Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: Old Fashioned    22/04/2021    10 recensioni
Prima guerra mondiale. A un giovane e ardimentoso pilota tedesco viene assegnata una strana missione: dovrà atterrare con il suo aereo dietro le linee nemiche e lì caricare a bordo una persona, poi rientrare alla base. Tutto semplice, all'apparenza, peccato che la persona che dovrà caricare, una pericolosa spia tedesca, sia inseguita dal suo arcinemico: una spia inglese di pari livello, disposta a tutto pur di catturare il rivale.
Questa storia è stata scritta per Crazy_person, come modesto ringraziamento per tutte le bellissime recensioni che mi ha sempre lasciato.
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Incliti lettori,
un po’ di mappazzone per non perdere l’abitudine. Come sempre ringrazio chi mi sta seguendo, con particolare trasporto emotivo nei confronti di chi mi lascia anche un commento.






Il rumore della sirena ebbe il potere di riscuotere definitivamente the Bishop dal torpore. L’uomo si sollevò sulle braccia, si guardò intorno e per prima cosa vide i corpi dei due piantoni, entrambi con il collo in una posizione innaturale. Ragionò fra sé e sé che se il dannato Werwolf non fosse stato suo nemico giurato, gli avrebbe senz’altro chiesto di insegnargli quel trucchetto.
In ogni caso, le sentinelle erano stecchite e i due tedeschi finiti chissà dove.
Ebbe un moto di stizza: persino quell’inutile ragazzetto petulante al momento giusto era riuscito a creargli un problema. Si rammaricò di non averlo ucciso quando aveva appurato che non aveva nessuna informazione utile da fornirgli.
Sono troppo buono,” sospirò a mezza voce.
Scavalcò il corpo di uno dei piantoni, rientrò nella stanzetta e andò alla ricerca della torcia. La accese e fece scorrere il pennello di luce nel corridoio: una fila di piccole macchie rosse si perdeva nell’oscurità, segno che la sua pallottola, dopotutto, qualcosa aveva colpito.
Egli la seguì cauto. In certi tratti le gocce erano più rade, segno che i due si erano mossi più velocemente, in altri ce n’erano di più. In un punto, di nuovo in corrispondenza di un corpo dal collo spezzato, il sangue aveva formato una piccola pozza.
Non aveva usato una pallottola d’argento, ma a quanto pareva il Lupo Mannaro ne aveva risentito ugualmente.
Di nuovo rivolse un pensiero infastidito all’ufficialetto: se non fosse saltato su con quel suo stupido strillo, probabilmente il Werwolf avrebbe smesso una volta per tutte di essere un problema per la Corona.
Fuori c’era parecchia agitazione, il che non era un bene, naturalmente. Nel buio e nella confusione, sarebbe stato più facile per i due tedeschi, anche feriti e malconci com’erano, far perdere le loro tracce.
Riprese a seguire la scia di goccioline rosse. Prevedibilmente, essa scorreva lungo gli edifici, nelle zone più in ombra. In alcuni punti diventava più consistente, in altri si assottigliava al punto che doveva frugare tutt’intorno con la torcia per ritrovarla.
Le gocce però erano fresche, ancora lucide come piccoli rubini, segno che il suo avversario non doveva essere poi così lontano.
Chissà, forse si stava indebolendo? Non riusciva più a muoversi con la consueta velocità? Immaginò il pilota, a sua volta stremato e dolorante, che si dava da fare per sostenerlo. Quanto sarebbero riusciti ad andare avanti, prima di crollare esausti?
Continuò a seguire le tracce, che piegavano dietro le baracche e si dirigevano verso il parcheggio degli automezzi.
Involontariamente accelerò il passo: il parcheggio degli automezzi poteva voler dire una sola cosa.
La traccia rossa infatti si interrompeva all’improvviso, proprio in corrispondenza di uno spazio vuoto fra due ambulanze.
The Bishop evitò di farsi prendere dalla rabbia. Allontanò la nebbia rossa che gli stava offuscando la vista, respirò a fondo un paio di volte e si obbligò a fare il vuoto in mente.
Che cosa voleva il Werwolf? Ovviamente tornare dietro le linee tedesche.
Avrebbe potuto farlo con un banale autocarro? No, impossibile. Sarebbe stato fermato e controllato dopo mezzo miglio al massimo.
C’era però un campo d’aviazione non lontano, e guarda caso il ragazzetto petulante era proprio un pilota.

§

Il Werwolf spense il motore e disse: “Qui può andare bene.” Si passò la mano sulla fronte e la ritrasse umida.
Anche se era buio percepiva su di sé lo sguardo dell'ufficiale. Si girò nella sua direzione: “Che c'è?”
Lei è ferito.” La voce aveva un tono di vago rimprovero.
Ne sono consapevole.”
Non vuole fare niente per medicarsi?”
Il Werwolf emise un sospiro. “Sì, ora sì. Dovremmo essere abbastanza sicuri.”
Il giovane non replicò e la spia mantenne a sua volta il silenzio. Non c'era niente di abbastanza sicuro, purtroppo, quando si aveva the Bishop alle calcagna.
La voce dell'ufficiale lo richiamò alla realtà: “Andiamo nel cassone. Se chiudiamo tutti i teli non si vedrà la luce.”
Che luce?”
Dovrò pur vedere qualcosa per medicarla, no?”
Il Werwolf non rispose. Si limitò ad aprire la portiera e a scendere a terra. L'aria era fresca e aveva un lieve odore di fiori selvatici e limo. Quel poco che ricordava del paesaggio, appena una breve panoramica nell'esiguo fascio di luce dei fari schermati, consisteva in una macchia di alberi, un torrente e poco altro. Perlomeno le piante avrebbero parzialmente nascosto l'ambulanza parcheggiata.
Aggirò il veicolo e aprì a tentoni il portello posteriore. L'ufficiale, che nel frattempo l'aveva raggiunto, brancolò con le mani nella voragine nera del cassone alla ricerca di una fonte di luce. “Ci sono dei tubi verticali,” constatò a bassa voce. “Come si fa a entrarci?”
Sono i sostegni delle barelle,” sussurrò il Werwolf. “Non ha mai visto l'interno di un'ambulanza?”
E lei ha mai visto un pilota d'aeroplano ferito?”
Che intende dire?”
O bruciamo vivi o ci schiantiamo al suolo. In ogni caso, di solito finiamo nelle fosse comuni, non nell'ospedale militare.”
L'agente segreto non replicò. Si trovava ormai nella fase in cui anche una risposta tagliente richiedeva più energie di quelle che poteva permettersi di spendere. La ferita gli pulsava spedendogli in tutto il corpo quella che sembrava un'infinita risacca di dolore, in cui ogni onda arrivava sulla coda della precedente e prima di esaurirsi veniva coperta dalla successiva.
Si inerpicò a fatica nel veicolo, individuò al tatto una barella e vi si lasciò cadere.

L'acqua che gorgoglia fra le pietre è rossa di sangue. Anche le sue mani sono piene di sangue, i suoi vestiti ne sono imbevuti.
Il suo compagno incespica per l'ennesima volta, fa per rialzarsi ma si accascia, mentre un filo rosso gli cola da un angolo della bocca, gocciolando denso sul muschio della sponda.
Egli lo tira per un braccio, cerca di farselo passare intorno alle spalle. “Alzati,” ansima, e la parola suona come una preghiera. “Alzati, dobbiamo andarcene.”
L'altro prova a sollevarsi, egli ha la straziante certezza che lo faccia solo per far piacere a lui.
Alzati,” ripete comunque.
Non giunge risposta.
Alzati, per favore!”
Il suo compagno tossisce, poi a fatica mormora: “Lasciami qui, la missione è più importante.” Infila una mano malferma in una tasca cucita all'interno della camicia, ne trae un piccolo contenitore argentato. Glielo preme sul palmo con le ultime forze. “Ora ce l'hai tu,” esala.
No! Per favore, lascia che ti aiuti, possiamo ancora far perdere le nostre tracce.”
Per tutta risposta, l'altro si adagia nel letto del torrente, con la schiena appoggiata a una pietra. Gli tende la mano aperta e lui, dopo un'esitazione, vi depone la Mauser.
Per favore,” tenta ancora una volta, senza riuscire a muovere un solo passo lontano da colui col quale per anni ha condiviso ben più di ogni missione.
Va', corri. Restituirò a the Bishop tutto il piombo che mi ha ficcato in corpo.”

Quando riaprì gli occhi, una debole luce rischiarava l'interno dell'ambulanza. L'ufficiale sedeva sulla barella di fronte alla sua, con una cassetta bianca aperta sulle ginocchia.
Quanto ho dormito?” gli chiese.
Il giovane sollevò lo sguardo a incontrare il suo. “Pochi minuti.” Senza aggiungere altro, trasse dal contenitore un paio di forbici e cominciò a tagliargli la camicia, lasciando man mano cadere i lembi di stoffa inzuppati di sangue.
Il Werwolf li fissava in silenzio e non poteva fare a meno di pensare che alla fine Reiner non era neppure riuscito a impugnare la pistola: aveva detto quella frase solo per spingerlo ad andarsene.
L'avevano ritrovato in seguito, riverso nel piccolo corso d'acqua. La Mauser era accanto a lui, nel caricatore non mancava un solo colpo.
Forse era morto appena lui gli aveva girato le spalle.
Si proibì di sguazzare oltre nella gora di dolore che l'episodio gli aveva scavato dentro: c'era una missione da portare a termine, il resto non contava.
Si rivolse all'ufficiale: “È molto grave?”
Beh...”
Risponda, per favore.”
L'altro alzò le spalle. “Di certo non ha un bell'aspetto. La pallottola le è entrata nel fianco e mi pare che sia ancora dentro. Non ha rigettato e non le esce sangue dalla bocca, da quel che so è buon segno, ma ha perso comunque molto sangue.”
Faccia una medicazione stretta, per il momento potrà bastare.”
L'ufficiale non replicò. Si limitò a estrarre dalla cassetta delle compresse di garza, vi versò sopra del disinfettante e gliele applicò sulla ferita.
Il Werwolf strinse i denti al contatto dalla sostanza sulla carne viva, ma per il resto rimase immobile. “Ora fermi la medicazione con una fasciatura e stringa bene,” gli raccomandò.
E se le faccio male?”
Vorrà dire che ha stretto a dovere.”
Rimase a osservarlo mentre estraeva dalla cassetta dei rotoli di bende e li allineava accanto a sé. Aveva un'espressione concentrata, addirittura severa, che per certi aspetti contrastava con i suoi lineamenti ancora fanciulleschi. Si tirò indietro i capelli scoprendo la fronte pallida e liscia.
Infine si raddrizzò e disse: “Sono pronto. Riesce a mettersi seduto?”
Il Werwolf guadagnò a fatica la posizione richiesta, l'altro cominciò coscienziosamente ad avvolgerlo con strisce di garza.
Stringa di più,” disse a un certo punto l'agente segreto.
Il giovane alzò gli occhi su di lui. “Ancora di più?”
Non voglio che si riapra la ferita.”
D’accordo.”
Il Werwolf si trovò a emettere un gemito soffocato mentre le bende letteralmente gli mozzavano il respiro. “Così va bene,” disse, notando l’espressione preoccupata dell’altro. “Ora vediamo lei.”
Il giovanotto parve stranito. “Io?”
Che cosa le ha fatto the Bishop?”
L’ufficiale si limitò a distogliere lo sguardo stringendo le labbra.
Ha usato la frusta cosacca, non è così?”
Sì.”
Mi faccia vedere.”
Con qualche difficoltà, l’altro si fece scivolare giù dalle spalle quel che restava della camicia e gli girò la schiena.
Il Werwolf sollevò le sopracciglia: la pelle era un intersecarsi di vibici appaiati a due a due, rossi, viola o addirittura sanguinanti. Rivoli scarlatti scomparivano oltre la cintura dei pantaloni.
Allora?” volle sapere l’ufficiale.
Credo che le rimarrà qualche cicatrice” rispose l’uomo. Gli sfiorò il dorso con la punta delle dita ed egli non poté fare a meno di sussultare.
Fa male?”
Sì.”
Cercherò di medicarla. Pensa di riuscire a pilotare un aereo in queste condizioni?”
Il giovane si voltò con una smorfia di dolore sul viso. “Certo.”
Allora partiamo appena ho finito.”
Alla frase seguì qualche secondo di silenzio, poi di nuovo il tenente si voltò a fissarlo e disse: “Ma è notte.”
E quindi?”
Non si può volare di notte. Non con un caccia, almeno.”
Il Werwolf annuì. “Sì, immagino che chiunque conosca questa regola, vero?”
Mi sembra ovvio.”
L'agente segreto annuì. “Perfetto, e allora la conosce anche the Bishop.”
Alla frase fece seguito un altro lungo silenzio. Infine l'ufficiale obiettò: “Non posso volare se non vedo gli strumenti. Come faccio ad esempio a capire quando raggiungo la velocità di decollo?”
Si affidi all'istinto. Non ce l'ha l'istinto per il volo, lei?”
L'altro cercò di incrociare le braccia sul petto, ma dovette interrompere il gesto con un grugnito di dolore. “L'istinto per il volo ce l'hanno gli uccelli,” replicò.
Se lo faccia venire anche lei, ragazzo mio, altrimenti la nostra fuga sarà brevissima.”

§

La fa facile, lei,” brontolò von Knobelsdorff.
Silenzio.”
Il tenente non replicò. Appiattito in un fosso, fissava davanti a sé con una strana sensazione di disagio.
Conosceva i campi d'aviazione. Ne amava l'ampiezza, il respiro. Trovava allegra la manica a vento bianca e rossa che sventolava in un angolo, gli piacevano le baracche dei segnalatori, era affascinato dagli hangar sempre pieni di meccanici indaffarati, che perlopiù imprecavano perché le cose non andavano mai come volevano che andassero.
Ma soprattutto amava gli aerei: quando vedeva allineati quei Pegaso magnifici, rombanti, con il muso orgogliosamente puntato verso l'azzurro, era preso da una tale emozione che il cuore gli balzava nel petto.
Sorrise fra sé e sé al pensiero del cielo infinito.
Volse nuovamente lo sguardo in avanti e il suo sorriso svanì. Quel campo vuoto, immenso, spettrale sotto i freddi raggi della luna, sembrava più un cimitero che un aeroporto.
C'era calma di vento, tutto era cristallizzato in un'immobilità irreale. Il verso di un uccello notturno risuonò lugubre in lontananza, poi si ristabilì il silenzio.
Si voltò verso l'agente segreto e colse la sua sagoma immobile, intenta. Ebbe l'impressione di un predatore in agguato.

Un fruscio sull'erba lo indusse ad appiattirsi. C'era una figura in lento avvicinamento. Il passo era tranquillo, non comunicava né tensione né allarme. Strinse gli occhi e si concentrò su di essa, riuscendo a distinguere dopo un po' la sagoma di un elmetto britannico e un moschetto portato a spallarm.
Il soldato si fermò. Era così vicino che se avesse allungato la mano avrebbe potuto toccarlo. Si frugò in tasca, ne trasse una sigaretta e se l'accese mascherando la fiammella nel cavo della mano.
Von Knobelsdorff si voltò di nuovo verso l'agente segreto ed ebbe la consapevolezza che la sentinella stava fumando per l'ultima volta.
Un istante dopo lo sentì scattare. La sigaretta rotolò sull'erba, ci fu un breve tramestio, uno scricchiolare di ossa infrante, poi il corpo esanime del soldato rotolò nel fosso.
Prenda la sua divisa,” ordinò l'uomo in un sibilo.
Il tenente allungò cauto una mano fino a che non sentì sotto le dita il panno ruvido dell'uniforme. Sotto la stoffa c'era anche quella che gli parve una gamba.
La voce dell'altro lo fece quasi sussultare: “Se va in rigor, si scorda di riuscire a levargli di dosso qualcosa.”
Von Knobelsdorff deglutì. Un conto erano i combattimenti in cielo, un conto era spogliare un cadavere ancora caldo e mettersi addosso i suoi vestiti.
Si sforzò di pensare alla Patria, al fatto che se fossero riusciti ad andarsene, presto avrebbe potuto tornare a volare. Magari sarebbe anche riuscito ad ottenere quell'ultima, agognata vittoria e avrebbe ricevuto il Pour le Mérite dalle mani di Sua Maestà in persona...
Si muova! Ha paura che la morda?”
A volte il suo cinismo è sconfortante.”
L'altro non replicò. Egli si voltò come per sollecitare una risposta e si accorse di essere rimasto solo.
Sentì un brivido ghiacciato percorrergli la schiena, non tanto per il poveretto accasciato nel fosso, quanto per il fatto che l'altro se n'era andato. Per quanto si ripetesse che l'agente segreto non avrebbe potuto scappare da nessuna parte – perlomeno con un aereo – senza di lui, il fatto che fosse sgusciato via nel più totale silenzio gli evocava una sorda angoscia.
Chi poteva dire cos'era in grado di inventarsi quel demonio, appropriatamente soprannominato Lupo Mannaro? Per quel che ne sapeva, poteva anche essersi messo d'accordo con il suo avversario, i doppiogiochisti non erano poi una specie così rara fra le spie. Oppure poteva aver deciso di proseguire da solo, lasciandolo indietro dopo aver stabilito che era solo un'inutile zavorra.
Continuò a spogliare il morto, ringraziando che il buio gli impedisse di vedere la sua faccia.

Era impegnato nel farsi passare la camicia sulle spalle doloranti quando la vista di un'altra sagoma in avvicinamento lo pietrificò.
Elmetto a padella, moschetto, passo tranquillo. Quello che si stagliava contro il debole chiarore lunare era un soldato inglese.
Di nuovo l'angoscia gli serrò il petto. Che fare? Appiattirsi nel fosso sperando che il soldato passasse oltre? Saltare su e cercare di abbatterlo? Fingere di essere un inglese? Con il suo accento tedesco non avrebbe ingannato nemmeno un sordo.
Ripensò a quello che l'aveva interrogato: se l'avessero preso, lo avrebbero sicuramente riportato da lui. Visto che non possedeva informazioni da dargli, cosa gli avrebbe fatto? Lo avrebbe considerato prigioniero di guerra o lo avrebbe fatto fucilare come spia?
Pur immerso in quelle ansiose considerazioni, notò che l'uomo era immobile più o meno dove si era fermato l'altro, e si stava guardando lentamente intorno. Si chiese se stesse cercando il commilitone.
Attese.
La camicia ancora a metà della schiena, osava a malapena respirare. Tante volte aveva sentito raccontare che la lepre, restando immobile, ingannava persino i segugi, che le passavano a un palmo di distanza e non si accorgevano della sua presenza. Si augurò che la stessa cosa fosse valida anche per gli umani.
L'uomo fece un passo avanti.
Egli si decise in un attimo. Saltò su ignorando il dolore e gli si lanciò contro, solo per trovarsi una frazione di secondo dopo col dorso a terra, una mano sulla gola e l'altra sulla bocca, a soffocare il lamento che il duro impatto con il suolo gli aveva suscitato.
Smetta di fare lo stupido,” lo redarguì l'agente segreto.
Mi sta facendo male,” protestò von Knobelsdorff, divincolandosi per liberarsi dalla stretta.
C'è chi gliene farà molto di più, se non riusciamo ad andarcene da qui.”

Camminando uno accanto all’altro con passo misurato, si avvicinarono all'hangar principale.
Von Knobelsdorff fissava di tanto in tanto di sottecchi la pista, o perlomeno il sipario di buio dietro cui immaginava si trovasse la pista. E se avesse sbagliato direzione? E se avesse sfasciato il carrello in una buca? Se avesse staccato troppo tardi e fosse finito sugli alberi?
Concluse che era inutile pensare a tutte quelle eventualità. Del resto, anche quando decollava per i normali voli di guerra, lo faceva con un larghissimo margine di rischio.
Stava forse a preoccuparsi, in quei frangenti, degli inglesi che avrebbero potuto sparargli, dei guasti meccanici o di altre faccende del genere?
Ovviamente no.
Dietro il portellone dell'hangar si indovinava una debole luce, segno che qualche meccanico stava già lavorando sui motori.
Quella constatazione, unita al vago odore di benzina che si cominciava a percepire e al battere familiare di un martello su qualcosa di metallico, ebbe il potere di dissolvere ogni sua inquietudine.
Lo pervase una freddezza pacata, atarassica, che quasi fece scomparire il dolore che fino a quel momento gli aveva spedito a ogni passo brividi ghiacciati in tutte le membra.
Fecero scorrere la porta quel tanto da infilarsi dentro.
Il martellare si interruppe. “Chiudi!” urlò qualcuno, poi il lavoro riprese.
Il tenente gettò un rapido sguardo intorno: dei Sopwith Pup, dei Bristol Scout e un ricognitore RE8. Indicò l’ultimo all’agente segreto e annuì un paio di volte.
L’altro annuì a sua volta, poi scivolò silenzioso verso il banco officina.
L’ufficiale non si mosse. Sapeva cosa sarebbe successo, ma uccidere i soldati nemici faceva parte della guerra e del resto c’era poca differenza tra il pilota che premeva il grilletto della mitragliatrice e l’armiere che gliela metteva in condizioni di sparare. Entrambi combattevano contro la Germania.
Udì un breve tramestio, un tintinnare metallico al suolo e il rumore di qualcosa di pesante che veniva trascinato. Dopo qualche secondo ricomparve l’agente segreto. “Fatto,” annunciò conciso.
Il tenente annuì. Si avvicinò all’aereo, ne percorse la struttura alla ricerca del tappo del serbatoio e quando lo ebbe trovato, lo svitò e vi guardò dentro. “Serve benzina,” disse poi. Si guardò intorno e individuò un barile di metallo montato su un supporto a ruote, già munito della pompa di estrazione. “Quello.”
Travasarono il carburante. L’agente segreto a quel punto occhieggiò le mitragliatrici e chiese: “Sono cariche quelle?”
No, vengono caricate poco prima della missione, per evitare inceppamenti.”
Meglio provvedere, allora.”
Il tenente individuò le casse di munizioni. Da una parte non avevano tempo, ma dall’altra in effetti non piaceva neanche a lui l’idea di essere in volo senza nemmeno una fionda per difendersi.
Caricarono tutte le armi, poi il tenente tolse i tacchi da sotto le ruote e andò a recuperare le cuffie e gli occhiali che i meccanici usavano per i voli di prova.
Quando tutto fu pronto, egli disse: “Ora mi stia bene a sentire: apriamo le porte dell’hangar senza far rumore, poi io salgo su. Quando le dico ‘contatto’, lei deve dare un colpo all’elica.” Si interruppe per mimare il gesto. “Ma sia svelto a tirare via le mani, se non vuole trovarsele amputate. Poi salga dietro e lasci fare a me.”
L’agente segreto annuì. “Va bene.”
Il colpo deve essere energico. Pensa di farcela con quella ferita al fianco?”
Sì.”
Sicuro? Se il motore si ingolfa rimaniamo bloccati qui come due idioti.”
L’uomo gli rivolse uno sguardo tagliente e gli chiese: “Vede alternative?”
Andiamo ad aprire l’hangar,” disse il tenente per tutta risposta.

Il portellone spalancato era come una voragine sul nulla. Dopo la pur debole luce dell’interno, si stentava a credere che al di là ci fosse altro che un infinito abisso di buio.
Von Knobelsdorff rivolse un ultimo sguardo all’agente segreto, si accertò che si fosse collocato nella posizione corretta davanti all’elica, quindi si arrampicò nell’abitacolo.
Contatto!” esclamò sporgendosi da una parte.
L’uomo afferrò una pala e la spinse verso il basso. L’elica diede due o tre giri, il motore tossì un paio di volte, poi si fermò.
Il tenente si obbligò a rimanere calmo. Forse non sa quanta forza ci vuole, si disse, forse è rimasto spiazzato.
Contatto!” ripeté.
L’elica diede un solo giro svogliato, poi si fermò. Cominciarono a levarsi vapori di benzina.
Merda, pensò von Knobelsdorff, riconoscendo i sintomi di un imminente ingolfamento. Si sporse di lato e disse: “Riproviamo, ci metta tutta la sua forza: contatto!”
In quel momento apparve nel vano della porta un uomo in borghese, dalla faccia pallida, con i capelli neri. Stringeva in mano una pistola.
Contatto!” ripeté ansiosamente l’ufficiale.
L’altro diede il terzo colpo all’elica. Il motore tossì un paio di volte ed emise un pennacchio di fumo biancastro. Per un attimo sembrò volersi fermare di nuovo, ma subito dopo cominciò a funzionare regolarmente.
Von Knobeldsorff aumentò i giri, si udì uno sparo e dall’aereo accanto all’RE8 schizzarono via schegge di legno. L’agente segreto aggirò di corsa la semiala, vi balzò sopra e si lasciò cadere nell’abitacolo dell’osservatore.
Il tenente diede tutta manetta, il rombo del motore si fece assordante e l’aereo si lanciò in avanti.


   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: Old Fashioned