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Autore: All_I_Need    23/04/2021    11 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdT: ok, lo dico francamente. Questa è la cosa più delirante che abbia mai scelto di tradurre, la trovata pseudoscientifica è francamente ridicola, roba che un pasaggio a Hogwarts al confronto sarebbe stato più plausibile. L'autrice stessa lo riconosce, che la premessa è folle e il sommario assurdo... E niente, non me ne importa un fico secco, mi ha conquistata lo stesso 😂

Quindi, eccoci qui. Si tratta di una long di circa 101.000 parole in 24 capitoli, la traduzione più lunga che abbia mai affrontato. L'originale è indicata come rating rosso, ma visto che per il 90% della storia John è un cane (e assolutamente nessuna bestiality, qui 🤣) per me è sovrastimata e l'ho abbassato ad arancione. Spero tanto che vi piaccia 😊

Titolo: Dog Days
Traduttrice: T'Jill

 Giorni Da Cane 

 
"E tutto questo per un progetto di vent'anni fa?" Il maggiore Barrymore sembrava combattuto tra incredulità e irritazione.

Sherlock annuì. "Quello, e un omicidio. Davvero, Maggiore, le ho appena spiegato tutto, non mi stava ascoltando?"

Il maggiore gli lanciò un'occhiataccia. "Bene, mi scusi per aver faticato ad accettare che uno dei miei scienziati più fidati fosse un assassino, e subito dopo aver appreso che è saltato in aria su una mina! Potrebbe non crederci, ma alcune persone trovano sconvolgenti notizie di questo tipo, signor Holmes."

Sherlock si strinse nelle spalle, supremamente indifferente al comportamento dell'uomo. Non era certo la prima volta che qualcuno l’aveva accusato di essere insensibile. Secondo lui, Frankland si meritava quello che gli era successo. Un bravo scienziato sapeva quando un esperimento era infruttuoso e non avrebbe mai dovuto ricorrere a metodi come drogare casualmente persone in una foresta solo per coprire un omicidio. In effetti, un bravo scienziato sarebbe riuscito a condurre i propri esperimenti senza dover uccidere nessuno.

Accanto a lui, Lestrade spostò il peso da un piede all'altro, chiaramente a disagio in questo posto. Forse la consapevolezza che questo tipo di strutture esistessero senza che il pubblico ne fosse a conoscenza l’aveva turbato. Tuttavia, non c'era niente da fare al riguardo: la presenza di Lestrade oggi era necessaria. L'intera spiegazione del caso sarebbe andata molto meglio e sarebbe stata accettata più facilmente da Barrymore se fosse stato presente un vero ispettore investigativo di Scotland Yard per verificare i fatti. In privato, Sherlock alzò gli occhi al cielo. Burocrazia. Che immensa perdita di tempo.

Mentre Barrymore si rivolgeva a Lestrade per ulteriori spiegazioni sull'omicidio del padre di Henry Knight e sul successivo drogare il figlio per tenerlo in silenzio, Sherlock si voltò e si avvicinò alla vetrata che dava sul laboratorio. Una parte di lui non vedeva l'ora di dare un'occhiata più ravvicinata ad alcuni degli esperimenti condotti lì dentro. Tutti quei dati, scoperte scientifiche di cui nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza... era un peccato vederli andare tutti sprecati, rinchiusi in questa struttura sotterranea dove lui non poteva raggiungerli. Forse avrebbe dovuto provare a convincere Mycroft a concedergli l'accesso illimitato. Respinse l’idea con una piccola torsione della bocca. Improbabile.

Qualcosa non andava, pensò, studiando nel vetro il riflesso della stanza dietro di sé. Mancava qualcosa... no, più che altro mancava qualcuno.

"Dov'è John?"

"Non l'hai sentito quando si è scusato?” chiese Lestrade. "È andato a cercare il gabinetto."

Ah, questo spiegava la sua assenza. Sherlock aggrottò la fronte. Avrebbe dovuto parlare con John del suo consumo di tè. Di certo berne così tanto non poteva essere salutare? La sua vescica riusciva a malapena a svuotarsi prima che lui l’affogasse di nuovo nel tè. Prendendo nota mentale di sollevare l'argomento alla prossima occasione, Sherlock riportò la propria attenzione agli scienziati dall'altra parte del vetro.

Piccoli esperimenti genetici come quello che il dottor Stapleton stava eseguendo sui conigli luminosi non rivestivano per lui alcun interesse: chiunque poteva far brillare un coniglio nell'oscurità, a condizione di avere un coniglio, un laboratorio con l'attrezzatura necessaria e una manciata di geni luminosi. Non era certo una sfida.

Quello che interessava a Sherlock era tutto il resto di ciò che stava succedendo laggiù. La clonazione era affascinante e un giorno avrebbe potuto essere rilevante per il Lavoro, ma le possibilità di una svolta scientifica nella clonazione umana, insieme alle probabilità che il clone umano crescesse fino a diventare un criminale, erano a malapena sopra lo zero. Dubitava che avrebbe dovuto preoccuparsi di una cosa del genere almeno per i prossimi trent'anni e per allora avrebbe potuto essere morto o non essere più interessato alla risoluzione del crimine.

Tuttavia, c'erano altri esperimenti condotti qui, miglioramenti genetici e potenziamenti di medicine, vaccinazioni, farmaci... la lista era infinita. Aveva notato che alcuni degli animali sembravano essere stati alterati in modi che andavano ben oltre la luminosità e sarebbe stato molto interessato a dare un'occhiata più da vicino ad alcuni dei rapporti su quegli esperimenti.

Un movimento all'altro capo del laboratorio attirò la sua attenzione e guardò John varcare la porta, con aria sollevata e ansiosa di tornare a casa. C'era un'espressione diffidente sul suo viso mentre si guardava intorno nel laboratorio e Sherlock si chiese se fosse ancora arrabbiato per l'intera faccenda della droga. Oh be’, tutto ciò sarebbe stato presto dimenticato.

Vedendolo dietro il vetro, John gli sorrise e iniziò a farsi strada attraverso la stanza, schivando scienziati e tavoli da laboratorio mentre procedeva. Aveva appena percorso circa metà della distanza quando uno degli assistenti, immerso nella lettura di un rapporto mentre camminava, trascurò del tutto di guardare dove stava andando e andò a sbattere dritto su di lui.

Sherlock sussultò istintivamente, nonostante sapesse che non c'era nulla che potesse fare per fermare l'inevitabile mentre John perdeva l'equilibrio e veniva sbattuto contro uno dei più piccoli dei tavoli da laboratorio mobili su ruote, che prontamente scivolò via da sotto di lui. John cercò di aggrapparsi al bordo e di evitare una caduta, ma riuscì solo a trascinare il tavolo con sé con uno schianto sonoro.

Il suono di dozzine di strumenti che colpivano il pavimento e diverse fiale di vetro e piatti che si frantumavano sulle piastrelle si aggiunse alle urla inorridite degli scienziati.

Sherlock si rese conto del fatto che aveva lasciato la stanza ed era corso nel laboratorio solo mentre stava già spingendo da parte il primo sfortunato assistente.

"John? John! Stai bene ?! John!"

Un banco da laboratorio gli bloccava la visuale e lui lo scavalcò con un balzo, usando una mano per catapultarsi sulla superficie ingombra e facendo volare dappertutto fogli di carta. Non gli importava niente del disordine, però, tutta la sua attenzione era focalizzata su John e sulle cose terribili che avrebbero potuto accadergli se fosse entrato in contatto con una qualsiasi delle sostanze che erano state nei piattini di vetro e nelle provette. Poteva esserci stato un nuovo virus sconosciuto o un virus molto noto ma pericoloso, per non parlare del pericolo molto reale rappresentato da schegge di vetro e strumenti metallici affilati come i bisturi.

Ci fu un gemito di dolore e poi il silenzio e mentre Sherlock si voltava aspettandosi di vedere sul pavimento la forma priva di sensi del suo migliore amico.

Be’, non aveva completamente torto. Il corpo sul pavimento era certamente privo di sensi.

Mentre tutt'intorno a lui scoppiava il caos mentre altre persone si radunavano intorno alla scena, Sherlock lottò contro la propria totale incredulità per quello che i suoi occhi gli stavano mostrando e fece l'unica cosa che sembrava avere senso. Tirò fuori il telefono e premette la selezione rapida, parlando nel momento stesso in cui qualcuno rispose.

"Puoi trattarmi con condiscendenza più tardi, ora stai solo zitto e ascolta. Questa è un'emergenza. C'è stato un incidente al laboratorio. Ho bisogno al più presto di una delle tue auto a Baskerville, e forse di un veterinario. I tuoi brillanti scienziati hanno appena trasformato John in un cane."



*****



La prima cosa di cui John si rese conto fu la puzza. Quella e il rumore. Gli assalirono spietatamente il naso e le orecchie e lui gemette, trasalendo per quanto il verso suonasse strano. Più come un uggiolio, in qualche modo. Ma dio, il fetore. Qualcuno aveva decisamente esagerato con il disinfettante. Bruciava dal naso fino ai polmoni a ogni respiro che faceva. Come facevano le altre persone a sopportarlo?

E il rumore... c'era almeno una dozzina di persone che parlavano tutte insieme, i toni che spaziavano dall'eccitazione al panico, e lui si chiese vagamente di cosa si trattasse.

Comunque, com’era finito in quella situazione? Aprì gli occhi con cautela, ma li chiuse all’istante quando la luce accecante gli trafisse le retine. Ahia.

Bene, allora era ora di fare il punto e di cercare di ricordare cos’era successo. Lui e Sherlock stavano indagando su un caso, ricordò. Fuori Londra... oh giusto, la struttura militare di Baskerville. Laboratori sotterranei, allucinazioni, Bob Frankland che si fa esplodere. Erano tornati a Baskerville per risolvere alcune questioni in sospeso prima di rientrare a Londra. A giudicare dall'odore e dalla luce, erano ancora nei laboratori. Allora perché era sdraiato sul pavimento?

Ci vollero un paio di secondi ma il ricordo tornò gradualmente. Qualcuno gli aveva sbattuto contro, lui era caduto, c'era stato un tavolo coinvolto in qualche modo e vetro si frantumava.

"Oh, porca miseria."

Doveva essere stato messo fuori combattimento, probabilmente sbattendo la testa da qualche parte. Suppose che ci fosse la possibilità di essere entrato in contatto con qualche tipo di sostanza chimica.

"John? John! Mi senti? John."

"Oddio, qualcuno potrebbe abbassare il volume, per favore?" Strinse gli occhi come se ciò potesse in qualche modo bloccare il suono, e cercò di coprirsi le orecchie con le mani.

Immediatamente, si rese conto che c'era qualcosa di molto, molto sbagliato.

Quelle non sembravano affatto le sue mani. Aveva perso in qualche modo il controllo del proprio corpo? Le sue ferite erano peggiori di quanto pensasse? In realtà era stato in coma e questa era una stanza d'ospedale da qualche parte?

"John!"

E Sherlock, per favore, poteva smettere di gridargli contro?

Ammettendo la sconfitta, John riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte mentre la stanza tornava a fuoco. Strano. Il mondo sembrava leggermente distorto, in qualche modo. Forse aveva subito una commozione cerebrale. Ignorando per il momento il disagio, cercò di dare un senso a ciò che vedeva.

Era sdraiato sul pavimento e c'erano diverse paia di piedi che lo circondavano. Uno di essi aveva un’aria familiare e il loro proprietario sembrava indossare un lungo cappotto scuro. Oh, bene, quello era Sherlock. John lasciò che il suo sguardo viaggiasse lungo il corpo dell'uomo finché non raggiunse il suo viso. L'espressione che vi trovò lo fece annaspare all’indietro.

Sherlock sembrava... completamente scioccato.

Forse qualcosa sul suo stesso volto doveva aver rivelato la sua confusione, perché Sherlock si accovacciò di fronte a lui, con gli occhi attenti e penetranti, e pieni di uno strano mix di paura e sorpresa e d’innegabile fascino.

"John?"

Oh dio, perché gridava in quel modo?

"John, ho bisogno che tu resti calmo,” disse Sherlock. "Puoi farlo per me?"

"Sì, qualunque cosa, smettila di parlare a voce così alta," pensò John. Aprì la bocca per rispondere, ma la sua lingua non funzionò e tutto ciò che emerse fu un gemito angosciato.

Sherlock sembrava preoccupato e ora stava addirittura allungando le braccia verso di lui, molto adagio. John osservò con diffidenza il progresso della sua mano. Cosa diavolo stava facendo Sherlock?

"Sei entrato in contatto con uno degli esperimenti durante la tua caduta poco fa," gli disse Sherlock, chiarendo così la questione della loro posizione. Ancora a Baskerville, allora. "Una parte è entrata nel tuo flusso sanguigno. Gli effetti sono abbastanza... notevoli. Ho bisogno che tu rimanga calmo mentre cerchiamo di capire cosa fare. Puoi farlo?"

John avrebbe voluto rispondere, chiedere cosa diavolo stesse succedendo, ma la lingua e la laringe si rifiutavano ancora di obbedirgli.

"No, no, non cercare di parlare, temo che tu non sia in grado di farlo in questo momento."

La voce di Sherlock era incredibilmente gentile, troppo gentile e calma per i gusti di John. Non era mai suonato così. Doveva esserci qualcosa di estremamente sbagliato perché lui adesso assumesse quel tono. La sua angoscia aumentò al solo pensiero. Calmo? Come poteva restare calmo? Perché nessuno gli spiegava cosa stava succedendo?

Proprio in quel momento la mano di Sherlock gli si posò sulla testa e John quasi saltò fuori dalla pelle per la sorpresa. Anche questo sembrava sbagliato. Certo, Sherlock non gli aveva mai messo una mano sulla testa prima, quindi non c'era un vero termine di paragone, ma John conosceva il proprio corpo e questa non era la sensazione che avrebbe dovuto dargli essere toccato da qualcuno. Era come se la mano di Sherlock o la sua testa fossero sbagliate. E poiché Sherlock sembrava a posto, rimaneva solo lui stesso.

Va bene, era abbastanza. Era ora di alzarsi dal pavimento e scoprire cosa diavolo stava succedendo qui.

Si spostò, cercò di mettere le gambe sotto di sé e di spingersi su con le braccia, ma fallì.

Confuso, chinò la testa e abbassò lo sguardo su se stesso, cercando di capire quale fosse il problema. Un gemito gli sfuggì dalla gola quando vide quelle che sembravano due gambe sottili e pelose che terminavano in zampe. Cercò di muovere il braccio destro e la pelosa gamba destra sussultò in risposta. John urlò di nuovo, girando la testa da una parte e dall'altra per assorbire il resto del corpo.

Pelliccia. Quattro zampe e pelo e una coda e nessun accenno a qualcosa che John avrebbe riconosciuto come il proprio corpo. Le sue mani e i suoi piedi - no, le sue zampe! - scivolarono e lui slittò sulle piastrelle mentre cercava di allontanarsi, in qualche modo sicuro che sarebbe andato tutto bene se solo si fosse allontanato da dove si trovava attualmente.

"John! John, fermati!" ordinò Sherlock e lui si bloccò, i suoi pensieri in preda al panico si fermarono momentaneamente mentre fissava il viso di Sherlock. "Ascoltami, John, e cerca di restare calmo."

'Calmo? Non riesco a stare calmo, come potrei restare calmo? Questo non è il mio corpo!!!' avrebbe voluto urlare John, ma tutto quello che gli uscì dalla bocca fu un verso terrorizzato a metà tra un ululato e un guaito e lui si ritrasse, sorpreso dal suono.

"Come stavo solo cercando di spiegarti, sei entrato in contatto con uno degli esperimenti in corso qui," ripeté Sherlock gentilmente. "Sembra che in qualche modo, le persone oh-così-intelligenti che lavorano in questo laboratorio ti abbiano trasformato in un cane. Ora cerca di mantenere la calma così possiamo provare a trovare un modo per farti ritrasformare. Il tuo panico non aiuta."

'Mi piacerebbe vedere te cercare di mantenere la calma quando ti svegli nel cazzo di corpo sbagliato' , pensò John. Poi le parole di Sherlock lo raggiunsero. Un cane. Era stato trasformato in un cane. Questo era folle. Questo era completamente e assolutamente folle. Se questa era un'altra delle battute di Sherlock, se quel pazzo bastardo in qualche modo l’aveva drogato di nuovo...

Il suono di un'altra voce familiare interruppe i suoi pensieri furiosi.

"Sherlock, non credo che servirà a molto." Lestrade. Quello era Lestrade. Greg non gli avrebbe mentito, John lo sapeva. Non avrebbe mai accettato di prendere parte a uno dei folli esperimenti di Sherlock, in particolare non a uno come questo.

Lestrade si mosse per accovacciarsi accanto a Sherlock, che gli lanciò uno sguardo irritato, ma non disse nulla. "Sfortunatamente, Sherlock ha ragione. Maledizione, John, dovresti vederti. Non ci crederei nemmeno io se non fossi stato lì e non l'avessi visto accadere con i miei occhi."

Be ', neanche quello era esattamente d'aiuto. John gli lanciò un'occhiataccia, sentendosi ancora più fuori posto ora. Che diavolo di aspetto aveva?

"Forse dovremmo mostrarglielo?” disse qualcun altro e John girò la testa in quella direzione, notando che un intero gruppo di persone si era raccolto intorno a loro. "Vedere per credere e tutto il resto. Qualcuno ha uno specchio?"

Sherlock alzò gli occhi al cielo. "Idioti."

Tirò fuori il telefono, lo sollevò verso John e scattò una foto, poi girò il dispositivo e glielo mostrò. "Ecco, questo aiuta?"

John lo fissò.



*****



Sherlock era sicuro al 98% di non essere mai stato così sorpreso in tutta la sua vita. Certo, una volta c'era stato quell'incidente con il polpo al London Aquarium e la cosa con l'estintore e le uova bollenti quando era più giovane, ma niente lo aveva mai sorpreso tanto quanto voltarsi con la piena aspettativa di vedere John Watson e trovarsi invece a fissare un cane.

Forse era per quello che la sua prima reazione, dopo aver terminato la telefonata a Mycroft, era stata quella di chiedere con un tono di voce piuttosto strano: "Di che razza è?"

Lestrade, che l’aveva raggiunto proprio in quel momento, lo fissò incredulo. “È davvero questa la domanda più importante qui, Sherlock?"

Lui si strinse nelle spalle. "Una di loro, sì."

"Che ne dici di chiedere ‘Che diavolo è successo a John?’ invece?!" sbottò Lestrade e rivolse lo sguardo furioso a un sfortunato scienziato che aveva appena attirato la sua attenzione.

Sherlock non si preoccupò di distogliere lo sguardo dal corpo accasciato sul pavimento mentre rispondeva. "Pensavo che sarebbe stato abbastanza evidente perfino a te, Lestrade. Come puoi chiaramente vedere, John è stato trasformato in un cane. Senza dubbio il responsabile è uno dei tanti discutibili esperimenti condotti qui. Suppongo che si sia tagliato su un pezzo di vetro e che la sostanza sia entrata in quel modo nel suo flusso sanguigno."

Si avvicinò al corpo con cautela, ma il cane - John - non si mosse. Stava respirando, però, il che mise a tacere almeno alcune delle preoccupazioni di Sherlock. Curioso, prese una delle zampe anteriori, esaminando quella e la zampa corrispondente. "Proprio come sospettavo, c'è un taglio. Sanguina. Portatemi delle bende." L'ultima frase fu abbaiata a uno degli assistenti di laboratorio che si affrettarono a prendere il kit di pronto soccorso.

A quel punto, anche il maggiore Barrymore si era unito al gruppo in continua espansione di spettatori ed era stato informato di ciò che era accaduto. Sherlock ignorò lui e tutti i suoi sproloqui sull'argomento e si concentrò su John, che rimase sia privo di sensi che canide. La donna tornò con il kit di pronto soccorso e Sherlock si ritrovò a disinfettare e tamponare il taglio appena sopra i cuscinetti del piede di John, all'interno della zampa anteriore. Doveva essersi tagliato il polso mentre cadeva, per fortuna mancando l'arteria maggiore che c’era lì. La ferita era lunga circa due centimetri e poco più di un graffio, per quanto Sherlock poteva giudicare. Anche un semplice cerotto sarebbe stato una misura esagerata. Tanto più sorprendente che una ferita così, piuttosto superficiale, fosse bastata a trasformare John in quel modo. Le cose che poteva fare la scienza!

"Be’?" chiese poi, tornando alla sua domanda iniziale. "Di che razza è? Non sostenete di non saperlo, i parametri di qualsiasi esperimento sul DNA richiederebbero un'attenzione assoluta ai dettagli della razza e dell'animale specifico in questione."

La giovane assistente di laboratorio che gli aveva consegnato il kit di pronto soccorso stava già scorrendo i documenti. "Uh... sembra essere un Retriver Nova Scotia Duck Tolling, signore."

Sherlock alzò la testa e la fissò. Lei scrollò le spalle e gli porse le carte. Pinzata su uno di essi c'era l'immagine del cane da cui proveniva il campione di DNA, precisamente lo stesso cane che ora giaceva sul pavimento di fronte a lui. Sherlock sospirò. Bene, almeno un mistero risolto finora.

Proprio in quel momento, il cane emise un gemito sommesso. Dopo un secondo di silenzio, tutti iniziarono subito a chiacchierare, gli scienziati eccitati, Barrymore e Lestrade preoccupati. Sherlock rimase in silenzio, aspettando un paio di secondi e guardando John che si stirava. Quindi, sporgendosi in avanti, diede un colpetto alla spalla del cane. "John? John. Mi senti? John!"

La reazione iniziale di John al ritrovarsi sul pavimento e nel corpo sbagliato non era stata molto promettente, ma Sherlock abbandonò rapidamente tutti i tentativi di distinguere tra ‘John’ e ‘il cane’, soprattutto perché al momento erano la stessa cosa e qualsiasi altra cosa sarebbe stata semplicemente ridicola.

Parlargli come se fosse semplicemente una persona, e Sherlock sperava che lo fosse ancora, sembrava essere la linea d'azione più ovvia, quindi fu esattamente quello che fece. L'interferenza di Lestrade lo infastidì, ma sembrò calmare un po’ John. E l’idea di mostrare a John che aspetto aveva sembrava avere qualche merito, così scattò una foto e gliela mostrò.

"Ecco, questo aiuta?"

John fissò il telefono, apparentemente assimilando la foto. Sherlock si chiese cosa pensasse del proprio aspetto.

"Se ti rende le cose più facili, suppongo che saresti potuto finire molto peggio di questa razza,” sottolineò. "A proposito, il tuo pelo è rosso. I cani sono daltonici, no?" chiese rivolto a uno degli scienziati.

"Sì, signore, ma abbiamo lavorato per risolvere il problema,” disse l'uomo. "C'è la possibilità che non sia affetto da disturbi della vista.”

Sherlock sospirò e si voltò di nuovo verso John. "Ecco, l'hai sentito. Abbaia una volta se riesci a vedere il rosso e il verde."

John lo guardò e fece una specie di piagnucolio, ma annuì.

"Non credo che sappia come funziona l'abbaiare,” intervenne lo scienziato. "Le corde vocali sarebbero state completamente ristrutturate, ci vorrà del tempo per adattarsi a tutti i cambiamenti. Temo che questo includa i suoi sensi e le sue capacità di muoversi."

"Ti stai muovendo come un debole gattino, John. Be’, cagnolino nel tuo caso," gli disse Sherlock, osservando John che si sforzava di lanciargli un’occhiataccia. Com'era affascinante.

Riprese il telefono e cercò su Google informazioni sulla razza in cui si era trasformato il suo migliore, e unico, amico. "Oh, è fantastico, John! Sembra che la tua razza sia stata progettata appositamente per la caccia alle anatre. Anatre, criminali, c’è a malapena differenza. Ora dimmi, come ci si sente?"

Silenzio.

"Oh, giusto, non puoi parlare,” disse, rendendosi conto del proprio errore. "Sai abbaiare in codice Morse?"

John scelse quel momento per scoprire come funzionava il ringhiare... probabilmente gli veniva naturale, considerando quanto del suo tempo umano fino ad allora era stato speso ringhiando per le pagliacciate di Sherlock.

"Tirerò a indovinare e dico che significa 'no',” commentò Lestrade, ridacchiando.

Sherlock alzò gli occhi al cielo. "Sì, grazie per il tuo contributo.”

Proprio in quel momento, il suo telefono squillò con un messaggio di testo. "C'è una macchina che ci aspetta fuori,” disse. "Mio fratello è sorprendentemente veloce, a volte. Probabilmente ha avuto una dannata Unità di Pronto Intervento che ha aspettato dietro l'angolo per tutto il tempo che ho lavorato qui." Si voltò verso Lestrade e lo trafisse con lo sguardo. "Tu dovresti saperlo, naturalmente. Ti ha mandato qui per tenermi d'occhio, dopotutto."

"Ora, lasciami fuori da questo." Lestrade alzò le mani in un gesto difensivo.

"Signore, non può semplicemente portare il cane via con sé," disse uno degli scienziati interrompendo quello che sarebbe stato un commento aspro da parte di Sherlock.

"Oh davvero? E perché no?"

"L'esemplare deve essere studiato attentamente: non abbiamo mai trasformato un essere umano in un animale prima d'ora. Ciò richiede un'osservazione 24 ore su 24 e note dettagliate, nonché esami regolari e valutazioni della reattività.”

Sherlock si alzò e si voltò verso l'uomo, osservando il luccichio bramoso nei suoi occhi. "E dopo? Hai intenzione di sopprimerlo e aprirlo per estrargli anche il cervello?"

Lo scienziato esitò, apparentemente riflettendo sull’idea. Fu un errore.

Sherlock gli si avvicinò e si fermò molto addentro nel suo spazio personale. "Sul mio cadavere. Porterò John con me e lo terrò d'occhio mentre lavorate su un antidoto per invertire questo problema. E se provate a fermarmi...” fece una pausa e guardò l'uomo dalla testa ai piedi, ”... be’, mi piacerebbe vedere in quale animale potrei trasformare te. Un topo da laboratorio, forse?"

Attese che lo scienziato fosse indietreggiato di un passo, poi riportò l’attenzione su John. "Dai, prova ad alzarti. Sai come gattonare, difficilmente questo sarà diverso. Il tuo corpo sa già come muoversi, tutto quello che devi fare è ascoltare cosa ti dice questa forma."

John si guardò intorno con gli occhi spalancati, lo sguardo che passava da una persona all'altra,

"Troppi input," concluse Sherlock, facendo un cenno circolare alle persone raccolte intorno a loro. "Fuori! Tutti, ora! Barrymore, lei vada avanti e si assicuri che ogni porta sia aperta nel momento in cui ci avviciniamo. Lestrade, tu resta qui e aiutami con John."

Si voltò di nuovo verso la creatura confusa ed evidentemente terrorizzata a terra, senza preoccuparsi di alzare lo sguardo e guardare mentre gli altri fuggivano in fretta dal laboratorio. "Va bene, John, proviamo di nuovo. Il tuo cervello è già consapevole delle tue membra, tutto ciò che devi fare è accettare quella conoscenza e usarla. Se vuoi che lo faccia, posso darti una mano, per così dire."

John inclinò la testa di lato e cercò di rialzarsi in piedi, ma coordinare quattro zampe e una coda, che scodinzolava piuttosto senza scopo e da cui sembrava essere confuso, non era così facile come lo faceva sembrare il cane comune.

Sherlock sospirò. "Lo prendo come un segnale che non puoi alzarti da solo. Andiamo, allora. E cerca di non mordermi per riflesso quando ti afferro, va bene?"

John uggiolò, ma interruppe i propri patetici tentativi di rialzarsi, permettendo a Sherlock di avvicinarsi e chinarsi su di lui. Il detective afferrò saldamente il cane intorno al petto e lo sollevò da terra, grugnendo per il peso. Secondo la sua ricerca, un Toller adulto poteva facilmente pesare da 18 a 25 chilogrammi. Immaginò che John fosse sul lato più pesante della scala, il che non era molto sorprendente. Nella maggior parte delle specie i maschi tendevano ad essere più grandi e più pesanti, dopotutto.

"Ecco, adesso tutte e quattro le zampe per terra?” chiese, leggermente senza fiato.

"Sembra a posto da qui," lo informò Lestrade, chinandosi in avanti per vedere meglio le zampe di John.

"Va bene, prova a metterci sopra il peso e tenerti in piedi da solo," lo istruì Sherlock, mantenendo la voce bassa e calma. "Sono qui, a sorreggerti, ma non farò tutto il lavoro e ti lascerò andare una volta che sarai in grado di reggerti per conto tuo."

Ci vollero diversi tentativi, ma alla fine John sembrò aver capito come funzionavano quattro zampe e piedi con i cuscinetti e fu in grado di stare in piedi, ancora un po’ tremante, ma da solo.

Sherlock rimosse lentamente le braccia da intorno il corpo di John, una posizione in cui non pensava si sarebbe mai trovato. Rimase piegato su di lui, comunque, sempre vigile nel caso perdesse l'equilibrio e cadesse di nuovo.

"Pensi di poter camminare? Prova a decidere quale gamba muovere per prima, il resto seguirà."

"È pazzesco," commentò Lestrade dal punto in chi si trovava a diversi metri di distanza. L'incredulità era impressa su tutto il viso, come se non avesse ancora fatto i conti con la situazione. Sherlock si chiese come fosse, impiegare così tanto tempo per adattarsi a una nuova situazione. Oh be’, le persone comuni e le loro menti ordinarie. Trascorse il tempo osservando attentamente John e prendendo nota di ogni minimo dettaglio. Per quanto lo riguardava, quello era un uso molto migliore del suo tempo che passare tutto il giorno a pensare all’idea che il suo migliore amico d’improvviso non fosse più umano. Quello era un dato di fatto e non vedeva motivo per non accettarlo come tale e andare avanti.

Guardò John fare un piccolo passo in avanti, incespicando un po’ mentre tutte e tre le altre zampe tentavano di seguirlo allo stesso tempo.

"Sei ancora nella mentalità di qualcuno che cammina su due gambe," osservò Sherlock, prendendo nota mentalmente di ciò mentre afferrava John nel mezzo per impedirgli di cadere. "Prova a immaginarti di stare gattonando su mani e ginocchia. Come ti muoveresti, allora? La sequenza di movimento dovrebbe essere molto simile."

Fu fatto un altro tentativo e John sembrò riuscire almeno a concentrarsi sulle istruzioni di Sherlock e a cercare di seguirle. Lo stress dell'intera situazione lo faceva ancora tremare dalla testa alle zampe e non osava muoversi velocemente, ma insieme al gentile incoraggiamento di Lestrade che si teneva diversi passi avanti a loro, riuscirono infine ad arrivare all'ascensore. Una volta dentro, le porte si chiusero e la cabina si mise in moto, facendo immediatamente perdere di nuovo l'equilibrio a John.

Emise un suono molto simile a un piagnucolio e si accovacciò, infilando d’istinto la coda tra le gambe e rinculando adagio in uno degli angoli.

Sherlock e Lestrade si scambiarono uno sguardo.

"Spero proprio che tuo fratello abbia una soluzione per questo,” disse burbero il DI, indicando il cane tremante ai loro piedi.

"Se non ce l’ha, ne troverà una abbastanza presto," gli disse Sherlock. "E se lui non lo fa, lo farò io."

L'ascensore si fermò, le porte si aprirono e Lestrade uscì e alzò una mano verso il sensore di movimento per tenerle aperte mentre Sherlock persuadeva John ad uscire nel corridoio.

"Su, andiamo, una delle spregevoli macchine di Mycroft ci sta aspettando. Hai il permesso esplicito di spargere peli su tutti i sedili." Sorrise mentre immaginava l’espressione sul viso di Mycroft nel vedere i peli rossastri del cane su tutta la pelle costosa.

Lestrade si schiarì la gola. "Sherlock..."

"Cosa?"

"Potresti almeno provare a non suonare come se fossi entusiasta di tutto questo? Mostrare un po’ di empatia?"

Sherlock aggrottò la fronte. "Non buono?"

"Assolutamente no, no,” confermò il DI.

Sembrava sbagliato e lui si rese conto che aveva inavvertitamente aspettato un ‘non tanto buono’ da John. Ma ovviamente John in quel momento non poteva parlare.

 

 


NdT: ehm, non posso nascondere che sono un pizzico in ansia. Cosa ne pensate? 😅
   
 
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