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Autore: Juliet8198    21/04/2021    0 recensioni
Choson, 1503
La condizione di principe esiliato aveva portato Yoongi a fidarsi unicamente delle persone che vivano sotto al suo tetto. La cosa, però, in fondo non gli dispiaceva. Erano pochi quelli che tollerava e ancora meno quelli a cui concedeva confidenza. Eppure, per qualche motivo, quando Namjoon si presentò al suo cospetto con quella schiava dalle sembianze tanto inusuali, decise di andare contro i suoi stessi principi.
Il mondo di Diana era cambiato nel giro di istanti. Dall'essere così vicina a scoprire quel meraviglioso impero di cui suo padre le aveva tanto parlato, al ritrovarsi sola e in catene, venduta ad un padrone dall'attitudine fredda e scontrosa. Solo il suo intelletto e la sua conoscenza avrebbero potuto aiutarla nell'impervia strada verso la libertà, costellata di ostacoli, complotti e pericolosi intrecci politici.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La beatitudine della mattina accolse le membra di Diana come un abbraccio freddo ma affettuoso. L'aria fresca le stuzzicò la pelle, ricoprendola di brividi superficiali che le camminavano lungo le braccia con gambe corte ma assai veloci, strappandole un sospiro deliziato. La primavera stava sciogliendo la rigidità dell'inverno dal paesaggio, adornando gli alberi con nuovi, lussuriosi vestiti e donandogli preziose gemme, ancora pallide imitazioni dei gioielli in cui poi si sarebbero trasformate. 

 

Diana non sapeva più neanche da quanto tempo era lì. Era come se la pace di quel mondo e il calore di quella casa le avessero fatto dimenticare quello che lei era, il posto da cui proveniva. Quanto tempo era passato? Tre mesi? Quattro? Forse di più. 

 

Un anno da quando aveva messo piede su quella nave che aveva cambiato il suo destino per sempre. Un anno da quando non vedeva la sua casa. Sua madre. 

 

Come stava sua madre? Era giunta a conoscenza di quello che era successo? Che cosa le avrebbero detto? Che non aveva più un marito? Che la figlia era probabilmente morta a sua volta? 

 

Diana sbatté gli occhi, accecata dai primi raggi di sole che filtravano dalle mura che circondavano l'abitazione. Pensare a sua madre le trasmetteva un senso di amarezza sulla punta della lingua. Dal momento che aveva trovato la pace, un equilibrio in una nuova realtà, la mancanza di quello che aveva perso non le pesava nel cuore con così tanta prepotenza. 

 

Eppure... 

 

Eppure sua madre era nella loro grande casa vicino al canale. Da sola. Senza sapere quale destino si fosse preso sua figlia. Senza speranza di poterla riabbracciare. 

 

Diana serrò gli occhi. Si concentrò sul calore che veniva irradiato dall'oggetto fra le sue mani, sul dolce odore che esso emanava stuzzicandole le narici. 

 

-Buongiorno Jungkook. 

 

Il ragazzo si voltò e concentrò lo sguardo su di lei. Era sempre così. Talmente assorbito dal suo allenamento che non si accorgeva neppure del suo arrivo, nonostante quella fosse ormai diventata un'abitudine. Difatti, il giovane non fu sorpreso. Cercando di rallentare il petto, vittima di respiri profondi e avidi di aria, si avvicinò a lei lentamente, arrivando perfino al punto di rivolgerle un timido sorriso. 

 

Diana gli porse la tazza fumante contenente il suo infuso mattutino, che gli preparava quasi ogni giorno, e sorrise ancora più generosamente. I suoi progressi con Jungkook, a detta di Seokjin, erano spaventosi. Ai suoi occhi, per contro, il ragazzo sembrava aprirsi a lei molto, molto lentamente, timido come una conchiglia che rivela cautamente la preziosa perla nascosta al suo interno. Ma era felice di quel poco che lui le concedeva. 

 

-Hai mangiato? 

 

Diana studiò con attenzione il giovane che sorseggiava la bevanda in silenzio, cercando accuratamente di evitare il suo sguardo, posando gli occhi su tutto tranne che su di lei. Sapeva, infatti, che qualora avrebbe incontrato il viso della ragazza, vi avrebbe trovato un cipiglio severo e una bocca contratta. 

 

-Questa volta non dirò a Seokjin che avevi già iniziato l'allenamento prima del pasto, ma non dimenticarti di passare dalla cucina. Hai bisogno di mangiare per avere la forza di tirare di spada. 

 

Il tono quasi materno nella voce di Diana era diventato un vezzo inconsapevole. Per qualche motivo, il suo rapporto con Jungkook si era gradualmente trasformato in qualcosa di simile a quello tra due fratelli. Il ragazzo, in qualche modo, tirava fuori un lato protettivo che lei non immaginava neppure di avere. 

 

-Grazie...- borbottò lui, guardandola attraverso ciglia abbassate e folte che nascondevano la timidezza del suo sguardo. 

 

Diana sorrise e prese la tazza fra le mani di lui. Se avesse detto a Seokjin che Jungkook aveva di nuovo saltato il pasto, sarebbe iniziata una sequela di lamentele che avrebbe avuto fine solo quando tutti i presenti avessero lasciato la cucina. E anche allora, molto probabilmente, il cuoco avrebbe continuato a borbottare tra sé e sé fino a quando non si sarebbe ritenuto soddisfatto. 

 

 

 

Come ogni mattina, la cucina era un tripudio di odori e di voci che sovrastavano rumorosamente l'ambiente. Jimin, dopo il primo mese chiuso dietro una corazza di timore e diffidenza, aveva mostrato una personalità gioiosa e conciliante, generosa nell'elargire sorrisi e attenzioni agli abitanti della casa. 

 

Seokjin, da parte sua, in breve tempo lo aveva preso sotto la sua ala protettiva. In effetti, lui e il ragazzo sembravano aver sviluppato lo stesso rapporto scherzoso che il cuoco condivideva con Jungkook, tanto che spesso Diana li scopriva a stuzzicarsi a vicenda come due bambini. 

 

-Buongiorno Diana-ssi.

 

Il sorriso di Jimin era talmente ampio che le sue guance si alzavano fino a fargli socchiudere gli occhi. Quella sua espressione, così genuina e in un qualche modo infantile, le faceva sciogliere il cuore tanto che si ritrovava a rispondergli con altrettanto calore. Il ragazzo era sempre molto attento a lei, al punto che poteva sentire i suoi occhi seguirla costantemente. Le chiedeva come stava, se avesse dormito bene e quando aveva le dita rovinate a casa del lavoro manuale gliele afferrava per medicarle lui stesso. 

 

Diana era toccata dalla sua premura, anche se immaginava da cosa essa fosse generata. Benché non lo esprimesse ad alta voce, il senso di gratitudine nei suoi confronti trasudava da ogni suo gesto, da ogni sua più piccola espressione. La ragazza avrebbe voluto farne a meno, ma non desiderava renderlo infelice perciò rimenava sempre in silenzio. 

 

-Oggi devi andare in città, Hoseok? 

 

L'interpellato alzò gli occhi su Seokjin, scuotendo il capo distrattamente. Il cuoco annuì soddisfatto. 

 

-Molto bene. Avrò bisogno di tante mani, è arrivato il momento di ripulire quella stanza in cui abbiamo accantonato tutte le cianfrusaglie che non usiamo. 

 

Diana alzò un sopracciglio. La ricordava, vi era entrata un giorno per sbaglio, inciampando immediatamente in una spada di bambù abbandonata per terra. Era senza dubbio l'ambiente più spoglio di tutta la casa, ma il problema era che la polvere e le ragnatele lo avevano ormai ricoperto fino al soffitto, diventando essi stessi un grottesco arredamento. 

 

-Non fate quelle facce! Se ci mettiamo tutti e quattro faremo in fretta! Se riuscissimo a liberare completamente la stanza, poi, potrei finalmente avere un posto in cui dormire in pace senza dover sentire il russare costante di Jungkook. 

 

L'interpellato si voltò per replicare prontamente, ma uno sguardo di Seokjin fu sufficiente ad uccidere le parole ancora prima che potessero uscirgli dalla bocca. 

 

In effetti, iniziavano a stare un po' stretti. Da quando Diana era entrata nella casa, la stanza in cui dormiva Hoseok era stata data a lei per concederle un po' di riservatezza. Dall'arrivo di Jimin, perciò, i quattro servitori si erano ritrovati a dormire tutti in un'unico ambiente, dal momento che il principe aveva le sue stanze private. 

 

I presenti, perciò, concordarono con il cuoco. Dello spazio in più avrebbe di certo fatto comodo.

 

-Mio signore? 

 

L'attenzione dei commensali si spostò sulla figura silenziosa che sorseggiava pigramente il suo tè mattutino, nascosta dietro una cortina di capelli scuri che la proteggeva dalla fastidiosa luce attorno a sé. Quando borbottò un "Fate come volete", si alzarono tutti in piedi dirigendosi verso il loro obbiettivo. 

 

Una volta aperta la porta sull'ambiente, lei e Seokjin presero a tossire a causa della nuvola di polvere che si alzò dagli oggetti abbandonati sul pavimento. 

 

-Bene... diamoci da fare! 

 

Diana, con le maniche sollevate e un fazzoletto legato dietro alla testa a coprirle il naso, continuava a sollevare oggetti sempre più curiosi. Una collezione di ceramiche da tè importata dall'impero, lasciata ad assopire in un angolo dimenticato. Vestiti stracciati, sdruciti, ormai ridotti a brandelli, a detta di Seokjin i panni di Jungkook. 

 

-Quel ragazzino cresce troppo in fretta.

 

Diana aveva riso di gusto al commento del cuoco, scuotendo la testa davanti al suo modo di fare quasi materno. E poi hanbok pregiati, bordati di oro e richiusi in scatole di legno che non sembravano vedere la luce da chissà quanto tempo. Spade vecchie, arrugginite e di metallo scadente, alcune poco più lunghe del suo braccio, le spade con cui Jungkook si era allenato da piccolo. 

 

Poi, un oggetto dalla forma famigliare catturò l'attenzione della ragazza. Le mostrava solo la schiena, perché la sua pancia era appoggiata sul pavimento polveroso, ma non appena lo sollevò non poté non riconoscerlo. Diana sorrise accarezzandone il dorso curvo come quello di un liuto e sospirò passando le dita sulle corde lisce. 

 

-Diana-ssi? 

 

I presenti si voltarono verso di lei, osservando il modo in cui cullava lo strumento fra le sue mani. 

 

-Non sapevo che avevate una pipa. 

 

Hoseok le rivolse un sorriso appena accennato. 

 

-Il principe talvolta si cimentava nella musica, ma è da un po' di tempo che non vi si dedica più. Penso che si sia lasciato prendere da altri passatempi.

 

Diana abbassò gli occhi sullo strumento musicale con pietà. Era un tale peccato lasciarlo lì, in quella stanza buia, soffocato da una coperta di polvere e senza orecchie che potessero ascoltarlo. 

 

-Tu lo sai suonare, non è vero? 

 

La giovane rispose con un timido cenno del capo, abbassando umilmente il volto in modo che non si potesse notare il rossore delle sue guance. Era vero, ma era passato così tanto tempo dall'ultima volta... 

 

-Perché non suoni per noi? È comunque ora che facciamo una pausa. 

 

Diana esitò per un momento, ma decise di annuire, scrollandosi di dosso il timore e l'esitazione. Seokjin fece per raggiungere la porta, seguito da un eccitato Jimin. L'unica figura che non si mosse fu quella di Hoseok, catturando l'attenzione della giovane. 

 

-Dal momento che abbiamo la musica... 

 

Il giovane si piegò in avanti, raccogliendo un oggetto dal pavimento che aveva fissato per diverso tempo da che era iniziata quella conversazione. La ragazza osservò con curiosità l'espressione distaccata eppure nostalgica che aveva preso piede sul suo volto. 

 

-... ci vorrebbe anche una danza. 

 

Teneva fra le mani quello che sembrava essere un grande ventaglio arancione, composto da larghe e lussuriose piume. Seokjin percorse nervosamente la figura del ragazzo, studiandone con attenzione ogni movimento. 

 

-Sei... sicuro? 

 

Il giovane non rispose alla domanda, ma mantenne lo sguardo sull'oggetto fra le sue mani. Infine, annuì distrattamente, marciando con determinazione verso il cortile della casa. 

 

 

 

Diana era seduta sulla passerella di legno che circondava il piccolo quadrato erboso, con le gambe a penzoloni oltre il bordo e le mani intente a regolare le chiavi della pipa. Lo strumento era meno armonioso di quanto avesse sperato, a causa del tempo passato abbandonato a se stesso senza qualcuno che si prendesse cura delle sue fragili corde. Una volta che fu finalmente soddisfatta del suo suono, però, sollevò gli occhi sulla figura che dominava il cortile, con lo sguardo abbassato a terra e il ventaglio dal colore sgargiante stretto fra le dita. 

 

Hoseok percepì il suo sguardo ansioso e le rispose con un sorriso debole, ma sufficiente a farle capire che era pronto. In tutta sincerità, la ragazza non sapeva cosa aspettarsi. Perciò, trasse un sospiro, chiuse gli occhi e quando li riaprì prese a pizzicare le sottili corde con la punta delle dita. 

 

In quel momento, fu come se una cortina fosse stata improvvisamente calata sull'ambiente. Le prime note furono incerte e un po' zoppicanti, ma in breve tempo Diana fu in grado di calarsi in quel mondo che era fatto solo di suoni e di sospiri del vento. Poi, lo vide. 

 

Hoseok era esso stesso un sospiro del vento. Era aria, nella sua forma più potente e passionale. I suoi arti erano veli di seta, leggiadri e fluidi come un fiume. Il ventaglio nella sua mano era come una lanterna nella notte che catturava lo sguardo dei presenti ogni volta che il suo possessore ne sfoggiava le piume. 

 

L'espressione nel suo viso... Diana non aveva mai visto Hoseok con quel tipo di luce negli occhi. Non era Hoseok. Era come se un'altra persona avesse vestito i suoi panni, si fosse infiltrata nel suo corpo e rivolgesse agli spettatori uno sguardo distaccato ma malizioso. Un istante prima sembrava avido di attenzioni, bagnandosi nelle acque dell'ammirazione di chi lo osservava; l'istante dopo si nascondeva pudicamente dietro alle piume vanesie, come a voler fingere una vena di modestia.

 

Hoseok era lontano. Era perso in un mondo che Diana non conosceva, a cui nessuno dei presenti aveva accesso. E quando la melodia giunse al termine, al giovane ci vollero diversi istanti per tornare nel suo corpo, nel cortile della casa, nella sua identità. 

 

Il suo sguardo, però, serbava ancora una scintilla di qualcosa. Nostalgia? Dolore? Rimorso? Diana non capiva, c'era qualcosa che le sfuggiva. 

 

-È stato... bellissimo- furono le uniche parole che la ragazza disse. 

 

Hoseok rivolse lo sguardo annebbiato verso di lei. Non appena percorse il suo viso con gli occhi, la sua espressione parve addolcirsi. 

 

-Era tanto tempo che non lo facevo. Una volta... questa era la mia realtà. 

 

La sua realtà... quella che aveva lasciato alle spalle, prima di entrare a far parte della cerchia del principe. Che cosa era successo? Diana voleva sapere ma... non si portò a chiedere. Doveva essere lui a parlare. 

 

Hoseok, infatti, si sedette accanto a lei, riprendendo fiato. In un attimo, lanciò uno sguardo verso Seokjin, il quale annuì e si voltò verso la porta incitando Jimin a entrare. 

 

-Hai voglia di sentire una storia? 

 

Diana scosse il capo per assentire, troppo timorosa di distrarlo anche solo pronunciando delle parole.

 

-Una volta c'era una bellissima ballerina. La più bella di Choson.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ok, sono disposta ad inginocchiarmi a terra pur di avere il vostro perdono. Lo so che il capitolo è noiosissimo ed ero seriamente (SERIAMENTE!) intenzionata ad iniziare il flashback sulla vita di Hoseok. Il problema era che prima dopo introdurre il time skip, spiegare brevemente cosa è successo nel frattempo, piazzare la situazione, dargli il giusto contesto, iniziare a introdurre il flashback e... avevamo già superato le 2000 parole. E a sto punto iniziamo per bene dal prossimo capitolo e fine. 

 

Perdonatemi, davvero. Ma stringete i denti e fatevi forza che il prossimo è tutto dedicato al nostro amato ballerino. 

 

Giusto per rinfrescarvi le idee, la pipa che viene menzionata nel capitolo è sempre un tipo di liuto cinese un po’ più grande e che veniva suonata posizionata verticalmente sulle ginocchia. 

   
 
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