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Autore: Star_Rover    22/04/2021    7 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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16. Tin Town
 

Una gran confusione regnava alla stazione di Birmingham. I viaggiatori si spostavano caoticamente disperdendosi in ogni direzione, le persone in attesa si ammassavano e si accalcavano davanti ai binari.
L’agente Hart era appostato vicino all’ingresso, con sguardo vigile osservava i civili che esitavano davanti ai controlli o che si allontanavano con fin troppa fretta. Le ore passavano, ma ancora non aveva individuato il soggetto che stava cercando.
L’ispettore di polizia percorse lentamente la banchina per poi fermarsi al suo fianco.
«È sicuro che si presenterà?» domandò.
Radley annuì con convinzione.
«Non voglio oppormi alle decisioni prese dall’Intelligence, ma io ritengo che questa mossa sia piuttosto insensata»
«Per quale motivo?»
«Si tratta di un militante dell’IRA in fuga, è ovvio che cercherà di allontanarsi il più possibile dall’Inghilterra. Probabilmente in questo momento ha già raggiunto Holy Island ed è in attesa di imbarcarsi per l’Irlanda» ipotizzò l’ispettore.
«Le autorità non troveranno nessuno al porto di Holyhead» affermò Hart.
«Come può esserne certo?»
«Non bisogna mai sottovalutare l’avversario. Il nostro uomo sa di non poter lasciare l’Inghilterra, per questo non lo farà, almeno non subito. Adesso ha bisogno di un posto sicuro dove nascondersi»
«D’accordo, mettiamo che lei abbia ragione. Ma perché dovrebbe prendere proprio un treno per Londra?»
L’agente segreto si guardò intorno con circospezione, poi tornò alla loro conversazione.
«Lei sa a cosa serve il clorato di potassio?»
L’altro negò con aria perplessa, quel quesito non sembrava avere un nesso logico all’interno del discorso.
Hart si accese una sigaretta mostrando la fiamma al suo collega.
«Spesso viene utilizzato in una miscela di zolfo nella produzione di fiammiferi. Per la precisione è un comburente, l’agente ossidante in una reazione di combustione. Si tratta di una sostanza instabile che può facilmente dar luogo a reazioni violente»
«Tutto questo ha importanza nel caso?» chiese con fare scettico.
«La bomba esplosa a Coventry ha la stessa composizione chimica di altri tre ordigni detonati a Londra negli ultimi mesi. È facile supporre che gli eventi siano collegati. Sono convinto che il nostro fuggitivo abbia intenzione di ricongiungersi con i suoi compagni»
L’ispettore, piacevolmente sorpreso, non poté far altro che elogiare le capacità deduttive dell’agente segreto.
«Dica ai suoi uomini di prestare attenzione e di tenere gli occhi aperti. Lui arriverà e noi non potremo lasciarcelo sfuggire» concluse Hart.
Egli annuì con un cenno, poi si allontanò nuovamente scomparendo tra la folla di passeggeri appena scesi dall’ultimo treno.  
 
Hart si poggiò al muro di mattoni rossi e rimase di guardia all’entrata. I suoi sensi si allertarono quando notò qualcosa di sospetto. Un ragazzo dal lato opposto dei binari sembrò bloccarsi all’improvviso alla vista degli agenti in divisa per poi allontanarsi rapidamente. Indossava un lungo cappotto scuro e aveva il viso coperto dal berretto.
L’inglese non lo perse di vista e con discrezione lo seguì mantenendo una certa distanza.
Il giovane si mosse in direzione dei binari, dopo un po’ si accorse di essere sorvegliato, accelerò il passo e imperterrito proseguì nella medesima direzione. Dopo un attimo di esitazione ripartì di scatto e continuò la sua fuga serpeggiando tra i passanti.
L’agente segreto si gettò all’inseguimento, si fece spazio tra la folla ed estrasse la pistola.
Il giovane scavalcò il cancello e uscì in strada, il suo inseguitore lo imitò con rapidità e agilità.
L’irlandese abbandonò la via principale per infilarsi in un vicolo. Hart svoltò l’angolo di corsa, attraversò Park Street e raggiunse l’estremità di Bordesley Street, ritrovandosi alle spalle del fuggitivo. L’obiettivo era solo e sotto tiro.
«Fermo!» ordinò con fredda imposizione.
Il militante obbedì, ma non sembrò intenzionato ad arrendersi. Si voltò per guardare l’avversario dritto negli occhi, il suo sguardo era carico di odio e rancore. Entrambi poterono udire le grida dei poliziotti che stavano correndo verso di loro. L’irlandese sapeva che in breve sarebbe stato circondato, era consapevole di non avere alcuna speranza, nonostante ciò alzò il braccio per puntare l’arma contro l’agente segreto. 
Un solo sparo echeggiò nel vicolo deserto.
 
Il tenente Hart rivide il corpo esamine di quel giovane disteso in una pozza di sangue. La visione svanì all’improvviso ed egli tornò alla realtà, tra le mani stringeva ancora il fascicolo inviato dal comandante della Garda.
Gli eventi recenti avevano riportato alla sua mente le sue esperienze passate.
Inevitabilmente ricordò le parole del suo vecchio compagno: la parte del buon ufficiale ti si addice molto, ma ti preferivo quando avevi il coraggio di sporcarti le mani.
Hart non riteneva di essere cambiato nel tempo, era sempre disposto a fare tutto ciò che era necessario per portare a termine il suo dovere, indipendentemente dal ruolo che era tenuto a ricoprire per conto dell’MI5.
L’ufficiale abbassò lo sguardo tornando ad occuparsi del caso. Il rapporto a riguardo del misterioso tenente paracadutato nella valle di Glencree non lasciava alcun dubbio, tutti i suoi sospetti furono confermati dalle evidenze e dalle testimonianze raccolte dagli agenti.
Alcuni abitanti avevano riportato l’avvistamento notturno di un bombardiere tedesco, il velivolo solitario aveva sorvolato le montagne di Wicklow per poi svanire all’orizzonte. Due braccianti invece avevano affermato di aver visto un giovane in divisa vagare per le campagne, nell’oscurità era stato scambiato per un ufficiale della Garda, ma entrambi avevano notato un particolare, ovvero che egli faticava a camminare, zoppicava. Questo poteva spiegare il motivo per cui il tenente non aveva superato immediatamente il confine, essendo ferito non era stato in grado di raggiungere la capitale. Enniskerry era stata una sosta forzata.
Era ovvio che quel tedesco fosse L’Aquila, ed era piuttosto semplice ipotizzare che i suoi contatti in Irlanda fossero militanti dell’IRA.
Doveva sperare che l’infiltrato dell’MI5 riuscisse a scoprire qualcosa al più presto, nel frattempo non poteva restare fermo ad aspettare.
Sapeva per certo che i ribelli di Drumcondra erano coinvolti nell’omicidio dell’agente Ryan e che il loro comandante aveva rapporti con l’Abwehr. I principali sospettati sembravano esser scomparsi nel nulla, ma forse tra i militanti arrestati dal G2 avrebbe potuto trovare un anello debole disposto a parlare.
Doveva confrontarsi con un comandante che si era occupato di quelle retate, aveva bisogno di trovare qualcuno che conoscesse per bene le dinamiche dell’IRA a Dublino.
Immediatamente il tenente allungò la mano per afferrare la cornetta del telefono.
 
Come sempre James si mostrò impaziente di conoscere le novità sul caso.
«Sei riuscito a scoprire qualcosa a riguardo di quel tedesco?» chiese immediatamente al suo collega.
L’inglese scosse la testa: «no, ma ho trovato qualcuno che potrà aiutarci alle caserme McKee»
«Di chi si tratta?» domandò Donnelly con curiosità.
«Il sovrintendente Whelan, la sua squadra ha arrestato alcuni militanti nel quartiere di Drumcondra»
«Pensi che qualcuno di loro potrebbe essere disposto a parlare?»
«Whelan ha detto che il nome di Tin Town sta iniziando a spaventare i repubblicani e per questo diversi prigionieri stanno decidendo di collaborare con le autorità per non essere internati»
«Tin Town? Il campo di lavoro di Curragh?»
L’ufficiale annuì.
«Ho sentito storie terribili riguardanti quel luogo. Voi inglesi sapete che cosa succede davvero lì dentro?»
«Secondo l’Intelligence niente di irregolare, ma se queste voci possono servire a convincere i militanti a parlare allora dovremo confermarle»
Donnelly esitò, non era del tutto convinto che quelle fossero soltanto voci. In ogni caso preferì non esternare i suoi dubbi.
«Quando potremo incontrare il sovrintendente Whelan?»
«Non prima di domani» rispose il tenente.
Il giovane prese posto davanti alla scrivania, nonostante gli innumerevoli sforzi non riuscì a mascherare il suo turbamento. Il tenente Hart non ebbe bisogno di molto tempo per riconoscere quei segnali di inquietudine.
«Qualcosa non va?» chiese notando l’espressione preoccupata e il volto pallido.
Egli negò: «non è niente di importante»
L’ufficiale insistette: «così non sembra»
James ormai era consapevole di non poter nascondere nulla al suo compagno.
«D’accordo. Può sembrare assurdo, ma l’altra notte mentre tornavo a casa ho avuto la sensazione di essere seguito»
«E ritieni che questo non sia importante?» lo rimproverò il tenente.
«Il fatto è che non sono sicuro di quel che ho avvertito, forse mi sono solo lasciato suggestionare da questa faccenda»
«Sei un agente del G2, devi imparare a fidarti del tuo istinto»
«Non è così semplice» ribatté.
«Eri davvero in pericolo quella notte?»
Egli abbassò lo sguardo tentennando sulla risposta.
«Io ero convinto di sì, ho anche estratto la pistola, ma quando ho controllato dietro di me non c’era nessuno»
«Non c’era nessuno oppure non hai visto nessuno?»
James comprese la differenza.
«Non ho visto nessuno»
 
***
 
Donnelly raggiunse gli uffici della Sezione britannica, dopo aver consegnato il rapporto si affrettò a tornare sui suoi passi. Attraversò il lungo corridoio ripensando alla conversazione avuta con il tenente, quella faccenda stava diventando sempre più complessa e pericolosa.
Ad un tratto una delle porte alle sue spalle si spalancò: «sottotenente Donnelly!»
Egli riconobbe quella voce senza nemmeno voltarsi.
«Come mai è ancora qui? Non dovrebbe dare una mano ai suoi colleghi a trovare i terroristi che hanno fatto esplodere la bomba alle caserme McKee?»
Il detective Sullivan ignorò quella provocazione ed invitò il giovane ad accomodarsi nel suo studio.
«So che la mia presenza non le è ben gradita, ma deve rassegnarsi. Continuerò a condurre le indagini al Castello finché non avrò trovato la spia dell’IRA»
Donnelly scosse le spalle: «se potessi aiutarla lo farei, ma non ho davvero nulla da dirle»
«Non ho alcun interesse a tormentarla, sto solo svolgendo il mio lavoro»
James restò diffidente.
«Sono qui soltanto perché gli indizi mi hanno portato da lei»
Egli non capì: «di quali indizi sta parlando?»
«A quanto pare si è ritrovato spesso al posto giusto al momento giusto, inoltre si è occupato di tutti i casi che hanno avuto a che fare con questa fuga di informazioni»
«Si tratta semplicemente di coincidenze» replicò in sua difesa.
«Può dimostrarlo?»
«Be’, per certo posso affermare di non aver mai lavorato al caso dell’agente Ryan prima del suo omicidio»
Sullivan controllò la sua cartella: «già, era in servizio alle caserme di Harcourt Street. Casualmente anche quelle unità erano coinvolte nelle operazioni»
«Mi sta accusando di essere la spia?»
«No, non ho prove per dimostrarlo. Le sto soltanto esponendo la ragione per cui non posso lasciarla in pace: lei è un sospettato»
Donnelly avrebbe desiderato protestare, ma era consapevole che in quelle condizioni non avrebbe potuto convincere quell’uomo della sua innocenza. Tutto ciò che poteva fare era mostrarsi tollerante e collaborativo.
 
***
 
Il tenente Hart ripensò a ciò che il suo giovane collega aveva detto a riguardo di quel campo di internamento. Egli era sembrato particolarmente turbato da certe indiscrezioni che erano fuoriuscite da quelle mura.
L’ufficiale britannico decise di indagare sulla questione, se voleva sfruttare quelle informazioni a suo vantaggio doveva prima scoprire la verità.
 
Il capitano Kerney accolse il tenente nel suo ufficio senza troppo entusiasmo, quegli incontri stavano diventando sempre più inopportuni.
«A cosa devo questa visita?» chiese con evidente nervosismo.
«Ho bisogno di parlare con lei di una questione importante»
L’irlandese restò in attesa di ulteriori spiegazioni.
«Si tratta del Campo di Curragh» rivelò l’agente segreto.
Kerney rimase sulla difensiva. 
«L’Intelligence è già ben informata sulle condizioni dei vostri piloti catturati in Irlanda. Come sa gli inglesi sono trattati con rispetto. Questa Nazione è neutrale, le leggi internazionali sono rispettate come previsto dalla Convenzione di Ginevra, anche se non potrei nemmeno definire lo stato dei suoi connazionali come una vera e propria prigionia poiché godono di molte libertà»
«Non è la sezione riservata agli aviatori della RAF a interessarmi, e nemmeno quella per i marinai e i piloti tedeschi. Voglio sapere che cosa sta realmente succedendo a Tin Town» specificò Hart.
Il capitano trasalì: «chi le ha riferito quel nome?»
«Un sovrintendente della polizia segreta militare»
«Noi preferiamo non utilizzare quel termine, sono i repubblicani a definire il campo in quel modo»
Hart non aveva intenzione di perdere tempo con dettagli irrilevanti. 
«D’accordo, come preferisce. Dunque, che cosa sa dirmi a riguardo?»
L’ufficiale esaudì la sua richiesta.
«Il Campo è stato riaperto per volere del Fianna Fáil, siamo in stato di Emergenza e il Governo ha dovuto prendere alcune decisioni fondamentali per la sicurezza della Repubblica»
«È l’Esercito a controllare il Campo?»
Kerney annuì: «ovviamente con la collaborazione della Garda e dei servizi segreti»
«In passato quel luogo è stato teatro di eventi piuttosto cruenti» rammentò l’inglese.
«La Guerra Civile è terminata da ormai vent’anni. Curragh non è più una prigione militare, ma un campo di lavoro e rieducazione»
«Dunque tutte le voci sulle ingiustizie e i maltrattamenti inflitti ai prigionieri sono false?»
Il capitano iniziò ad irritarsi.
«Non vorrà prendere in considerazione le falsità diffuse dalla propaganda repubblicana!»
«Il mio intento è quello di essere il più obiettivo possibile» si giustificò.
«Temo che lei stia soltanto perdendo tempo, inoltre non vedo come queste informazioni potrebbero essere utili per le sue indagini»
«Ho intenzione di interrogare alcuni prigionieri dell’IRA e Tin Town potrebbe essere una preziosa carta da giocare in questa situazione»
«Può spaventare quei militanti come ritiene opportuno, ma deve essere consapevole che la loro rappresentazione di Curragh non ha nulla a che fare con la realtà»
«Spesso le menzogne hanno un fondo di verità» commentò il tenente.
«Con tutto rispetto, lei è un ufficiale britannico, trovo alquanto ipocrita il suo interessamento per i diritti dei prigionieri dell’IRA»
Hart non replicò, non aveva alcun interesse nel difendere i repubblicani, ma era certo che quel colloquio non avesse portato a galla tutta la verità.
 
***
 
Anche quella sera James abbandonò il Castello tormentato da ansie e preoccupazioni. L’interrogatorio con il detective Sullivan era stato lungo e impegnativo da sostenere. Aveva risposto a tutte le domande, ma l’investigatore dell’Unità Speciale non gli era parso soddisfatto, era ovvio che ciò non fosse stato sufficiente a scagionarlo da ogni sospetto.
Il giovane, ormai esausto, attraversò il parco e imboccò la strada di casa senza accorgersi dei passi che sempre più velocemente si stavano avvicinando.
Nell’istante in cui svoltò l’angolo avvertì una presa al braccio, qualcuno alle sue spalle l’afferrò con forza spingendolo contro alla parete.
Il ragazzo tentò di liberarsi, ma si immobilizzò quando avvertì il freddo metallo di una pistola.
James obbedì al volere dei due assalitori che gli intimarono di continuare a camminare. Il primo uomo lo trascinò per il braccio, il secondo invece si posizionò alla sua destra premendo la canna della Webley contro al suo fianco.
I tre oltrepassarono il ponte e svoltarono in un vicolo.
 
Il tenente Hart assistette alla scena dalla sua postazione situata dalla parte opposta del fiume. Dopo la rivelazione di quel pomeriggio aveva deciso di non lasciare solo il suo collega. L’ufficiale si era fidato dell’istinto dell’agente Donnelly, il quale inconsapevolmente aveva fiutato il pericolo.
Restando a debita distanza seguì i rapitori attraverso il quartiere industriale nella periferia di Dublino. Le strade divennero sempre più oscure e desolate. Il gruppetto sparì dietro all’ennesimo vicolo. L’inglese si guardò rapidamente intorno, non potevano essere lontani.
Senza troppe difficoltà riconobbe un edificio abbandonato appartenente alla vecchia distilleria.
L’ufficiale britannico si avvicinò all’entrata principale, quella volta affrontò il pericolo ignorando ogni precauzione, sapeva di dover agire rapidamente se voleva salvare la vita del suo compagno.
«Polizia! Aprite!» gridò battendo contro il legno.          
Hart avvertì dei rumori all’interno, a quel punto senza alcuna esitazione irruppe nella stanza.
Il tenente si ritrovò in un ambiente freddo e buio, appena i suoi occhi si furono abituati all’oscurità scorse una figura distesa a terra. Immediatamente si avvicinò.
«James!»
Radley si chinò al suo fianco, il giovane aveva il volto tumefatto e gli abiti macchiati di sangue, nonostante ciò si sforzò di parlare.
«Loro sono fuggiti, sono usciti dal retro»  
Hart corse a controllare pur sapendo che ormai era troppo tardi, i due erano già scomparsi nella notte. Il tenente tornò accanto al compagno ferito per accertarsi delle sue condizioni.
«Come ti senti?» domandò con apprensione.
Donnelly avvertì un rivolo di liquido caldo e viscoso scendere sul viso.
«Sto bene» mentì.
L’inglese l’aiutò a rialzarsi sorreggendolo tra le sue braccia.
«Come hai fatto a trovarmi?»
«Ammetto di averti seguito, quando mi hai detto che ti sentivi in pericolo non ho potuto ignorare la questione»
«Grazie per avermi salvato» ansimò il ragazzo.
«Non avrei mai potuto abbandonarti» lo rassicurò Hart.
James rispose con una smorfia di dolore.
 
***
 
L’infermeria del Castello era deserta, l’intero edificio sembrava piuttosto tetro dopo il tramonto.
«Sei sicuro di non voler andare all’ospedale?» chiese Hart osservando il gonfiore sul viso del giovane.
Il ragazzo confermò la sua decisione: «a quanto pare non ho niente di rotto»
«In effetti hai dimostrato di possedere un’ottima resistenza» ammise l’inglese.
«Al college ero un discreto pugile, ho imparato a incassare i colpi»
L’ufficiale sistemò al meglio la fasciatura: «non penso che durante quegli incontri ti abbiano mai picchiato con il calcio di una pistola»
James tentò di minimizzare l’accaduto: «non preoccuparti, non è nulla di grave»
«Temo che con quel livido in faccia non avrai più l’aspetto da bravo ragazzo»
«Suppongo che ormai non fosse più adatto a me»
Dopo essersi occupato di medicare le ferite del suo compagno Hart riprese con le sue domande.  
«Sei certo che i tuoi assalitori fossero militanti dell’IRA?»
Donnelly annuì.
«Che cosa volevano da te?»
«Mi hanno fatto delle domande riguardanti le nostre indagini, ma ovviamente io non ho detto nulla»
«Di questo ne sono certo»
Il sottotenente ebbe un lieve sussulto: «credi che la spia sia coinvolta in tutto questo?»
L’inglese sospirò: «è probabile…»
James avrebbe desiderato continuare quella conversazione, ma la stanchezza lo costrinse a desistere.
Il tenente non poté evitare di sentirsi responsabile, era certo che l’aggressione del suo collega fosse in qualche modo legata a lui, era ovvio che l’IRA non avesse scelto un bersaglio casuale.
Ormai non avevano più molto tempo, dovevano trovare la spia del Castello al più presto.

 
  
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