La buena suerte te servirá ... quel cofanetto es peligroso.”
Artemis sapeva che ‘peligroso’ si traduceva con ‘pericoloso’, ma era talmente disperata che neanche quell’avvertimento l’avrebbe fermata. Quando furono di nuovo in stazione, Pablo la salutò con un cenno della testa e riprese la via di casa. Poi accadde tutto velocemente: un’auto della polizia si parcheggiò davanti alla fermata e due uomini in divisa scesero con le pistole puntate contro la ragazza.
Manos arriba, americana! Manos arriba!” gridò un poliziotto.
Artemis alzò le mani e sbuffò, la peggiore delle ipotesi era appena divenuta realtà. L’altro poliziotto le chiuse le manette intorno ai polsi e la spinse sui sedili posteriori dell’auto. Mezz’ora dopo si trovava in una cella puzzolente, sola e lontana da casa.
 
Oggi, Città del Messico – Messico
“... e quindi sono stata arrestata con l’accusa di ingresso illegale in Messico.” Concluse Artemis.
Klaus aveva ascoltato il racconto con l’espressione incredula, quasi stentava a credere alle sue orecchie.
“Hai superato il confine per un cofanetto?”
“Per quello che c’è nel cofanetto.” Specificò lei.
Klaus aveva notato che la ragazza non aveva fatto menzione del contenuto del cofanetto, dunque stava nascondendo quell’informazione per qualche ragione.
“E cosa contiene? Di certo deve essere qualcosa di prezioso per spingerti a infrangere la legge.”
Artemis sfregò le mani per eliminare le briciole della ciambella che aveva mangiato. Doveva amettere che addentare qualcosa che non fosse la poltiglia del carcere era un piacere immenso.
“Non sono affari tuoi. Senti, io ti ringrazio per avermi tirata fuori di prigione e per aver ripulito la mia fedina. Ora, però, le nostre strade si dividono. Tu torni a New Orleans e io prendo il prossimo aereo per Chicago.”
“Non se ne parla. Non ti lascio da sola a combinare altri guai.”
“Sono piena di verbena e strozzalupo, quindi non ti conviene attaccare briga.” Disse Artemis.
Klaus sospirò, si prospettava una battaglia faticosa contro il caratteraccio della ragazza.
“Non voglio farti del male. Voglio aiutarti.”
Lei fece una breve risata, quel tizio era così ridicolo con il suo atteggiamento autoritario.
“Mi hai aiutata, ora sei libero di andare. Il volo per la Lousiana parte fra quindici minuti, dovresti affrettarti.”
L’Originale in tutta risposta sorseggiò il suo caffè macchiato con calma, mentre i suoi occhi studiavano la ragazza. Non somigliava affatto alla madre. Artemis aveva i capelli castani con riflessi color rame, le punte arrivavano sotto i lobi delle orecchie e sul davanti una frangia dai lati più lunghi le copriva la fronte. Gli occhi erano grandi e marroni, il colore ricordava il cioccolato fondente. Ma ciò che spiccava di più era il naso all’insù, un dettaglio che le conferiva un non so che di particolare. Evidentememte somigliava al padre.
“Com’è morta tua madre?”
Artemis incrociò le dita e strinse forte tanto da far sbiancare la pelle. Gli anelli che portava a ciascuna falange erano diventati bollenti tanto era salda la presa.
“Ha avuto un collasso polmonare. E’ morta nel giro di una settimana.”
“Sono sinceramente dispiaciuto, Artemis. Se lo avessi saputo...”
“Non importa. Ormai è successo e la vita continua.” Lo interruppe lei.
Klaus doveva ammettere che quella determinazione era tipica di Yvette, un tratto caratteriale che la figlia aveva ereditato. Eppure era convinto che sotto quella sicurezza ostentata vi fosse un grande turbamento.
“Lei non vorrebbe che tu finissi in situazioni di pericolo.”
“Lei è morta, non le interessa più quello che faccio.”
Artemis si alzò, si infilò la giacca di pelle rossa ed estrasse il biglietto aereo dalla tasca.
“Il tuo volo parte fra un’ora. Andrai in giro a farti arrestare ancora?” fece Klaus.
“Andrò a comprare dei souvenir da riportare in America. Puoi stare tranquillo.”
L’Originale annuì, sebbene non credesse a una sola parola. Voleva stare al gioco di Artemis e capire fin dove si sarebbe spinta con quelle bugie.
“Allora ti auguro un buon viaggio.”
“Adieu.”
 
Artemis strofinò la schiena contro il sedile per mettersi comoda. Era abbastanza morbido, per cui si sedette e si allacciò la cintura. Aveva ancora fame ma aveva soltanto venti dollari nel portafogli, quindi si sarebbe dovuta trattenere fino all’arrivo. I passeggeri si stavano sistemando intorno a lei, la hostess dava le indicazioni di base sulla cintura e sui sistemi di sicurezza e le sue colleghe giravano nel corridoio per prendere le ordinazioni.
“Posso sedermi?”
“Certam-... e tu che diavolo ci fai qui?”
Klaus spostò lo zaino della ragazza e si stravaccò sul sedile, chiuse la cintura e si rilassò.
“La vera domanda è: che ci fai tu qui? Credevo andassi a Chicago.”
Artemis aveva aspettato altre cinque ore per salire sul volo diretto a New Orleans. Credeva che Klaus fosse già partito, invece lui aveva scoperto il suo piano in qualche modo.
“Ho cambiato idea. Voglio visitare la Louisiana.”
“Bugiarda.” La rimbeccò Klaus.
Artemis si passò una mano fra i capelli, quel tizio le faceva venire l’orticaria.
“E tu sei uno stalker.”
“Sei tu che mi costringi a seguirti. Se mi dici la verità, io ti lascio in pace.”
“Siamo partiti col piede sbagliato, Klaus. Che ne dici se affrontiamo questo volo insieme e poi ci separiamo in aeroporto? A me sembra un’ottima idea.”
Klaus chiuse gli occhi e scosse la testa, ma anche così poteva captare la rabbia della ragazza.
“A cosa ti servono quelle pagine?”
Artemis ghiacciò sul posto. In pochi secondi afferrò lo zaino e lo aprì per guardare dentro: la scatola era svanita.
“Ridammi il cofanetto, o giuro che ti spappolo il cervello con uno schiocco di dita.”
“Provaci.”
“Non provocarmi.” Lo minacciò Artemis.
Klaus sorrise, gli occhi ancora chiusi, e fece spallucce. L’attimo dopo avvertì un dolore lacerante alla testa, il sangue gli schizzò nel cervello causandogli quasi uno svenimento.
“Non … ti conviene … un … ahia!”
Artemis spalancò la mano e la magia si arrestò, lasciando Klaus ad ansimare per lo shock. Per fortuna la rapida guarigione stava già avendo effetti.
“Non mi conviene un morto su un aereo? Hai ragione. Ma non credere di poterti prendere gioco di me. Ridammi il cofanetto e il suo contenuto.”
Klaus aveva rubato il cofanetto senza che lei se rendesse conto. La velocità da vampiro aveva avuto la meglio sui poteri della strega.
“Santa Catarina ospita il mercato nero degli oggetti magici. Tu casualmente vai in Messico per recuperare pagine misteriose. Lo vedo solo io il collegamento palese?”
Artemis non poteva mentire, ormai lui aveva l’aveva beccata con le mani nel sacco.
“Il cofanetto mi serve per una ricerca. Studio egittologia all’università e quelle pagine sono preziose per i miei studi. Sono oggetti magici, è vero.”
L’udito di Klaus sentì un battito irregolare, sospirò per l’ennesima menzogna.
“Non acquisti fogli di papiro per una ricerca personale. Sono sicuro che per un tale acquisto l’Università avrebbe stanziato dei fondi.”
Artemis si irrigidì, ogni suo tentativo di celare le cose stava fallendo. Non voleva svelare la reale motivazione del suo viaggio in Messico, temeva che lui l’avrebbe ostacolata o che avrebbe tenuto il cofanetto per sé.
“Non sono affari tuoi, te l’ho già detto.”
“Artemis, io sono dalla tua parte. Ero amico di tua madre. Puoi fidarti.”
“Eri così amico di mia madre che non c’eri quando è morta.” Ribatté lei in tono duro.
Klaus abbassò lo sguardo, colpito dalla freddezza nella voce di Artemis. Erano ventitré anni che non aveva contatti con Yvette, non conosceva il suo stato di salute né tantomeno poteva immaginare che fosse morta. Anni prima a Vienna si erano separati perché un’amicizia fra un Originale e una strega in fuga poteva attirare attenzioni indesiderate.
“Io e Yvette non ci sentivamo da più di vent’anni. È stata una scelta dettata da circostanze insolite.”
“La vita di mia madre sembra sempre dettata da insolite circostanze. Come, fra le altre cose, mio padre, il suo passato a New Orleans, la sua eccessiva prudenza.”
Artemis sapeva sin da bambina che sua madre aveva dei segreti, ed era stata brava a mantenerli. Tanto brava da esserseli portati nella tomba, laddove lei non poteva più conoscerli.
“Lascia che ti racconti chi era Yvette Dumont prima della tua nascita.” Disse Klaus.
Klaus era l’unico legame del passato di Yvette che sbucava fuori dopo anni. Magari poteva approfittarne per saperne di più su sua madre, e nel frattempo poteva agire per perseguire il suo obiettivo.
“Mi proponi una gita sul viale dei ricordi?”
“Sì, se quest’ottica poetica ti piace. Vieni con me e sii mia ospite, Artemis.” Disse Klaus.
Artemis elargì un sorriso falso, avrebbe ingannato l’Originale pur di ottenere quello per cui aveva speso tutti i suoi risparmi.
“Ospitami pure nel tuo oscuro castello, Dracula.”
 
Dieci ore dopo, New Orleans – Quartiere Francese
Artemis non credeva ai suoi occhi. Non aveva mai pensato che New Orleans fosse tanto bella. Era una città vivace, ricca di colori e suoni, ogni angolo era occupato da artisti di strada e bancarelle di souvenir. Il Quartiere Francese pullulava di turisti, i flash delle macchine fotografiche erano abbaglianti e le loro pose erano buffe. Un mago stava facendo un gioco di prestigio con le carte e tutti gli spettatori lo ammiravano con entusiasmo.
“Che fessi.” Mormorò fra sé.
Klaus adocchiò il mago e sorrise, quella era tutta magia di illusione a cui la gente credeva pur di eludere la realtà per brevi istanti.
“Gli umani sono creature semplici, un pizzico di magia e il loro mondo viene scosso.”
Attraversarono Jackson Square mentre la campane della chiesa di Saint Louis suonavano i rintocchi di mezzogiorno. Alla destra della cattedrale si ergeva il ‘The Presbytere’, un edificio che in passato era stata la residenza del presbitero e che ora era divenuto un museo. I lati della piazza erano costeggiati dai Pontalba Buildings, edifici in mattoni rossi che ai piani inferiori ospitavano negozi e ristoranti e i piani superiori erano occupati da abitazioni.
“Da questa parte.” Disse Klaus.
Si inoltrarono nel cuore del Quartiere Francese, imboccando Bourbon Street e proseguendo verso il palazzo più sontuoso. Artemis suppose che quello appartenesse ai Mikaelson.
“Non sbagliavo quando ho parlato del tuo oscuro castello.”
“Quella è l’Abattoir, la mia famiglia ha acquisito la proprietà nel diciottesimo secolo. È il complesso residenziale più grande della città.”
“Il vostro ego è grande quanto la vostra casa?” domandò Artemis.
Klaus ghignò, riconoscendo la verità nelle parole della ragazza. Quando si ritrovarono davanti ai cancelli del palazzo, gli bastò forzare la maniglia per entrare. I cancelli si richiusero per magia dietro di loro.
“Ci siamo solo noi. Mia sorella Freya è in città ma al momento non è in casa.”
Artemis si guardò intorno meravigliata: non aveva mia visto una casa tanto enorme. Era tutto arredato con gusto e con cura, le piante erano rigogliose e non c’era neanche un filo di polvere. Rispetto al suo minuscolo appartamento a Chicago, l’Abattoir era il paese dei balocchi.
“Freya è come te?”
Klaus andò dritto verso il tavolino degli alcolici e si versò una generosa quantità di whisky nel bicchiere, dopodiché lo bevve a piccoli sorsi.
“Lei è una strega. Anzi, per l’esattezza è la seconda strega più potente al mondo.”
“E chi sarebbe la prima?”
L’Originale si sedette sul divano e con la mano indicò la poltrona ad Artemis, che prese posto sedendosi sul bordo. Era pronta a scappare in ogni momento.
“Mia figlia Hope. Lei è davvero potente. Credo sia la strega più potente mai esistita.”
“Tu hai una figlia? Com’è possibile?”
“Dammi la mano.”
Klaus allungò la mano e Artemis l’afferrò lentamente, era sempre sull’orlo della fuga. Quando la sua pelle entrò in contatto con quella dell’Originale, avvertì sensazioni contrastanti: un brivido freddo come la morte e un brivido caldo come la vita. Ritrasse la mano con uno scatto fulmineo.
“Tu sei un vampiro e un licantropo insieme. Sei un ibrido.”
“Io sono l’ibrido per eccellenza.” Puntualizzò Klaus.
“Permaloso.” Commentò Artemis.
Klaus la guardò attraverso il fondo del bicchiere. La ragazza continuava a ispezionare il cortile in cerca di una via di scampo. Non si fidava di lui, lo rivelava anche il cuore che batteva veloce.
“Sembri stanca. Ti accompagno nella tua stanza.”
“D’accordo.”
Artemis scattò in piedi, l’agitazione le faceva vibrare le ossa dello sterno. Klaus sorrise in automatico.
“Prima le signore.” Disse, accennando alla scalinata.
Artemis prese lo zaino e il borsone e si avviò su per le scale, ogni passo corrispondeva a un sospiro di stanchezza. Era una settimana che dormiva male e mangiava anche peggio, quindi un letto comodo e cibo caldo sembravano un miracolo.
“E’ la seconda camera a sinistra.” Disse Klaus.
La ragazza arrivò alla suddetta camera e rimase stupita nel costatare che la finestra dava proprio sul Quartiere Francese; sullo sfondo svettava il campanile di Saint Louis. Al centro della stanza vi era un letto matrimoniale a baldacchino, le tendine erano color verde smeraldo e le lenzuola erano di pura seta bianca. Sembrava la camera da letto di una nobildonna.
“Mi piace tutto questo lusso.”
Klaus sorrise compiaciuto, del resto aveva ordinato a Freya di preparare appositamente quella camera per attirare l’attenzione della ragazza.
“Solo il meglio per i nostri ospiti.”
Artemis depose il bagaglio sul tappeto persiano ornato da quadrati e rombi dorati su un fondo rosso scuro. Si tolse la giacca e la lanciò sul letto, dopodiché si mise a curiosare nei cassetti del comò. Accanto ad esso c’era addirittura una toilette munita di specchio, i piedi arcuati si abbinavano alla sedia imbottita.
“Questa camera è rimasta ferma all’Ottocento.”
“Quella toilette è un pezzo originale. Apparteneva a mia sorella Rebekah.”
Artemis, studiosa di storia qual era, rovistò nel cassetto del mobile e trovò una spazzola i argento con una ‘M’ incisa sul dorso. Trovò anche uno specchio ovale con il giglio francese dipinto sul retro.
“Lo so cosa stai facendo, Klaus.”
Klaus, appoggiato allo stipite della porta, assunse una finta espressione confusa.
“Di grazia, quale sarebbe l’accusa che mi rivolgi?”
“Cerchi di addolcirmi con queste sciccherie perché vuoi delle risposte da me.”
“Dal tuo abbigliamento deduco che le sciccherie non ti si addicono.”
Artemis, difatti, vestiva molto casual. Indossava una t-shirt bianca e una salopette di jeans, calzava un paio di scarponcini neri e ai polsi portava numerosi bracciali.
“La prendo come un’offesa.”
“Oh, no. È solo una semplice e veritiera affermazione.” Replicò Klaus.
Artemis raggiunse la soglia della porta ma si scontrò contro il vuoto. Tentò un paio di volte di uscire dalla stanza ma era impossibile poiché una barriera magica glielo vietava.
“Che stronzo! Mi hai bloccata in questa stanza.”
“Perché tu nascondi qualcosa che non mi piace. Freya eliminerà l’incantesimo di confinamento dopo che mi avrai detto la verità. Ero stato chiaro prima: puoi fidarti di me.”
“Non posso fidarmi di uno che mi imprigiona.” Disse Artemis, stizzita.
Klaus non fu scalfito da quel suo tono infastidito. L’unico scopo era quello di proteggerla, lo doveva a Yvette.
“Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare qualcuno è dargli fiducia. Se tu avrai fiducia in me, allora io ti libererò.”
Artemis tirò un pugno contro la barriera invisibile e questa tremolò senza cedere neanche un po’.
“Io devo uscire da qui subito. Ho delle questioni da risolvere.”
“Resterai qui dentro finché non parlerai con me. Lo sto facendo per una buona causa.”
Klaus doveva proteggerla in onore della sua amicizia con Yvette. Se Artemis aveva avuto dalla madre il suggerimento di chiamare lui in caso di problemi, era necessario offrirle tutto l’aiuto possibile.
“Benvenuta a New Orleans.”
 
Due giorni dopo
Freya stava sgranocchiando un biscotto quando Keelin si unì a lei per la colazione.
“Buongiorno, splendore.” La salutò Freya.
Si scambiarono un bacio e si accomodarono per consumare le pietanze: c’era ogni sorta di prelibatezza, dalle ciambelle glassate ai biscotti alle mandorle, dal caffè nero al tè verde. Keelin si riempì la tazza di caffè fino all’orlo, aveva bisogno di caffeina per svegliarsi.
“Sarebbe un buon giorno se avessi dormito. La nostra ospite di notte è irrequieta.”
Nelle due notti precedenti Artemis di notte era irrequieta: camminava su e giù per la stanza, canticchiava e sbuffava. Gli esseri soprannaturali con il super udito avevano sofferto ogni singolo rumore.
“Mi dispiace. Klaus è sicuro che la ragazza parlerà. Lo spero davvero.” Disse Freya.
Come se fosse stato evocato, Klaus sbucò in cucina con espressione tetra. Non dormiva da quando aveva rinchiuso Artemis nella stanza sopra la sua, e il sonno mancato peggiorava il suo cattivo umore.
“Keelin, sono dispiaciuto per il fastidio. La nostra ospite presto non ci darà più alcun disturbo.”
L’Originale intanto stava organizzando un vassoio selezionando una tazzina di tè, biscotti e una brioche al gusto cacao. A lui toccava l’incarico di portare i pasti ad Artemis e accertarsi che stesse bene.
“Ti preoccupi molto per lei. Come mai?” indagò Keelin.
“E’ la figlia di una mia vecchia conoscenza. Sua madre è morta sei mesi fa e adesso lei è invischiata in qualcosa di losco che devo capire.”
Freya era sbigottita dal fatto che il fratello avesse avuto amicizie profonde in passato, considerata la sua indole crudele. Se la madre della ragazza si era fidata di lui, forse anche la figlia lo avrebbe fatto.
“Tenerla rinchiusa non serve a niente. Magari un approccio diverso potrebbe essere più utile.”
Klaus incenerì la sorella con uno sguardo. Non avrebbe liberato una ragazza che aveva l’inclinazione a inciampare nei guai.
“Artemis resterà qui fino a quando non mi dirà la verità. Non metterò a rischio la sua vita soltanto perché ha la testa dura.”
 
Quando Klaus salì per consegnarle il vassoio, Artemis era sdraiata sul tappeto a guardare un film al computer.
“Buongiorno.” Disse lui, cordiale.
La ragazza non lo degnò di attenzione, rimase con gli occhi incollati allo schermo a guardare una scena di decapitazione.
“Ti augurerei di morire, però sei già morto e non avrebbe senso.”
Klaus respirò a fondo per placare la rabbia, controbattere non era la giusta opzione. Pose il vassoio per terra e lo spinse sul parquet lucido.
“Cosa stai guardando?”
“Il film di Dracula del 1992, magari imparo come decapitare un vampiro.”
Klaus adocchiò lo schermo e vide Gary Oldman nei panni di Dracula che si accasciava per terra senza testa. Anche lui in passato aveva staccato teste e strappato cuori.
“Io sto uscendo, hai bisogno di qualcosa?”
“Di essere liberata per tornare alla mia vita, grazie.” Disse Artemis, piccata.
“Io voglio liberarti, ma tu devi essere sincera con me.”
Artemis stoppò il film e si alzò, la maglia del pigiama era sollevata e mostrava un piercing all’ombelico. Sfiorò la barriera magica con l’indice come se sfiorasse le corde di un violino.
“Sono disposta a parlare adesso.”
Il suo corpo non lanciò alcun segnale, pertanto Klaus ebbe la conferma delle sue parole.
“Dimmi pure.”
Artemis si passò la lingua sui denti, nei suoi occhi spiccava un luccichio malizioso.
“Va a comprarmi gli assorbenti, da bravo maggiordomo.”
Yvette era più riservata della figlia, più silenziosa e poco propensa alla provocazione. Artemis, invece, adorava spiattellare quelle battute per mettere in soggezione l’altra persona.
“Passerò al supermercato prima di tornare.”
 
Tre giorni dopo
Freya era elettrizzata dal lavoro che Klaus le aveva affidato. La strega stava analizzando il cofanetto che Artemis aveva comprato in Messico. Al suo interno erano arrotolati due fogli di papiro. La carta si era ingiallita e i bordi era usurati, anche alcuni simboli erano consumati dal tempo. Si trattava sicuramente di oggetti mistici, restava solo da capire il loro utilizzo. A giudicare dalle acconciature e dagli abiti, sui fogli erano raffigurati personaggi egizi. In mezzo a loro spiccava un personaggio più alto con la testa da animale, un lungo muso nero lo rendeva disumano. Sotto e sopra le figure correvano una serie di geroglifici dipinti in nero.
“Scoperto qualcosa?”
Klaus entrò in cortile a passo svelto. Tornava da una riunione con il Consiglio della città che si lamentava dei troppi turisti scomparsi. Era una faccenda che avrebbe potuto attendere, ora doveva affrontare la questione di Artemis.
“Sono raffigurazioni egizie. Ipotizzo che rappresentino un corteo religioso dato che al centro spicca il dio Anubi. Ci sono dei geroglifici che non so tradurre, non sono così vecchia.”
“Artemis mi ha detto che studia egittologia all’università.”
“È vero? Io ne dubito.” Disse Freya.
Klaus si passò le mani sul viso, era frustato dalla riluttanza di Artemis.
“Che ci fa una ragazzina con fogli di papiro così antichi? Insomma, si è fatta arrestare pur di accaparrarsi quel cofanetto.”
“Vuoi che chieda a Kol? È esperto di oggetti magici.” Disse Freya.
“No. Nessun altro deve sapere di Artemis. Voglio mantenere un profilo basso.”
Freya annuì, sebbene sperasse che Artemis si confidasse perché era curiosa di decifrare quei geroglifici.
“E’ ora di cena. Magari un gateau di patate riesce a smuoverla.”
Una decina di minuti dopo Klaus bussò alla porta e attese di essere accolto dal sorriso finto di Artemis. Con sua sorpresa, la ragazza lo ricevette senza alcuna emozione.
“Ti ho portato la cena.”
“Grazie.” Disse Artemis, la voce piatta.
Si mise alla toilette – l’unico spazio adatto per mangiare – e affondò la forchetta nel morbido gateau. Era silenziosa, fin troppo per i gusti di Klaus.
“Freya mi ha detto che i fogli di papiro raffigurano un corteo religioso. Perché hai speso tutti quei soldi per averli?”
“Per una ricerca universitaria.” Ribadì Artemis.
“Non compri al mercato nero della magia per una banale ricerca universitaria.” Obiettò Klaus.
La ragazza continuò a mangiare senza dire altro. Ogni domanda dell’Originale era una chiave per sbloccare le serrature dei suoi segreti.
“Ecco, ho finito. Puoi andartene.”
Artemis gli restituì il vassoio e chiuse la porta, voleva restare da sola in quella gabbia dorata.
“Sono tuo amico, Artemis.”
 
Tre giorni dopo
Artemis era più esagitata del solito. Il tempo stava scadere e lei doveva trovare un modo per uscire da quella maledetta stanza. Non aveva altra soluzione se non raccontare la verità a Klaus e sperare che lui la lasciasse andare. Se avesse saputo del suo piano, magari l’avrebbe liberata pur non di lasciarsi coinvolgere. Era disperata. Ma doveva agire prima che fosse tardi.
“Mikaelson, so che puoi sentirmi. Vieni qui.”
In un lampo Klaus si materializzò sulla soglia. Le sue mani erano sporche di pittura, aveva anche una macchina di colore sul collo.
“Che c’è? Hai altre richieste per il tuo umile servo?”
“Voglio parlare.”
“Come mai questa decisione? Temo l’ennesimo inganno.”
Artemis si stiracchiò la schiena e si sedette alla toilette, afferrò la spazzola e si pettinò i capelli.
“Ti dirò la verità perché devo uscire da qui entro domani sera.”
Erano le ventuno, quindi mancavano esattamente ventiquattro ore alla messa in atto del suo piano. Era l’unica occasione che aveva, il lavoro doveva filare liscio per fare ritorno a Chicago.
“Ti ascolto.”
 
Salve a tutti! ^_^
La storia inizia a delinearsi. Artemis e Klaus non vanno molto d’accordo, eh!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
* l’Abattoir è il nome reale del palazzo dove abitano gli Originali, è proprio così che viene chiamato a New Orleans.
*ogni descrizione di New Orleans è reale, mi sono informata.
 
Ps. Se ci sono degli errori nella traduzione spagnola, fatemelo sapere e correggerò subito.

 
  
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