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Autore: moira78    23/04/2021    4 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terza parte: Broken
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Quando il medico uscì dalla stanza di Candy, si alzarono tutti in piedi come fossero un'unica entità. Archie vide persino la zia Elroy pallida e preoccupata e Albert, che era stato tutto il tempo a camminare avanti e indietro, fu il primo a raggiungere il dottore.

"Allora, come sta?".

L'uomo scosse la testa e, per un terribile istante, Archie pensò che fosse morta. Davvero, stavolta.

"La signorina Ardlay è in coma, nonostante mantenga inalterate le funzioni respiratorie. Il colpo alla testa non è stato fatale, ma comunque abbastanza forte da ridurla in questo stato".

Annie, vicino a lui, emise un gemito e d'istinto le strinse un braccio per darle forza, nonché per trarne lui stesso.

"Si sveglierà?", chiese suo zio con voce tremante.

Stavolta il dottore fece una pausa più lunga, come raccogliendo i pensieri e scegliendo le parole: "Signori, purtroppo non ci è dato saperlo".

"Come sarebbe a dire? Lei è un medico o no?", intervenne Archie stringendo i pugni. Voleva colpire di nuovo Eliza, farla confessare e marcire in galera. Ma, soprattutto, rivoleva la sua Candy viva.

"Calmati, Archibald!", lo redarguì la zia Elroy. "La prego, può spiegarsi meglio?".

L'uomo si schiarì la voce: "I casi di coma non sono tutti uguali. Ho visto pazienti risvegliarsi dopo pochi giorni e riprendere la loro vita come se nulla fosse, ne ho visti altri riprendere conoscenza a distanza di mesi e perdere determinate capacità motorie o cerebrali. E... ne ho visti anche morire, purtroppo. Adesso non possiamo fare altro che monitorare con costanza la signorina e alimentarla artificialmente, per questo dobbiamo ricoverarla quanto prima perché non si disidrati".

Archie tentò di inghiottire qualcosa che aveva in gola e, d'improvviso, si trovò Annie avvinghiata al braccio, che singhiozzava. Neal era rimasto in un angolo con gli occhi fissi su una parete e la zia Elroy si era seduta come se non si sentisse bene. Albert riprese a camminare piano, passandosi le mani sul viso e respirando pesantemente.

"Va bene, portiamola subito nel miglior ospedale di Chicago", disse suo zio con voce più ferma di quello che avrebbe creduto. "George, dov'è George?".

"Sono qui, signorino William". Archie lo vide, si era discretamente ritirato in una stanza adiacente: non lo aveva mai visto così pallido.

Insieme al medico, si diressero verso lo studio per telefonare in ospedale e predisporre tutto per il trasferimento di Candy.

I singulti di Annie, al suo fianco, divennero più forti. "Calmati, Annie. Candy è forte, si riprenderà, ne sono sicuro", disse alla sua ex fidanzata stringendola e carezzandole i capelli, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Doveva rimanere stabile per lei, capì. E per Albert, che gli pareva sul punto di crollare.

Perché lui amava Candy.

Guardò Annie, che piangeva e tremava fra le sue braccia e sentì un forte istinto di protezione. Si era mostrata forte e determinata, in quei giorni, ma rimaneva la fragile Annie di sempre.

"Devo mandare un telegramma ai miei genitori. Voglio tornare a Chicago al più presto, verrò con voi", dichiarò asciugandosi gli occhi.

Archie annuì: "Sì, verrò anche io".

Si voltò per guardare sua zia, che continuava a sembrargli troppo preoccupata e a Neal, che pareva catatonico. Possibile che...?

"Io resterò qui con Neal ed Eliza per qualche giorno, voglio organizzare le cose in modo che la servitù sistemi per bene la villa prima della chiusura. Neal, immagino che tu e tua sorella tornerete in Florida".

"Eh? Oh, sì, zia Elroy, penso di sì", rispose lui distratto.

C'era qualcosa in quella conversazione che continuava a non piacergli: non poteva credere, però, che anche la vecchia matriarca fosse invischiata in quello che avevano fatto i fratelli Lagan. Ma quel suo desiderio di rimanere per istruire la servitù...

Annie si sciolse improvvisamente dal suo abbraccio, come se si fosse appena accorta della posizione in cui si trovava e Neal si allontanò borbottando. Anche la zia Elroy annunciò che andava nella sua stanza perché aveva un gran mal di testa.

Archie rimase solo e s'incamminò a sua volta, quando incrociò Albert. Si fronteggiarono per qualche istante, in una muta conversazione in cui sembrarono dirsi molte cose.
"Io... volevo vederla un attimo da solo. Il dottore ha detto che parlarle potrebbe aiutare", disse lui sulla difensiva.

Archie gli sorrise leggermente: "Certo, ne hai tutto il diritto".

Mentre si avvicinava alla porta di Candy, Archie provò l'impulso di parlare: era certo che anche suo zio avesse dei sospetti. "Ho schiaffeggiato Eliza, dice che la colpa è del cavallo".

"Cleopatra aveva un chiodo conficcato nello zoccolo. Qualcuno l'ha ferrata male". La gelida voce di Albert lo colpì, facendogli sbattere le palpebre per l'incredulità.

"Che cosa hai detto?", il suo tono era urgente, affannato dalla rabbia.

"Rimarranno ancora per qualche giorno, per organizzare il viaggio di ritorno. Avrò modo di parlarci", continuò lo zio girando il capo verso di lui, senza scomporsi.

"Io vado a spaccare la faccia a tutti e due!", ringhiò accecato dal dolore, dalla furia e dalle lacrime.

"Fermati, Archie!". Albert non era mai stato così perentorio. Gli aveva persino afferrato un braccio con una discreta stretta.

Si voltò a fronteggiarlo: "Lo sai cosa succederà, vero? Negheranno! Daranno la colpa al maniscalco e noi sappiamo benissimo che ne hanno chiamato uno diverso dal solito per poterlo corrompere!".

"Rifletti, Archie, quando l'avrebbero fatto venire qui, di notte?", gli chiese guardandolo negli occhi.

"E perché no? Quelle due serpi velenose sono capaci di tutto e la fanno sempre franca! Se Candy morisse...".

"Taci, Archie!", lo interruppe, portandosi le mani alle orecchie come se non volesse sentire quella parola.

Si accasciò su una sedia, prendendosi la testa fra le mani e cominciando a piangere silenziosamente, sconfitto. Non gli importava che Albert lo vedesse e non gli importava più di sapere chi tra loro amasse di più Candy. Tutti le volevano bene, a parte i Lagan, e tutti volevano che Candy tornasse tra loro.

Sentì una mano sul capo, paterna e calda. Capì che suo zio stava cercando di consolarlo, a modo suo. Quando alzò il viso bagnato di lacrime su di lui, si stava già voltando per entrare nella stanza di Candy. Fu tentato di seguirlo, ma desistette. Si asciugò gli occhi con il braccio, in un gesto nervoso, tentò di ricomporsi e andò verso la sua stanza, per fare a sua volta la valigia.
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Nell'oscurità della sera, Elroy Ardlay rimaneva seduta sulla sua poltrona preferita senza accendere le luci. Aveva congedato la servitù un'ora prima, dichiarando che avrebbe chiamato l'autista quando fossero stati pronti per partire.

Non voleva nessuno intorno.

Quando bussarono alla porta, sapeva che si trattava dei suoi nipoti e una mano strinse inconsapevolmente il bracciolo. Era la resa dei conti.

"Avanti", disse a voce alta.

Eliza fu la prima ad entrare, con disinvoltura, e Neal la seguì più lentamente, chiudendo la porta dietro di sé. La ragazza accese una lampada senza chiedere il permesso e le si parò davanti: "Oh, zietta, guarda cosa mi ha fatto quel bruto di Archibald! Mi rimarrà il segno per sempre!", pianse nascondendosi il viso tra le mani.

Elroy si accigliò, notando che Neal rimaneva in disparte. Dentro di sé si rincorsero sentimenti contrastanti: davanti a lei c'era una nipote che piangeva per un segno sul viso. In un ospedale di Chicago, la protetta di William, che lei non aveva mai potuto sopportare, lottava tra la vita e la morte.

Qualcosa scattò dentro il cuore della donna: sapeva che, durante gli anni, i giovani Lagan avevano fatto di tutto per rendere difficile la vita a Candice, ma non le era mai importato nulla. Quando Sarah aveva ritrattato pubblicamente la storia dei suoi presunti furti, a dire il vero, era rimasta stupita.
Ora il dubbio cominciava ad avanzare, inquietante e inesorabile. Possibile che i suoi nipoti, dal povero Anthony a William, vedessero quello che lei si era sempre rifiutata di riconoscere? Possibile che Candice fosse veramente migliore di quanto avesse mai creduto?

"Cosa hai fatto, Eliza?", chiese senza preamboli.

La ragazza smise di singhiozzare e si accorse che i suoi occhi erano asciutti: "Io non ho fatto niente, zia! Volevo solo insegnarle a cavalcare come una signora!".

"Che cosa hai fatto?", ripeté usando un tono di voce più alto e alzandosi in piedi. Si sentiva affannata e la testa le faceva di nuovo male. Odiava essere presa in giro.
Si rese conto, con piacere, che lo sguardo di Eliza era terrorizzato e la ragazza stava per piangere veramente: "Neal?", si rivolse al nipote, sperando che avesse più giudizio.

"Io...".

"Zia, non crederai alle accuse che mi ha lanciato Archie, vero? Il cavallo si è imbizzarrito da solo, l'ha visto persino lo zio William!".

"Il cavallo aveva un chiodo nella zampa", la voce stentorea li fece trasalire tutti.

"William!", disse stupefatta. "Pensavo che fossi in ospedale con Candice".

"Sono rimasto finché non l'hanno sistemata nella sua stanza e tornerò da lei subito dopo aver chiarito alcune cose", disse lui avvicinandosi. "Ad esempio, chi ha ferrato quella povera bestia in quel modo".

Gli occhi cerulei del nipote, stanchi e segnati dalla preoccupazione, saettarono da Eliza a Neal ed Elroy dovette sedersi di nuovo: "Ma, William, dei cavalli se ne occupano solo lo stalliere e il maniscalco!", obiettò rimettendosi dalla parte dei nipoti più giovani, confusa. Era convinta che avessero spaventato il cavallo, invece ora usciva fuori che era stato ferito.

"Esatto, zio. Penso che dovresti chiedere a loro". La frase di Eliza s'interruppe di colpo, quando William marciò verso di lei facendola indietreggiare. Piantò lo sguardo nel suo e, per un istante, Elroy fu certa che l'avrebbe picchiata anche lui. Aprì la bocca per fermarlo ma lui si limitò a parlare, con i pugni talmente stretti e la voce così gelida che quasi non lo riconobbe.

"I miei dipendenti mi conoscono da tanti anni e io conosco loro. I cavalli sono stati ferrati correttamente il giorno prima che venissimo tutti a Lakewood e io ho piena fiducia in loro. Fino a ieri pomeriggio, Cleopatra cavalcava senza problemi e ora è da un veterinario con una zampa ferita. Oggi pomeriggio Archie mi ha suggerito una cosa interessante: secondo lui, qualcuno ha corrotto un altro maniscalco perché posizionasse male i chiodi nel ferro. Tu che ne pensi, Eliza? E tu, Neal? Tu, che mi hai tenuto lontano da tua sorella con la scusa delle lezioni di economia mentre lei portava Candy a cavalcare, cosa ne pensi?".

Lo vide dirigersi verso il nipote più giovane, che si strinse nelle spalle come se volesse sparire, sudando copiosamente: "Io... io penso che non ci sarebbe stato il tempo", balbettò.

L'espressione contrita di Neal. La faccia allarmata di Eliza. Tutto, in loro, gridava colpevolezza. Elroy si portò una mano alla fronte.

"Ah, no? Io invece dico di sì", riprese William con lo stesso tono controllato e freddo. "I delinquenti, di solito, operano di notte".

"William, non ti permetto di insinuare...!", obiettò prima di potersi trattenere.

"Cosa, zia? Io non sto insinuando nulla. Sto solo parlando con i miei nipoti per cercare di capire chi possa aver commesso un atto che, per legge, viene chiamato 'tentato omicidio'. Non vorrei aprire un'indagine e sollevare un polverone se posso denunciare direttamente il colpevole".

La donna si portò una mano al petto, sentendo che le mancava il respiro. Prima Archie e Annie, ora questo... sentiva che sarebbe potuta morire di crepacuore prima ancora che gli Ardlay crollassero.

"Noi non c'entriamo nulla!", strillò Eliza.

"Stai zitta, Eliza!", la rimbeccò Neal.

"Vi sentite chiamati in causa?", domandò William fingendo stupore. Cominciò a camminare per la stanza, parlando ad alta voce come per ripercorrere meglio il suo ragionamento e la donna non ebbe il coraggio d'interromperlo: "Vediamo, io non sono stato di certo e penso che neanche tu, zia, ti saresti mai abbassata a tanto, anche se Candy non ti è mai stata molto simpatica".

"Non osare neanche dirlo", ribatté stizzita, sentendosi improvvisamente complice. Ricordava ancora la conversazione avuta con Eliza e avvertì un sapore amaro in bocca.

"Quindi rimangono Archie ed Annie che, nonostante abbiano avuto i loro problemi, sono amici di Candy da sempre", continuò camminando con passi controllati, "mentre per quanto riguarda la servitù vale lo stesso discorso fatto per chi si occupa dei cavalli".

"Forse ti fidi troppo della servitù, zio caro. Non lo sai...", la risposta di Eliza fu interrotta dalla mano di William, che calò senza alcuna gentilezza sulla spalla della ragazza.

Elroy soffocò un'esclamazione al pari della nipote: fu certa che, se non fosse stato un gentiluomo, l'avrebbe stretta fino a farle male. 

"Non sono il tuo caro zio, Eliza, sono lo zio William, per te".

La donna si accorse dello sforzo che suo nipote stava facendo per controllarsi. Tolse la mano dalla spalla di Eliza con riluttanza e si voltò verso Neal: "Chi ha fatto una cosa del genere voleva colpire Candy. Che motivo avrebbe la servitù di attaccare una Ardlay? Andrebbe contro i suoi stessi interessi".

"Una Ardlay", borbottò Eliza tappandosi la bocca con una mano quando si rese conto di aver parlato a voce troppo alta.

"Ti prego, Eliza!", disse Elroy sull'orlo della disperazione.

Gli occhi di William divennero di fuoco, sembrarono persino cambiare colore: guardò alternativamente Eliza e Neal e la donna capì che doveva intervenire: "Ora basta, William! Nessuno qui è un assassino e non verrà aperta nessuna indagine per Candice! Si è trattato solo di un terribile incidente, fattene una ragione. Non tollero che tu venga nella mia stanza a insinuare che qualcuno abbia attentato alla vita della tua protetta!". Aveva usato un tono duro, ma non si sentiva affatto sicura.

William puntò gli occhi su di lei: si erano ammorbiditi, ma non di molto e ne fu quasi intimorita.

"Parlerò con il maniscalco degli Ardlay, ma posso dirvi io stesso che per far finire un chiodo nella zampa di un cavallo bisogna posizionarlo male di proposito. Ho lavorato in uno zoo e sono stato a contatto con molti animali, ne so abbastanza per esserne certo".

Con la coda dell'occhio, Elroy vide Neal passarsi le mani tra i capelli in evidente stato di agitazione. Lo vide anche William e si diresse verso di lui.

"Io non l'ho spostato, quel dannato chiodo! Eliza, diglielo anche tu che non siamo stati noi!". Fu come se avesse confessato e quello che accadde dopo le sembrò una specie di incubo.

William lo afferrò per i lembi della giacca, lo sollevò e lo appoggiò al muro facendogli sbattere la testa con un discreto tonfo.

Gridò il suo nome, sull'orlo di uno svenimento, ma lui non sembrò neanche udirla. Si chiese che fine avesse fatto il nipote così docile e spensierato che era cresciuto con lei e George. Bastava toccare Candice per trasformarlo in un animale ferito pronto ad attaccare?

"Ascoltami bene, Neil Lagan. Se succede qualcosa a Candy farò marcire te e tua sorella in galera per il resto delle vostre vite, quanto è vero che mi chiamo William Albert Ardlay! Stavolta avete passato il limite e non avrete sconti. Stavolta ci sono io a difenderla e farò giustizia a ogni costo, vi è chiaro?". Si volse anche verso Eliza e lasciò andare Neil con uno strattone. Il ragazzo cadde a terra di peso, piagnucolando e rannicchiandosi come se fosse stato picchiato selvaggiamente.

"Non azzardarti a toccarla!", pregò Elroy quando lo vide dirigersi verso Eliza, che aveva gli occhi spalancati dall'orrore.

Ancora una volta, lui non diede segno di averla sentita: "In quanto a te, piccola... vipera, ringrazia il Cielo che sono un signore, o la tua guancia destra sarebbe messa molto peggio della sinistra".

Lei lanciò un gridolino, palesemente indignata: "Chiamerò i miei genitori, ti faranno pentire di questo affronto!".

"Eliza!", la rimbrottò esasperata. Forse la ragazza non si rendeva conto dello stato in cui versava suo zio.

"L'unica cosa di cui si dovranno pentire è di avere avuto una figlia cattiva come te", le rispose quasi con tristezza. Poi lanciò uno sguardo disgustato a Neal, che tremava in un angolo: "Hai i pantaloni bagnati, ragazzo".

"William...", tentò Elroy.

Lui si voltò a guardarla: "Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a tutto questo, zia. Sono certo che mi lascerai fare tutte le indagini del caso. Confido che i tuoi nipoti non si allontanino da Lakewood, nel frattempo", concluse chiudendo la porta dietro di sé e andandosene.

Elroy guardò i nipoti Lagan e si chiese, disperata e furiosa, quando le cose fossero precipitate così tanto. Cosa ne avrebbe fatto, ora, di loro? E cosa avrebbe detto ai suoi genitori quando fossero arrivati in città?
   
 
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